L'inibizione dei pagamenti e la sospensione dei contratti durante le trattative nella composizione negoziata

Monica Selvini
27 Marzo 2023

L'Autrice svolge alcune considerazioni attorno alla pronuncia con la quale il Tribunale di Trento si è interessato al tema delle misure protettive previste dagli artt. 18 e 19 CCII. In particolare, il Tribunale è chiamato a stabilire cosa avvenga della domanda volta ad ottenere la conferma delle suddette misure, pur in presenza dei requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora, nell'ipotesi in cui tutti i creditori, o quelli più importanti, abbiano espresso la loro indisponibilità a intraprendere le trattative. Inoltre, la pronuncia presenta spunti di interesse altresì laddove il Tribunale, nel confermare soltanto alcune delle misure protettive richieste, ne esclude altre o in quanto comprometterebbero il diritto di azione dei creditori costituzionalmente tutelato e garantito, o in quanto operanti già automaticamente poiché rientranti nei divieti disposti dalla legge.
Le massime

Il Tribunale di Trento, adito - nell'ambito di un procedimento di composizione negoziata della crisi - con istanza per la concessione delle misure protettive ai sensi dell'art. 19 CCII, premettendo per un aspetto che i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora necessari per la concessione di tali misure devono essere adattati alla loro peculiare finalità ovvero al buon esito delle trattative e, per altro aspetto, che sussiste un diritto del debitore di dare corso alla composizione negoziata al riparo da iniziative che possano compromettere il buon esito delle trattative, ha ritenuto che non impedisce la conferma delle misure protettive la circostanza che tutti i creditori o quelli più importanti abbiano espresso la loro indisponibilità a intraprendere le trattative, dovendosi altrimenti pervenire al paradosso secondo cui il diritto di accesso alla procedura di composizione negoziata è destinato a cedere di fronte alla precostituita volontà contraria dei creditori, o anche solo del creditore in posizione nevralgica rispetto al piano di risanamento (come nel caso de quo), occorrendo invece salvaguardare lo svolgimento delle trattative, assistite da un esperto, là dove la volontà dei creditori deve essere espressa all'esito di queste e non prima.

Il Tribunale ha poi, confermato soltanto in parte le misure protettive richieste. In particolare, il Tribunale ha disposto nei confronti di alcuni creditori il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio della debitrice e sui beni o diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa ed il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con la debitrice; mentre non ha ritenuto concedibili alcune misure protettive chieste dal debitore, alcune in quanto comprometterebbero il diritto di azione dei creditori costituzionalmente tutelato e garantito, altre in quanto operanti già automaticamente in quanto rientranti nei divieti disposti dalla legge.

Quanto alla prima categoria si tratta delle misure protettive volte a: a) inibire la possibilità di proporre ricorsi per ingiunzione di pagamento; b) inibire l'iscrizione a ruolo dei debiti tributari; c) inibire qualsivoglia forma di pagamento di somme di denaro; d) disporre il divieto di proporre domande di liquidazione giudiziale.

Con riferimento alla seconda categoria, ovvero alle misure già conseguenti ai divieti posti dalla legge e che, come tali, non necessitano di ulteriore conferma da parte del giudice, il giudice di merito ha ritenuto tali quelle volte a: 1) inibire la richiesta di restituzione coattiva dell'immobile oggetto di leasing immobiliare; 2) inibire il rifiuto di adempiere unilateralmente ad un contratto di leasing immobiliare; 3) sospendere la riscossione dei debiti tributari; 4) sospendere il pagamento delle rate del contratto di leasing maturate anteriormente alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive (non accogliendo invece l'istanza di sospensione del pagamento delle rate maturate successivamente).



Le soluzioni del Tribunale

I requisiti per la concessione delle misure protettive

Il Giudice trentino, prendendo le mosse dalle definizioni generali di misure protettive e cautelari di cui all'art. 2, lett. p) e q) CCII, esamina i requisiti per la concessione di tali misure, ovvero il fumus boni iuris e il periculum in mora, cogliendone la specificità che le caratterizza con riferimento alla composizione negoziata della crisi ovvero la loro strumentalità rispetto al buon esito delle trattative e al risanamento dell'impresa.

