La Corte di giustizia UE chiarisce le ipotesi in cui il giudice non è soggetto all'obbligo di rinvio pregiudiziale in ordine ad una questione interpretativa

Vincenzo Blanda
21 Marzo 2023

La Corte di giustizia UE, con la sentenza in commento e la omologa ordinanza 15 dicembre 2022, C-597/21, si esprime sulla possibilità per il giudice nazionale di astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell'Unione ai sensi dell'art. 267 TFUE. Le note che seguono evidenziano, tuttavia, come le predette decisioni abbiano lasciato insolute le questioni principali, che erano state sollevate dal Consiglio di Stato, quale giudice di ultima istanza, non essendosi espresse, in particolare, sulla richiesta di chiarimento in ordine alla possibilità di escludere che il giudice nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l'azione, ad un procedimento interno allo Stato per responsabilità civile e disciplinare.
Massima

L'articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell'Unione e risolverla sotto la propria responsabilità, laddove la corretta interpretazione del diritto dell'Unione si imponga con un'evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio. L'esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all'Unione europea.

Tale giudice nazionale non è tenuto a dimostrare in maniera circostanziata che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione, ma deve aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte.

Il caso

La vicenda contenziosa nella quale si è innestato il rinvio alla corte di giustizia U.E., muove dall'impugnazione di un provvedimento di diffida adottato dal Comitato tecnico regionale (C.T.R.) delle Marche nei confronti di una società che gestisce un impianto di trattamento di rifiuti liquidi, pericolosi e non pericolosi, in virtù di autorizzazione integrata ambientale.

In particolare, con il citato provvedimento, l'impresa è stata diffidata a presentare, entro sessanta giorni dal recepimento del verbale, la notifica prevista dall'art. 13 del d.lgs. 26 giugno 2015, n. 105 (di recepimento della direttiva “Seveso-ter” 2012/18/UE) e il rapporto di sicurezza di cui all'art. 15 dello stesso d.lgs., ovvero, in alternativa, a limitare fisicamente l'utilizzo di parte dei serbatoi in maniera da non superare i limiti di soglia previsti dal medesimo decreto legislativo.

In primo grado con sentenza del T.a.r. per le Marche, 23 giugno 2021, n. 498 il ricorso è stato respinto. La società ricorrente in primo grado ha proposto appello avverso la predetta decisione e, nel relativo giudizio, si è innestato il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, disposto con sentenza non definitiva, Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 2022, n. 490, che ha preliminarmente riguardato l'assetto degli obblighi del giudice di ultimo grado rispetto alla previsione ex art. 267 TFUE.

La questione

La questione sottoposta alla Corte di giustizia riguarda alcune questioni inerenti al perimetro dell'obbligo di rinvio pregiudiziale e, segnatamente: I) se la corretta interpretazione dell'art. 267 TFUE imponga al giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, di operare il rinvio pregiudiziale su una questione di interpretazione del diritto unionale rilevante nell'ambito della controversia principale, anche qualora possa escludersi un dubbio interpretativo sul significato da attribuire alla pertinente disposizione europea, ma non sia possibile provare in maniera circostanziata, sotto un profilo soggettivo, avuto riguardo alla condotta di altri organi giurisdizionali, che l'interpretazione fornita dal giudice procedente sia la stessa di quella suscettibile di essere data dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione; II) se sia possibile interpretare l'art. 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l'azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

Con l'ultimo dei quesiti è stata sollevata anche una questione in tema di disciplina dei depositi di sostanze pericolose all'interno di impianti di trattamento dei rifiuti, subordinata all'ipotesi di ritenuta sussistenza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in rassegna, la Corte di giustizia UE, ha affermato che l'art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno, può astenersi dal sottoporre alla Corte una questione di interpretazione del diritto dell'Unione e risolverla sotto la propria responsabilità, laddove la corretta interpretazione del diritto dell'Unione si imponga con un'evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio, e che l'esistenza di una siffatta eventualità deve essere valutata in base alle caratteristiche proprie del diritto dell'Unione, alle difficoltà particolari relative alla sua interpretazione e al rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all'Unione europea.

