Rapporto tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il c.d. controllo giudiziario

09 Marzo 2023

L'Adunanza plenaria si è pronunciata sui rapporti tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il c.d. controllo giudiziario volontario ritenendo l'insussistenza di una pregiudizialità processuale e, conseguentemente, dei presupposti per disporre la sospensione ex art. 295 c.p.c. del giudizio amministrativo avverso l'interdittiva antimafia in caso di ammissione dell'impresa ricorrente alla suddetta misura di prevenzione.
Massima

La pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non è causa di sospensione del giudizio di impugnazione contro l'informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall'art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, per il completamento dell'esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall'impresa destinataria un'informazione antimafia interdittiva.

In senso conforme

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha espresso identico principio di diritto anche con le sentenze del 13 febbraio 2023, nn. 6 e 8. Altre pronunce in senso conforme sono: Cons. Stato, sez. III, ord. 6 luglio 2022, n. 5615; Cons. Stato, sez. III, ord. 6 luglio 2022, n. 5624; Cons. Stato, sez. III, 19 maggio 2022, n. 3973.

Il caso

La Terza sezione del Consiglio di Stato, con l'ordinanza 6 giugno 2022, n. 4578, ha deferito all'Adunanza Plenaria una serie di quesiti, diretti a chiarire quale sia il rapporto tra impugnazione, dinanzi al giudice amministrativo, della misura interdittiva antimafia e delle misure straordinarie di gestione disposte dal Prefetto ex art. 32, comma 10, d.l. n. 90 del 2014, e la proposizione della domanda dell'operatore economico di ammissione (poi intervenuta) al controllo giudiziario previsto dall'art. 34-bis, comma 6, d. lgs. n. 159/2011 (in seguito anche “Codice Antimafia”), anche con riferimento alla necessità o meno di sospendere il giudizio amministrativo ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (e relative conseguenze).

Il perimetro delle questioni interpretative è stato, inoltre, esteso all'assetto del rigetto dell'istanza di sospensione del processo, ossia se “costituisca un error in procedendo tale da imporre la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., o invece determini solo la necessità, per lo stesso giudice d'appello, di sospendere direttamente il giudizio ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a. e dell'art. 295 c.p.c.”.

La vicenda procedimentale e contenziosa muoveva dalle impugnazioni dinanzi al Tar per le Marche dell'informazione interdittiva antimafia e delle misure prefettizie di gestione straordinaria ex art. 32, comma 10, d.l. n. 90/2014 (queste ultime con riferimento alla prosecuzione di contratti pubblici da parte dell'impresa interessata). Le domande caducatorie erano state tutte rigettate, previa reiezione dell'istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c., con due sentenze del TAR per le Marche; avverso dette sentenze la parte privata ha interposto distinti appelli, nell'ambito dei quali – previa riunione dei giudizi – si è innestato il deferimento di cui trattasi.

La questione

Sono state deferite all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni di diritto:

a) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell'operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall'art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159/2011, determinino o meno, oltre alla sospensione degli effetti interdittivi dell'informazione antimafia prevista espressamente dal comma 7 dell'art. 34-bis, anche la sospensione necessaria, ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a. e dell'art. 295 c.p.c., del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l'impugnazione dell'informazione antimafia stessa, per la necessità di attendere che, all'esito della misura concessa dal giudice della prevenzione sulla base di una prognosi favorevole, il Prefetto rivaluti, in sede di aggiornamento ai sensi dell'art. 91, comma 5, del d.lgs. n. 159/2011, la situazione dell'operatore economico ai fini antimafia per adottare, se del caso, un'informativa liberatoria, che determinerebbe nel giudizio amministrativo la cessazione della materia del contendere, quantomeno ai fini impugnatori;

b) se la proposizione della domanda per controllo giudiziario c.d. volontario e la successiva ammissione dell'operatore economico a tale misura di prevenzione patrimoniale, prevista dall'art. 34-bis, comma 6, del d. lgs. n. 159 del 2011, determinino o meno, ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a. e dell'art. 295 c.p.c., la sospensione necessaria del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l'impugnazione delle misure adottate dal Prefetto ai sensi dell'art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in l. n. 114 del 2014, oltre che per le ragioni di cui al punto a), laddove si contesti la legittimità dell'informativa antimafia presupposta, anche per la necessità di garantire, comunque, la prevalenza del controllo giudiziario rispetto a tali misure amministrative, cedevoli rispetto alla vigilanza prescrittiva disposta dal giudice della prevenzione;

c) se la mancata sospensione del giudizio amministrativo da parte del giudice di primo grado nelle ipotesi di cui sub a) e sub b), una volta dedotta in appello contro la sentenza che abbia pronunciato nel merito, costituisca un error in procedendo tale da imporre la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 105, comma 1, c.p.a., o invece determini solo la necessità, per lo stesso giudice d'appello, di sospendere direttamente il giudizio ai sensi dell'art. 79, comma 1, c.p.a. e dell'art. 295 c.p.c.

