Nullità del matrimonio per vizio psichico e rilevanza della convivenza

Sabina Anna Rita Galluzzo
15 Marzo 2023

Quale rilevanza assume la convivenza tra coniugi, durata più di tre anni, nel giudizio circa la nullità del matrimonio concordatario determinata da un vizio genetico riconosciuto tanto dal diritto canonico quanto dal codice civile?
Massima

In tema di delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio concordatario, la convivenza "come coniugi" costituisce un elemento essenziale del "matrimonio-rapporto" e, ove si protragga per almeno tre anni dalla celebrazione, integra una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano" che, tuttavia, non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità per vizi genetici del "matrimonio-atto", a loro volta presidiati da nullità nell'ordinamento italiano. In particolare, la convivenza ultratriennale non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza ecclesiastica, che accerti la nullità del matrimonio per incapacità a contrarre matrimonio determinata da vizio psichico, poiché una tale nullità è prevista anche nell'ordinamento italiano e non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio.

Il caso

La vicenda ha inizio di fronte a un tribunale ecclesiastico che, ai sensi di quanto previsto dal Codice di diritto canonico, dichiarava la nullità di un matrimonio concordatario a motivo dell'incapacità della moglie a prestare consenso al vincolo coniugale. La Corte d'Appello, adita al fine di ottenere l'efficacia nella Repubblica Italiana della suddetta sentenza ecclesiastica, rigettava la domanda per contrarietà all'ordine pubblico. In particolare, secondo la Corte, ricorreva nella specie l'elemento ostativo costituito dalla convivenza ultratriennale dei coniugi.

Avverso questa sentenza viene proposto ricorso in Cassazione.

La questione

Secondo il consolidato orientamento di legittimità la convivenza tra coniugi, durata più di tre anni, impedisce la delibazione nell'ordinamento italiano della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, in quanto situazione giuridica di ordine pubblico. In questo contesto problematica è la rilevanza di tale limite quando la causa della nullità stessa sia un vizio genetico previsto non solo dal codice di diritto canonico ma anche da quello civile.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione accoglie il ricorso richiamando un suo importante e recente precedente (Cass. 17910/2022). L'ordinanza in esame in particolare sottolinea come nel caso di vizio genetico del matrimonio atto, vizio che comporta la nullità del vincolo nell'ordinamento italiano risulta inoperante la situazione giuridica di "ordine pubblico", richiamata nella specie dalla Corte territoriale, quale condizione ostativa alla delibazione di sentenza del tribunale ecclesiastico.

La questione prende origine dalle differenze sussistenti in tema di vizi del consenso matrimoniale tra l'ordinamento italiano e quello canonico. È noto, infatti, che le invalidità previste dal diritto canonico offrono alla purezza del consenso matrimoniale una tutela molto intensa: ogni condizione o riserva sul matrimonio o sui c.d. bona matrimoni anche se rimaste a livello di intenzione o pensiero non espresso possono inficiare il vincolo matrimoniale e attribuiscono ai coniugi il diritto di agire in giudizio persino senza limiti di tempo. Così non è nell'ordinamento civile in cui sono fondamentali i principi della tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole, considerati dalla giurisprudenza di legittimità parte integrante dell'ordine pubblico. Ciò ha creato non pochi problemi nella prassi in sede di delibazione delle sentenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità del matrimonio concordatario per violazione dei bona matrimonii.

In questo contesto l'orientamento giurisprudenziale, ormai consolidato in seguito a un importante intervento della Cassazione a sezioni unite attribuisce rilievo, quale situazione ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario, alla convivenza prolungata dei coniugi successivamente alla celebrazione del matrimonio(Cass. s.u. 16379/2014 Cass. 1343/2011; Cass. 9844/2012).

La giurisprudenza prende in particolare le mosse dalla fondamentale distinzione tra matrimonio atto e matrimonio rapporto, ossia in altre parole tra il vincolo e il rapporto effettivamente vissuto dai due sposi, in relazione al quale sono da considerare gli effetti di ordine personale e patrimoniale che in conseguenza dell'instaurarsi del vincolo si producono tra i coniugi e tra gli stessi e i figli. Su tali basi si sostiene, come ribadito dal provvedimento di esame, che la convivenza tra coniugi esteriormente riconoscibile e protrattasi per almeno tre anni dopo la celebrazione del matrimonio integra un aspetto essenziale e costitutivo del matrimonio rapporto, tale da potersi ricomprendere nella nozione di ordine pubblico interno ostativa, pertanto, alla dichiarazione di efficacia nello Stato italiano della sentenza canonica di nullità del matrimonio.

