Rottamazione quater: tra nuovi criteri di definizione e recupero delle pendenze non definitivamente chiuse
13 Marzo 2023
Premessa
Con la Legge di bilancio 2023 (n. 197/2022) il legislatore è tornato per l'ennesima volta a disciplinare la definizione delle pendenze tributarie dinanzi alle Corti di Giustizia tributaria e della stessa Corte di Cassazione. La nuova disciplina, conosciuta giornalisticamente come rottamazione-quater, da un lato introduce nuovi criteri di definizione ed interessa altri periodi d'imposta; dall'altro, tenta di recuperare la definizione delle pendenze in precedenza disciplinate non definitivamente chiuse sia per libera scelta dei contribuenti sia perché, optato per le precedenti edizioni di pace fiscale, non sono state assolti i previsti adempimenti.
Dal punto di vista strategico, la ratio del provvedimento resta immutata rispetto ai precedenti tentativi: azzerare (sebbene praticamente impossibile) o comunque ridurre (obiettivo più realistico) le pendenze tributarie sia per consentire ai Giudici di esaminare, in tempi brevi, le controversie di maggiore spessore (per importi e per problematiche strettamente tecniche) sia per “costruire” un nuovo rapporto con i contribuenti in previsione dell'annunciata riforma fiscale di cui si attende di conoscere la delega ancorché comincino già a trapelare alcune indiscrezioni.
Sullo sfondo, ovviamente, non va trascurata la previsione di incrementare le entrate erariali e locali per fronteggiare le sempre maggiori esigenze di spesa.
Sul piano strettamente finanziario, poi, non è irrilevante la constatazione relativa all'entità dei costi da sostenere per recuperare somme di modesta entità atteso che, molte volte, anche a prescindere dai tentativi esperiti senza alcun risultato positivo, di frequente le risorse impegnate sono risultate superiori a quelle recuperate.
I vantaggi della rottamazione
Non è certo questa la sede per valutazioni di carattere etico-sociale trattandosi di scelte politiche liberamente decise dal Parlamento per cui vanno compiutamente applicate. Resta sempre il solito interrogativo volto a chiarire se, nonostante i tentativi ormai attivati da tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, si riesca davvero a cercare un rapporto fisco-contribuente che sia costruito effettivamente sulla reciproca buona fede e non, come sempre, sul piano conflittuale, a prescindere da chi puntualmente beneficia di questa tipologia di provvedimenti, certamente condivisibili nelle finalità, meno nei risultati concreti realizzati.
A fattor comune gli aspetti di maggiore rilevanza sono diversi: mancato pagamento delle sanzioni (ovvero loro riduzione), mancato pagamento degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, omesso pagamento dell'aggio di riscossione, possibile rateizzazione. I contribuenti interessati, per contro, dovranno versare, oltre alla maggiore imposta contestata, le spese di notifica delle cartelle di pagamento, gli interessi di dilazione al 2% ove venga utilizzata la rateizzazione, le spese di rimborso per le procedure esecutive.
Al riguardo, poi, è bene ricordare che, per evidenti vincoli comunitari, alcune controversie non potranno essere definite.
In particolare, sono escluse dalla definizione agevolata le risorse proprie dell'Unione europea, l'IVA riscossa all'importazione, i crediti conseguenti a seguito di condanne inflitte dalla Corte dei Conti, le somme dovute a seguito di recupero di aiuti di Stato indebitamente percepiti, le somme dovute a seguito di provvedimenti di carattere penale/multe, ammende, sanzioni pecuniarie, sanzioni diverse da quelle aventi carattere tributario ovvero in materia previdenziale.
Una differente disciplina riguarda, per contro, i carichi derivanti dall'irrogazione di sanzioni per violazioni del Codice della strada ovvero per le altre sanzioni amministrative.
Per dette violazioni sono escluse dal pagamento soltanto le somme dovute a titolo di interessi, di maggiorazioni, gli interessi di mora e di rateizzazione nonché le somme dovute a titolo di aggio.
Al fine di agevolare la definizione delle pendenze l'Agenzia delle Entrate-riscossione ha emanato la circolare 13/01/2023, n. 1/E e aggiornato il portale tenendo conto che è stato lo stesso legislatore a definire il time table degli adempimenti e la disciplina del procedimento per la corretta quantificazione delle somme dovute.
Sotto tale aspetto occorre doverosamente dare atto che il compito dei contribuenti (e, soprattutto, dei consulenti), è oggettivamente agevolato, fermo restando che non mancano tuttora zone d'ombra sulle quali, come spesso avviene, solo attraverso le risposte dell'Agenzia (c.d. FAQ) ed, eventualmente, della giurisprudenza è possibile fornire indicazioni precise, fermo restando i limiti di tale soluzione, certamente censurabile sul piano strettamente giuridico.
