L'Adunanza Plenaria, con la decisione in commento, ha risposto ai quesiti sottoposti dall'ordinanza di rimessione aderendo alla tesi “della autonomia dei procedimenti”, espressa dalla stessa Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 19 maggio 2022, n. 3973, secondo cui la connessione ricavabile dall'art. 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia tra il giudizio impugnatorio e il controllo giudiziario a domanda opera esclusivamente nel momento genetico-applicativo di quest'ultimo, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del primo.
L'Adunanza Plenaria ha, infatti, ritenuto che, sulla base delle disposizioni vigenti non possa che essere affermata la tesi dell'autonomia dei procedimenti e che l'ammissione al controllo giudiziario su domanda dell'impresa destinataria di un'interdittiva antimafia non impedisce che vada definito senza ritardo il giudizio amministrativo di impugnazione contro quest'ultima.
L'Adunanza Plenaria non ha ritenuto condivisibile la tesi argomentata dall'ordinanza di rimessione della “pregiudizialità processuale” tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il procedimento di controllo giudiziario, per cui gli effetti del controllo giudiziario presupporrebbero la pendenza del giudizio amministrativo. Secondo tale tesi il giudizio di impugnazione contro l'interdittiva antimafia dovrebbe essere pendente non solo quando l'impresa domanda al Tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, come prevede testualmente il più volte citato art. 34-bis, comma 6, del codice, ma per tutta la durata di quest'ultimo.
La decisione in commento ha ritenuto che tale tesi non sia supportata dal testo della disposizione in quanto l'articolo 34-bis, comma 6 del Codice Antimafia si limita a prevedere che – quando chiede di essere sottoposta al controllo giudiziario – l'impresa interessata abbia impugnato l'interdittiva, ma non anche che il giudizio di impugnazione sia pendente per tutta la durata del controllo.
Non sono state ritenute sussistenti nemmeno ragioni di ordine sistematico in ragione del fatto che l'interdittiva svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell'economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell'autorità prefettizia rivolti al passato, mentre il controllo giudiziario, seppur svolgendo la medesima funzione preventiva, persegue soprattutto finalità di carattere “dinamico” di risanamento dell'impresa interessata dal fenomeno mafioso e quindi, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, oltre al presupposto dell'occasionalità dell'agevolazione mafiosa previsto dall'art. 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia richiede una prognosi favorevole del Tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione che ha in origine dato luogo all'interdittiva.
Pertanto, anche nel caso in cui l'interdittiva non venga annullata all'esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo, e dunque si accerti in chiave retrospettiva l'effettiva esistenza del pericolo di infiltrazioni e condizionamenti da parte di organizzazioni criminali nell'impresa, non per questo può ritenersi venuta meno l'esigenza di risanare la stessa. Al contrario, questa esigenza si porrebbe con più forza una volta accertata in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso.
L'Adunanza Plenaria ritiene, dunque, che non sussista alcun rapporto di pregiudizialità- dipendenza tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, al di là di quello individuabile in sede di verifica dei presupposti per l'accesso a quest'ultimo. La successiva attività di carattere prescrittivo e gestorio orientata al risanamento dell'impresa non è in alcun modo condizionata dall'esito del giudizio sulla legittimità dell'interdittiva in ragione degli effetti sospensivi previsti dall' articolo art. 34-bis, comma 7, del Codice Antimafia.
In assenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, richiesto ai fini dell'applicazione dell'art. 295 del cod. proc. civ., il correttivo suggerito dall'ordinanza di rimessione di disporre la sospensione del giudizio di impugnazione contro l'interdittiva prefettizia giungerebbe, secondo la decisione in commento, a snaturare la funzione tipica del processo, da strumento di tutela delle situazioni giuridiche soggettive ed attuazione della legge, a mero strumento per l'attivazione di ulteriori mezzi di tutela. Verrebbe, altresì, alterata la funzione della sospensione del processo che è finalizzata, come noto, a prevenire il rischio di contrasto di giudicati, secondo una logica interna all'ordinamento processuale basata sulla sua unitarietà e sul principio di non contraddizione.
La pronuncia ha, infine, esteso le considerazioni sopra sintetizzate al rapporto tra il controllo giudiziario e il commissariamento dell'impresa appaltatrice previsto dall'art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90. L'assenza di disposizioni di coordinamento tra i due istituti, e la non ultrattività «di una gestione separata “ad contractum”» ipotizzata dall'ordinanza di rimessione in caso di sopravvenienza del controllo giudiziario, non costituisce ragione sufficiente per sospendere il giudizio di impugnazione delle misure straordinarie di gestione previste dal richiamato articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.
Il terzo quesito sottoposto dall'ordinanza di rimessione viene ritenuto assorbito in ragione della risoluzione dei quesiti che lo precedono che conferma la legittimità della decisione del giudice di primo grado di non sospendere il giudizio dinanzi a sé pendente.