È impugnabile per lesione della legittima la donazione che ha pretermesso il nascituro?

23 Marzo 2023

Un padre coniugato e con figli, apprende di aver concepito con altra donna un figlio. Può tutelare i figli di primo letto e la moglie da eventuali pretese sulla casa familiare attraverso una donazione?

L'art. 536 c.c. stabilisce che a favore di determinati soggetti, definiti “legittimari” (o anche “riservatari” o “eredi necessari”), deve essere riservata una quota di eredità, chiamata “legittima” o “riserva”; al contrario, la parte di eredità che non rientra nella legittima (e della quale il de cuius può disporre liberamente) viene definita “disponibile”.

In altri termini, i legittimari, nel momento in cui si apre la successione, acquistano diritto ad una quota-parte del patrimonio netto del de cuius.

Legittimari sono il coniuge, i figli e gli ascendenti. Ai figli sono equiparati gli adottivi. A favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli.

L'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali) ha stabilito che nel codice civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parola “figli”.

È stato così affermato il principio dell'unicità dello stato di figlio, con conseguente eliminazione della distinzione fra figli legittimi e figli naturali anche dalle norme relative alle successioni necessarie.

Pertanto, i figli, siano essi nati nel matrimonio o al di fuori di esso, sono completamente parificati e godono oggi degli stessi diritti successori; in particolare, l'art. 71, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'art. 2, l. 10 dicembre 2012, n. 219) ha espressamente abrogato il terzo comma dell'art. 537 c.c. il quale prevedeva a favore dei figli legittimi la facoltà (il c.d. diritto di commutazione) di soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali, salvo il diritto di questi ultimi di opporsi con ricorso al giudice.

Dunque, nel caso in esame, in base alle norme citate il figlio nato dalla relazione extraconiugale rientra comunque nel novero dei legittimari, per cui alla morte del genitore deve necessariamente ricevere una quota del suo patrimonio, esattamente come i figli nati nel matrimonio.

Il diritto alla legittima è intangibile e non può in alcun modo essere sacrificato; «va poi messo in luce che il limite istituito con l'introduzione della legittima non agisce solo nei riguardi delle liberalità fatte ad estranei, ma anche nei confronti di liberalità fatte ai legittimari medesimi. La legittima può essere lesa anche a profitto di qualche legittimario, e il legittimario o i legittimari lesi potranno, in questo caso, agire in riduzione, cioè per l'integrazione della loro legittima, contro altri legittimari. La legittima serve perciò a conservare una certa uguaglianza fra i successori, o, più esattamente, ad evitare sperequazioni che oltrepassino una certa misura. Il de cuius può fare assegnazioni particolari ai legittimari solo utilizzando la disponibile» (L. Ferri, Dei legittimari. Art. 536-564, in Comm. cod. civ. a cura di Scialoja e Branca, Bologna e Roma, 1981, 4).

Nel caso di cui al quesito proposto, essendo la donazione stata fatta soltanto a favore di alcuni dei figli (cioè ai figli nati nel matrimonio) potrebbe essere lesiva della legittima spettante anche all'altro figlio (nato fuori dal matrimonio), il quale avrebbe perciò il diritto di impugnarla con un'azione specifica definita dal legislatore “azione di riduzione”.

Tuttavia, la delimitazione della cerchia di soggetti aventi diritto alla legittima e la determinazione dell'entità del patrimonio sul quale effettuare il calcolo della quota di legittima devono essere effettuate con riferimento al momento dell'apertura della successione (Cass., sez. un., 9 giugno 2006, n. 13429; Cass., sez. un., 12 giugno 2006, n. 13524; Cass. 24 novembre 2009, n. 24711; Cass. 19 marzo 2010, n. 6709; Cass. 24 luglio 2012, n. 12919; Cass. 17 marzo 2016, n. 5320).

Pertanto, prima della morte del donante non è possibile stabilire se la donazione sia lesiva dei diritti di un legittimario e, quindi, se possa esserne domandata la riduzione.

Nel caso in esame, fino alla morte del donante la donazione non sarà impugnabile perché non si sa ancora se essa leda o meno la legittima del figlio pretermesso.

All'apertura della successione il de cuius potrebbe infatti essere proprietario di altri beni in grado di soddisfare la legittima del figlio escluso dalla donazione; in tal caso, pur essendo la donazione stata fatta a vantaggio solo di alcuni figli, non sarà impugnabile da parte del figlio escluso in quanto questi, grazie agli altri beni, avrà comunque conseguito la legittima che gli spetta. Al contrario, se il patrimonio relitto non sarà sufficiente a soddisfare la legittima del figlio pretermesso dalla donazione, questa sarà impugnabile con l'azione di riduzione.

In conclusione, la donazione che si intende porre in essere non è attualmente impugnabile dall'ultimo figlio escluso dalla liberalità, ma potrebbe diventarlo in futuro (al momento della morte del donante) nel caso in cui, in applicazione delle norme sulla successione necessaria, essa risultasse lesiva della legittima spettantegli.

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