La prorogatio degli amministratori di società di persone a seguito della scadenza del mandato

Edoardo Valentino
30 Marzo 2023

Con l'ordinanza n. 34336/2022, la Cassazione stabilisce che anche nelle società di persone l'amministratore permane e conserva il proprio potere nell'ambito della gestione delle questioni societarie urgenti, tra le quali la proposizione di istanza di fallimento (ora liquidazione giudiziale), in quanto, ai sensi dell'art. 2274 c.c., si applica anche all'amministratore di società di persone il regime della c.d. “prorogatio”.
Massima

L'amministratore di società di persone conserva i suoi poteri anche a seguito di scioglimento della società stessa o decorso del termine di nomina. Tale regime di prorogatio comporta il potere di gestione sugli affari urgenti della società e perdura fino alla liquidazione della stessa.

Il caso

Il socio di una s.n.c. agiva con ricorso ex art. 700 c.p.c. presso il Tribunale competente lamentando una illegittima gestione della società da parte dell'amministratore e degli altri soci. Con il ricorso d'urgenza il socio faceva rilevare come la nomina del corrente amministratore fosse stata concessa anni prima e fosse soggetta ad un termine ormai scaduto. Successivamente alla prima scadenza, poi, i soci avrebbero stabilito il rinnovo della nomina dell'amministratore senza il suo consenso. Tale nomina, presa a maggioranza e non all'unanimità, sarebbe stata quindi invalida.

Nel ricorso si leggeva altresì che il competente giudice del registro delle imprese aveva già riscontrato l'illegittimità della delibera presa a maggioranza e aveva però, parallelamente, denegato la sua richiesta di iscrizione quale amministratore sociale in via disgiunta dagli altri soci. Non avendo più ricevuto alcuna informazione in merito agli affari della società, quindi, il ricorrente agiva in giudizio perché si affermasse in via d'urgenza il suo diritto all'esame delle scritture contabili e degli altri documenti fiscali della società. Si costituivano in giudizio i soci, resistendo alle domande del ricorrente.

All'esito del primo giudizio, il Tribunale accoglieva il ricorso e sanciva il diritto del socio all'esame della documentazione contabile.

Con una nuova iniziativa giudiziale il socio agiva nuovamente avverso la società e gli altri soci, notificando atto di citazione e contestando la delibera relativa alla sua esclusione dalla s.n.c., e domandava la sua reintegrazione nella compagine sociale. Si costituivano in giudizio gli altri soci personalmente e la società in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore. Nel corso della prima udienza l'attore contestava la regolarità della costituzione della società: il soggetto che l'aveva rilasciata, infatti, non avrebbe avuto i poteri di rappresentanza sociale in ragione della intervenuta scadenza del suo mandato di amministratore. All'esito del giudizio il Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, dichiarava annullata la delibera impugnata e ordinava la reintegrazione del socio escluso. A tale decisione si opponevano sia la s.n.c., che i soci, proponendo appello.

La Corte d'Appello, investita della decisione, riformava la sentenza impugnata e rigettava la domanda mossa in prime cure dal socio escluso, condannandolo altresì al rimborso delle spese di lite delle controparti. La questione della presunta assenza di poteri di rappresentanza dell'amministratore veniva quindi rigettata dalla Corte d'Appello; secondo i giudici del riesame, infatti, il contraddittorio si era regolarmente instaurato nel primo grado di giudizio, anche perché lo stesso attore aveva provveduto alla notificazione dell'atto introduttivo del giudizio anche alla stessa amministratrice, indicandola come tale. Alla luce della soccombenza in grado di appello, l'attore agiva in Cassazione depositando ricorso con il quale, sostanzialmente, contestava l'operato della Corte d'Appello per non avere questa valutato illegittima la costituzione della società in relazione alla presunta assenza di poteri dell'amministratore con mandato scaduto.

Le questioni

Al di là del merito della validità della delibera impugnata dall'attore, quello che risulta giuridicamente interessante e valevole di una analisi approfondita riguarda la controversia inerente alla presunta carenza di poteri di rappresentanza da parte dell'amministratore della s.n.c. convenuta in giudizio.

Secondo la prospettazione dell'attore, infatti, la costituzione della società nel giudizio riguardante l'invalidità della delibera assembleare contenente la sua esclusione sarebbe stata invalida in quanto l'amministratore sarebbe nel frattempo decaduta dal ruolo. Indubitabilmente, la delibera che aveva conferito il potere all'amministratore prevedeva anche un termine per il predetto mandato. Secondo l'attore ogni atto compiuto in nome e per conto della società a seguito della scadenza formale del mandato sarebbe stato nullo per carenza dei poteri.

