Principio di indipendenza della magistratura e proroga del servizio oltre l’età pensionabile: l'Avvocato generale Rantos sulla normativa polacca

La Redazione
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16 Marzo 2023

Il principio di inamovibilità e di indipendenza dei giudici, sancito dal TUE, osta a una normativa nazionale che consenta il mantenimento in servizio oltre l'età pensionabile in base all'autorizzazione di un'autorità che non offre garanzie di indipendenza dal potere legislativo o esecutivo, e che adotta le proprie decisioni sulla base di criteri vaghi e difficilmente verificabili.

In Polonia, la legge sull'organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari prevede che i giudici che desiderino continuare a esercitare le loro funzioni dopo il raggiungimento dell'età pensionabile siano tenuti a dichiarare la loro volontà in tal senso al Consiglio nazionale della magistratura (in prosieguo la «KRS»). Tale dichiarazione deve essere fatta entro un termine previsto dalla legge il cui superamento renderebbe la domanda irricevibile. La KRS può autorizzare un giudice a continuare a svolgere le sue funzioni se il suo mantenimento in servizio risponde, inter alia, a un legittimo interesse dell'amministrazione della giustizia o a un interesse sociale rilevante.

La Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema polacca (in prosieguo «la Sezione di controllo straordinario») è stata adita da un giudice che ha presentato ricorso contro una delibera della KRS di non dare seguito alla richiesta di proroga del suo mandato, per il motivo che tale richiesta era stata presentata oltre il termine previsto dalla legge. La Sezione di controllo straordinario ha chiesto alla Corte di giustizia se la normativa nazionale leda il principio di inamovibilità e di indipendenza dei giudici, sancito dal Trattato sull'Unione europea, nei limiti in cui tale legislazione, da un lato, subordina l'esercizio delle funzioni di giudice oltre l'età per il pensionamento all'autorizzazione di un'altra autorità, e, dall'altro, prevede la decadenza della relativa richiesta in caso di superamento del termine previsto dalla legge.

Nelle conclusioni presentate in data odierna, l'avvocato generale Athanasios Rantos rileva, in via preliminare, che la domanda di pronuncia pregiudiziale solleva la questione se la Sezione di controllo straordinario abbia la natura di «giurisdizione», ai sensi del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, legittimata ad adire la Corte in via pregiudiziale. I dubbi vertenti sull'indipendenza di tale Sezione riguardano in particolare la nomina dei suoi giudici sulla base di una delibera, successivamente annullata, della KRS, la cui indipendenza è stata messa in discussione in diverse sentenze della Corte [1]. Inoltre, la Corte europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo la «Corte EDU») [2] ha dichiarato che due collegi giudicanti della Sezione di controllo straordinario composti da tre giudici non costituivano «tribunali costituiti per legge» ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo la «CEDU»).

Al riguardo, l'avvocato generale ritiene che l'interpretazione del principio di indipendenza nel contesto della legittimazione ad adire la Corte in via pregiudiziale richieda un esame diverso e distinto da quello richiesto, rispettivamente, nell'ambito del principio di inamovibilità e di indipendenza dei giudici, sancito dal Trattato sull'Unione europea, e del diritto a un ricorso effettivo, sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, alla luce dei diversi obiettivi e funzioni di tali norme.

Ad avviso dell'avvocato generale, la nozione di «giurisdizione» legittimata ad adire la Corte in via pregiudiziale ha un carattere «funzionale», riferito principalmente all'assenza di assoggettamento gerarchico all'amministrazione dell'organo che ha presentato la questione, e non degli individui che lo compongono. Ne consegue che eventuali irregolarità connesse alla nomina dei membri di un collegio giudicante possono privare un organo dello status di «giurisdizione» in tal senso solo se pregiudicano l'idoneità stessa di un tale organo a giudicare in maniera indipendente. La posizione divergente della Corte EDU non modifica tale conclusione, poiché la sua interpretazione riguarda piuttosto il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Di conseguenza, essa potrebbe svolgere un ruolo nell'applicazione della Carta dei diritti fondamentali, ma non necessariamente con riferimento alla legittimazione ad adire la Corte in via pregiudiziale. Pertanto, secondo l'avvocato generale, la Corte è stata validamente adita dalla Sezione di controllo straordinario ed è quindi competente a rispondere alle questioni pregiudiziali.

