Piattaforme online e obbligo di versamento dell’IVA: il caso “Only Fans”

Andreina Giudicepietro
29 Marzo 2023

Il gestore di piattaforma online, che agisca in nome proprio ma per conto di terzi, è obbligato quale presunto prestatore – in assenza di esplicita designazione del prestatore negli accordi contrattuali tra le parti e, comunque, se ha facoltà di autorizzare la prestazione del servizio o la sua fatturazione ovvero di fissarne le condizioni generali – al versamento dell'Iva sull'intero importo dei pagamenti eseguiti per i servizi resi tramite la piattaforma; giacché l'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione 282/2011 (inserito dal regolamento di esecuzione 1042/2013), si limita a precisare la previsione dell'art. 28 della direttiva IVA, senza integrarla né modificarla, e non è, pertanto, illegittimo.
La piattaforma online «Only Fans»: «creatori», «fan» e gestione dei pagamenti

Fenix International Ltd, registrata a fini dell'imposta sul valore aggiunto nel Regno Unito, gestisce la piattaforma online «Only Fans», che si rivolge agli «utenti» in tutto il mondo, divisi tra «creatori» e «fan». I creatori pubblicano, nel loro profilo, contenuti, quali fotografie e video, e possono anche trasmettere dirette video e inviare messaggi privati ai propri fan. Questi ultimi possono accedere a detti contenuti, effettuando pagamenti, e possono, altresì, versare ai creatori mance o donazioni senza contropartita.

Fenix si fa carico della riscossione e della distribuzione dei pagamenti effettuati dai fan, addebitando ai creatori e trattenendo per sé un importo pari al 20 per cento delle somme versate dai fan, sul quale applica l'Iva con aliquota del 20 per cento.

L'amministrazione tributaria britannica, nell'aprile 2020, ha notificato a Fenix avvisi di accertamento relativi all'Iva dovuta per i mesi da luglio 2017 a gennaio 2020, nonché per il mese di aprile 2020, ritenendo che la suddetta società, ai sensi dell'art. 9-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 della direttiva Iva, avrebbe dovuto assolvere l'imposta, non sul 20 per cento dell'importo versato dai fan e trattenuto, bensì sulla totalità delle somme versate dai fan.

Fenix ha impugnato dinanzi al giudice di primo grado (sezione tributaria - Regno Unito) la decisione dell'amministrazione tributaria, contestando la validità del fondamento giuridico degli avvisi di accertamento di cui trattasi.

Il giudice britannico ha chiesto alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla validità, alla luce della nozione di «potere di esecuzione» riconosciuto al Consiglio ai sensi del Trattato FUE e della direttiva Iva, della disposizione del regolamento di esecuzione di detta direttiva, che prevede che un intermediario online, che mette in contatto fornitori di servizi con i loro clienti sia, in linea di principio, debitore dell'Iva.

La normativa comunitaria di riferimento

L'art. 28 della direttiva Iva

Tenuto conto della data degli avvisi di accertamento dell'Iva di cui trattasi nella controversia di cui al procedimento principale, quest'ultimo è disciplinato dalle disposizioni della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017 (GU 2017, L 348, pag. 7) (in prosieguo: la «direttiva Iva»).

L'art. 28 della direttiva Iva così dispone: «Qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale».

L'art. 220 della medesima direttiva prevede quanto segue: «Ogni soggetto passivo assicura che sia emessa una fattura, da lui stesso, dall'acquirente o dal destinatario o, in suo nome e per suo conto, da un terzo, nei casi seguenti: 1) per le cessioni di beni o le prestazioni di servizi che effettua nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo [...]».

Inoltre, ai sensi dell'art. 226: «Salvo le disposizioni speciali previste dalla presente direttiva, nelle fatture emesse a norma degli articoli 220 e 221 sono obbligatorie ai fini dell'Iva soltanto le indicazioni seguenti: […] 5) il nome e l'indirizzo completo del soggetto passivo e dell'acquirente o del destinatario; 6) la quantità e la natura dei beni ceduti o l'entità e la natura dei servizi resi; [...]».

