Soppressione di ente pubblico, interruzione del processo e decorrenza del termine per la riassunzione

Francesco Bartolini
09 Marzo 2023

La Corte ha ricordato che la soppressione di un ente pubblico, con il conseguente trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina, quando l'evento si verifica nel corso di un giudizio nel quale l'ente soppresso si era costituito, l'interruzione del processo ai sensi dell'art. 300 c.p.c.
Massima

La soppressione di un ente pubblico costituito in giudizio, con il trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina l'interruzione del processo dal momento della corrispondente dichiarazione in udienza del procuratore della parte interessata dall'evento o dalla notificazione di quest'ultimo alle altre parti, con conseguente decorrenza del termine ex art. 305 c.p.c. altresì nei confronti dell'ente subentrato; ove tuttavia in pendenza del termine per la prosecuzione o riassunzione intervengano ex lege l'estinzione anche dell'ente subentrato e la successione di ulteriore ente nei relativi rapporti attivi e passivi, il termine ex art. 305 c.p.c. nei confronti di quest'ultimo decorre soltanto dal momento in cui lo stesso abbia avuto conoscenza legale dell'evento interruttivo, mediante dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa del medesimo evento e del processo nel quale esso deve esplicare i suoi effetti.

Il caso

Nel corso di un procedimento intrapreso da una s.r.l. nei confronti di un ente assistenziale pubblico sopraggiunse la soppressione ex lege dell'ente e il subentro ad esso di un altro ente esplicante la medesima funzione (in un ambito di assistiti più ampio). Il processo fu dichiarato interrotto a seguito della formale comunicazione dell'accaduto in udienza ad opera del procuratore della parte colpita dall'evento estintivo. Nella pendenza del termine per la prosecuzione o per la sua riassunzione del giudizio anche il secondo ente fu soppresso, con subentro ad esso dell'INPS. Su richiesta di intervenuta estinzione del processo ad opera della s.r.l., il tribunale dichiarò che il termine per la riassunzione decorrente dalla soppressione del primo ente doveva intendersi ormai maturato, con effetto preclusivo anche nei confronti dell'INPS, ultimo in ordine di tempo. Su impugnazione di questo Istituto la Corte d'appello affermò che esso, anche se “successore del successore”, non poteva essere ritenuto a conoscenza legale dell'evento interruttivo precedente e che, dunque, a suo danno non era mai decorso il termine per la riassunzione. La s.r.l. ha impugnato con ricorso per cassazione la sentenza di riforma della precedente pronuncia.

La questione

Sostiene la ricorrente che il nuovo evento interruttivo cagionato dalla soppressione del secondo degli enti susseguitisi nel tempo nella veste di convenuto non poteva avere alcuna rilevanza sul termine per la riassunzione che aveva iniziato a decorrere dalla dichiarazione di interruzione effettuata per la soppressione dell'ente evocato per primo in giudizio; e che erroneamente la Corte d'appello aveva fatto applicazione dell'art. 299 c.p.c. nella fattispecie oggetto di causa.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha ricordato che la soppressione di un ente pubblico, con il conseguente trasferimento dei relativi rapporti giuridici ad un altro ente, determina, quando l'evento si verifica nel corso di un giudizio nel quale l'ente soppresso si era costituito, l'interruzione del processo ai sensi dell'art. 300 c.p.c. Di conseguenza l'interruzione non opera dalla data del fatto interruttivo bensì dal diverso momento nel quale di tale fatto è acquisita la conoscenza legale. Spetta al procuratore della parte alla quale l'evento interruttivo si riferisce renderlo noto in modo ufficiale con la dichiarazione in udienza o con la notifica o con una certificazione. In difetto di queste comunicazioni l'interruzione non si verifica e il processo prosegue senza necessità di apposite iniziative di parte. Questa premessa è servita a indicare, nella motivazione, il quadro normativo al quale riferire le argomentazioni poste a fondamento della decisione.