Occorre fornire certezze sia ai contribuenti, al fine di porli nelle condizioni di decidere previa valutazione di elementi informativi corretti e completi; sia agli organi di controllo al fine di indirizzare azioni preventive e repressive in termini di efficienza, efficacia ed economicità. Soltanto in tal modo sarà possibile incentivare l'utilizzo dello strumento agevolativo.
Sul piano pratico, i contribuenti interessati possono inoltrare (direttamente o tramite intermediari) la domanda di adesione alla definizione agevolata on line da presentare accedendo in area riservata tramite le comuni credenziali (SPID, CNS, o CIE) ovvero in area pubblica compilando il form e allegando la documentazione di riconoscimento. La richiesta deve essere trasmessa in via telematica entro il 30 aprile 2023.
Sempre al fine di semplificare il procedimento i soggetti interessati possono accedere, on line, sul sito dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, al fine di richiedere ed ottenere il prospetto informativo recante l'elenco dei debiti che possono essere definiti in modo agevolato affidati all'Agenzia dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022.
La definizione degli avvisi bonari
Una delle importanti novità della nuova disciplina ha riguardato la possibilità di definizione degli avvisi bonari.
Al riguardo, l'art. 36-bis, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, prevede che quando dai controlli automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.
Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto d'imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, lo stesso può fornire i chiarimenti necessari all'Amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Analoga disposizione è contenuta in materia di IVA nell'indicato art. 54-bis, comma 3, del d.P.R. n. 633/1972.
Come si ricorderà detti atti erano stati esclusi dalla precedente agevolazione di cui al D.L. n. 118/2018 sulla base di valutazioni che hanno attirato la critica anche della dottrina muovendo dal presupposto che le predette comunicazioni non sono immediatamente impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, in quanto «costituiscono... un invito a fornire eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi».
Quindi, manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l'intervento del giudice). Ai fini dell'accesso alla tutela giurisdizionale innanzi ai giudici tributari, invece, è stato ritenuto essenziale che il tenore dell'atto manifesti - ciò che non si verifica con i cosiddetti "avvisi bonari" - una pretesa tributaria compiuta e non condizionata, ancorché accompagnata dalla sollecitazione a pagare spontaneamente per evitare spese ulteriori.
Sulla base di questa interpretazione gli avvisi bonari erano stati esclusi dalla definizione agevolata. Con il provvedimento in esame detto orientamento restrittivo è stato ora superato nell'ottica di un'interpretazione costituzionalmente orientata tenendo conto che la procedura seguita per l'emissione degli avvisi bonari origina una vera e propria pretesa tributari circostanza che non giustificava affatto la loro esclusione.
L'art. 1, comma 153, della legge n. 197/2022, infatti, consente la definizione agevolata delle obbligazioni originate dal controllo automatizzato delle dichiarazioni relative ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, 2020 e 31 dicembre 2021, per le quali il termine di pagamento, non è ancora scaduto al primo gennaio 2023. Sono parimenti definibili le comunicazioni già recapitate per le quali, alla stessa data, non è ancora scaduto il termine di 30 giorni (90 giorni in caso di avviso telematico) per il pagamento delle somme dovute o della prima rata.
Com'è noto, l'iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d'imposta provvede a pagare le somme dovute, ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta.
In tal caso, l'ammontare delle sanzioni amministrative dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.
Entrambe le fattispecie possono essere definite con il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, degli interessi e delle somme aggiuntive. In buona sostanza, dunque, si tratta degli avvisi bonari per i quali alla data di entrata in vigore della manovra (primo gennaio 2023) è ancora aperto il termine di versamento delle somme in quanto viene richiamato il precedente termine perentorio di 30 giorni successivi a quello di ricezione dell'atto.
L'agevolazione consiste nella rideterminazione delle sanzioni in misura pari al 3 per cento dell'imposta (non versata o versata in ritardo) che residua dopo aver considerato i versamenti rateali eseguiti fino al 31 dicembre 2022. Pertanto, la definizione agevolata si realizza con il pagamento degli importi residui a titolo di imposte, contributi previdenziali, interessi e somme aggiuntive, nonché con il pagamento delle sanzioni calcolate nella misura del 3 per cento delle residue imposte non versate o versate in ritardo.
Il contribuente ha anche la facoltà di rateizzare le somme dovute, come rideterminate a seguito della definizione agevolata. A tal fine per beneficiare della riduzione sanzionatoria è richiesto che il pagamento rateale prosegua, senza soluzione di continuità, secondo le scadenze previste dall'originario piano di rateazione, ovvero, nei casi di importo originario non superiore a 5.000 euro, usufruendo dell'estensione fino a venti rate.
