Whistleblowing: in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo di attuazione della Direttiva UE 2019/1937 che appronta nuove tutele per il whistleblower

La Redazione
17 Marzo 2023

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, che recepisce la Direttiva (UE) 2019/1937, meglio nota come Direttiva Whistleblowing, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.

Con il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 24, l'Italia ha recepito in via definitiva la Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, “relativa alla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.

Finalità della Direttiva europea

Stabilendo norme minime comuni per uniformare gli ordinamenti nazionali in tema di whistleblowing, la direttiva nasce con l'intento di regolare, all'interno dell'Unione europea, la tutela delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell'UE lesive dell'interesse pubblico o dell'integrità della pubblica amministrazione o dell'ente privato, di cui siano venute a conoscenza sul posto di lavoro.

La Direttiva è, dunque, mirata a rendere effettivo e omogeneo il sistema di protezione dei segnalatori di informazioni – whistleblowers – ottenute all'interno del proprio contesto lavorativo (pubblico o privato) in qualità di dipendenti, collaboratori, lavoratori autonomi o subordinati, liberi professionisti, e perfino volontari, tirocinanti (anche non retribuiti), azionisti e soggetti con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza.

La normativa europea in materia di whistleblowing non fa distinzione tra settore pubblico e privato, e le misure di protezione si estendono anche ai c.d. “facilitatori” (ossia coloro che prestano ausilio al lavoratore nel processo di segnalazione), ai colleghi, finanche ai parenti o agli “affetti stabili” del whistleblower.

Misure di protezione in ambito europeo

In virtù di tale protezione, i whistleblowers non possono così essere licenziati o sospesi, né subire come ritorsione misure quali il mutamento di funzioni, del luogo o dell'orario di lavoro, la riduzione dello stipendio, la sospensione della formazione, l'adozione di misure disciplinari o di altra sanzione anche pecuniaria, o ancora la coercizione, l'intimidazione, la discriminazione, le molestie o l'ostracismo, i pregiudizi economici o finanziari per la persona, i danni alla reputazione (in particolare sui social network), il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine, e (laddove il lavoratore ne avesse una legittima aspettativa) la mancata conversione di un contratto di lavoro a tempo determinato in uno a tempo indeterminato.

Il lavoratore può essere esonerato da responsabilità civile e penale in presenza di una giusta causa di rivelazione delle informazioni, ed è prevista inoltre la garanzia della riservatezza del segnalante.

In caso di segnalazioni rivelatesi poi infondate la direttiva prevede che la tutela sia ugualmente riconosciuta, purché il whistleblower abbia avuto fondati motivi di ritenere reale l'esistenza di tali violazioni.

Tuttavia, la tutela cessa qualora le segnalazioni infondate siano accompagnate da dolo o colpa grave.

Le novità previste dal decreto di attuazione della Direttiva UE

In Italia, il decreto di attuazione della Direttiva Whistleblowing si approssima ad entrare in vigore il 30 marzo 2023.

A livello nazionale, prima di tale novella, la legge sul whistleblowing del 2017 (l. 30 novembre 2017, n. 179) aveva introdotto, in attuazione delle previsioni comunitarie, “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, rendendo così la normativa del settore pubblico per la maggior parte in linea con la disciplina europea.

Per il settore privato, tuttavia, la tutela del whistleblower era limitata, poiché riconducibile essenzialmente alla responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato prevista dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Il d.lgs. n. 24/2023 introduce al Capo II alcune importanti novità in materia di modalità e tempi della segnalazione.

I soggetti del settore pubblico e privato dovranno infatti predisporre canali di segnalazione interna affidati in gestione a una persona o ad un apposito ufficio interno autonomo e con personale specificamente formato, o in alternativa a un soggetto esterno (anch'esso autonomo e con personale specificamente formato).

I canali di segnalazione interna dovranno essere in grado di garantire il massimo livello di riservatezza dell'identità del segnalante, della persona coinvolta e di eventuali terzi menzionati nella segnalazione, nonché del contenuto della stessa e della relativa documentazione.

La segnalazione dovrà essere effettuata in forma scritta a mezzo della piattaforma informatica, o in forma orale attraverso linee telefoniche, sistemi di messaggistica vocale o, su richiesta del segnalante, mediante un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

Nel settore pubblico, il decreto legislativo ammette la possibilità di ricorrere all'ANAC per effettuare segnalazioni esterne, a patto che sia stato utilizzato preventivamente il canale interno, nei casi in cui:

a) non è prevista, nell'ambito del contesto lavorativo del segnalante, l'attivazione obbligatoria del canale di segnalazione interna oppure se questo, anche se obbligatorio, non è attivo o, se attivato, non risulta essere attendibile sul piano delle garanzie di riservatezza;

b) la segnalazione interna è stata già effettuata ma non ha avuto seguito;

c) il segnalante ha fondato motivo di ritenere che una segnalazione interna potrebbe non avere efficace seguito o ancora determinare un rischio di ritorsione;

d) il segnalante ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

Le segnalazioni non possono essere utilizzate oltre quanto necessario per dare adeguato seguito alle stesse.

Per quanto riguarda il settore privato, nelle aziende con meno di cinquanta dipendenti è consentita solo la segnalazione interna delle condotte illecite, escludendo la possibilità di ricorrere al canale esterno e alla divulgazione pubblica.

In conformità alla procedura, l'azienda che riceve una segnalazione dispone di un tempo massimo di 7 giorni per comunicare al soggetto competente e contestualmente al whistleblower l'avvenuto recepimento della stessa. L'azienda ha poi l'obbligo di fornire un riscontro in merito entro 3 mesi.

In ottemperanza a tali previsioni le aziende con più di 250 dipendenti dovranno per prime dotarsi di un software whistleblowing a partire dal 15 luglio 2023; mentre le aziende con più di 50 dipendenti dovranno farvi fronte allo stesso modo a partire dal 17 dicembre 2023.

In attuazione delle suddette previsioni, l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), in quanto soggetto competente a valutare le segnalazioni, applica nei confronti del responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l'obbligo di riservatezza di cui all'articolo 12;

b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l'effettuazione e la gestione delle segnalazioni;

c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.