Infine, l'art. 397 della direttiva così dispone: «Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, adotta le misure necessarie per l'applicazione della presente direttiva».

Il regolamento di esecuzione n. 282/2011

L'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, inserito dal regolamento di esecuzione n. 1042/2013, prevede: «1. Ai fini dell'applicazione dell'art. 28 della direttiva [IVA], se i servizi prestati tramite mezzi elettronici sono resi attraverso una rete di telecomunicazione, un'interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, si presume che un soggetto passivo che interviene in detta prestazione agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi, a meno che tale prestatore sia esplicitamente designato, da detto soggetto passivo, quale prestatore e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti.

Al fine di considerare il prestatore di servizi prestati tramite mezzi elettronici esplicitamente designato dal soggetto passivo quale prestatore di tali servizi, devono sussistere le seguenti condizioni: a) la fattura emessa o resa disponibile da ciascun soggetto passivo che interviene nella prestazione dei servizi prestati tramite mezzi elettronici identifica i servizi elettronici e il relativo prestatore; b) la nota di pagamento o la ricevuta emessa o resa disponibile per il destinatario identifica i servizi prestati tramite mezzi elettronici e il relativo prestatore [1].

Ai fini del presente paragrafo, a un soggetto passivo che, in relazione ad una prestazione di servizi prestati tramite mezzi elettronici, autorizzi l'addebito al destinatario o la prestazione dei servizi ovvero stabilisca i termini e le condizioni generali della prestazione non è consentito designare esplicitamente un'altra persona quale prestatore di tali servizi».

Sintesi della disciplina applicabile ratione temporis al gestore di una piattaforma digitale di prestazione di servizi (nella specie: “Only Fans”)

Come si è visto, l'art. 28 della direttiva Iva stabilisce in generale che il soggetto passivo che, nell'ambito di una prestazione di servizi, agisce in qualità di intermediario in nome proprio, ma per conto di terzi, si presume essere il prestatore di tali servizi. Tale articolo crea la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche, fornite consecutivamente, in forza della quale si ritiene che l'operatore che partecipa a una prestazione di servizi, cioè il commissionario, in un primo tempo, abbia ricevuto i servizi in questione dall'operatore per conto del quale agisce, cioè il committente, e, in un secondo tempo, abbia fornito personalmente tali servizi a un cliente [2].

Tenuto conto dell'evoluzione del sistema Iva [3] e al fine di garantire un'applicazione uniforme nell'Unione di tale norma in caso di intermediazione nella distribuzione on line, il Consiglio, nell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, introdotto dal regolamento di esecuzione n. 1042/2013, ha previsto che il soggetto passivo, che interviene in una prestazione di servizi forniti tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un'interfaccia o un portale, quale un mercato delle applicazioni, «si presume [...] che agisca in nome proprio ma per conto del prestatore di tali servizi».

Tale presunzione può essere confutata (art. 9-bis, paragrafo 1, comma 1) quando il “prestatore” sia esplicitamente designato come tale dal soggetto passivo e ciò risulti dagli accordi contrattuali tra le parti, purché sussistano le condizioni previste nel secondo comma dell'art. 9-bis, paragrafo 1.

La presunzione, invece, diventa assoluta nel caso in cui il soggetto passivo agisca in nome proprio, sia pure per conto del prestatore di tali servizi ed autorizzi la fatturazione al destinatario o la prestazione di tali medesimi servizi o stabilisca le condizioni generali di tale prestazione (art. 9-bis, paragrafo 1, comma 3).

In tali casi, infatti, non è possibile che il soggetto passivo indichi un altro soggetto come prestatore dei servizi.

La questione pregiudiziale: l'art. 9-bis, § 1, del regolamento di esecuzione 282/2011 è misura tecnica di attuazione o modifica radicale dell'art. 28 della direttiva Iva?

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell'art. 9-bis del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU 2011, L 77, pag. 1), come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1042/2013 del Consiglio, del 7 ottobre 2013 (GU 2013, L 284, pag. 1).

