Il contenzioso sui contratti pubblici

31 Marzo 2023

Si pubblica il contributo della Prof.ssa Maria Alessandra Sandulli dove si ripercorre l'evoluzione del contenzioso in materia di contratti pubblici e si analizza il rito applicabile alle controversie in materia di PNRR e la recenti modifiche processuali introdotte dal nuovissimo Codice dei contratti pubblici appena approvato dal Governo.
Premessa (*)

Nel rispetto dell'obiettivo, enunciato nell'art. 1, di raggiungere il “risultato” dell'affidamento del contratto con la “massima tempestività” (sia pure in necessaria combinazione con il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo” e nell'irrinunciabile “rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”), il Codice è intervenuto in modo significativo anche in termini di razionalizzazione del sistema di accesso alla tutela giurisdizionale avverso gli atti della procedura.

Merita in proposito preliminarmente evidenziare che gli interventi di “semplificazione” e di “accelerazione” delle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture si erano negli ultimi anni deprecabilmente mossi verso una progressiva, ma inesorabile, riduzione di tale tutela giurisdizionale, che, come è noto, è affidata dall'art. 133, co. 1, lett. e), n. 2), c.p.a. alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ed è parte assai rilevante del contenzioso dinanzi allo stesso giudice; ovvero al giudice che, confermando e rafforzando il modello risultante dal R.d. n. 1054/1924, l'art. 100 della Costituzione erge a garante della “giustizia nell'amministrazione” [1].

La particolare importanza che il settore dei contratti pubblici riveste per l'economia e per lo sviluppo del Paese ha indotto a confezionare per le relative controversie regole processuali speciali, divenute poi “super speciali”, che in alcuni casi hanno costituito la base per introdurre e per testare le novità processuali - di origine normativa o giurisprudenziale - nelle controversie affidate alla giurisdizione amministrativa.

L'attenzione per il contenzioso sull'affidamento di tali contratti ha le sue origini nella crescente attenzione dedicata dall'ordinamento, interno e sovranazionale, alle modalità di scelta del contraente, focalizzata dapprima sulla realizzazione delle grandi opere pubbliche (a partire dal periodo della grande ricostruzione: si pensi soltanto alle autostrade e ai grandi impianti idroelettrici) e gradualmente estesa a tutti gli appalti, ivi compresi quelli per l'acquisizione di servizi (si pensi a quelli di pulizia e di vigilanza) e di forniture (come ha dimostrato il rilievo dei grandi contratti per l'acquisto di strumenti informatici e sanitari), e, ancora, a quelli per i servizi di progettazione e alle concessioni per la gestione di opere e servizi pubblici.

In termini di estrema sintesi, è utile anche in questa sede ricordare che la normativa sostanziale si concentrava inizialmente sul controllo della spesa e sulla lotta alla corruzione. La materia si è poi arricchita - ma, al contempo, complicata - con il mercato unico europeo: le istituzioni euro-unitarie le hanno da sempre riservato la massima importanza ed è questa, evidentemente, una ragione ulteriore della complessità delle questioni processuali che, continuamente, si pongono per la definizione del relativo contenzioso. Ne sono tangibile testimonianza i numerosi interventi dell'Adunanza plenaria e della Corte di giustizia dell'Unione europea e il delicato confronto tra le due magistrature supreme su diverse questioni, che ha dato recentemente adito al coinvolgimento, per la prima volta, di tutte le supreme magistrature, interne e sovranazionali (Corte di giustizia, Corte costituzionale, Corte di cassazione e Consiglio di Stato) sull'ambito del sindacato per “soli motivi inerenti alla giurisdizione” che l'art. 111, co. 8, della Costituzione affida alla Corte di cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti [2]. E ne sono ulteriore testimonianza gli sforzi compiuti dal Consiglio di Stato per delimitare l'ambito dell'obbligo di rinvio pregiudiziale delle questioni alla Corte di Giustizia [3] e i correlati rischi di responsabilità dei magistrati [4], sintomaticamente legati a tali controversie.

Significativamente le Istituzioni comunitarie, con un unicum nel sistema, hanno adottato in subiecta materia ben tre direttive processuali: in particolare, le due direttive nn. 1989/665 e 1992/13, modificate e “rafforzate” dalla direttiva 2007/66, con l'espressa motivazione (enunciata nella relativa “proposta” n. 2006/00661) della necessità di una tutela più effettiva contro la violazione delle direttive sostanziali (all'epoca le direttive 17 e 18 del 2004), stante l'inadeguatezza di quella che, a loro avviso, era apprestata dagli Stati membri [5]. Ciò nella evidente e giusta consapevolezza che le regole sostanziali hanno un senso solo se l'ordinamento assicura una tutela effettiva e certa contro la loro inosservanza.

La considerazione vale in termini generali e vale anche e soprattutto per le regole che disciplinano l'attività amministrativa: non ha senso parlare di buona amministrazione senza garantire una tutela effettiva nei confronti della pubblica amministrazione e dei soggetti a essa equiparati [6].

È dunque così anche per i contratti pubblici: l'effettività della tutela, su cui ha posto più volte l'attenzione anche la giurisprudenza delle magistrature supreme interne e sovranazionali, è infatti vieppiù importante in questa materia per la straordinaria rilevanza che tali contratti assumono, non soltanto in termini economici, per lo sviluppo e la crescita del Paese.

La fissazione - previa, chiara e certa - e il rispetto delle buone regole per la scelta del contraente sono condizione essenziale anche per la sicurezza, in termini specifici (si pensi, in via meramente esemplificativa, ai rischi derivanti dalla inadeguatezza delle infrastrutture e dei servizi scolastici, ospedalieri e di trasporto, nonché da quella delle forniture dei presidi sanitari) e in termini generali (si pensi, per tutti, alla sicurezza dei lavoratori e alla lotta alla corruzione).

La linea di rigore verso una maggiore effettività della tutela in subiecta materia emerge in modo chiaro sin dai “considerando” della Direttiva 2007/66, i quali sottolineano con nettezza l'esigenza che gli Stati membri assicurino meccanismi di tutela idonei ad evitare che le violazioni del diritto sostanziale producano i loro effetti, e quindi impongono una tutela immediata e sostanziale, di tipo soprassessorio e caducatorio, per garantire che il giudice si pronunci su un ricorso che l'operatore, con l'opportuno supporto dei suoi consulenti legali e tecnici, abbia avuto la concreta possibilità di predisporre, prima che la violazione, attraverso la stipula e l'esecuzione del contratto, produca effetti, con evidente pregiudizio per l'interesse pubblico alla scelta del miglior contraente.

In particolare, come ho avuto più volte occasione di sottolineare [7] e come tengo ancora una volta a ricordare per reagire alle più recenti tendenze in senso inaccettabilmente riduttivo della tutela sui contratti pubblici, la Direttiva, rispondendo a un'esigenza già rappresentata dalla Corte di giustizia (sent. Alcatel, in C-81/98, pt. 33), mirava dichiaratamente a rafforzare i meccanismi di tutela esistenti, per assicurare l'effettiva applicazione delle Direttive sostanziali, in particolare nella fase in cui le violazioni possono ancora essere sanate (cfr. considerando 3). Essa si basa invero su una valutazione d'impatto approfondita, che espone due problemi principali: la mancanza di ricorsi efficaci contro la prassi degli affidamenti diretti illegittimi di appalti pubblici e la stipula affrettata dei contratti da parte dei soggetti aggiudicatori, che privano di fatto gli operatori economici della possibilità di proporre ricorsi efficaci prima della conclusione del contratto (cfr. parere del Comitato economico e sociale europeo sulla proposta di direttiva, COM (2006)195 def. INT/318, pt. 2.2 e considerando 4 della Direttiva). Ne consegue che le Istituzioni euro-unitarie non ritengono “efficace” una tutela di carattere meramente risarcitorio, che, del resto, l'art. 2 della Direttiva pone solo al terzo posto tra le diverse forme di tutela e l'art. 2-sexies considera expressis verbis inidonea a valere come sanzione alternativa alla cessazione di effetti del contratto. In quest'ottica, gli organi europei individuano alcune condizioni minime che gli Stati membri devono osservare per impedire che gli atti assunti in violazione delle regole primarie sull'affidamento degli appalti pubblici raggiungano comunque il loro effetto.

