Per il Ministero dovuti i diritti di copia anche per le impugnazioni via PEC
20 Marzo 2023
L'Ufficio Affari a servizio dell'amministrazione della giustizia ha diramato il 16 marzo 2023 una circolare avente ad oggetto il seguente Quesito Filo Diretto del Dirigente del Tribunale ordinario di Bari: all'esito della conversione del d.l. n. 162/2022, da un lato risulta l'abrogazione dell'art. 164 disp. att. c.p.p. (sui diritti delle copie dell'atto di impugnazione) per via dell'art. 98, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150/2022 e, dall'altro, risulta invece che la stessa norma sia stata resa ultrattiva a causa della norma transitoria ex art. 87, comma 6, d. lgs. cit. a norma della quale «sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 164».
Dovuti i diritti di copia nel caso di impugnazione per via telematica? Nelle more dell'emanazione dei regolamenti previsti per il processo penale telematico, è rimasto infatti insoluto il dubbio se l'art. 164 delle disposizioni attuative del codice di rito – soprattutto del comma 3, a norma del quale se non sono depositate le copie dell'atto di impugnazione, la cancelleria provvede a farle a spese di chi ha presentato l'impugnazione – si continui ad applicare.
Molti avvocati, dopo aver depositato via PEC l'atto di impugnazione (in particolare l'appello), si sono visti recapitare, a loro volta, una PEC dalla cancelleria del giudice a quo che ha ricevuto l'atto, invitandoli ad inviare copia della ricevuta di pagamento effettuato tramite PST per diritti di copia per gli appelli da stampare ai sensi dell'164 disp. att. c.p.p., rimasto vigente fino all'emanazione dei regolamenti previsti dal d.lgs. n. 150/2022.
Altri uffici, invece, hanno invitato, sempre via PEC, gli avvocati, in alternativa al pagamento dei diritti di copia, a depositare le copie cartacee presso lo stesso ufficio impugnazioni.
Deposito telematico delle impugnazioni: prorogata l'impugnazione via PEC dei difensori delle parti private Prima di addentrarci nel cuore del quesito sottoposto, è importante ricordare che il d.lgs. n. 150/2022 prevede per i difensori l'obbligo di depositare in forma telematica gli atti d'impugnazione, fatta salva la facoltà per quelle private di continuare ad avvalersi delle modalità tradizionali, costituite dalla presentazione personale del gravame, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice a quo. Il meccanismo appena ricordato ha alle spalle la sperimentazione di un istituto simile durante l'emergenza pandemica (invio tramite PEC dei mezzi di gravame), e risultava applicabile fino al 31 dicembre 2022.
Il problema è che il nuovo art. 582 c.p.p. è destinato a entrare in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti previsti per la disciplina del processo penale telematico (l'art. 87, comma 3 del decreto legislativo n. 150 del 2022 prevede che tali regolamenti vengano adottati entro il 31 dicembre 2023), mentre gli artt. 582, comma 2, e 583 c.p.p. (sull'invio del gravame con raccomandata o fax e sul deposito fuori sede) sono abrogati con efficacia immediata dall'art. 98 della riforma Cartabia.
A fronte della regola generale dell'obbligatorietà del deposito telematico, senza interventi correttivi si poteva determinare per i difensori delle parti private modalità penalizzanti fino all'entrata a regime della disciplina relativa al processo penale telematico, non potendosi avvalere della presentazione telematica e residuando nelle more dei regolamenti attuativi il deposito (spesso oneroso nelle impugnazioni fuori sede) nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento oggetto di gravame. La relazione n. 68 del 7 novembre 2022 dell'Ufficio del Massimario della Suprema Corte suggeriva di rimediare a tali inconvenienti mediante la proroga in parte qua delle modalità già previste dalla disciplina emergenziale sotto il profilo della proponibilità via PEC.
Tale suggerimento è stato accolto dal legislatore che ha inserito, nell'art. 5-quinquies della legge n. 199 del 2022, un apposito art. 87-bis al decreto legislativo n. 150/2022. Con una disposizione di ampia portata, al comma 1 si è previsto che gli atti diversi da quelli previsti dal comma 6-bis dell'art. 87 – ossia quelli il cui deposito avviene esclusivamente col il portale del processo penale telematico – «è consentito il deposito con valore legale mediante invio all'indirizzo di posta elettronica certificata inserita nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'art. 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44».