Il First-tier Tribunal (Tax Chamber) [Tribunale di primo grado (sezione tributaria)] del Regno Unito ha deciso di sospendere il procedimento, relativo alla controversia tra la Fenix International Ltd e i Commissioners for Her Majesty's Revenue and Customs (amministrazione tributaria e doganale, Regno Unito), e di sottoporre alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale:

«Se l'articolo 9-bis del [regolamento di esecuzione n. 282/2011] sia invalido in quanto eccede le competenze di esecuzione o il dovere di esecuzione del Consiglio stabiliti dall'articolo 397 della [direttiva IVA], nella misura in cui integra e/o modifica l'articolo 28 [di detta] direttiva [...]».

Il giudice del rinvio sosteneva che la presunzione stabilita all'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 non costituirebbe una misura tecnica, bensì una modifica radicale del contesto normativo risultante dall'art. 28 della direttiva Iva.

In particolare, la presunzione assoluta di cui al comma 3 del paragrafo 1, sembrerebbe eliminare l'obbligo di esaminare concretamente la situazione economica e commerciale del soggetto passivo, che risulta tuttavia dall'art. 28 della direttiva Iva [4].

La decisione della Corte di Giustizia

Il Consiglio ha il potere di adottare le misure esecutive, necessarie o utili ad un'applicazione uniforme della direttiva

La questione oggetto del rinvio pregiudiziale riguarda, dunque, la validità dell'art. 9-bis del regolamento di esecuzione n. 282/2011 con riferimento ai poteri del Consiglio nell'esecuzione della direttiva ed ai rapporti tra norma primaria e norma secondaria di attuazione.

Sotto tale profilo, la Corte di Giustizia ha rilevato che:

- ai sensi dell'art. 291, paragrafo 2, TFUE, allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del TUE, al Consiglio;

- nello specifico, l'art. 397 della direttiva IVA conferisce al Consiglio un potere di esecuzione ai sensi dell'art. 291, paragrafo 2, TFUE;

- l'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 mira concretamente a garantire l'applicazione uniforme dell'art. 28 della direttiva Iva, conformemente alle finalità indicate nei considerando da 61 a 63 della stessa direttiva, che evidenziano la necessità che le misure di esecuzione siano uniformi.

La Corte, dunque, in base alla citata normativa, ha riconosciuto la sussistenza del potere del Consiglio di adottare le misure meramente esecutive, necessarie o utili ad un'applicazione uniforme della direttiva.

L'adozione di norme di esecuzione uniformi non può mai alterare i precetti dell'atto legislativo o contravvenire ai suoi obiettivi essenziali.

La Corte precisa che, in genere, l'esecuzione degli atti vincolanti è lasciata agli stati membri, ma, nell'ipotesi in cui è preferibile un'esecuzione uniforme, i relativi poteri saranno conferiti alla Commissione o, come nel caso di specie, al Consiglio [5].

Partendo dalla distinzione tra gli atti esecutivi e gli atti delegati, che solo la Commissione ha facoltà di adottare alle condizioni di cui all'art. 290 TFUE, la Corte evidenzia che, quando il legislatore dell'Unione affida al Consiglio atti di esecuzione, quest'ultimo non può integrare o modificare in alcun modo l'atto legislativo, neanche nei suoi elementi non essenziali.

La competenza del Consiglio, dunque, incontra limiti invalicabili in una materia, come l'Iva, disciplinata dal legislatore dell'Unione; pertanto il regolamento esecutivo del Consiglio, che contiene le misure necessarie o utili a rendere operativi gli atti giuridicamente vincolanti dell'Unione mediante l'adozione di norme di esecuzione uniformi, deve limitarsi a precisare le disposizioni dell'atto legislativo, nel rispetto dei suoi obiettivi generali essenziali, senza alterarne l'ambito di applicazione.

Nella pronuncia in esame, al fine di determinare se, adottando l'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, il Consiglio abbia rispettato i limiti delle competenze di esecuzione che gli sono state conferite, in applicazione dell'art. 291, paragrafo 2, TFUE, dall'art. 397 della direttiva Iva, la Corte di Giustizia ha ritenuto necessario verificare, in primo luogo, se tale art. 9-bis, paragrafo 1, rispetti gli obiettivi generali essenziali di detta direttiva e, in particolare, quelli del suo art. 28; in secondo luogo, se sia necessario o utile per l'attuazione uniforme dello stesso art. 28; in terzo luogo, se non integri né modifichi in alcun modo quest'ultimo [6].