Quanto al requisito del fumus boni iuris, il Giudice di prime cure sottolinea che l'imprenditore che chiede le misure protettive non fa valere un diritto immediatamente collegato ad un bene della vita, ma chiede protezione e cautela rispetto all'intavolazione delle trattative. Conseguentemente è con riferimento a questo diritto alle trattative in un contesto protetto che deve essere valutata la concessione della misura.

Quanto al requisito del periculum in mora, il Giudice trentino precisa che il pericolo deve essere valutato con riferimento alla possibilità che le trattative possano venire ostacolate o impedite, dovendosi salvaguardare il diritto ad accedere alla composizione negoziata, riconosciuto dalla legge all'imprenditore al ricorrere di determinati requisiti.

A tale riguardo, il Giudice trentino, nell'accertare la sussistenza di tali requisiti nel caso concreto, prende le mosse dalla valutazione positiva espressa dall'esperto in merito sia alla concessione delle misure protettive richieste, sia al piano di risanamento dell'impresa prospettato dalla debitrice: l'esperto ha, infatti, valutato possibile la rinegoziazione del contratto di locazione finanziaria, attualmente gravoso per la Società, sulla quale si fondava essenzialmente il piano del debitore, anche in considerazione delle alternative liquidatorie alquanto peggiorative anche per la società di leasing, e ha valutato positivamente il piano di risanamento prospettato dalla Società, dovendosi ravvisare le cause incolpevoli dello squilibrio della Società esercente attività alberghiera nella pandemia da Covid-19 e nell'incremento dei prezzi dell'energia.

Alla luce di tali considerazioni, il Giudice ritiene che non vi sia ragione per non salvaguardare il diritto della debitrice di dare corso alla procedura di composizione negoziata e, quindi, alle trattative al riparo da iniziative dei creditori che possano pregiudicarne il buon esito. Tutto ciò, nonostante la società di leasing abbia in via preliminare espresso il proprio rifiuto rispetto alla proposta della debitrice. Il Giudice ha, infatti, ritenuto che il comportamento ostruzionistico da parte di creditori che, come nel caso di specie, hanno espresso il rifiuto rispetto alla proposta di risanamento della debitrice a monte dell'inizio delle trattative e dei contatti con l'esperto, debba essere considerato contrario ai doveri di collaborazione e non possa, come tale, influenzare il giudizio circa la sussistenza dei presupposti per la concessione delle misure protettive. Il Giudice di prime cure evidenzia come la volontà dei creditori debba essere espressa all'esito delle trattative stesse, svolte con l'assistenza di un esperto, e alla luce delle acquisizioni raccolte medio tempore: diversamente si precluderebbe l'accesso alla composizione negoziata per la sola circostanza che i creditori, o anche uno soltanto – allorchè sia in posizione nevralgica rispetto al piano di risanamento -, abbiano espresso una volontà precostituita negativa rispetto alla proposta formulata. Conseguenza che il Giudice ritiene paradossale.

Misure protettive che comprometterebbero il diritto di azione dei creditori

Con riferimento alle specifiche misure protettive richieste dalla Società debitrice il Giudice ritiene di non poter concedere alcune misure che comprometterebbero il diritto di azione dei creditori, ovvero:

- l'inibizione della possibilità di proporre ricorsi per ingiunzione, dovendosi precludere le azioni esecutive e l'iscrizione ipotecaria che comprometterebbero la buona riuscita delle trattative, ma non la possibilità di ottenere l'accertamento giudiziale del proprio credito e un titolo esecutivo giudiziale, espressione del diritto di azione garantito dalla Costituzione;

- l'inibizione dell'iscrizione a ruolo dei debiti tributari, in quanto di per sé non inficia il buon esito delle trattative, ma consente all'Erario di procurarsi un titolo esecutivo per il futuro;

- l'inibizione del pagamento di qualsiasi somma di denaro, in quanto misura eccessiva e sproporzionata considerato che l'imprenditore mantiene nel corso delle trattative la gestione dell'impresa e che il codice non gli preclude di effettuare pagamenti al fine di consentirgli di salvaguardare i margini economici dell'impresa;

- il divieto di proporre domande di liquidazione giudiziale, in quanto la loro proposizione non pregiudica le trattative, che verrebbero invece pregiudicate da una sentenza di apertura della liquidazione giudiziale non pronunciabile ai sensi dell'art. 18, comma 4, CCII.