Le principali innovazioni della Direttiva 66 consistono pertanto: a) nella precisazione che i candidati esclusi e gli offerenti interessati dovrebbero ricevere le informazioni pertinenti, che siano loro indispensabili per presentare un ricorso efficace (considerando 6); b) nell'introduzione di un termine sospensivo (cd. standstill period) minimo (di almeno 10 giorni) tra la comunicazione agli offerenti interessati della decisione di aggiudicare un appalto, accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti che l'hanno determinata e la conclusione del contratto (considerando 4-7 e art. 2-bis), in modo da garantire agli operatori pretermessi di valutare cognita causa la sussistenza di ragioni idonee a proporre ricorso [8]; c) nell'introduzione di un ulteriore termine sospensivo per la stipula del contratto, operante tra la notificazione di un ricorso, corredato da istanza cautelare, e la decisione (cautelare o sul merito) da parte dell'organo indipendente chiamato a pronunciarsi sullo stesso (considerando 12 e art. 2, co. 3); d) nell'invito a rafforzare l'efficacia dei ricorsi nazionali per incoraggiare gli interessati ad avvalersi maggiormente delle possibilità di ricorso con procedura d'urgenza, prima della conclusione del contratto (considerando 28); e) nella previsione che il contratto eventualmente già stipulato prima della decisione di annullamento dell'aggiudicazione si deve considerare privo di effetti se il soggetto aggiudicatore ha affidato un appalto in via diretta fuori dei casi consentiti dalle direttive sostanziali, ovvero non ha rispettato il termine sospensivo minimo, qualora tale violazione abbia impedito all'offerente di avvalersi di mezzi di ricorso efficaci prima della stipula del contratto, quando tale violazione si aggiunge ad una violazione delle direttive sostanziali che abbia influito sulle opportunità del medesimo offerente di ottenere l'appalto o ancora quando il termine sospensivo sia stato derogato per appalti basati su un accordo quadro o su un sistema dinamico di acquisizione (considerando 13, 14 e 18 e artt. 2, co. 7 e 2-quinquies), precisando che la regola dell'inefficacia del contratto ha valenza assoluta e generale e può essere derogata, in via eccezionale, soltanto dall'organo indipendente di ricorso, quando, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rilevi che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale (che possono essere rappresentate da interessi economici soltanto se, in circostanze eccezionali, la privazione di effetti conduce a conseguenze sproporzionate, ma comunque mai per interessi economici legati al contratto in questione) impone che gli effetti del contratto siano mantenuti (considerando 22-24 e art. 2-quinquies), fermo peraltro l'obbligo di prevedere l'applicazione di sanzioni alternative (anche pecuniarie) a carico della stazione appaltante, non identificabili col mero risarcimento del danno (considerando 19 e 21 e art. 2-sexies) [9]; f) nell'affermazione della necessità di prevedere termini di prescrizione e di decadenza per garantire la certezza giuridica (considerando 25 e 27 e art. 2-septies), in una con la previsione di termini minimi per proporre ricorso, diversi per i ricorsi sugli atti che non incidono sul contratto (dieci o quindici giorni dalla conoscenza del contenuto illegittimo dell'atto: art. 2-quater) e per i ricorsi diretti a far venir meno gli effetti del contratto (trenta giorni dalla comunicazione motivata dell'aggiudicazione o, in difetto, sei mesi dalla stipula di quest'ultimo: art. 2-septies) [10]; f) nella previsione della possibilità di subordinare il risarcimento del danno al previo annullamento dell'aggiudicazione (artt. 6 e 7, co. 2), con ciò smentendo la tesi secondo cui la subordinazione della tutela risarcitoria per equivalente alla c.d. “pregiudiziale di annullamento” sarebbe in contrasto con il diritto UE.

Già alla fine degli anni '90, del resto, la Corte di giustizia aveva coerentemente imposto l'introduzione, nelle controversie in materia dei contratti pubblici, della tutela cautelare monocratica - anche ante causam e inaudita altera parte - per i casi di “estrema gravità e urgenza”, per evitare il rischio che, nelle more della celebrazione dell'udienza collegiale di trattazione della domanda cautelare, gli atti adottati in violazione delle direttive sostanziali producessero irrimediabilmente i loro effetti [11].

La possibilità di tutela monocratica nelle more della valutazione collegiale dell'istanza fu poi estesa a tutti i giudizi amministrativi dalla legge n. 205/2000 (di modifica della legge n. 1034/1971, istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali), che, tuttavia, avviando una politica di accelerazione dei giudizi su alcune materie di particolare rilevanza economica e politica [12], introduceva un rito speciale accelerato per le controversie relative a tali materie, caratterizzato dalla contrazione dei tempi del processo, e da una riduzione della tutela cautelare, che, nelle progressive evoluzioni, l'ha vista diventare, nei giudizi sui contratti pubblici, sempre più “eccezionale” [13].

Sin da allora infatti, la risposta ordinaria all'esigenza cautelare nelle suddette materie “speciali” (elenco nel tempo gonfiato fino a passare dalle originarie 7 voci alle odierne 18 voci elencate dall'art. 119 c.p.a.) [14] diventava la sollecita fissazione dell'udienza di trattazione del merito, mentre l'adozione di concrete misure cautelari (in primis la sospensione dell'efficacia dell'atto impugnato) era circoscritta ai casi in cui ragioni di “estrema gravità e urgenza” non consentivano di attendere tale udienza.

La riduzione delle tutele in materia di contratti pubblici: dalla legge obiettivo del 2001 al codice del processo amministrativo

In parallelo, le spinte per accelerare la realizzazione delle opere c.d. strategiche (le “grandi opere pubbliche”) si muovevano – in sostanziale contrasto con le linee direttive europee – in senso riduttivo dell'effettività della tutela: i primi passi in questa direzione furono compiuti dalla legge n. 443/2001 (nota anche come “legge obiettivo”), che introdusse il modello di quelli che ebbi a definire “contratti ricorso-resistenti” [15], perché la loro stipula precludeva il risarcimento in forma specifica, e dispose la “restrizione, per tutti gli interessi patrimoniali, della tutela cautelare al pagamento di una provvisionale” (art. 1, lett. n).

Per una evidente eterogenesi dei fini, la possibilità di ottenere un risarcimento per equivalente (anche) per la lesione degli interessi illegittimi, introdotta nell'ordinamento, proprio in attuazione delle regole comunitarie e proprio e solo per gli appalti, dall'art. 13 della legge n. 142/1992 (legge comunitaria 1992), al giusto fine di evitare che l'accoglimento del ricorso senza previa sospensione degli effetti del provvedimento si traducesse, a causa dei tempi del giudizio, in una vittoria di Pirro (possibilità progressivamente estesa alla fine degli anni '90 a tutte le posizioni soggettive affidate alla giurisdizione del giudice amministrativo [16]), aveva invero fatto progressivamente nascere e rafforzarsi l'idea di costruirla come forma unica di tutela, idonea a sostituire quella caducatoria quando la rimozione dell'atto amministrativo illegittimo avrebbe determinato un rallentamento della realizzazione dell'opera, ritenuta prioritaria sulla correttezza dell'individuazione dell'appaltatore.

Il modello era riprodotto nel codice dei contratti pubblici, approvato con d.lgs. n. 163/2006, che disciplinava il contenzioso generale nell'art. 245 (rinviando sostanzialmente agli artt. 21 e 23-bis della l. n. 1034/1971 s.m.i., con l'aggiunta della previsione della possibilità di richiedere una tutela cautelare monocratica anteriormente alla proposizione del ricorso: misura rimasta sostanzialmente inutilizzata) e quello “super-speciale” per le controversie relative a infrastrutture e insediamenti produttivi “strategici” nell'art. 246, il quale, riprendendo e sviluppando (in senso ulteriormente riduttivo della tutela) le linee della legge obiettivo, stabiliva che, nel disporre il provvedimento cautelare, il giudice doveva tenere “conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera”.