In caso di mancato pagamento, anche parziale, alle prescritte scadenze, tale da determinare la decadenza dalla rateazione, la definizione agevolata non produce alcun effetto e si applicano le ordinarie disposizioni in materia di sanzioni e riscossione.
Sempre in tema di rateizzazione va evidenziato che si è ritenuto opportuno uniformare il numero massimo di rate (venti rate trimestrali di pari importo) in cui può essere suddiviso il pagamento dei debiti emergenti dal controllo delle dichiarazioni, a prescindere dall'ammontare dei debiti stessi.
A tal fine sono state apportate le necessarie modifiche con la soppressione del limite massimo di otto rate trimestrali di pari importo, ovvero, se superiori a cinquemila euro in precedenza previsto. I soggetti interessati, pertanto, a prescindere dall'importo della comunicazione, possono liberamente scegliere le modalità di rateizzazione ritenute più convenienti alla sua situazione finanziaria, fermo restando il limite invalicabile di venti rate trimestrali di pari importo.
Un ulteriore vantaggio che merita di essere evidenziato riguarda la possibilità di avvalersi del nuovo regime sia per le rateazioni non ancora iniziate sia per quelle in corso al primo gennaio 2023 e, quindi, giova ripeterlo anche relativamente ai piani rateali in corso alla data del primo gennaio e riguardanti debiti di importo non superiore a cinquemila euro.
Secondo le indicazioni emesse dall'approfondimento della normativa esiste il rischio concreto che anche la rottamazione quater non assicuri il risultato auspicato sia in termini di aderenti alla definizione agevolata sia di gettito concreto.
Si ritiene, ad esempio, che le rate al 31 luglio e al 30 novembre prossimi, ciascuna del 10% delle somme dovute siano estivamente alte, oltre ad essere ravvicinate in termini puramente temporali tenuto conto che, soprattutto per la rata di novembre i contribuenti interessati dovranno procedere anche al versamento degli acconti d'imposta. In altri termini, è stato da più parti prospettato il rischio di porre il contribuente davvero di fronte ad una scelta dalle conseguenze comunque negative. Ora, al di là di possibile dimensionamento dei rischi, non può essere certamente disconosciuto che, tenuto conto che molte aziende non si sono ancora riprese, almeno in parte, dalle conseguenze negative della pandemia, si trovino in oggettive difficoltà.
D'altra parte, va anche riconosciuto che il ricorso al finanziamento esterno - in particolare di quello bancario – non è sempre sopportabile sia per l'eccessiva onerosità dei tassi d'interessi sia per le garanzie che, di norma, il sistema finanziario richiede.
Sta maturando, soprattutto da parte di alcuni ordini professionali, una richiesta formale di procedere ad una modifica del vigente quadro giuridico nel senso di eliminare le due citate rate e sostituirle con un numero maggiore o comunque, individuare altre soluzioni che consentono di avvalersi della procedura agevolata.
D'altra parte, se la rottamazione quater dovesse effettivamente fallire, le conseguenze sia per l'Erario che per gli enti locali sarebbero davvero preoccupanti.
Ma anche la proposta di azzerare tutto il pregresso in previsione dell'entrata in vigore pare eccessiva e, comunque, indeterminabile. Quantunque la riforma fiscale sia stata annunciata a breve, con una valutazione realistica, tenuto conto anche delle oggettive difficoltà da superare, un'entrata in vigore della riforma entro il 2023 appare poco realistica a meno che non si opti per la solita soluzione tampone che sarebbe, peraltro, il male peggiore.
In conclusione
I rischi che l'agevolazione non consegue i risultati sperati sono concreti ove si consideri che alla rottamazione quater, come accennato, possono accedere anche i contribuenti interessati dai tre precedenti tentativi. Diventa forse eccessivamente ottimisti ipotizzare che ha rinunciato alle precedenti possibilità, magari per carenze finanziarie, aderisca al quarto tentativo.
Certo, si potrebbe ampliare il numero delle rate fino ad arrivare a 120, almeno secondo taluni.
In verità tale soluzione non sarebbe del tutto innovativa, in quanto, sia pure in misura minima, è già attuata. Tale alternativa, però, anche a voler eliminare la discrezionalità riconosciuta agli uffici, non potrebbe comunque trovare un'applicazione generalizzata. Ma anche il c.d. sovraindebitamento pare poco praticabile perché porterebbe a ridurre il debito d'imposta di una percentuale eccessiva. Ora, fermo restando che non si può ignorare l'esistenza di una crisi finanziaria, è altrettanto vero che la politica agevolativa non può essere spinta oltre certi limiti che potrebbero alla violazione di principi base, di rango costituzionale.
|