Gli obiettivi dell'art. 28 della direttiva Iva

Con riferimento al rispetto degli obiettivi della direttiva Iva, la Corte sottolinea [7] che l'art. 28 della direttiva è formulato in termini generali, senza contenere restrizioni quanto al suo ambito di applicazione o alla sua portata e che comprende quindi tutte le categorie di servizi [8].

Secondo la Corte, le disposizioni dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 rispettano gli obiettivi generali essenziali della direttiva Iva e, in particolare, quelli dell'art. 28, in quanto il Consiglio ha ritenuto necessario specificare chi è il prestatore di servizi ai fini dell'Iva, quando detti servizi sono prestati attraverso reti di telecomunicazione, un'interfaccia o un portale, ed in quali condizioni si debba ritenere che il soggetto passivo, che interviene in detta prestazione, agisca in nome proprio, ma per conto del prestatore.

Sulla necessità o l'utilità dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 per l'attuazione uniforme dell'art. 28 della direttiva Iva, la Corte ritiene che fosse divenuto essenziale, soprattutto a seguito delle modifiche apportate nella direttiva Iva a decorrere dal 1º gennaio 2015 per quanto riguarda il luogo di imposizione dei servizi di telecomunicazioni e i servizi elettronici, al fine di garantire la certezza del diritto dei prestatori di servizi ed evitare la doppia o mancata imposizione che sarebbe risultata da modalità di applicazione divergenti tra gli Stati membri, determinare il modo in cui la disposizione dell'art. 28 della direttiva Iva doveva essere applicata nel settore vasto, complesso ed in continua espansione, quale quello delle prestazioni di servizi resi online attraverso una rete, un'interfaccia o un portale telematico.

La funzione dell'art. 9-bis, § 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011

Sul rispetto, da parte dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, del divieto di integrare o modificare il contenuto dell'art. 28 della direttiva Iva, la Corte di Giustizia ha osservato che la presunzione contenuta all'art. 9-bis, paragrafo 1, comma 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 non modifica la natura di quella stabilita all'art. 28 della direttiva Iva, ma si limita «a concretizzarla nel contesto specifico dei servizi prestati tramite mezzi elettronici attraverso una rete di telecomunicazione, un'interfaccia o un portale quale un mercato delle applicazioni».

Tale presunzione ha carattere relativo, in quanto il primo comma dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 consente di confutarla, tenendo conto della realtà contrattuale dei rapporti tra gli intervenienti nella catena di operazioni economiche.

Infine, per quanto riguarda il terzo comma dell'art. 9-bis, paragrafo 1, quando il soggetto passivo versa in una delle tre ipotesi previste da detto comma, la presunzione di cui al primo comma dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 non può essere confutata e diviene quindi assoluta.

Come si è visto, il terzo comma prevede che non sia possibile, per il soggetto passivo, che interviene nella prestazione di un servizio tramite mezzi elettronici, sfruttando, ad esempio, una piattaforma di social network on-line, indicare un prestatore di servizi diverso, quando ha la facoltà di autorizzare la prestazione di tale servizio, o la fatturazione o, ancora, di fissarne le condizioni generali.

Secondo la Corte di Giustizia anche tale previsione è conforme all'art. 28 della direttiva Iva, in quanto quest'ultima disposizione non può consentire clausole contrattuali che non riflettano la realtà economica e commerciale.

Dunque, nelle circostanze elencate al terzo comma dell'art. 9-bis, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, il soggetto passivo non può sottrarsi alla presunzione stabilita dall'art. 28, designando contrattualmente un altro soggetto passivo come prestatore dei servizi interessati.

Conclusioni: la società di gestione della piattaforma va considerata prestatore di servizi a fini Iva, se definisce unilateralmente gli elementi essenziali delle prestazioni

Le conclusioni cui perviene la Corte [9] sono nel senso della validità della disposizione regolamentare di cui trattasi, in quanto rispettosa degli obiettivi generali essenziali perseguiti dalla direttiva Iva, nonché necessaria ed utile per la sua attuazione uniforme in un settore di difficile definizione, come quello dell'intermediazione nella prestazione di servizi online.