Di più. Si aggiungeva la specificazione che, “ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche l'irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente [da leggere, evidentemente, anche alla luce della riconosciuta possibilità di tutela risarcitoria per equivalente: n.d.r.], il cui interesse va [però: n.d.r.] comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure”. E, ancora, si stabiliva che “La sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente”.

Queste tendenze riduttive della effettività della tutela sostanziale (consistente nella possibilità di adire un giudice per impedire che l'atto violativo delle regole produca effetti) sarebbero state poi ciclicamente riattivate e rafforzate, nella errata - e strumentale - prospettazione che i ritardi nell'avvio e nella realizzazione di iniziative utili alla crescita e allo sviluppo del Paese sarebbero imputabili alla giustizia amministrativa, in questo modo sostanzialmente svilendone la funzione (affidata dalla Carta costituzionale) di assicurare “giustizia” (evidentemente effettiva e non meramente “apparente”) contro l'illegittimo esercizio del potere amministrativo (spesso a sua volta imputabile all'incertezza delle regole sostanziali) [17].

In questo quadro si è inserita la richiamata Direttiva 2007/66/CE e, tre anni dopo, il (primo) codice del processo amministrativo (approvato con d.lgs. n. 104/2010), che ha dovuto coniugare le opposte spinte della suddetta normativa speciale con le surricordate linee direttrici sovranazionali, che avevano poco prima trovato attuazione nel d.lgs. n. 53/2010, intervenuto, a sua volta, a modificare le pertinenti disposizioni del codice dei contratti pubblici del 2006.

In particolare, per quanto qui più strettamente interessa, le modifiche a tale codice concernevano l'introduzione di specifiche garanzie di trasparenza degli atti e documenti di gara, imponendo, inter alia, la comunicazione diretta agli interessati degli atti potenzialmente lesivi, accompagnata da puntuale motivazione e da indicazione degli uffici e degli orari nei quali essi potevano accedervi nei successivi dieci giorni (art. 79 d.lgs. n. 163/2006), la previsione di una stretta correlazione tra la suddetta comunicazione e il termine di impugnazione dell'aggiudicazione [18], l'introduzione di un termine dilatorio di 35 giorni dalla medesima comunicazione per la stipula del contratto e, in caso di impugnazione dell'aggiudicazione con istanza cautelare, il divieto di stipula fino alla pronuncia giurisdizionale su tale istanza (i richiamati periodi di standstill sostanziale e processuale: art. 32). Dalla Direttiva 66/2007 la novella recepiva in tal modo il principio cardine dell'esigenza che l'operatore debba poter effettuare una attenta valutazione della potenziale utilità, anche in termini di costi-benefici, della sua azione, e, per poterla esperire in modo adeguato, deve evidentemente conoscere il contenuto integrale del provvedimento e degli atti a esso presupposti, sia per valutare cognita causa se l'azione che intende proporre ha concrete chances di accoglimento, che per poter correttamente articolare le proprie censure. Si evita così che il ricorrente debba assumersi “al buio” oneri economici, relazionali e psicologici indubbiamente elevati, come quelli che i contenziosi in questa materia impongono di affrontare, per avviare contenziosi potenzialmente inutili e meramente esplorativi e cautelativi.

Il rito speciale dei contratti pubblici nel codice del processo amministrativo e nelle successive modifiche

Il c.p.a. ha significativamente dedicato al contenzioso sui contratti pubblici ben sei articoli: l'art. 119, che, riprendendo e sviluppando la disciplina introdotta dall'art. 23-bis l. TAR e le sue successive modificazioni, disciplina in via più generale il rito speciale comune a determinate materie, e gli artt. 120-125, riservati ai contratti pubblici, e rispettivamente dedicati ai termini e alle modalità di impugnazione, e ad alcune specialissime peculiarità del processo in tale particolare materia, anche in riferimento alla tutela cautelare (art. 120), agli effetti dell'annullamento dell'aggiudicazione sul contratto (artt. 121 e 122), alle sanzioni alternative alla dichiarazione di inefficacia del contratto (art. 123), alla tutela risarcitoria (art. 124) e al rito, a questo punto iper-specialissimo, per le controversie relative alle procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle c.d. “infrastrutture strategiche” (art. 125), che ricalcava l'art. 246 del d.lgs. n. 163/2006 e ha visto gradualmente estendere il suo ambito di applicazione, fino a comprendere, oggi, tutte gli atti delle procedure inerenti lato sensu alla realizzazione di interventi finanziati con le risorse del PNRR (vd. infra).

In parallelo, il c.p.a. ha rimodulato la disciplina e le tempistiche della fase processuale cautelare (artt. 55-62), in modo da assicurare alle parti e ai giudici una maggiore cognizione della controversia [19].

Sempre in linea con gli indirizzi dati dagli organi euro-unitari (questa volta, la Corte di giustizia [20]), il menzionato art. 124, trasponendo le disposizioni inizialmente inserite nel richiamato d.lgs. n. 53/2010, ha sancito l'irrilevanza dell'elemento soggettivo per il risarcimento del danno, che, in subiecta materia, è fondato soltanto su una oggettiva illegittimità dell'atto e sulla prova del pregiudizio effettivamente subito, anche se il legislatore dispone che “la condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di conseguire l'aggiudicazione o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto è valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile”.

Le altre disposizioni super-speciali e iper-specialissime erano (e, con le varie modifiche, sempre più sono diventate), piuttosto, espressione della tendenza a contrarre le tempistiche del processo e a ridurre la concreta possibilità del ricorrente di ottenere un risarcimento in forma specifica.

La prima si avverte nella previsione che, quando il giudizio non fosse stato immediatamente definito in sede cautelare ai sensi dell'art. 60 e il collegio non avesse già indicato la data dell'udienza di merito del co. 3 dell'art. 119, l'udienza doveva essere comunque “immediatamente fissata d'ufficio [21] con assoluta priorità”; disposizione riscritta dall'art. 40 del d.l. n. 90/2014, convertito nella l. n. 114/2014, nel senso che, sempre ferma la possibilità della sua definizione all'esito dell'udienza cautelare ai sensi dell'art. 60, il giudizio doveva, comunque, - e dunque, evidentemente, anche in assenza dei presupposti di cui all'art. 74, co. 1 - essere definito con sentenza in forma semplificata a un'udienza fissata d'ufficio e da celebrare comunque entro 75 giorni dall'ultima notifica del ricorso alle parti diverse dal ricorrente (45 giorni dalla scadenza del termine per la costituzione di tali parti, fissato a sua volta in 30 giorni dalla notifica): tempi strettissimi, che vengono normalmente disattesi, anche in ragione della necessità - frequentissima in subiecta materia- di garantire la possibilità di accesso a tutti gli atti e documenti di gara (che il codice del 2006 prevedeva, come visto, in automatico, mentre quello del 2016, incomprensibilmente, riportava al sistema della previa richiesta), di proporre motivi aggiunti e ricorsi incidentali e, conseguentemente, di lasciare alle altre parti nuovi termini a difesa, nonché della - pure frequente e, in molti casi, imprescindibile- esigenza di disporre verificazioni o ctu. Tanto che lo stesso art. 40 del d.l. n. 90/2014 precisava che, in caso di esigenze istruttorie o quando fosse stato necessario integrare il contraddittorio o assicurare il rispetto di termini a difesa, la definizione del merito fosse rinviata, con la stessa ordinanza che prescriveva tali adempimenti o rinvii, a un'udienza da tenersi non oltre 30 giorni.