Ci si chiede quindi, se questa interpretazione risulti corretta e se sia nell'interesse dell'ordinamento una visione tanto formalistica della nomina dell'amministratore. In apparente opposizione a tale visione vi sarebbe l'istituto della prorogatio. Tale figura giuridica, utilizzata anche in materia di gestione immobiliare (si veda la prorogatio nell'ambito del mandato di amministrazione condominiale) sostanzialmente prevede una proroga tacita oltre il termine del mandatario, per l'assolvimento delle questioni urgenti e indifferibili.

Il vantaggio di tale previsione, naturalmente, sarebbe costituito dalla continuità della gestione della società, che non si vedrebbe paralizzata e penalizzata dalla temporanea mancanza di un amministratore in attesa della nomina di un altro.

Ci si chiede, quindi, se questo istituto possa trovare applicazione nelle disposizioni inerenti le società di persone.

Le soluzioni giuridiche

A fornire una soluzione interpretativa chiara sovviene la Cassazione, con l'ordinanza in commento.

Secondo la Corte trova, infatti, applicazione nel presente caso, ma in generale nella disciplina che regge la gestione delle società di persone, il dettame dell'art. 2274 c.c. Tale norma specifica chiaramente che “avvenuto lo scioglimento della società i soci amministratori conservano il potere di amministrare, limitatamente agli affari urgenti, fino a che siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione”.

La legge citata esplicita – secondo la S.C. – il principio generale della prorogatio dell'amministratore fino alla sua sostituzione. A sostanziare il principio giuridico sostenuto, poi, la Cassazione citava l'esempio di una precedente ordinanza, la n. 13516 del 18 maggio 2021, nella quale la Corte aveva ritenuto valida la decisione dell'amministratore revocato, e che questo conservasse poteri quali la presentazione dell'istanza di fallimento in proprio della società.

Secondo la Cassazione, quindi, nel caso analizzato aveva errato il Tribunale a stabilire l'assenza di poteri dell'amministratore in ragione della decorrenza dei termini per la sua nomina, mentre aveva avuto ragione la Corte d'Appello a correggere tale valutazione in secondo grado, esplicando il principio in ragione del quale la costituzione in giudizio è un atto urgente, indifferibile e non delegabile a terzi che l'amministratore può compiere – benché scaduto – in regime di prorogatio.

In ragione di tali principi, quindi, la Cassazione confermava la correttezza della decisione d'appello e rigettava il ricorso proposto.

Osservazioni

L'ordinanza commentata appare del tutto corretta e ragionevole.

Corretta appare l'estensione del regime della prorogatio all'amministratore della società di persona a seguito del termine del mandato.

La ragione è semplice: è interesse dei soci e dello stesso ordinamento giuridico che le società abbiano le risorse giuridiche per poter fronteggiare uno stato di crisi urgente e inderogabile facendo affidamento su un amministratore che possa prendere decisioni e rappresentare in giudizio la società. Negare l'istituto della prorogatio sarebbe come esporre la società a un rischio di assenza di governance proprio nel momento in cui l'amministratore sia cessato e il nuovo non venga ancora nominato.

A tal fine, quindi, pare corretto che il mandato scaduto sia parzialmente rinnovato fino alla nomina del nuovo amministratore o all'apertura della liquidazione giudiziale (la gestione in tal caso passa ex lege al curatore). Pare altrettanto corretto che i poteri di prorogatio non siano estesi all'infinito, sia a livello temporale, come detto, sia a livello di loro estensione, in quanto l'amministratore potrà compiere solo atti urgenti.

Inutile a dirsi: per eventuali atti esorbitanti o in danno alla società, l'amministratore in prorogatio risponderà personalmente.

La decisione commentata, quindi, appare corretta e utile a fare luce sulla sussistenza e estensione del regime di prorogatio nell'ambito delle società di persone.

Guida all'approfondimento

Belviso, Contratto di società e contratto di amministrazione nelle società di persone, in Rivista dei Dottori Commercialisti, Riv. soc., fasc.4, 2001, 713.

Cossu, Ancora sulla prorogatio del collegio sindacale dimissionario, in Rivista del Notariato, fasc.6, 1 Dicembre 2018, 1341.

Maccarrone, Estinzione della società di persone e continuazione dell'attività imprenditoriale da parte del socio superstite; in Riv. notariato, fasc.4, 1996, 843.

Raffaele, La prorogatio del collegio sindacale di società per azioni in house, in Rivista delle Società, fasc.4, 1 Agosto 2019, 841.

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