Misure protettive già insite nei divieti di legge

Quanto alla richiesta di inibire alla società di leasing di (i) chiedere la restituzione dell'immobile oggetto di leasing e (ii) rifiutare unilateralmente l'adempimento del contratto di leasing immobiliare o provocarne il recesso o la risoluzione o anticiparne la scadenza o modificarlo in danno alla debitrice per il solo fatto del mancato pagamento delle rate di leasing antecedenti la presentazione dell'istanza di nomina dell'esperto, e alla richiesta (iii) di sospensione della riscossione dei debiti tributari, il Giudice osserva che si tratta di misure già comprese nei divieti di cui al CCII.

In particolare, quanto alle misure sub (i) e sub (iii) esse conseguono al divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive, e, quanto alla misura sub (ii), essa consegue automaticamente ai sensi dell'art. 18, comma 5, CCII nei confronti dei creditori nei cui confronti operano le misure protettive (come, nel caso di specie, la società di leasing). Per la stessa ragione il Giudice ha ritenuto di non dover emettere misure protettive aventi come contenuto la sospensione del pagamento delle rate del contratto di leasing maturate anteriormente alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive, in quanto la debitrice è già protetta in tal senso ai sensi dell'art. 18, comma 5, CCII.

Sospensione dei pagamenti dei debiti successivi alla istanza di applicazione delle misure protettive

Il Giudice non ha invece ha accolto l'istanza di sospensione del pagamento delle rate di leasing che maturano successivamente alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive nel corso della procedura di composizione negoziata, in quanto tale misura andrebbe oltre la speciale protezione di cui all'art. 18, comma 5, CCII, che inibisce il pagamento di quelle maturate anteriormente e che non prevede la facoltà del Giudice di estendere gli effetti protettivi anche al caso del mancato pagamento dei debiti in scadenza nel corso delle trattative. Osserva il Giudice che la concessione di tale misura comporterebbe una significativa alterazione del sinallagma contrattuale, riservato all'autonomia privata. Precisa poi che la debitrice risulta comunque protetta, rispetto all'eventuale inadempimento al pagamento delle rate maturate nel corso della procedura di composizione negoziata, dal divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive.



Osservazioni

Misure protettive: strumentalità rispetto alle trattative ed alla conservazione della integrità aziendale

A nostro avviso la valutazione circa l'ammissibilità delle misure protettive è da inquadrare, come sostenuto da autorevole dottrina, nella logica della strumentalità non solo rispetto al buon esito delle trattative, ma anche rispetto all'integrità del patrimonio aziendale e della continuità aziendale, anche in vista di una possibile conclusione del procedimento di composizione negoziata e di apertura della liquidazione giudiziale. In tal senso occorre considerare che le misure protettive previste dal CCII non si limitano a tutelare il buon esito delle trattative al fine di consentire il risanamento aziendale, ma sembrano voler tutelare anche l'integrità dell'azienda e la conservazione della sua continuità, ad esempio prevedendo l'impossibilità per i creditori di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o di provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza o modificarli in danno all'imprenditore.

In ogni caso, secondo gli orientamenti giurisprudenziali che si vanno formando (inter alia, Tribunale Padova 20 luglio 2022; Tribunale Bergamo 5 aprile 2022), le misure protettive vengono concesse, accertata la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi richiesti e di una ragionevole possibilità di risanamento, qualora esse siano utili a tutelare in concreto il debitore da iniziative ostili dei singoli creditori che possano pregiudicare il risanamento aziendale e il buon esito delle trattative, bilanciando ex ante e in concreto l'interesse del debitore alla soluzione negoziale della propria crisi e quello dei creditori a non subire un pregiudizio irreparabile dall'applicazione delle misure.