Inoltre, con riferimento a tali questioni, l'avvocato generale ricorda che, nella sua giurisprudenza, la Corte ammette che gli Stati membri coinvolgano un organo esterno alla magistratura (indipendente oppure facente parte del potere legislativo o esecutivo) in decisioni relative, in particolare, alla nomina o al mantenimento in servizio dei giudici [3]. Per tale motivo, egli conclude che, ancorché, a seguito delle riforme del sistema giudiziario polacco, la KRS possa essere diventata un'«istituzione asservita» controllata dal potere esecutivo, il fatto che essa sia investita del potere di decidere se concedere o meno un'eventuale proroga dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali non è di per sé sufficiente a far ravvisare l'esistenza di una violazione del principio di indipendenza dei giudici.

Tuttavia, per quanto riguarda i requisiti sostanziali e le modalità procedurali, l'avvocato generale osserva che i criteri su cui si basa la decisione della KRS sul mantenimento in servizio dei giudici sono troppo vaghi e non verificabili [4]. Alcuni dubbi sorgono anche posto che la legge polacca non prevede un termine entro il quale la KRS è tenuta ad adottare la sua delibera.

Tenuto conto dell'insieme degli elementi rilevanti, di fatto e di diritto, relativi sia alla natura stessa della KRS, sia al modo in cui tale organo esercita il proprio ruolo, l'avvocato generale conclude che il principio di inamovibilità e di indipendenza dei giudici, sancito dal Trattato sull'Unione europea, osta a una normativa nazionale che subordina l'efficacia della dichiarazione di un giudice di voler continuare a esercitare le sue funzioni di giudice oltre l'età per il pensionamento all'autorizzazione di un'autorità la cui mancanza di indipendenza dal potere legislativo o esecutivo è stata dimostrata e che adotta le proprie decisioni sulla base di criteri vaghi e difficilmente verificabili.

Per quanto riguarda la decadenza di una dichiarazione tardiva di voler continuare a esercitare le funzioni giurisdizionali, l'avvocato generale osserva che termini chiari e prevedibili per tale dichiarazione costituiscono requisiti procedurali oggettivi idonei a contribuire alla certezza del diritto e all'obiettività dell'intero procedimento in questione. Il termine di sei mesi previsto dalla legge polacca, fissato in relazione alla data del compleanno del giudice è, secondo l'avvocato generale Rantos, sufficientemente lungo per consentire a tale giudice di prendere una decisione consapevole in merito all'opportunità di manifestare la propria volontà di continuare a esercitare le proprie funzioni. Allo stesso modo, l'impossibilità di pronunciare una remissione di tale termine non sottopone i giudici ad alcuna pressione o influenza esterna e, inoltre, priva la KRS della possibilità di esercitare un potere discrezionale. A prescindere da tale valutazione, l'avvocato generale lascia alla Sezione di controllo straordinario il compito di verificare la proporzionalità di tale termine di decadenza.

[1] Sentenze del 19 novembre 2019, cause riunite, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C-585/18, C-624/18 e C-625/18, punti da 136 a 145 (v. anche CS n. 145/19); del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorso), C-824/18, punti 130 e 131 (v. anche CS n. 31/21).

[2] Sentenza della Corte EDU dell'8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (EC:ECHR:2021:1108JUD004986819).

[3] Sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema), C-619/18, punti 108 e 110 (v. anche CS n. 81/19), e del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari), C-192/18, punto 119 (v. anche CS n. 134/19).

[4] Come nel caso della situazione che è stata oggetto della sentenza C-192/18, punti 119 e 122.