Torniamo al quesito: diritti di copia solo alle impugnazioni de visu o anche a quelle via PEC? Tale percorso normativo risulta importante, come si legge nella Circolare ministeriale del 16 marzo 2023, per rispondere alla questione sottoposta: se l'ultrattività dell'art. 164 disp. att. c.p.p., sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, art. 87, D. Lgs. n. 150/2022, rende necessari opportuni chiarimenti, interrogandosi – in particolare – se la norma in questione «abbia valenza limitata al solo caso di presentazione dell'impugnazione mediante deposito degli atti in forma analogica, ovvero riguardi anche l'invio telematico dell'impugnazione».
Muovendo da tali premesse, al fine di scongiurare danni all'erario per l'inosservanza della disposizione sopra citata, ove cogente, il dirigente del Tribunale di Bari chiede di chiarire:
L'Ufficio comunque notizia la scrivente Direzione che, anche per le impugnazioni che pervengono per via telematica, in ogni caso richiede «all'avvocato, nei giorni successivi all'inoltro del deposito/trasmissione, le copie mancanti».
Considerata la valenza generale delle questioni poste nel quesito Filodiretto, si ritiene opportuno rendere la presente risposta in forma di circolare, destinata a tutti gli Uffici.
Si risponde al primo quesito in senso affermativo, ritenendo che l'art. 164 delle norme di attuazione al codice di rito resti applicabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 87, comma 6, D.Lgs. n. 150/2022, anche quando l'atto d'impugnazione sia stato trasmesso tramite PEC, così come consentito dall'art. 87-bis, dello stesso decreto Cartabia.
Consequentur, vi è la necessità, di dare risposta affermativa anche al secondo quesito. Ed in caso di mancato deposito delle copie prescritte dalla legge, l'ufficio applicherà la disposizione di cui all'art. 272 D.P.R. n. 115/2002, a norma del quale il diritto dovuto per le copie ai sensi dell'art. 164 è triplicato (comma 1). Inoltre, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente dall'impugnante, il funzionario addetto all'ufficio procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, e relative norme transitorie, in solido nei confronti dell'impugnante e del difensore (comma 2). In merito alle modalità di recupero dei diritti di copia non versati, l'Ufficio giudiziario ben potrà utilizzare lo strumento dell'ingiunzione c.d. fiscale per recuperare l'importo non percepito a titolo di diritto di copia, in caso d'inottemperanza del debitore all'invito formale.
Tale lettura del quadro normativo da parte della Circolare non convince Il rinvio della messa a regime del deposito telematico dell'impugnazione (ora corretto, per assicurare la transizione digitale, dalla L. n. 199/2022 estendendo, in via transitoria, fino all'emanazione dei regolamenti del ministero della giustizia, il deposito via PEC anche degli atti di gravame), non fa in ogni caso venir meno la natura di impugnazione telematica, per la quale – restando nella logica e nello spirito della riforma Cartabia – non avrebbero dovuto essere non dovuti i diritti di copia.
Il correttivo apportato, successivamente all'art. 87, comma 6, del d. lgs. n. 150/2022, doveva portare a interpretare il complesso impianto normativo – dove si innestano la proroga di istituti vissuti durante l'esperienza pandemica e adesso prorogati (impugnazione via PEC), l'attesa dei regolamenti attuativi per la disciplina del deposito telematico dell'impugnazione – nel senso che l'ultrattività dell'art. 164 disp. att. c.p.p. (sino al quindicesimo giorno dei regolamenti attuativi di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d. lgs. n. 150/2022) sui diritti di copia dovesse avere valenza limitata al solo caso di presentazione dell'impugnazione mediante deposito degli atti in forma analogica, e non riguardare riguardi anche l'invio telematico dell'impugnazione.
L'error iuris consiste nell'essere rimasti rebus sic stantibus al momento della formulazione originaria dell'art. 87, comma 6, del decreto Cartabia senza aver considerato lo ius novum dell'impugnazione via PEC, apportato dalla successiva legge n. 199/2022. In definitiva, quest'ultima diventa una sorta di impugnazione fuori sede e si allontana dal traghettamento verso la definitiva e (in attesa di compiuta definizione normativa) definita impugnazione telematica. La transizione digitale costa, è vero. Ma essa non può essere pagata con le tasche degli avvocati (rectius, dei cittadini) ma con i fondi del Netx Generation EU, a cui la Riforma Cartabia sulla giustizia (civile e penale) si ispira ed è diretta. |