La presunzione di cui all'art. 28 della direttiva Iva e le disposizioni di attuazione contenute nell'art. 9-bis del regolamento esecutivo n. 282/2011 predispongono un sistema di cautele atte ad evitare possibili evasioni dell'imposta ed a rendere uniforme le modalità della sua applicazione.

In particolare, la Corte ritiene che quando il soggetto passivo (nel caso di specie la società che gestisce la piattaforma) ha la possibilità di definire, in modo unilaterale, elementi essenziali relativi alla prestazione, vale a dire la sua realizzazione e il momento in cui essa avrà luogo, o le condizioni in base alle quali il corrispettivo sarà esigibile, o ancora le norme che formano il quadro generale di tale prestazione, lo stesso soggetto passivo deve essere considerato il prestatore di servizi, ai sensi dell'art. 28 della direttiva Iva.

Bisogna, dunque, distinguere i commissionari che hanno il ruolo di meri intermediari ed agiscono in nome e per conto dei committenti e quelli, invece, che assumono la veste di “prestatori” del servizio. Nel primo caso l'intermediario potrà fatturare unicamente il compenso per il solo servizio di fatturazione, nel secondo caso dovrà fatturare l'importo totale della prestazione.

Ciò in quanto, nell'interpretazione della Corte, la valutazione della realtà commerciale, quale si evince dalle complessive condizioni contrattuali, costituisce il criterio fondamentale per l'applicazione del sistema comune dell'Iva e prevale anche sulle singole clausole contrattuali, relative all'identificazione del “prestatore” e del “destinatario”, che non tengano conto dell'effettiva sostanza economica delle operazioni.

Andreina Giudicepietro

Note

[1] Tali condizioni rispondono alla necessità di carattere pratico di far rispettare le regole del sistema Iva a tutti i soggetti coinvolti nella prestazione dei servizi.

[2] Sentenza del 21 gennaio 2021, UCMR-ADA, C-501/19, EU:C:2021:50, punto 43 e giurisprudenza ivi citata.

[3] Evoluzione caratterizzata, dal fatto che i servizi prestati tramite mezzi elettronici a persone che non sono soggetti passivi, a decorrere dal 1º gennaio 2015, sono tassabili nello Stato membro in cui il destinatario è stabilito, nel luogo del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale, a prescindere dal luogo di stabilimento del soggetto passivo che presta tali servizi.

[4] Come è stato precisato dalla Corte nella sentenza del 14 luglio 2011, Henfling e a. (C-464/10, EU:C:2011:489).

[5] Sulla distinzione tra regolamenti legislativi (art. 289 TFUE), delegati (art. 290 TFUE) ed esecutivi (art. 291 TFUE), vedi CGUE 20 settembre 2017, C-183/16, P. Tilly-Sabco,

[6] V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Parlamento/Consiglio, C-363/14, EU:C:2015:579, punto 46 e giurisprudenza ivi citata.

[7] Paragrafi da 53 a 55 della sentenza in esame.

[8] V., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2011, Henfling e a., C-464/10, EU:C:2011:489, punto 36.

[9] Conformi alle conclusioni dell'Avvocato generale del 5 settembre 2022, nelle quali viene evidenziato che la disposizione regolamentare in esame non ha ad oggetto nessuna restrizione circa l'ambito di applicazione, pertanto nessuna categoria di servizi ne è esclusa. Il Consiglio, dunque, avrebbe correttamente ritenuto di disporre del potere di precisare la direttiva Iva per quanto riguarda i servizi prestati attraverso mezzi elettronici allo scopo di assicurare condizioni uniformi di attuazione, e ciò non ha comportato alcuna modifica o integrazione della direttiva.
Per questa ragione, l'avvocato generale ha chiesto alla CGUE di confermare la validità della disposizione oggetto del regolamento di esecuzione per la quale anche una piattaforma di intermediazione online è, in linea di principio, debitrice dell'IVA.