La disposizione è stata peraltro ulteriormente modificata, quanto alla tipologia di pronuncia, dall'art. 4, co. 4, del d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni 2020, convertito nella legge n. 120, su cui v. anche infra), nel senso che il giudizio, qualora le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all'esame di un'unica questione nonché in ogni altro caso, compatibilmente con le esigenze di difesa di tutte le parti in relazione alla complessità della causa, debba essere “di norma” definito, espressamente anche in deroga alla sussistenza dei presupposti di cui all'art. 74 (ovvero, come noto, qualora il giudice ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso), in esito all'udienza cautelare ai sensi dell'art. 60 (ove ne ricorrano i presupposti processuali), ovvero in un momento in cui il giudice, per il numero generalmente elevato dei ricorsi trattati in sede cautelare e per le tempistiche dei depositi (per i ricorsi, 5 gg. liberi prima della camera di consiglio, compresi i giorni festivi e pre-festivi e per le memorie e i documenti addirittura un solo giorno libero prima) e non può materialmente avere una piena ed effettiva cognizione della controversia [22]. La norma conferma poi che, in mancanza, il giudizio debba essere comunque definito con sentenza in forma semplificata a una udienza fissata d'ufficio nei termini anzidetti, senza peraltro neppure riprodurre l'ipotesi del rinvio.

La seconda tendenza emerge, invece, nella generale limitazione dell'obbligo del giudice amministrativo di dichiarare (ex tunc o anche meramente ex nunc) l'inefficacia del contratto stipulato con un operatore illegittimamente selezionato ai soli casi in cui riscontri la sussistenza dei vizi di maggiore gravità tassativamente individuati dallo stesso codice, e sempre che non “venga accertato che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti”, con conseguente affidamento, negli altri casi, al giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva, del potere (espressione di una indebita ibridazione con una discrezionalità che è propria soltanto di quello amministrativo) di “stabili[re] se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto in particolare degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto”, sempre che “il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta” (artt. 121 e 122), con l'introduzione di un sistema di sanzioni “alternative” alla reintegrazione in forma specifica (consistenti nell'irrogazione - di dubbia legittimità costituzionale - di sanzioni pecuniarie, proposte e stabilite in concreto dallo stesso giudice [23], e/o nella riduzione della durata del contratto) [24].

Ulteriori limiti alla tutela derivavano dall'introduzione dell'obbligo di versamento di un elevato contributo unificato e di limiti dimensionali degli scritti difensivi [25].

Le restrizioni più forti erano comunque quelle per le controversie sui contratti relativi alle infrastrutture strategiche, che confermavano le disposizioni dettate dall'art. 246 del codice contrattuale del 2006.

Negli ormai quasi tre lustri trascorsi dall'approvazione del codice processuale, la disciplina del contenzioso sui contratti pubblici ha visto, peraltro, varie, importanti, evoluzioni [26], dovute, ancora una volta, in buona parte, all'influenza del diritto euro-unitario e, in altra parte, e in senso opposto alla prima, alla richiamata, deprecabile, tendenza a individuare nella giustizia amministrativa una delle principali cause dei ritardi nella crescita, soprattutto economica, del Paese.

Sul primo fronte, anche se la Direttiva 2007/66 è rimasta immutata (anche all'esito del nuovo “pacchetto” di Direttive sostanziali approvato nel 2014: le note Direttive nn. 23, 24 e 25, la prima delle quali per la prima volta dedicata alle concessioni), la materia è stata oggetto di vari e importanti interventi della Corte di giustizia europea e la richiamata attenzione del diritto dell'Unione per l'effettività della tutela ha, più o meno direttamente, sollecitato numerose pronunce dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

È nota, per tutte, la vexata quaestio sui rapporti tra ricorso principale e incidentale che è rimpallato tra Corte di giustizia e Adunanza plenaria del Consiglio di Stato per il difficile equilibrio tra legittimazione ad agire, effettività della tutela, principio di legalità e primato del diritto UE: questione che ha, da ultimo, coinvolto i limiti del sindacato della Corte di cassazione sulle sentenze del Consiglio di Stato (e della Corte dei conti) e, per l'effetto, anche la Corte costituzionale, fino a vedere sostanzialmente investire la Corte di giustizia dell'interpretazione del nostro sistema di riparto delle giurisdizioni [27].

Altro tema particolarmente delicato e importante sul quale si è acceso un intenso dibattito in riferimento ai contratti pubblici, ma che ha una portata ben più ampia, inferendo su tutti i concorsi pubblici, è quello della immediata impugnabilità del bando: la questione è stata più volte portata all'esame dell'Adunanza Plenaria, che, con la sentenza n. 4/2018, ha confermato l'indirizzo interpretativo già affermato dal Supremo Consesso con la pronuncia n. 1 del 2003 [28].

È rimasta invece per molto tempo aperta la questione dell'individuazione della piena conoscenza degli atti ai fini della individuazione del dies quo per il termine di impugnazione dell'aggiudicazione, che, come ricordato, la Direttiva 2007/66/CE collega rigorosamente alla conoscenza dei motivi e dei presupposti della decisione. A tale proposito, si era creata una situazione paradossale e inestricabile per il fatto che, nonostante i continui interventi sul “contenzioso contratti”, il legislatore aveva incomprensibile omesso di aggiornare il co. 1 dell'art. 120 c.p.a., che continuava così inspiegabilmente ad ancorare il dies a quo all'art. 79 del d.lg. n. 163/2006 e dunque a circostanze (in particolare la comunicazione dell'aggiudicazione, con l'indicazione degli orari e degli uffici presso i quali era possibile accedere agli atti e ai documenti di gara) apprezzabilmente previste dal codice contrattuale del 2006, ma non confermate da quello del 2016 (visto il diverso tenore del suo art. 76). In questa situazione, era addirittura accaduto che, mentre il TAR Puglia, Lecce, aveva rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità della disposizione, nella parte in cui non consentiva di individuare esattamente la decorrenza del termine decadenziale dell'impugnazione, nelle more della definizione del giudizio di costituzionalità, il Consiglio di Stato aveva rimesso il problema all'Adunanza Plenaria e questa lo aveva autonomamente definito in sede di nomofilachia, proponendo una “propria” ricostruzione del sistema, solo in parte conciliabile con la lettera della disposizione. Tanto che aveva opportunamente invocato, in ogni caso, un sollecito intervento del legislatore. L'appello era però rimasto vano e, sorprendentemente, la Corte costituzionale aveva respinto la questione rimessale dal TAR di Lecce affermando che essa era già stata correttamente risolta dall'Adunanza plenaria [29].

Nel criticare la perdurante inerzia del legislatore, chi scrive aveva altresì sollecitato una più ampia riflessione sull'esigenza di ripensare in termini più generali il raccordo tra oneri comunicativi, onere di impugnazione, standstill period ed efficacia dell'aggiudicazione (all'esito della verifica dei requisiti), osservando come si poteva rivelare, per un verso, eccessivamente oneroso impugnare esiti ancora inefficaci perché ancora soggetti a doverosi e incisivi controlli su aspetti tutt'altro che marginali e banali (tanto che gli enti committenti invocavano la pendenza di tale verifica come argomento di esclusione del periculum nelle more dell'udienza di merito) e, per l'altro verso, estremamente difficile (se non impossibile) contestare l'esito della verifica (che l'amministrazione non aveva uno specifico onere di comunicare) in tempo utile a impedire la stipula del contratto e, per quanto disposto dagli artt. 120 ss. del codice processuale, aspirare alla tutela in forma specifica [30].