Come affermato dal Tribunale di Trento, i requisiti tipici del fumus boni iuris e del periculum in mora, richiesti per la concessione di qualsiasi misura cautelare, devono quindi essere valutati in modo peculiare nell'ambito della concessione delle misure protettive nella composizione negoziata ovvero con riferimento al diritto dell'imprenditore di risanare la propria impresa mediante la composizione negoziata.

In tal senso, non si può far altro che dare atto della corrente giurisprudenziale che si sta formando al riguardo e alla quale la sentenza in commento risulta conforme (cfr. Tribunale Mantova 8 agosto 2022; Tribunale Catania 25 luglio 2022; Tribunale Avellino 16 maggio 2022; Tribunale di Bergamo 5 aprile 2022; Tribunale Milano 17 gennaio 2022), secondo cui: (i) la verifica del fumus boni iuris coincide con l'accertamento della condizione oggettiva che consente all'imprenditore di avvalersi della composizione negoziata, ovvero della esistenza di uno stato di crisi o di insolvenza prospettica o già verificata, ma sempre reversibile e tale da rendere perseguibile il risanamento secondo un criterio di ragionevolezza (la verifica di tale condizione si basa sul test pratico disponibile sulla Piattaforma online per valutare la complessità del risanamento, sul piano di risanamento presentato dall'imprenditore e sull'analisi di coerenza dell'esperto circa le premesse e gli obiettivi di risanamento); (ii) la verifica del periculum in mora consiste nell'accertamento del rischio che la mancata concessione delle misure possa pregiudicare l'andamento e il buon esito delle trattative (l'indagine si estende su tre profili: l'esistenza di concrete trattative in corso e la loro conduzione con correttezza e buonafede in modo da garantire ai creditori una completa informazione; la strumentalità delle misure rispetto al buon esito delle trattative; il contemperamento degli interessi contrapposti in modo che non siano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori). Il tutto ovviamente parametrato sullo stato iniziale sia delle trattative che della definizione del piano di risanamento.

Come affermato in linea di principio dal Tribunale di Salerno 9 maggio 2022, il punto centrale del vaglio giudiziario consiste nel verificare che l'imprenditore abbia fornito la prova di un proprio concreto interesse ad un provvedimento generale e astratto di tutela e che non emergano dalla relazione dell'esperto e dalle memorie depositate dai creditori controindicazioni specifiche.

Come detto, in linea con tali orientamenti e tale principio generale, il Tribunale di Trento, valutando positivamente le possibilità di risanamento alla luce del giudizio positivo fornito dall'esperto, ha concesso alcune delle misure protettive richieste, superando il rifiuto di uno dei creditori, peraltro strategico, a valutare le proposte del debitore. Oltre ad un vero e proprio diritto al risanamento operato mediante la composizione negoziata, emerge quindi un altro importante aspetto sollevato dal giudice trentino, ovvero che tale diritto non può venir pregiudicato dall'ostruzionismo manifestato a monte da un creditore, per quanto strategico egli sia rispetto all'attività dell'impresa. Nel caso concreto, infatti, si trattava della società di leasing, il creditore principale nonché il fornitore strategico per l'impresa, proprio in quanto quest'ultima esercita la propria attività prevalente, quella alberghiera, nell'immobile oggetto della locazione finanziaria.

