Cambiamento delle condizioni di procedibilità: la costituzione di parte civile equivale alla querela

Vittorio Nizza
27 Marzo 2023

La Corte di cassazione si è occupata di verificare la sussistenza di una condizione di procedibilità in tutti quei casi in cui vi sia stata una modifica legislativa che ha reso procedibile a querela di parte reati precedentemente procedibili d'ufficio.
Massima

A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, quando – come nel caso di specie – non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'art. 590-bis commi 2 e ss. c.p., il reato di lesioni personali gravi o gravissime è procedibile a querela, ma tale modifica normativa non incide nel presente procedimento. Questa corte di legittimità, infatti, ha già avuto modo di sottolineare, con riferimento ai casi di procedibilità a querela introdotti dal d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36, che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo l'introduzione della procedibilità a querela, determina la piena sussistenza dell'istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità (massima redazionale).

Il caso

Il procedimento in oggetto riguardava una contestazione per il reato di cui all'art. 590-bis c.p. per violazione della normativa in materia di circolazione stradale. Il fatto era avvenuto il 29.12.2016.

L'imputato era stato giudicato in rito abbreviato ed era stato condannato in entrambi i gradi di merito. La persona offesa si era costituita parte civile.

La difesa dell'imputato proponeva ricorso per Cassazione rilevando, tra gli altri motivi, come la sentenza apparisse viziata sotto il profilo della violazione di legge poichè sarebbe stata contestata l'ipotesi aggravata come lesioni gravi nonostante il capo di imputazione riportasse una malattia con prognosi inferiore a 40 giorni. Secondo la difesa, quindi, la fattispecie incriminatrice concretamente applicabile avrebbe dovuto essere l'art. 590 c.p. Secondo il ricorrente, così correttamente riqualificato il fatto, sarebbe stata carente la condizione di procedibilità poiché il reato di cui all'art. 590 c.p. è procedibile a querela di parte, non presente nel caso di specie. Veniva pertanto richiesta una pronuncia ex art. 129 c.p.p.

Nelle more del giudizio entrava in vigore la riforma prevista dal d.lgs. 150/2022 che ha reso procedibile a querela anche l'ipotesi di reato prevista dall'art. 590-bis c.p.

La Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso.

La questione

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte affronta la questione relativa alla verifica della sussistenza di una condizione di procedibilità in tutti quei casi in cui vi sia stata una modifica legislativa che ha reso procedibile a querela di parte reati precedentemente procedibili d'ufficio. In particolare in quali casi possa ritenersi sussistente un'istanza di punibilità da parte della persona offesa.

Le soluzioni giuridiche

Il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava un'ipotesi di lesioni personali gravi commesse in violazione delle norme sulla circolazione stradale, contestato come violazione dell'art. 590-bis c.p. Il fatto era stato commesso nel 2016, quando il reato contestato era procedibile d'ufficio.

La persona offesa non aveva sporto querela ma nel corso del giudizio si era costituita parte civile.

La difesa dell'imputato richiedeva una derubricazione del fatto in lesioni semplici ex art. 590 c.p. improcedibili per l'assenza della querela.

Nelle more del giudizio, tra la sentenza della Corte di Appello e la fissazione dell'udienza di Cassazione, tuttavia è stato approvato il d.lgs. 150/2022 che ha reso procedibile a querela di parte anche la fattispecie di cui all'art.590-bis c.p. Querela che non era stata sporta nonostante la modifica normativa.

La Corte di cassazione, nella sentenza in oggetto, affronta la questione della sussistenza di una condizione di procedibilità in assenza di querela, nell'ipotesi peculiare di modifica normativa sopravvenuta della condizione di procedibilità, ma essendo comunque stata manifestata la volontà della persona offesa di perseguire l'azione penale attraverso la costituzione di parte civile.

La Cassazione si richiama all'orientamento giurisprudenziale secondo il quale la sussistenza della volontà di punizione della persona offesa non richiede formule particolari e pertanto «può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplicita manifestazione; ne consegue che che tale volontà può essere riconosciuta anche nell'atto con il quale la persona offesa si costituisce parte civile, nonché nella persistenza di tale costituzione nei successivi gradi di giudizio» (Cass. pen. 44114/2019).

Nel caso di specie pertanto la Corte ha ritenuto che la modifica legislativa sulla procedibilità del reato contestato non rilevi nel giudizio in oggetto essendosi la persona offesa costituita parte civile, ribandendo come «la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo l'introduzione della procedibilità a querela determina la piena sussistenza dell'istanza di punizione e, conseguentemente, della condizione di procedibilità».