Su un altro fronte, il legislatore interveniva in senso riduttivo della - già limitata - tutela soprassessoria ammessa dall'art. 119, co. 3 e 4, c.p.a. per le controversie in materie di particolare rilevanza economica, politica e sociale, inserendo nell'art. 120 c.p.a. un co. 8-bis e un co. 8-ter, che, rispettivamente, ampliavano il potere del giudice di imporre il versamento di una cauzione (art. 40 d.l. n. 90/2014) e imponevano al giudice di “tenere conto nella decisione cautelare” di quanto previsto dagli artt. 121, co. 1, e 122 per la dichiarazione di inefficacia del contratto e “delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione”. La formula era sostanzialmente sovrapponibile a quella prevista dall'art. 125, co. 2, per le infrastrutture strategiche, confinando, almeno in linea teorica, tale pur primaria e imprescindibile modalità di tutela a ipotesi molto particolari, quasi eccezionali, perché, come sopra evidenziato, nel decidere sull'istanza, il giudice dovrebbe sempre tenere conto del “preminente interesse generale all'esecuzione del contratto” o delle “esigenze imperative connesse a tale interesse”, senza considerare che l'interesse generale non può essere - ed evidentemente non è - quello all'esecuzione di qualsivoglia contratto, ma, necessariamente, pena il contrasto con i principi costituzionali ed euro-unitari che informano l'azione amministrativa, quello all'esecuzione di un “buon” contratto, ovvero di un contratto stipulato con un soggetto moralmente e professionalmente “affidabile” (che sia cioè in possesso dei prescritti requisiti morali, tecnici e finanziari) e che abbia presentato un'offerta che sia possibilmente “migliore” sotto il profilo del rapporto qualità-prezzo, o, quanto meno, garantisca una prestazione di livello adeguato, non soltanto per la realizzazione di opere, ma anche per la prestazione di servizi e forniture [31].

In parallelo, confermando la fondatezza dei timori espressi dalla dottrina più garantista, si assisteva peraltro alla estensione del regime “super speciale” di limitazione degli effetti della tutela giurisdizionale disegnato nel tempo (dalla legge obiettivo del 2001 all'art. 125 c.p.a.) per le controversie relative alle infrastrutture strategiche all'affidamento di tutti i contratti di lavori, servizi e forniture legati all'emergenza sanitaria Covid-19 e alle conseguenti esigenze di ripresa.

In particolare, è così accaduto che il ricordato d.l. n. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni 2020), riprendendo e sviluppando alcune proposte avanzate in vista dell'adozione dei c.d. decreti “crescita” ancor prima dell'emergenza sanitaria, ha “sfruttato” tale emergenza, e la conseguente rafforzata esigenza di ripresa economica, per estendere a una vasta serie di contratti pubblici di affidamento di lavori, servizi e forniture (quelli considerati dall'art. 1 e dall'art. 2, co. 2, dello stesso decreto [32]) la rigida disciplina della tutela cautelare prevista per le opere strategiche, qualificando quindi ex lege, per tutti tali contratti, l'interesse generale alla relativa esecuzione come “preminente” sugli altri interessi, e alle procedure di cui all'art. 2, co. 3, del suddetto decreto [33], la regola di intangibilità del contratto sancita dall'art. 125, co. 3, con la distonia sopra rappresentata rispetto all'esigenza di garanzia della correttezza dell'affidamento e di effettività della tutela [34].

Restava - e resta - peraltro, un grosso problema di fondo: è noto e indiscusso che la normativa sostanziale in materia di contratti pubblici, per l'intreccio delle fonti e per la complessità tecnica, è farraginosa, contraddittoria e difficilmente gestibile e applicabile, tanto che si parla comunemente al riguardo di “labirinto”, “obesità legislativa”, “schizofrenia”, “foresta fittissima”. In questo quadro, la “combinazione” tra (i) l'estensione dell'effetto “sanante” prodotto dalla stipula del contratto, (ii) i riferiti limiti (recte ostacoli) improvvidamente frapposti all'adozione di misure cautelari e (iii) l'espresso richiamo (nello stesso d.l. 76) alla responsabilità disciplinare ed erariale dei dirigenti che, senza una specifica motivazione sull'interesse del committente idoneo a prevalere rispetto a quello nazionale alla sollecita esecuzione del contratto, non addivengano alla stipula del contratto nei termini di legge (con la testuale precisazione che, salvo lo standstill period, “non costituisce giustificazione adeguata […] la pendenza di un ricorso giurisdizionale, nel cui ambito non sia stata disposta o inibita la stipulazione del contratto” - ipotesi, come detto, resa in teoria estremamente difficile dai limiti posti alla tutela cautelare -: art. 4, modificativo dell'art. 32, co. 8, del codice contrattuale del 2016), ha posto gli organi decisori degli enti committenti di fronte al grave - e, a mio avviso, ingiusto/sproporzionato- dilemma se procedere comunque alla stipula, esponendo l'ente al rischio (per quanto detto sull'incertezza normativa, tutt'altro che “calcolabile”) di una condanna al risarcimento per equivalente nel caso in cui il giudice, tra le diverse interpretazioni possibili, accolga le tesi dei ricorrenti, oppure rinviarla, esponendo i loro dirigenti a subire (in questa luce altrettanto ingiuste/sproporzionate) azioni di responsabilità erariale.

In buona sostanza, si ha la sensazione che gli sforzi compiuti da ampia e autorevole parte della dottrina [35] per evitare che - come chiaramente richiesto dalle Istituzioni euro-unitarie (la Direttiva 2007/66, ma anche le pronunce della Corte di giustizia sulla legittimazione) - gli atti adottati in violazione dei principii e delle regole sostanziali producano i loro effetti, come accade se la tutela caducatoria cede gradualmente il passo a quella risarcitoria, siano in questo modo caduti nel nulla, perché i funzionari dirigenti competenti alla stipula, per evitare di incorrere in responsabilità erariale per inosservanza dei termini stabiliti dalla legge (60 giorni dall'aggiudicazione efficace), sono tenuti a procedervi anche in situazioni di oggettiva incertezza sulla legittimità dell'aggiudicazione. Con effetti tutt'altro che apprezzabili sulla collettività, costretta a pagare due volte: subire le conseguenze pregiudizievoli dell'esecuzione di lavori, prestazioni o servizi inadeguati e, per di più, pagare il risarcimento per equivalente all'operatore illegittimamente pretermesso (salvo oggi, come si dirà, il concorso dell'aggiudicatario che vi abbia contribuito con una condotta illecita: vd. infra).

Merita in proposito segnalare che lo stesso d.l. n. 76/2020, all'art. 21, per far fronte all'esigenza di arginare le inerzie amministrative dovute alla c.d. “paura della firma” in un sistema normativo particolarmente complesso e incerto, ha temporaneamente [36] subordinato, in via generale, la responsabilità erariale dei funzionari pubblici per l'adozione di atti illegittimi alla prova del dolo (limitando quella per colpa grave alle condotte omissive).

Come rilevato in sede di primo commento della novella, non restava quindi che auspicare che la giurisprudenza, come stava apprezzabilmente dimostrando, tenesse conto di tali “nuovi rischi” e fosse quindi particolarmente “prudente” nel seguire la “presunzione” di preminenza dell'interesse alla sollecita esecuzione del contratto affermata dal nuovo testo dell'art. 120, co. 8-ter, del codice processuale, accordando quella tutela cautelare che, sola, legittima gli enti committenti ad attendere la decisione giurisdizionale sul merito del ricorso.

Pur avendo chi scrive in varie occasioni segnalato i rischi di una giurisprudenza creativa, stigmatizzando la tendenza a una confusione e sovrapposizione del ruolo, pur fondamentale, del giudice con quello riservato al legislatore, e sollecitando una maggiore attenzione di quest'ultimo alle esigenze di effettività della tutela nei confronti nei confronti del cattivo esercizio del potere pubblico, presupposto imprescindibile per la garanzia della buona amministrazione, non posso invero esimermi dal richiamare il ruolo di fattore equilibrante che, quando la norma di legge lascia un varco, sia pure modesto, il giudice deve svolgere a garanzia dei diritti fondamentali della civiltà giuridica, com'è appunto quello a una tutela effettiva e alla “giustizia nell'amministrazione”.

L'intervento della giurisprudenza è stato, ad esempio, fondamentale anche per far “cadere” le disposizioni con le quali l'art. 204 del d.lgs. n. 50/2016, sempre nell'ottica di deflazionare il contenzioso aggiungendo ogni sorta di ostacoli all'azione giurisdizionale, aveva imposto (inserendo un co. 2-bis nell'art. 120 c.p.a.) l'immediata impugnazione (da definire, ovviamente, in un giudizio iper-rapido) delle ammissioni alla procedura degli altri concorrenti, così improvvidamente anticipando i pesanti oneri impugnatori a un momento in cui l'interesse non era ancora né attuale né certo, e in cui magari l'interessato non aveva neppure ancora a disposizione tutti gli elementi necessari a conoscere i possibili vizi dell'ammissione [37].