Nella verifica in concreto, come detto, il fumus boni iuris viene di norma ravvisato qualora vi sia non solo una concreta possibilità di risanamento, ma anche concrete possibilità che si svolgano trattative con i creditori che possano portare ad un accordo. La giurisprudenza registra tuttavia varie tesi a riguardo: mentre alcune pronunce chiariscono che la positiva valutazione del piano di risanamento non è pregiudicata dalla circostanza che alcuni creditori abbiano manifestato contrarietà a partecipare alle trattative (Tribunale Milano 17 gennaio 2022) o ad accettare proposte del debitore (Tribunale Firenze 6 giugno 2022), altre pronunce ritengono che deve essere verificata solo la disponibilità dei soggetti a intraprendere le trattative non l'effettiva probabilità che l'accordo venga raggiunto (Tribunale Prato 2 agosto 2022; Tribunale Prato 22 aprile 2022; Tribunale Bergamo 25 maggio 2022 il quale supera in tal modo la circostanza che uno dei creditori – ma non uno di quelli principali - non aveva dato la sua disponibilità alle trattative) e altre ancora, invece, che deve essere valutata l'incidenza di tale indisponibilità dei creditori a partecipare alle trattative con riguardo all'ammontare del credito del creditore ostile, e se essa per entità impedisce il raggiungimento dell'accordo allora il risanamento non può dirsi praticabile (Tribunale Roma 10 ottobre 2022) e le misure protettive non potranno essere concesse.

Il Tribunale di Trento supera la circostanza che la società di leasing – il creditore principale – aveva espresso il proprio rifiuto alle trattative, sostenendo il diritto al risanamento mediante composizione negoziata e trattative da condurre con buonafede e correttezza anche da parte dei creditori, diritto che non può essere pregiudicato a monte dai creditori, proprio in quanto la composizione negoziata ha come finalità quella di fornire un esperto terzo che assista lo svolgimento delle trattative anche nella sua posizione di garante nei confronti dei creditori circa la serietà delle trattative e del piano di risanamento.

A nostro sommesso avviso, concordando con le motivazioni espresse dal Tribunale di Trento nella pronuncia in commento, sarebbe opportuno considerare – nell'analisi per la concessione delle misure protettive – anche la finalità di conservazione dell'integrità del patrimonio e della continuità aziendale delle misure protettive, come sopra detto, e concederle a maggior ragione nei confronti del creditore principale se ostile.

Pagamenti inibiti e pagamenti concessi, l'eccezione di inadempimento dei contratti

Il Tribunale di Trento non consente, tra le misure protettive richieste, l'inibizione del pagamento di somme di denaro, considerandola misura generica e sproporzionata. Il giudice di merito muove i suoi rilievi dalla constatazione che l'imprenditore continua a gestire la propria impresa nel corso delle trattative, con riferimento sia alla gestione ordinaria che alla gestione straordinaria (se pur con riferimento a quest'ultima e ai pagamenti non coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento, deve - ai sensi dell'art. 21 CCII - previamente informare l'esperto che potrà esprimere il proprio dissenso circa il compimento dell'operazione, nel qual caso tale dissenso verrà iscritto a Registro Imprese qualora l'imprenditore decida comunque di procedere e tale operazione non beneficerà dell'esenzione da revocatoria) e che l'art. 18 comma 1 CCII espressamente non inibisce i pagamenti. Secondo il giudice trentino è l'imprenditore, nell'ambito delle proprie valutazioni gestorie, a decidere quali comportamenti strategici assumere, al fine di salvaguardare i margini economici e la continuità dell'impresa, in funzione delle trattative e sotto l'ombrello protettivo del divieto di azioni esecutive e cautelari posto in capo ai creditori.

Il Tribunale di Trento compie un passo ulteriore: ritiene che per quanto riguarda i contratti in corso di esecuzione, e in particolare il contratto di locazione finanziaria dell'immobile ove è svolta l'attività di impresa, fermo il divieto per la società di leasing di chiedere la restituzione dell'immobile (divieto compreso nel divieto di azioni esecutive e cautelari) e di rifiutare l'adempimento del contratto (divieto compreso nel divieto di risolvere, anticipare la scadenza o modificare il contratto in senso peggiorativo), non è possibile concedere anche la misura protettiva della sospensione del pagamento delle rate successive maturate nel corso della procedura di composizione negoziata. Il Giudice ritiene che l'art. 18, comma 5, CCII consente protezione solo con riferimento ai canoni anteriori e non ha assegnato al giudice il potere di estendere gli effetti protettivi anche in relazione al caso del mancato pagamento dei debiti in scadenza nel corso delle trattative. Inoltre, aggiunge che una tale misura realizzerebbe un'ingerenza notevole nel sinallagma contrattuale, come tale preclusa al giudice, e che la debitrice risulta comunque protetta dal divieto di azioni esecutive e cautelari e dalla possibilità, nell'ambito delle trattative, di rinegoziare il contratto.