Osservazioni

Nell'affrontare la questione, che era stata specificamente sottoposta al vaglio della Corte – in ordine all'obbligo per il giudice in questione di dimostrare che gli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri e la Corte adotterebbero la medesima interpretazione – non fornisce, tuttavia, una risposta circostanziata, né individua criteri chiari e inequivocabili (che erano stati chiesti con l'ordinanza di rimessione). Essa, infatti, si è limitata ad affermare genericamente che il giudice di ultima istanza debba “aver maturato la convinzione, sulla base di una valutazione che tenga conto dei citati elementi, che la stessa evidenza si imponga anche agli altri giudici nazionali in parola e alla Corte”, rinviando per il resto alla propria decisione 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C-561/19.

E' evidente, dunque, come la Corte sovranazionale non abbia chiarito se l'osservanza del predetto requisito (ovvero la dimostrazione che gli altri giudici adotterebbero la medesima interpretazione della norma) debba essere accertata “in modo soggettivo”, vale a dire se i giudici di ultima istanza possano limitarsi ad esporre i motivi per cui ritengono che la propria interpretazione del diritto dell'Unione in discussione dinanzi ad essi sarebbe identica a quelle dei giudici degli altri Stati membri o della Corte; oppure se sia sufficiente che i giudici di ultima istanza indichino “in modo oggettivo” i motivi per i quali non sussistono ragionevoli dubbi in merito all'interpretazione e all'applicazione del diritto dell'Unione, senza prendere in esame l'interpretazione che potrebbero adottare altri giudici e tenendo conto del fatto che tale diritto utilizza una terminologia a esso propria, del tenore letterale della disposizione di detto diritto in questione, del contesto in cui tale disposizione si colloca, degli obiettivi di tutela a essa sottesi, nonché dello stadio di evoluzione del diritto dell'Unione nel momento in cui detta disposizione deve essere applicata.

La sentenza in definitiva non scioglie i dubbi sollevati dal giudice del rinvio, ma si limita a riaffermare che in presenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all'interpretazione di una disposizione del diritto dell'Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, egli “deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un'eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all'interpretazione corretta della disposizione dell'Unione di cui trattasi e tenere conto, segnatamente, dell'obiettivo perseguito dalla procedura pregiudiziale che è quello di assicurare l'unità di interpretazione del diritto dell'Unione”.

Né la Corte si è pronunciata, dichiarandola irricevibile, sulla seconda (e rilevante) questione posta dal giudice del rinvio: se l'art. 267 TFUE, letto alla luce dei principi di indipendenza dei giudici e di ragionevole durata del processo, possa essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice supremo nazionale, che abbia respinto la domanda di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto dell'Unione, possa essere sottoposto, ipso iure oppure a discrezione della parte che propone l'azione, a un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala:

Marco Lipari, “L'obbligo di rinvio pregiudiziale alla CGUE, dopo la sentenza 6 ottobre 2021, c-561/2019: i criteri cilfit e le preclusioni processuali”– “CILFIT revisited or CILFIT again? Riflessioni a margine della sentenza Consorzio Italian Management, C-561/19, Milano 19 novembre 2021”, pubblicato sulla rivista on line “GIUSTAMM”;

Roberto Conti, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia. Dalla pratica alla teoria, in www.europeanrights.eu;

Chiti Mario P., Il rinvio pregiudiziale e l'intreccio tra diritto processuale nazionale ed Europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di difesa? in Dir.un.eur., 2012, 5, 745;

N. Pignatelli. L'obbligatorietà del rinvio pregiudiziale tra primato del diritto comunitario e autonomia processuale degli Stati, in Foro it., 2012, III, 367.

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