Il contenzioso sugli atti finanziati con risorse PNRR e il rito iper-acceleratissimo di cui all'art. 12-bis del d.l. n. 68/2022, convertito nella l. n. 108/2022

Il quadro, già preoccupante, sopra descritto, si è però ulteriormente aggravato per effetto delle norme speciali sull'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Merita in proposito preliminarmente menzionare l'estensione, in forza dell'art. 48 del d.l. n. 77/2021 (convertito nella l. n. 108/2021), dell'applicazione del regime super-speciale dettato dall'art. 125 c.p.a. per le infrastrutture strategiche all'impugnazione degli atti delle procedure afferenti i lavori pubblici di importo fino a 100 milioni di euro finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea.

L'intervento di maggiore impatto è stato però attuato dall'art. 3 del d.l. n. 85/2022 (rubricato “Accelerazione dei giudizi amministrativi in materia di PNRR” e integralmente riprodotto - con una tecnica affatto discutibile sul piano costituzionale - in sede di conversione del d.l. n. 68/2022, come art. 12-bis di tale decreto) per assicurare una celere definizione di tutti giudizi amministrativi eventualmente attivati con riferimento alle procedure esperite ai fini dell'attuazione del Piano (progettazione, autorizzazione, approvazione, realizzazione, espropriazione, asservimento, etc.).

La novella dispone, tra l'altro,

- l'estensione del contraddittorio alle amministrazioni centrali titolari degli interventi previsti nel PNRR, individuate come parti necessarie dei suddetti giudizi (co. 4);

- una più stretta correlazione in tali giudizi tra adozione di misure cautelari e definizione della causa nel merito (attraverso l'obbligo di fissare la trattazione del ricorso nel merito a un'udienza da celebrare entro 30 giorni da tale adozione, con perdita di efficacia delle misure cautelari all'esito del decorso di tali termini, anche qualora siano dirette a determinare un nuovo esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione; e ciò anche per i giudizi già in corso all'entrata in vigore del decreto, con la precisazione che nel caso in cui la misura cautelare fosse stata già concessa, l'udienza per la discussione del ricorso nel merito dovesse essere anticipata d'ufficio entro il suddetto termine di 30 giorni: co. 1 e 8);

- uno stringente onere motivazionale sulla compatibilità dell'eventuale adozione di misure cautelari e della data dell'udienza pubblica rispetto ai tempi stabiliti per l'attuazione degli interventi oggetto della controversia (co. 2);

- l'applicazione a tutte le riferite controversie dei termini abbreviati ex artt. 119, co. 2, e 120, co. 9, c.p.a., previsti in via ordinaria per le controversie afferenti alle procedure di affidamento dei contratti pubblici (co. 5);

- l'applicazione di tutte le suddette previsioni in ogni grado di giudizio, ovverosia in primo grado, appello, revocazione e opposizione di terzo (co. 6);

- l'estensione dell'ambito applicativo del menzionato art. 48, co. 4, del d.l. n. 77/2021 - e, per l'effetto, della disciplina di cui all'art. 125 c.p.a. - a “tutti i giudizi che riguardano le procedure di progettazione, autorizzazione, approvazione e realizzazione delle opere finanziate in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, nonché in qualsiasi procedura amministrativa che riguardi interventi finanziati in tutto o in parte con le risorse previste dal PNRR” (co. 7) e l'estensione a tutti i giudizi di cui al citato co. 4 dell'art. 48 dell'onere motivazionale aggravato di cui al richiamato co. 2.

A fine gennaio aveva circolato una nuova proposta legislativa di ulteriore riduzione dei termini processuali relativi a tali giudizi, con accentramento della relativa competenza al TAR del Lazio, Roma, che fortunatamente, almeno per ora, non ha avuto seguito.

Il nuovo Codice dei contratti pubblici

In questo contesto si è inserito il nuovo Codice dei contratti pubblici, che, per quanto qui interessa, mentre (anche in virtù dei limiti della delega) non ha introdotto ulteriori limiti alla tutela contro gli atti delle procedure di gara, già gravemente erosa dalle norme sopra richiamate (e, opportunamente, non ha fatto riferimenti allo specialissimo regime dei contratti PNRR), ha tendenzialmente confermato, provvedendo - finalmente - ai necessari aggiornamenti, il sistema disegnato dal c.p.a., integralmente riscrivendo nell'art. 209, anche se con limitate modifiche sostanziali, gli artt. 120, 121 e 124. Restano invece immutati gli artt. 122 (a parte un mero drafting formale) 123 e 125.

Nel rinviare per un'analisi più dettagliata ai commenti dei singoli articoli di seguito citati, è importante in questa sede evidenziare che il nuovo testo dell'art. 120, oltre a precisare espressamente che la relativa disciplina si applica anche agli atti delle procedure di affidamento delle concessioni, riflette la volontà della Commissione di cercare, per quanto possibile, di semplificare/ridurre, oltre alle procedure di affidamento, anche il contenzioso in subiecta materia, rafforzando al contempo le garanzie di difesa, attraverso una maggiore trasparenza degli atti e dei documenti di gara e una razionalizzazione del rapporto tra fase di affidamento, standstill procedimentale e impugnazione dell'aggiudicazione. L'obiettivo è stato quello di eliminare l'irragionevole anticipazione dell'impugnazione dell'aggiudicazione a un momento antecedente a quello in cui essa acquista efficacia e di ridurre i c.d. “ricorsi al buio” e i “tempi morti” dei giudizi nell'attesa dell'accesso agli atti e ai documenti non ostesi e della verifica dei requisiti. La parte garantista della novella si completa con l'importante disposizione che pone fine alla moltiplicazione del - già oneroso - contributo unificato nel caso di impugnazione con motivi aggiunti di diversi atti della medesima procedura di gara (art. 120, co. 7).

In questa linea si colloca il nuovo co. 2 dell'articolo, che, anticipando l'oggetto del precedente co. 5, ha - finalmente - riscritto e “aggiornato” le disposizioni sulla decorrenza dei termini di impugnazione degli atti delle procedure di affidamento di tali contratti, precisando che esso “decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione dell'atto impugnato ai sensi dell'articolo 90 del codice dei contratti pubblici oppure, dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell'articolo 36, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici”, mentre per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, laddove autonomamente lesivi, il termine decorre dalla pubblicazione di cui agli artt. 84 e 85 del nuovo codice contrattuale. Resta, evidentemente, fermo il rinvio all'art. 42 c.p.a. per la disciplina del ricorso incidentale.

Per una migliore comprensione dell'importanza della prima parte della novella, merita leggerla in combinato disposto con gli artt. 17, 18, 36, 90 e 209.