Nella vicenda di specie, sottolinea la Corte, la soppressione dell'ente inizialmente convenuto era stata resa nota con una dichiarazione effettuata in udienza. Il processo si era pertanto interrotto tra le parti originarie; e sarebbe spettato all'ente subentratogli, quale successore ex lege, costituirsi per proseguire il processo. Ma, soppresso autoritativamente anche tale secondo ente, l'INPS, nel subentrare a sua volta, non poteva avere conoscenza del termine che stava decorrendo in quanto ad esso non era stata fornita alcuna comunicazione del fatto interruttivo (l'estinzione del primo ente) che a quel termine aveva dato occasione di porsi. Doveva allora concludersi che nei confronti dell'INPS il termine di prosecuzione non aveva mai iniziato il suo decorso né, a maggior ragione, poteva essersi maturato.

Osservazioni

La Corte ha premesso nella sua motivazione una considerazione che ha avuto il merito di sgombrare il campo da una questione accennata di sfuggita in ricorso. La soppressione di un ente pubblico già costituito in giudizio a cui ne subentra un altro, essa ha affermato, va ricondotta alla fattispecie disciplinata dall'art. 300 c.p.c., vale a dire, a quella del “venir meno” della parte costituita e non a quella diversamente regolata dall'art. 299. L'affermazione era rilevante ai fini della decisione in quanto escludeva implicitamente che nella vicenda esaminata si fosse verificato uno dei casi di mero trasferimento di rapporti obbligatori da un ente ad un altro non comportante una vera e propria successione a titolo universale (tale fu il caso, ad esempio, della soppressione delle USL e della successione delle ASL nei loro rapporti, con esclusione di ogni ipotesi di successione in universum jus: Cass. civ. n. 19133/2004; Cass. civ. n. 20412/2006). La premessa comportava l'importante conseguenza per cui nei fatti in esame il momento di rilievo al quale riferire l'interruzione del processo andava individuato nella data della acquisita conoscenza formale dell'evento interruttivo (e non invece, e in automatico, nella data della soppressione). Poiché l'INPS non aveva ricevuto alcuna comunicazione rituale la conclusione da raggiungere era dovuta: nei suoi confronti il processo non si era interrotto e nessun termine per proseguirlo aveva avuto ragione di prendere corso.

L'argomentazione della Suprema Corte è irreprensibile nella sua coerenza logica. Tuttavia l'interprete non può nascondere una sensazione di disagio.

Nella vicenda di specie il ripetuto venir meno della parte costituita non si risolveva in avvenimenti relativi alla sfera privata dei soggetti in causa, come tali non sempre conoscibili. Esso riguardava enti pubblici di portata nazionale ed era disposto con atti aventi forza di legge. Sono comprensibili e vanno fatte salve le ragioni per cui il legislatore richiede una conoscenza formalizzata degli eventi estintivi di una parte in causa; ma questa esigenza non può nascondere la sproporzione che nel caso si avverte per la necessità di rendere oggetto di un adempimento formale una notizia da ritenersi pubblica, avente ad oggetto l'avvicendamento di enti assistenziali non minoritari e necessariamente nota all'ente chiamato a succedere a quello contestualmente estinto.

