Gli operatori di telecomunicazioni devono fornire, su richiesta dell’autorità giudiziaria, intercettazioni dietro pagamento di tariffe forfettarie

La Redazione
22 Marzo 2023

Secondo la Corte (CGUE, Sez. V, 16 marzo 2023, C-339/21) gli operatori di telecomunicazioni possono essere obbligati a fornire, su richiesta di un'autorità giudiziaria, operazioni d'intercettazione di comunicazioni dietro pagamento di tariffe forfettarie. Gli Stati membri dispongono pertanto di un margine di discrezionalità anche in merito al rimborso dei costi sostenuti dalle imprese che assicurano la possibilità di effettuare intercettazioni legali. Il diritto dell'Unione, infatti, non impone il rimborso integrale dei costi effettivamente sostenuti.

In Italia, gli operatori di telecomunicazioni sono tenuti, in caso di richiesta proveniente dalle autorità giudiziarie, ad effettuare operazioni di intercettazione di comunicazioni (vocali, informatiche, telematiche e di dati), a fronte di tariffe forfettarie. Gli importi che essi percepivano sono stati modificati da un decreto del 2017, il quale ha stabilito una riduzione almeno del 50% dei rimborsi delle spese connesse a dette operazioni di intercettazione. Gli operatori di telecomunicazioni interessati hanno chiesto ai giudici italiani l'annullamento di tale decreto, sostenendo che gli importi previsti non coprono integralmente i costi sostenuti. Il Consiglio di Stato italiano, adito in appello, chiede alla Corte di giustizia se il diritto dell'Unione imponga il rimborso integrale dei costi effettivamente affrontati dagli operatori per l'esecuzione di siffatte operazioni di intercettazione.

Con la sentenza del 16 marzo 2023, la Corte risponde in senso negativo a tale questione. Il diritto dell'Unione non osta a una normativa nazionale che non prevede il rimborso integrale dei costi effettivamente sostenuti dai fornitori di servizi di comunicazione elettronica quando tali fornitori assicurano la possibilità per le autorità nazionali competenti di effettuare intercettazioni legali di comunicazioni elettroniche, purché tale normativa sia non discriminatoria, proporzionata e trasparente.

La Corte osserva che il codice delle comunicazioni elettroniche europeo prevede che l'autorizzazione generale per la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica possa essere assoggettata dagli Stati membri a determinate condizioni, tra le quali figura quella di assicurare la possibilità per le autorità nazionali competenti di effettuare intercettazioni legali.

Secondo la Corte, ne consegue che il legislatore dell'Unione non ha imposto né escluso il rimborso, da parte degli Stati membri, dei costi sostenuti dalle imprese che assicurano la possibilità di effettuare intercettazioni legali. Gli Stati membri dispongono pertanto di un margine di discrezionalità.

La Corte ritiene che tale discrezionalità sia stata esercitata dall'Italia nel rispetto dei principi di non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. Infatti, i rimborsi previsti sono analoghi per tutti gli operatori che offrono servizi di comunicazione elettronica in Italia, in quanto i rimborsi sono previsti sulla base di tariffe forfettarie unitarie. Tali tariffe sono calcolate tenendo conto dei progressi tecnologici del settore che hanno reso talune prestazioni meno onerose, nonché del fatto che tali prestazioni sono essenziali al perseguimento di finalità generali di primario interesse pubblico e che possono essere fornite solo dagli operatori di telecomunicazioni. Infine, tali tariffe sono fissate tramite un atto amministrativo formale, che è pubblicato e liberamente consultabile.