In particolare, accogliendo le sollecitazioni anticipate negli scritti sopra richiamati, l'art. 17 reintroduce la distinzione tra “proposta di aggiudicazione” e “aggiudicazione”, disponendo, al co. 5, che “L'organo preposto alla valutazione delle offerte predispone la proposta di aggiudicazione alla migliore offerta non anomala. L'organo competente a disporre l'aggiudicazione esamina la proposta, e, se la ritiene legittima e conforme all'interesse pubblico, dopo aver verificato il possesso dei requisiti in capo all'offerente, dispone l'aggiudicazione, che è immediatamente efficace”, al co. 7, che “Una volta disposta l'aggiudicazione, il contratto è stipulato secondo quanto previsto dall'articolo 18” e, al co. 10, che “La pendenza di un contenzioso non può mai giustificare la sospensione della procedura o dell'aggiudicazione, salvi i poteri cautelari del giudice amministrativo e quelli di autotutela della stazione appaltante, da esercitarsi da parte del dirigente competente”. Tuttavia, diversamente dall'art. 32, co. 8, del codice contrattuale 2016, il nuovo Codice non fa menzione della responsabilità erariale e si limita ad affermare, all'art. 18, co. 7, che “La mancata o tardiva stipula del contratto al di fuori delle ipotesi di cui ai precedenti commi [id est, la sospensione legale per effetto dello standstill o la sospensione giurisdizionale] costituisce violazione del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso”. Sembra, dunque, che - ferma la generale responsabilità per condotte omissive dipendenti da dolo o colpa grave (che non dovrebbe, per vero, essere configurabile nei casi in cui, come frequentemente accade, i tempi di definizione del giudizio, per garantire il rispetto del contraddittorio e l'adeguatezza dell'istruttoria, superino quelli della stipula e i giudici siano di fatto “dissuasi” dall'accoglimento delle istanze cautelari potenzialmente incidenti sul rispetto degli obblighi derivanti dal PNRR) - l'unica responsabilità potrebbe essere nei confronti dell'aggiudicatario, che però, in forza di quanto previsto dall'art. 5, co. 4, e dal novellato art. 124 c.p.a., potrebbe essere il primo a temere la stipula e potrebbe quindi espressamente manlevare il committente da tale responsabilità.

Ogni riferimento all'aggiudicazione contenuto nel nuovo Codice è dunque all'atto che, confermando la proposta all'esito dei prescritti controlli sui requisiti, la rende definitiva ed efficace. Conseguentemente, in coerenza con il principio di necessaria attualità e concretezza dell'interesse a ricorrere, sia la decorrenza del termine dilatorio procedimentale per la stipula del contratto che quella dei termini di impugnazione dell'aggiudicazione è posticipata alla comunicazione di tale atto.

L'art. 18 dispone, infatti, opportunamente, al co. 3, che “Il contratto non può essere stipulato prima di 35 giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione (…)”. Si evita così di “bruciare” la dilazione della stipula del contratto in un periodo che spesso è inferiore a quello necessario a tale verifica.

L'art. 36, sempre in coerenza con le condizioni di concretezza e attualità dell'interesse ad agire, dispone, poi, al co. 9, che “Il termine di impugnazione dell'aggiudicazione e dell'ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione [evidentemente dell'aggiudicazione] di cui all'articolo 90”. La disposizione, ripresa dall'art. 209, si combina con i co. 1 e 2 dello stesso art. 36, i quali dispongono che “1. L'offerta dell'operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all'aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma digitale di cui all'articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell'aggiudicazione ai sensi dell'articolo 90. 2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.

In questo modo (come sarà meglio illustrato nel commento all'art. 36) si reintroduce - e si rafforza - il sistema (introdotto dal codice contrattuale del 2006 e incomprensibilmente cancellato da quello del 2016) di accesso automatico e immediato (senza onere di richiesta) a tutti i verbali, dati, atti e informazioni della procedura, espressamente comprendendovi le offerte dei primi cinque candidati nelle parti che il committente non ha ritenuto di dover oscurare. Come già rappresentato sin dall'interno della Commissione, sarebbe stato opportuno per maggiore chiarezza - e, soprattutto, efficacia - dell'obbligo, la precisazione che la disponibilità di tali atti, informazioni e documenti deve essere assicurata “contestualmente alla comunicazione dell'aggiudicazione”, con conseguente responsabilità dell'ufficio e del funzionario preposto in caso di inadempimento. L'obiettivo, come anticipato, è stato quello di evitare i ricorsi “al buio” (con inutile dispendio di risorse dei concorrenti e improvvido consumo della risorsa giustizia) e di dare, sin da subito, ai concorrenti interessati le informazioni necessarie a verificare il corretto svolgimento della procedura e a contestarne eventualmente con più robustezza l'esito, con conseguente rafforzamento della effettività della tutela e, al contempo, riduzione delle parentesi istruttorie negli eventuali giudizi. A questi fini, il richiamato art. 36 introduce un rito specialissimo e con tempistiche estremamente rapide per contestare - rispettivamente, da parte dell'offerente e/o da parte degli altri concorrenti - l'eventuale totale/parziale diniego di oscuramento e/o l'eventuale eccesso di oscuramento. E, naturalmente, condiziona l'ostensione degli atti o parti di atti di cui era stato chiesto l'oscuramento al decorso dei termini (10 gg) per l'impugnazione della decisione sulla relativa istanza.

È evidente, pertanto, anche da una lettura necessariamente congiunta con quella del novellato art. 120 c.p.a., che la correlazione (enunciata dal co. 9 dell'art. 36) del termine di impugnazione dell'aggiudicazione e dell'ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria alla comunicazione della prima ai sensi dell'art. 90 ha il chiaro fine di rimarcare l'insussistenza, prima di tale momento, di un interesse all'impugnazione di tali atti, fermo però restando, in base ai principi e al disposto del nuovo art. 120, che tale termine può decorrere “oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell'articolo 36, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici”.

Dal momento che la certezza del termine di impugnazione costituisce una garanzia di effettività della tutela assolutamente irrinunciabile, anche le riportate disposizioni processuali dovrebbero peraltro essere opportunamente integrate al fine di rendere assolutamente e definitivamente chiaro che (i) la dilazione non può essere un'opzione, ma vale solo per i vizi non ancora conoscibili; (ii) si tratta di una dilazione e non di una anticipazione: quest'ultimo chiarimento è essenziale per non dare spazio a strumentali eccezioni delle amministrazioni resistenti e/o dei controinteressati sulla necessità di anticipare l'impugnazione di verbali e atti endoprocedimentali casualmente conosciuti prima della comunicazione di quello effettivamente lesivo o, all'opposto, a un atteggiamento di estrema prudenza dei ricorrenti (c.d. “contenzioso cautelativo”) con sostanziale fallimento delle nuove regole dirette a evitare un inutile spreco della risorsa giustizia.

In quest'ottica, come ho già avuto occasione di suggerire, il nuovo secondo periodo del co. 2 dell'art. 120 potrebbe a questi fini essere allora più opportunamente così riformulato come segue: “Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione dell'atto impugnato ai sensi dell'articolo 90 del codice dei contratti pubblici oppure, se si impugnano atti diversi e non direttamente comunicati oppure si denunciano vizi conoscibili dagli atti messi a disposizione ai sensi dell'articolo 36, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici, dai successivi momenti in cui tali atti sono stati effettivamente messi a disposizione”. Analogamente, il co. 9 dell'art. 36 potrebbe essere opportunamente integrato con la precisazione “o dai successivi momenti in cui la stazione appaltante o l'ente concedente abbia messo a disposizione gli atti impugnati e quelli da cui sono evincibili i vizi dedotti”.

In un'ottica di migliore equilibrio tra i diversi interessi (di accelerazione e di tutela giurisdizionale) andrebbe inoltre a mio avviso riconsiderata l'opportunità, già rappresentata anche nell'ambito della Commissione, di anticipare la fase di eventuale contestazione degli oscuramenti delle offerte (contro il diniego o contro l'eccesso di oscuramento) al momento della proposta di aggiudicazione, in modo da utilizzare il tempo della verifica dei requisiti per definire il pur rapidissimo rito disegnato dallo stesso art. 36 per tale contenzioso.

A questi fini occorrerebbe aggiungere alle comunicazioni di cui all'art. 90 quella della proposta di aggiudicazione e della sottostante graduatoria e prevedere la messa a disposizione degli atti di cui all'art. 36, co. 1 e 2, contestualmente a tale comunicazione, facendo decorrere da tale momento i termini per contestare le decisioni sull'oscuramento delle offerte, così che, al momento della comunicazione dell'aggiudicazione, i concorrenti abbiano già la massima disponibilità del quadro fattuale di riferimento per decidere se e come contestarla.

Insisto sul punto anche per una importante ragione di carattere sostanziale.