Le soluzioni giuridiche

L'Adunanza Plenaria, con la decisione in commento, ha risposto ai quesiti sottoposti dall'ordinanza di rimessione aderendo alla tesi “della autonomia dei procedimenti”, espressa dalla stessa Terza Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza del 19 maggio 2022, n. 3973, secondo cui la connessione ricavabile dall'art. 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia tra il giudizio impugnatorio e il controllo giudiziario a domanda opera esclusivamente nel momento genetico-applicativo di quest'ultimo, senza espressamente condizionarne la vigenza alla perdurante pendenza del primo.

L'Adunanza Plenaria ha, infatti, ritenuto che, sulla base delle disposizioni vigenti non possa che essere affermata la tesi dell'autonomia dei procedimenti e che l'ammissione al controllo giudiziario su domanda dell'impresa destinataria di un'interdittiva antimafia non impedisce che vada definito senza ritardo il giudizio amministrativo di impugnazione contro quest'ultima.

L'Adunanza Plenaria non ha ritenuto condivisibile la tesi argomentata dall'ordinanza di rimessione della “pregiudizialità processuale” tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il procedimento di controllo giudiziario, per cui gli effetti del controllo giudiziario presupporrebbero la pendenza del giudizio amministrativo. Secondo tale tesi il giudizio di impugnazione contro l'interdittiva antimafia dovrebbe essere pendente non solo quando l'impresa domanda al Tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, come prevede testualmente il più volte citato art. 34-bis, comma 6, del codice, ma per tutta la durata di quest'ultimo.

La decisione in commento ha ritenuto che tale tesi non sia supportata dal testo della disposizione in quanto l'articolo 34-bis, comma 6 del Codice Antimafia si limita a prevedere che – quando chiede di essere sottoposta al controllo giudiziario – l'impresa interessata abbia impugnato l'interdittiva, ma non anche che il giudizio di impugnazione sia pendente per tutta la durata del controllo.

Non sono state ritenute sussistenti nemmeno ragioni di ordine sistematico in ragione del fatto che l'interdittiva svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell'economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell'autorità prefettizia rivolti al passato, mentre il controllo giudiziario, seppur svolgendo la medesima funzione preventiva, persegue soprattutto finalità di carattere “dinamico” di risanamento dell'impresa interessata dal fenomeno mafioso e quindi, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, oltre al presupposto dell'occasionalità dell'agevolazione mafiosa previsto dall'art. 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia richiede una prognosi favorevole del Tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione che ha in origine dato luogo all'interdittiva.

Pertanto, anche nel caso in cui l'interdittiva non venga annullata all'esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo, e dunque si accerti in chiave retrospettiva l'effettiva esistenza del pericolo di infiltrazioni e condizionamenti da parte di organizzazioni criminali nell'impresa, non per questo può ritenersi venuta meno l'esigenza di risanare la stessa. Al contrario, questa esigenza si porrebbe con più forza una volta accertata in via definitiva che l'impresa è permeabile al fenomeno mafioso.

L'Adunanza Plenaria ritiene, dunque, che non sussista alcun rapporto di pregiudizialità- dipendenza tra il giudizio di impugnazione dell'interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, al di là di quello individuabile in sede di verifica dei presupposti per l'accesso a quest'ultimo. La successiva attività di carattere prescrittivo e gestorio orientata al risanamento dell'impresa non è in alcun modo condizionata dall'esito del giudizio sulla legittimità dell'interdittiva in ragione degli effetti sospensivi previsti dall' articolo art. 34-bis, comma 7, del Codice Antimafia.