Ci si consenta un'osservazione: il Codice della crisi, quando si occupa dei pagamenti, prevedendo che essi non sono inibiti, e quando tratta dei contratti in corso prevedendone l'intangibilità, non si preoccupa – come invece avrebbe dovuto fare secondo le direttive del legislatore comunitario (Direttiva/2019/1023/UE) – dei soli contratti essenziali, necessari alla continuità di impresa, essendo le disposizioni in questione generiche. Se è pur vero che un tale distinguo presterebbe il fianco alla nascita di innumerevoli contenziosi circa l'essenzialità in concreto dei contratti, e se è altrettanto vero che ogni contratto stipulato dall'impresa è di per sé necessario alla funzionalità dell'impresa perché altrimenti l'imprenditore non lo avrebbe stipulato, si deve anche considerare che l'imprenditore – durante le trattative – di norma non potrà onorare i propri impegni con tutti i creditori/fornitori, trovandosi di fatto in una situazione di difficoltà se non addirittura di crisi o di insolvenza. A tale proposito si consideri che l'attivazione delle misure protettive e la loro pubblicazione nel registro imprese conducono spesso a reazioni per così dire “ostili” da parte dei creditori, che potrebbero pregiudicare la ristrutturazione dell'impresa e quindi la continuità aziendale, eventi che il Codice della Crisi si prefigge di scongiurare salvando la continuità contrattuale.

A questo punto però si giunge ad un effetto paradossale: da un lato il debitore si trova a dover trattare con tutti i creditori senza potersi avvalere di un ombrello protettivo rispetto alle richieste di pagamento dei contratti in corso (o quanto meno per alcuni di questi), dall'altro tutti i creditori si trovano a dover proseguire le loro forniture all'impresa in difficoltà e – quando lo decida il debitore - a non ricevere alcun pagamento relativo alle prestazioni già effettuate (né – talora relativamentre alle prestazioni in corso di esecuzione), senza poter iniziare azioni esecutive, con il rischio che se le trattative non avranno esito positivo si vedranno pagati in moneta “fallimentare”.

D'altronde è anche vero che, dato che il legislatore non opera un distinguo tra creditori strategici o meno, la sospensione di tutti i pagamenti – anche di debiti maturati nel corso della procedura di composizione negoziata – comporterebbe l'impossibilità dell'imprenditore di onorare i propri impegni con tutti i creditori, anche quelli strategici, con i quali ha invece interesse a mantenere un buon rapporto ed onorare – per quanto possibile - i propri impegni (peraltro i pagamenti effettuati sono esenti da revocatoria laddove siano coerenti con le trattative e le prospettive di risanamento oppure l'esperto non abbia espresso il proprio dissenso ai pagamenti), al fine di poter interloquire con loro costruttivamente nel corso delle trattative. Sono, infatti, proprio la composizione negoziata, se prontamente avviata, e le trattative, condotte sotto l'egida dell'esperto, il quale peraltro può anche invitare le parti a rideterminare il contenuto dei contratti se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa a causa degli effetti economici della pandemia, ad agevolare il percorso di risanamento dell'impresa, consentendone il rientro in bonis ed evitandone la liquidazione giudiziale, garantendo così – in modo migliore rispetto all'esecuzione forzata - anche l'interesse dei creditori a venire soddisfatti nella misura maggiore possibile.