La Corte pertanto dichiarava inammissibile il ricorso ritenendo che la costituzione di parte civile da parte della persona offesa fosse espressione della volontà di quest'ultima di ottenere la penale punizione del responsabile dei fatti di reato al pari dell'atto di denuncia-querela andando quindi a “sanare” la mancanza della condizione di procedibilità per assenza di querela sopravvenuta per la modifica legislativa.

Osservazioni

La riforma del diritto penale sostanziale e procedurale posta in essere con il d.lgs. 150/2022, tra le molte modifiche, ha ampliato le ipotesi dei reati procedibili a querela ricompresi nei libri II e III del codice penale. Secondo l'intenzione del legislatore l'ulteriore ampliamento del perimetro dei reati in cui la disponibilità della risposta di penale è rimessa alla volontà punitiva discrezionale della persona offesa dovrebbe servire, da una parte come filtro processuale e tecnica di depenalizzazione di fatto in tutte quelle ipotesi in cui la depenalizzazione tout court appaia troppo radicale, dall'altra come strumento per incentivare le condotto riparatorie e risarcitorie attraverso la remissione di querela.

Il nuovo regime di procedibilità si applica a partire dall'entrata in vigore del d.lgs. 150/2022 ossia il 30.12.2022.

Secondo la Corte di Cassazione, come riportato nella relazione 2/2023 del 5.01.2023 sulla “Riforma Cartabia” dell'Ufficio del Massimario «trattandosi di modifica di favore, in quanto riguardante un istituto da assimilare a quelli che entrano a comporre il quadro per la determinazione dell'an e del quomodo di applicazione del precetto, esso si applica retroattivamente ai sensi dell'art. 2 comma 4 c.p. anche ai reati commessi fino al 29 dicembre 2022. Non vale, tuttavia, la regola della cedevolezza del giudicato: non è infatti possibile assimilare il caso di specie né ad un'ipotesi di abrogatio criminis con consequenziale applicazione del disposto di cui all'art. 673 c.p.p., non trattandosi di una modifica idonea ad incidere su un elemento costitutivo della fattispecie, né ad una pronuncia di incostituzionalità potenzialmente idonea a travolgere gli effetti delle sentenze divenute irrevocabili ed in astratto anche se più favorevoli».

Il d.lgs. 150/2022 ha previsto una disciplina transitoria. L'art. 85 (così modificato dalla l. n.199/2022) prevede che «per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato».

L'art. 85 citato, a seguito della modifica apportata dalla l. 199/2022 di conversione del d.l. 162/2022) non prevede, diversamente da quanto era accaduto per altri interventi normativi analoghi in materia di modifica delle condizioni di procedibilità (ad esempio d.lgs. 36/2018) alcun avviso alla persona offesa, ad eccezione del caso in cui sia stata applicata una misura cautelare. In tale ipotesi, l'autorità giudiziaria procedente doveva, entro 20 giorni dall'entrata in vigore del decreto, reperire la persona offesa per l'acquisizione della querela, a pena di decadenza della misura.

A seguito dell'entrata in vigore della riforma Cartabia, quindi, nell'ipotesi di reati precedentemente procedibili d'ufficio, è onere della persona offesa attivarsi entro il termine di 3 mesi dall'entrata in vigore della riforma, quindi entro il 30 marzo per presentare querela senza ricevere alcun tipo di informazione da parte dell'autorità procedente salvo i casi in cui sia in corso una misura cautelare personale.

La norma non prevede nulla in merito alla facoltà della persona offesa di esercitare il diritto di querela rispetto a quei reati per i quali, alla data di entrata in vigore della riforma, sia già stata esercitata l'azione penale sulla base della pregressa procedibilità d'ufficio.

In tali ipotesi appare rilevante il principio espresso nella pronuncia in oggetto anche al fine di evitare che si creino delle irragionevoli situazioni declaratoria di improcedibilità per difetto di querela. Secondo la giurisprudenza già formatasi precedentemente all'attuale riforma, è opportuno che il giudice verifichi l'effettiva volontà della persona offesa a perseguire l'azione penale anche in atti che non contengano una sua esplicita manifestazione. La manifestazione della volontà di punizione da parte della persona offesa, infatti, non richiede formule particolari, essendo sufficiente che si tratti di un atto da cui emerga in maniera chiara la manifestazione della volontà della persona offesa che il responsabile del reato sia perseguito. In tal senso la costituzione di parte civile e la sua persistenza nei vari gradi di giudizio, rappresenta, secondo la giurisprudenza un atto di espressione di tale volontà.

Principio ribadito dalla sentenza in commento che, con specifico riferimento alle modifiche in materia di procedibilità apportate della riforma Cartabia, ha ritenuto che la persistente costituzione di parte civile, coltivata anche dopo la modifica del regime di procedibilità, rappresenti una chiara espressione della volontà punitiva della parte offesa e pertanto vada equiparata alla sussistenza della querela agli effetti della sussistenza della condizione di procedibilità.