Si tratta di considerazioni metagiuridiche che lasciano il tempo che trovano e dovrebbero essere evitate. Ma se l'interprete non persuaso prova a riesaminare da capo la questione incontra subito una difficoltà di ordine pratico. E' lecito chiedersi in qual modo e da chi l'INPS avrebbe potuto ricevere la notizia processualmente rilevante dell'iniziale causa di interruzione del processo. Estinto il primo ente, il suo procuratore ne aveva dato l'opportuna informazione alla controparte. E' pacifico che per tal modo il processo fu interrotto, almeno per gli effetti relativi alle parti iniziali. Poi subentrò un ente che non ci risulta abbia potuto costituirsi in giudizio perché nel giro di neanche due mesi fu soppresso (dichiarazione di interruzione: 11/11/2011; soppressione a far tempo dal 1° gennaio 2012). Nella posizione dell'ente soppresso subentrò l'INPS. La Corte ha affermato che nessun termine di prosecuzione poteva decorrere nei confronti di questo Istituto finchè non avesse avuto formale conoscenza mediante dichiarazione, notificazione o certificazione degli eventi interruttivi derivati dalla soppressione del primo e del secondo ente cui succedeva. Ma chi avrebbe dovuto fornire quella conoscenza formale mediante dichiarazione in udienza, notifica o certificazione? La Corte di cassazione ha accollato l'obbligo di questa specifica comunicazione al procuratore dell'ente soppresso per primo e rimasto senza il suo assistito.

L'affermazione in tal senso confonde tra loro piani diversi.

Si legge in sentenza che il procuratore dell'ente soppresso per primo avrebbe dovuto informare della sopravvenuta interruzione l'ente succeduto per decidere della convenienza di proseguire o meno il processo. L'obbligo in tal senso gli era imposto dalle regole che disciplinano il mandato difensivo e dalla stessa ratio della normativa che, riservando al procuratore della parte colpita dall'evento la scelta opportunistica di render noto il fatto o di tenerlo riservato, gli impone di consultarsi con i successori del suo assistito venuto a mancare. Sul punto la Corte ha certamente ragione ma, come qualche volta accade, il punto era un altro. Il quesito demandato con il ricorso riguardava non già i doveri del procuratore verso i suoi assistiti e gli eventuali loro successori, dei quali non era stata fatta alcuna contestazione. Riguardava per contro gli effetti della dichiarazione di interruzione del processo che nel corso di esso era stata effettuata dopo la soppressione dell'ente primo convenuto. Una dichiarazione siffatta non è richiesta soltanto a tutela di chi subentra nei rapporti di cui era titolare la parte venuta a mancare (che già conosce il fatto estintivo) ma è necessaria a limitare nel tempo l'esercizio dei poteri di prosecuzione del processo ad opera dei successori della parte mancata e l'esercizio dei poteri di riassunzione ad opera della controparte. E se è doveroso che il procuratore consulti i successori per sapere cosa fare, dopo la dichiarazione formale dell'evento interruttivo il termine corre anche per loro. Costoro, nel caso contemplato dall'art. 300 (al quale si è riferita la Corte) subentrano a titolo universale in tutti i diritti del soggetto estinto, nella posizione processuale in cui questi si trovava considerata nel suo complesso di facoltà e di oneri. I successori hanno nel processo gli stessi poteri e gli stessi limiti né possono, ad esempio, esercitare attività dalle quali la parte estinta era decaduta.

Se questo è vero le considerazioni da farsi sono diverse da quelle sviluppate dalla Corte. Dopo la soppressione del primo ente gli enti che gli sono subentrati sono succeduti nel processo trovandolo nello stato in cui esso era stato lasciato e cioè in un processo che era stato interrotto.

E' infatti da darsi per certo che nel caso di morte della parte costituita e di dichiarazione formale dell'evento non occorra ripetere la dichiarazione all'indirizzo degli eredi, neppure se uno di essi decede prima di costituirsi in causa, essendo sufficiente la qualità di erede per farlo succedere pienamente al de cujus. Né può affermarsi che, ipotizzando una serie multipla di successori nella posizione della parte colpita dall'evento interruttivo, occorra dichiarare formalmente per ciascuno di costoro che si è verificato il fatto interruttivo. La dichiarazione è già in atti, nel fascicolo del processo in cui costoro subentrano in qualità di parti. A parere dello scrivente, pertanto, il termine per la prosecuzione del giudizio interrotto (o la sua riassunzione ex adverso) decorreva anche nei confronti dell'INPS sin dal momento in cui ne era stata fatta dichiarazione nel processo.