Sebbene il legislatore non lo preveda nelle misure protettive tipiche, sarebbe invece ipotizzabile una domanda cautelare del debitore volta ad ottenere non lo scioglimento (misura definitiva incompatibile come tale con la natura temporanea delle misure protettive) ma la sospensione, ex latere debitoris, dell'esecuzione di uno o più contratti in corso, che sarebbe troppo oneroso adempiere o che semplicemente non è più vantaggioso o eseguibile proficuamente. D'altronde la dottrina, alla luce dell'ampia formulazione della norma di cui all'art. 19 CCII, propende per una interpretazione della stessa quanto più aperta, purché si possa ravvisare una strumentalità della misura richiesta con la procedura di composizione negoziata, lasciando al giudice, a seguito dell'istanza di parte, la possibilità di meglio modulare la misura rispetto al bisogno da tutelare allegato dalla parte istante.

Il Tribunale di Trento non coglie tale opportunità e non concede in linea di principio la sospensione del pagamento dei debiti maturati nel corso della procedura di composizione negoziata: sarebbe opportuno che la giurisprudenza cogliesse tale necessità valutando caso per caso nei confronti di quali creditori concedere la misura.

Altre misure: l'inibitoria della declaratoria di fallimento e di insolvenza

Il Giudice di Trento non concede l'inibitoria dei ricorsi per ingiunzione (contrariamente a quanto concesso dal Tribunale di Parma il 10 luglio 2022), dell'iscrizione a ruolo dei debiti tributari, non costituendo le domande per ottenere un decreto ingiuntivo e l'iscrizione a ruolo dei debiti tributari azioni che pregiudicano il patrimonio del debitore e quindi le sue possibilità di risanamento, essendo infatti possibile per i creditori iniziare a precostituirsi titoli che possono essere utili al fine di iniziare prontamente azioni esecutive non appena la composizione negoziata dovesse avere esito negativo. Nello stesso senso ritiene invece già insita nel divieto di azioni esecutive e cautelari la sospensione della riscossione dei debiti tributari.

Più interessante risulta il divieto di proporre domande di liquidazione giudiziale, che il giudice ritiene non concedibile, conformemente alla giurisprudenza sul punto (contra solo Tribunale Parma 10 luglio 2022), in quanto comprometterebbe il diritto di azione dei creditori costituzionalmente tutelato e garantito. Il Codice della crisi prevede infatti l'inibizione della dichiarazione di fallimento e di insolvenza dal giorno di pubblicazione dell'istanza fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata, ma non la possibilità di presentarne domanda e di svolgere la relativa fase istruttoria. Si tratta di una novità rispetto alla legge fallimentare che il giudice di prime cure ben interpreta, nel solco della ratio complessiva del Codice della crisi, finalizzato a favorire soluzioni che possano portare alla continuità aziendale (diretta o indiretta) evitando, se possibile, l'alternativa liquidatoria.

Prevale insomma, come sostenuto dalla dottrina e condiviso anche dalle pronunce giurisprudenziali, l'esigenza di coordinamento del procedimento di composizione negoziata e dei procedimenti per la declaratoria di “fallimento” (o meglio di liquidazione giudiziale), realizzando un contemperamento di interessi tra quelli del debitore a svolgere le trattative al riparo da dichiarazioni di insolvenza che potrebbero condizionarle gravemente e quelli dei creditori a portare avanti, senza che la composizione negoziata possa determinare ulteriori ritardi, la domanda di declaratoria di insolvenza, se pur arrestandosi prima che essa venga dichiarata, ma in modo che essa possa essere prontamente pronunciata qualora la composizione negoziata sia fallita.

Unico elemento di perplessità è che il termine finale entro il quale non può essere dichiarata la liquidazione giudiziale o l'insolvenza non è rapportato alla scadenza delle misure protettive, ma alla cessazione delle trattative, che potrebbero durare di più delle misure protettive: si tratta quindi di una misura protettiva che ha un termine di concessione molto maggiore delle altre, ad esempio del divieto di iniziare azioni esecutive, della quale però di fatto è la forma più grave.



Conclusioni

Con la composizione negoziata il legislatore ha voluto fornire una tutela protettiva all'imprenditore che cerca in buonafede di ristrutturare la propria impresa e che abbia concrete prospettive di risanamento.