Tale fondamentale principio è stato ulteriormente chiarito dalla Cassazione che ha precisato che la prolungata convivenza come coniugi, dopo il matrimonio, non può rilevare come limite generale per la delibazione di sentenze ecclesiastiche che abbiano accertato ipotesi di nullità del matrimonio previste come tali anche dall'ordinamento italiano, senza termini di decadenza o fattispecie di sanatoria, o con limiti tutt'affatto distinti dalla protratta convivenza in sé (Cass. 17910/2022 in Ius Famiglie (IUS.giuffrefl.it), 7 novembre 2022, con nota di Pavone M. Nullità del matrimonio concordatario tra ordine pubblico e vizi genetici del vincolo).

Su questa linea interpretativa si pone il l'ordinanza in esame che sottolinea come la convivenza tra coniugi, pur essendo elemento essenziale del matrimonio, se durata almeno tre anni dal momento delle nozze, e pur integrando una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, non è ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico per vizi genetici del matrimonio presidiati da nullità. Si tratta infatti, precisano i giudici, di vizi previsti e disciplinati interamente dal nostro ordinamento.

Il vizio genetico pur accertato, nella specie, dal tribunale ecclesiastico, precisano gli Ermellini, comporta la nullità del vincolo anche per l'ordinamento interno e in queste ipotesi è irrilevante discutere di matrimonio-rapporto e di lunga convivenza come elemento impeditivo della rilevanza della nullità o come elemento di sanatoria. Il Codice civile, infatti, non contempla un tale aspetto in analoga caratteristica funzionale.

Pertanto, sottolinea la Cassazione, i rapporti matrimoniali che hanno avuto una durata superiore a tre anni non possono essere annullati a causa di riserve mentali o di vizi previsti dall'ordinamento canonico e non da quello italiano perché ciò contrasterebbe con il limite dell'ordine pubblico. Lo stesso limite peraltro non opera quando il vizio genetico del matrimonio-atto è disciplinato anche dall'ordinamento italiano. Conseguentemente le sentenze ecclesiastiche che dichiarano la nullità di un matrimonio concordatario fondandola su vizi del consenso con i caratteri oggettivi almeno analoghi a quelli previsti dal nostro ordinamento possono essere delibate in quanto non contrastano con l'ordine pubblico interno. È fondamentale a tal fine, precisa la Corte, valutare il tipo di vizio che inficia l'atto produttivo del vincolo.

Nella specie il vizio genetico posto a base della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio individuato nel can. 1095 nn. 2-3 del Codex iuris canonici, e relativo all'incapacità a contrarre matrimonio, trova corrispondenza nel Codice civile e in particolare nell'art. 120 secondo cui il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio. Tale nullità, si sottolinea, non è sanabile dalla protrazione della convivenza prima della scoperta del vizio.

In aggiunta a ciò precisa ulteriormente la Corte non esiste, nell'ordinamento italiano, un principio di ordine pubblico secondo il quale il vizio che inficia il matrimonio può essere fatto valere solo dal coniuge il cui consenso sia viziato, essendo preminente, in tal caso, l'esigenza di rimuovere il vincolo coniugale prodotto da atto inficiato da vizio psichico (Cass. 9044/2014).

Osservazioni

Molti dei vizi del consenso previsti dal diritto canonico non comportano la nullità del matrimonio nell'ordinamento civile: si pensi ad esempio all'esclusione del matrimonio o di un suo elemento essenziale (can. 1101), ossia quando un coniuge al momento delle nozze esclude una o alcune caratteristiche essenziali del matrimonio, quali la fedeltà, la prole, l'indissolubilità o la sacramentalità del vincolo.

In tali casi prevale per la legge italiana la tutela del matrimonio-rapporto fondato sulla convivenza tra coniugi in nome della buona fede e dell'affidamento.

Vi sono peraltro dei vizi del consenso matrimoniale, previsti dal Codex iuris canonici, che si avvicinano a quelli regolati dal Codice civile come ad esempio il can. 1095, richiamato nel caso di specie secondo cui sono incapaci a contrarre matrimonio coloro che mancano di sufficiente uso di ragione, coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente e coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.

Tale vizio, come precisato dalla Cassazione, trova corrispondenza nell'ipotesi di invalidità contemplata dall'articolo 120 c.c. che disciplina l'ipotesi del matrimonio dell'incapace. Allo stesso modo la citata ordinanza del 2022 riguardava il canone 1097 che, come causa di nullità del vincolo, prevede l'errore circa l'identità fisica del coniuge o circa sue specifiche qualità. Nella specie in particolare il marito era stato indotto in errore sulle qualità personali della moglie stessa, da essa dolosamente taciute. L'errore aveva riguardato, secondo la sentenza ecclesiastica, l'esistenza di una malattia tale da indurre la sterilità, e quindi da impedire, lo svolgimento della vita coniugale in relazione alla procreazione, aspetto per il coniuge essenziale. Una simile condizione è rilevante anche nell'ordinamento italiano rientrando in particolare nell'art. 122 c.c. sul semplice presupposto dell'essenzialità dell'errore in base alle sensibilità dell'altro coniuge (Cass. 17910/2022)