Sono stato advisor in una procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, non omologato per mancato raggiungimento delle maggioranze. Successivamente, la società ha presentato domanda di concordato liquidatorio, ma nella proposta non figurano i crediti dell'advisor per l'attività precedentemente svolta: ci si chiede cosa possa fare l'advisor.
Sono stato advisor in una procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, non omologato per mancato raggiungimento delle maggioranze. Successivamente, la società ha presentato domanda di concordato liquidatorio, ma nella proposta non figurano i crediti dell'advisor per l'attività precedentemente svolta. Cosa può fare l'advisor?
L'advisor, che aveva già svolto attività in funzione ed in occasione della precedente procedura di concordato preventivo in continuità aziendale, non omologato a causa del mancato raggiungimento della maggioranza dei crediti ammessi al voto, ha ricevuto, dal commissario giudiziale all'uopo nominato, una comunicazione pec relativa al successivo deposito, da parte della società, di una domanda di concordato liquidatorio, unitamente alla proposta ed al decreto di fissazione dell'adunanza dei creditori.
Nella proposta, tra i crediti da soddisfare, vi era un importo a favore dell'advisor per l'attività svolta in funzione ed in occasione della precedente procedura di concordato preventivo, collocato al privilegio ex art. 2751-bis n. 2 c.c., ma non in prededuzione ex art. 111, comma 2, l. fall. (ed ex artt. 2755 e 2770 c.c., o, in subordine, ex art. 2751-bis n. 2 c.c.).
Posta l'effettiva insussistenza di rilievi di inadempimento, l'advisor potrà, a sua volta, comunicare e precisare il proprio credito in prededuzione privilegiata al commissario giudiziale, rilevando, innanzitutto (se così è stato), che il proprio credito in prededuzione privilegiata non è mai stato oggetto di contestazioni o rilievi di inadempimento da parte della società, né verbalmente, né per iscritto e che pertanto tale credito non è stato oggetto di contraddittorio tra l'advisor e la società in concordato liquidatorio.
Inoltre, l'advisor potrebbe porre in rilievo che il suo credito era già stato appostato (nel suo ammontare e nella sua qualità di prededuzione privilegiata) nella proposta e nel piano di cui alla precedente procedura di concordato preventivo in continuità, e dunque oggetto di attestazione da parte del professionista indipendente, nonché di successiva verifica da parte del precedente commissario giudiziale.
Non solo. La proposta ed il piano sono oggetto di delibera da parte dell'organo amministrativo ai sensi dell'art. 120-bis CCII (art. 152 l. fall.) ed il legale rappresentante è firmatario del ricorso e della proposta: dunque la società ha già implicitamente riconosciuto il credito verso l'advisor, in prededuzione privilegiata, per attività svolta in funzione ed in occasione della precedente procedura.
Vi è da aggiungere che, in questa fattispecie, a fronte di un'eventuale mancata appostazione, nella proposta e nel piano di concordato, del credito dell'advisor, si configurerebbe probabilmente finanche l'insussistenza del requisito della veridicità dei dati aziendali, rilevabile dallo stesso commissario giudiziale in sede di relazione ex art. 105 CCII (art. 172 l. fall.), di guisa che, in caso di mancata rettifica integrativa del credito dell'advisor nella proposta e nel piano di concordato liquidatorio, egli potrebbe ricorrere al deposito di un'istanza di apertura della liquidazione giudiziale (artt. 39 e 40 CCII).