Il Codice della Crisi consente alle parti e al giudice di modellare il contenuto di tale tutela sulla base del caso specifico, sulla base della concreta possibilità che azioni di creditori possano pregiudicare le trattative e il risanamento. La bussola che orienta le scelte del giudice è la tutela del diritto di accedere alla composizione negoziata e della continuità aziendale da un lato, e la non sproporzione delle misure rispetto al sacrificio che si impone ai creditori, dall'altro: le misure verranno concesse in quanto utili rispetto al piano di risanamento, alla continuità aziendale e alla sua possibilità di successo e in quanto un ritardo nella loro concessione potrebbe verosimilmente pregiudicare il buon esito delle trattative.

Ecco che quindi le misure possono essere indirizzate anche solo ad alcuni creditori, i più ostili e strategici. Quanto poi al tema della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la questione in questa sede diviene nel concreto molto relativa: il Giudice ben potrebbe accogliere solo parzialmente le domande protettive del debitore oppure potrebbe ravvisare l'esigenza di emettere provvedimenti cautelari ulteriori rispetto a quelli chiesti dalle parti fino a sospendere ex latere debitoris i contratti in corso, sempre nell'ottica della funzione complessiva della composizione negoziata, anche pubblica.



Guida all'approfondimento

Strumentalità delle misure protettive: nel senso che le misure protettive sono finalizzate alla tutela dell'integrità del patrimonio aziendale anche in vista di una possibile apertura della liquidazione giudiziale, cfr. G. Ivone, Misure protettive e cautelari, autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti nelle nuove regole sulla crisi di impresa, in La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, Milano, 2022, 105 ss.; S. Leuzzi, Cautela e protezione dell'impresa nelle procedure concorsuali, Commento al codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, in Executivis, 139-140; R. Tiscini, L'istruttoria prefallimentare, in A. Jorio-B. Sassani, Trattato delle procedure concorsuali, Milano, 2014, 516); nel senso che le misure protettive non sono finalizzate solamente al buon esito delle trattative, cfr. G. Rana, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata di cui al D.L. n. 118/2021, Riv. Dir. fall., 2022, 282.

Quanto alle specificità dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora nella composizione negoziata, cfr. M. Spadaro, Composizione negoziata della crisi: gli orientamenti della giurisprudenza ad un anno dall'esordio, Fall., 2023, 109 ss.; A. Carratta, Le misure cautelari e protettive nel CCI dopo il D.lgs. n. 83/2022, Riv. Dir. fall., 2022, 859; I. Pagni-M. fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in www.dirittodellacrisi.it. In giurisprudenza, oltre a quanto citato nel testo: Tribunale Mantova 20 dicembre 2022; Tribunale Padova 20 luglio 2022; Tribunale Avellino 16 maggio 2022; Tribunale Bergamo 5 aprile 2022; Tribunale Rieti 2 aprile 2022; Tribunale Asti 3 marzo 2022; Tribunale Viterbo, 14 febbraio 2022.

Sulla inibitoria dei pagamenti: R. D'Alonzo, La composizione negoziata della crisi e l'interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, Esec. Forzata, 2021, 874.

Sulla sospensione dei contratti: A. Didone, Le misure protettive/cautelari, Fallimento, 2022, 1251; G. Rana, Il non facile coordinamento tra composizione negoziata, regolazione concorsuale della crisi e iniziative cautelari, Fall., 2022, 153; G. Costantino, Le misure cautelari e protettive, in Executivis, 15 ottobre 2021, 8 nella vigenza anche della norma che assegnava al giudice la possibilità di rinegoziare i contratti; F. De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi di impresa, Fallimento, 2021, 1536; M. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice, Riv. Dir. Proc., 2019, 849.

Sull'inibitoria della declaratoria di fallimento e di insolvenza: G. Rana, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata di cui al D.L. n. 118/2021, op. cit.; F. Lamanna, Composizione negoziata e nuove misure per la crisi di impresa, Milano, 2021, 82 ss.

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