In assenza di un rapporto di pregiudizialità-dipendenza, richiesto ai fini dell'applicazione dell'art. 295 del cod. proc. civ., il correttivo suggerito dall'ordinanza di rimessione di disporre la sospensione del giudizio di impugnazione contro l'interdittiva prefettizia giungerebbe, secondo la decisione in commento, a snaturare la funzione tipica del processo, da strumento di tutela delle situazioni giuridiche soggettive ed attuazione della legge, a mero strumento per l'attivazione di ulteriori mezzi di tutela. Verrebbe, altresì, alterata la funzione della sospensione del processo che è finalizzata, come noto, a prevenire il rischio di contrasto di giudicati, secondo una logica interna all'ordinamento processuale basata sulla sua unitarietà e sul principio di non contraddizione.

La pronuncia ha, infine, esteso le considerazioni sopra sintetizzate al rapporto tra il controllo giudiziario e il commissariamento dell'impresa appaltatrice previsto dall'art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90. L'assenza di disposizioni di coordinamento tra i due istituti, e la non ultrattività «di una gestione separata “ad contractum”» ipotizzata dall'ordinanza di rimessione in caso di sopravvenienza del controllo giudiziario, non costituisce ragione sufficiente per sospendere il giudizio di impugnazione delle misure straordinarie di gestione previste dal richiamato articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

Il terzo quesito sottoposto dall'ordinanza di rimessione viene ritenuto assorbito in ragione della risoluzione dei quesiti che lo precedono che conferma la legittimità della decisione del giudice di primo grado di non sospendere il giudizio dinanzi a sé pendente.

Osservazioni

Sebbene le considerazioni svolte dall'Adunanza Plenaria siano pienamente condivisibili sia sotto il profilo dell'interpretazione letterale delle disposizioni che vengono in rilievo sia soprattutto sotto un profilo logico sistematico, sposando la tesi dell'autonomia dei procedimenti potrebbe apparire di difficile comprensione la ratio sottesa all'articolo 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia laddove lo stesso prevede tra i presupposti che legittimano la richiesta di ammissione al controllo giudiziario la preventiva impugnazione dell'interdittiva da parte dell'impresa. Se l'esito di tale impugnazione deve considerarsi del tutto indifferente rispetto al risanamento avviato attraverso la procedura di controllo giudiziario, è lecito chiedersi quale sia la ragione per la quale si è ritenuto di concedere tale possibilità esclusivamente alle imprese che hanno impugnato l'interdittiva dinanzi al giudice amministrativo e non anche a quelle che, pur non avendo ritenuto di proporre ricorso avverso il provvedimento prefettizio, siano state destinatarie della medesima contestazione di occasionalità del condizionamento mafioso e che, pertanto, ben potrebbero essere recuperate alla legalità sotto il controllo del giudice penale.

In un'ottica di sistema e di rispetto dei principi eurounitari nonché di quelli dettati dalla CEDU, si può ritenere che la decisione del legislatore di limitare l'accesso al controllo giudiziario volontario alle sole imprese che abbiano proposto impugnazione avverso il provvedimento interdittivo, sia finalizzata a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale all'impresa che, in caso di rigetto dell'istanza di sospensione cautelare da parte del giudice amministrativo in ragione della prevalenza degli interessi pubblici in gioco, vedrebbe vanificato o gravemente pregiudicato il proprio interesse ad una eventuale definizione del giudizio a sé favorevole nel merito laddove gli effetti dell'interdittiva, nelle more del contenzioso, abbiano espulso la stessa dal mercato delle commesse pubbliche. L'ammissione al controllo giudiziario, che sospende gli effetti dell'interdittiva, preserva l'operatività dell'impresa nelle more della definizione del contenzioso. La medesima possibilità non viene riconosciuta all'impresa che non ha impugnato l'interdittiva prestandovi acquiescenza.

Quanto agli effetti di un eventuale esito sfavorevole del contenzioso amministrativo, nonostante non sia previsto dalla legge alcun automatismo di tipo caducatorio della procedura di controllo giudiziario, senz'altro il giudice penale potrà tenere conto di tale circostanza ai fini della revoca dell'ammissione alla procedura, come previsto dal medesimo articolo 34-bis, comma 6, del Codice Antimafia secondo cui: “successivamente, anche sulla base della relazione dell'amministratore giudiziario, può revocare il controllo giudiziario e, ove ne ricorrano i presupposti, disporre altre misure di prevenzione patrimoniali”.

Guida all'approfondimento

M.A. SANDULLI “Rapporti tra il giudizio sulla legittimità dell'informativa antimafia e l'istituto del controllo giudiziario” in www.giustiziainsieme.it, 10 maggio 2022.

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