Ferma restando la necessità di ogni opportuna attività istruttoria e di verifica per raggiungere un risultato di qualità (soggettiva e oggettiva) dell'affidamento, è evidente invero che l'anticipazione del contenzioso sull'accesso - ma anche, e soprattutto, l'introduzione di un termine per la verifica dei requisiti e, a monte, per il rilascio delle informazioni all'uopo necessarie da parte delle autorità e degli organismi competenti - avrebbe l'ulteriore importante effetto di ridurre il ricorso agli affidamenti d'urgenza, prevista e disciplinata dall'art. 17 del nuovo Codice contrattuale, che è di fatto un altro strumento per aggirare l'istituto dello standstill e quel poco che resta della tutela cautelare.

Per il resto, il nuovo art. 120 ricalca formalmente o sostanzialmente le precedenti disposizioni, ivi comprese, quelle - sopra criticate - sui limiti alla tutela cautelare e sulle irragionevoli e inattuabili tempistiche di fissazione dell'udienza, rese peraltro vieppiù utopistiche dall'apprezzabile insistenza, al co. 6, sulla regola generale introdotta dall'art. 55, co. 12 c.p.a., ma purtroppo raramente rispettata, che, in caso di istanza cautelare, all'esito dell'udienza in camera di consiglio e anche in caso di rigetto dell'istanza, il giudice deve provvedere ai necessari approfondimenti istruttori (oltre che, ovviamente, come prescritto dal citato art. 55, all'integrazione del contraddittorio).

Come anticipato, l'art. 209 riproduce l'art. 121, limitandosi in sostanza a un'opera di drafting e di eliminazione dei riferimenti al codice contrattuale del 2006, senza intervenire (se non per un mero aggiornamento di un richiamo all'art. 121 nell'art. 123) sugli artt. 122, 123 e 125.

Interviene invece in modo significativo sulla disciplina della tutela risarcitoria per equivalente, dettata dall'art. 124 c.p.a.. In particolare, nel sostituire integralmente tale articolo, la novella stabilisce - al suo nuovo co. 1, 3° periodo - che “Il giudice conosce anche delle azioni risarcitorie e di quelle di rivalsa proposte dalla stazione appaltante nei confronti dell'operatore economico che, con un comportamento illecito, ha concorso a determinare un esito della gara illegittimo”. Attraverso una norma sulla giurisdizione, il legislatore, riprendendo ed estendendo la portata di quanto disposto dal co. 4 dell'art. 5 (recante i “principi di buona fede e di tutela dell'affidamento” nell'affidamento dei contratti de quibus), afferma quindi, per la prima volta, il diritto del committente (si parla di stazione appaltante, ma è evidente, anche dal confronto con la corrispondente disposizione di cui all'art. 5, co. 4, che la regola vale anche per l'ente concedente) di agire in via di rivalsa - e addirittura di esperire un'azione autonoma di risarcimento - nei confronti dell'operatore economico che, ponendo in essere un comportamento illecito, abbia concorso a determinare un esito illegittimo della gara. La ragione della disposizione è espressamente ricondotta nella Relazione alla “necessità – specie in un contesto ordinamentale che vede ridurre i casi di tutela specifica mediante subentro a favore della tutela per equivalente – di esplicitare un rimedio (l'azione di rivalsa appunto) che consenta di ritrasferire almeno in parte il danno risarcito dall'amministrazione sull'aggiudicatario illegittimo che, del resto, in assenza di meccanismo di rivalsa, beneficerebbe di un arricchimento ingiusto”.

Come rilevato in altre occasioni, non posso non esprimere serie preoccupazioni per la riferita disposizione, che, se letta nel contesto di un sistema di tutela giurisdizionale che indebitamente privilegia la tutela risarcitoria per equivalente rispetto a quella soprassessoria e caducatoria (in evidente spregio anche alla qualità della prestazione), corre il rischio di ridurre il contenzioso sui contratti de quibus a una controversia tra privati. Il che, oltretutto, farebbe dubitare della ratio della sua attribuzione alla giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo, che ha, invece, la sua ragion d'essere nel garantire la “giustizia nell'amministrazione”, a necessaria e imprescindibile tutela dell'effettività dei principi enunciati dall'art. 97 e dalle altre disposizioni costituzionali che regolano e limitano l'esercizio del potere amministrativo. Per non dire del rischio che, con un'interpretazione allargata del concetto di illecito, le conseguenze degli errori del committente - e, a monte, dell'incertezza delle regole - siano fatte sostanzialmente ricadere in massima parte sull'aggiudicatario, disincentivando gli imprenditori a partecipare alle gare indette nel nostro Paese. La questione induce a fare un breve accenno anche al co. 3 del medesimo art. 5, il quale dispone che “In caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l'affidamento non si considera incolpevole [recte, non vi è legittimo affidamento: n.d.r.] se l'illegittimità̀ è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti”. La disposizione sembra dare spazio a una presunzione di concorso di colpa dell'aggiudicatario illegittimo: presunzione che pone, a ben vedere, problemi di coerenza con l'enunciazione, al co. 1 dell'art. 2, del principio di fiducia “reciproca” e conferma la distonia di un sistema che, mentre tende a giustificare gli errori delle pubbliche amministrazioni e dei loro funzionari/commissari, che, pure, dovrebbero avere una specifica e adeguata competenza all'esercizio dei compiti loro precipuamente affidati, usa un opposto parametro di valutazione delle condotte degli operatori privati [38].

A chiusura del tema risarcimento, va - infine - fin da ora segnalata la previsione che, nel confermare la regola generale di cui all'art. 34, co. 4, c.p.a., secondo cui il giudice individua i criteri di liquidazione del danno, rimette però al danneggiante la formulazione di una proposta entro un termine perentorio, aggiungendo che la mancata formulazione della proposta nel termine assegnato o la significativa differenza tra l'importo ivi indicato e quello liquidato nella sentenza resa sull'eventuale giudizio di ottemperanza costituiscono elementi valutativi ai fini della regolamentazione delle spese di lite in tale giudizio, fatto salvo quanto disposto dall'art. 91, co. 1, c.p.c.

*

In conclusione, nonostante le ricordate - poche - modifiche in melius dell'art. 120 e l'attenzione della giurisprudenza a non abdicare al potere-dovere di bilanciamento dei diversi interessi tipico della tutela cautelare, il complessivo contesto sopra descritto, con la progressiva estensione delle norme formalmente eccezionali di riduzione della tutela caducatoria e soprassessoria, spinte addirittura a chiamare di fatto il giudice responsabile dei ritardi nel rispetto degli obblighi assunti con il PNRR, fa sempre più temere per una grave e sostanziale regressione della tutela giurisdizionale in questa e in altre materie che, pure, hanno una estrema importanza per la tenuta e la ripresa del Paese e nelle quali, di conseguenza, non è possibile prescindere dal rispetto delle regole sostanziali, essenziale per la fiducia degli operatori e degli investitori.

Note

[1] Cfr. per tutti M. Lipari, Giurisdizione, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, vol. V, Milano, 2019, 592. Lo spartiacque è di norma segnato dalla stipula del contratto (Cons. Stato, Ad. plen. 30 luglio 2008, n. 9), dal momento che nella fase di esecuzione le parti operano su un piano di sostanziale parità e sono titolari di diritti e obblighi sui quali si riespande la competenza generale affidata dall'art. 102 Cost. al giudice ordinario. Fermo restando che quando, anche dopo la stipula, l'ente committente agisce in veste autoritativa (id est, nell'esercizio del potere), la giurisdizione spetta comunque al giudice amministrativo. Esemplificativamente TAR Lazio, sez. IV, 16 febbraio 2023, n. 2791, ha recentemente precisato che nelle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo negli appalti di opere e servizi pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all'art. 133 c.p.a. sussiste nell'ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest'ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione; qualora invece la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, a tale obbligo corrisponde un diritto soggettivo dell'appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell'ambito della giurisdizione ordinaria.

[2] Il riferimento è, evidentemente, alla nota ordinanza [n. 19598/2020] con cui le Sezioni Unite della Corte di cassazione - investite del ricorso contro una sentenza con cui il Consiglio di Stato ha ritenuto non meritevole di tutela l'interesse dell'offerente (non ancora definitivamente) escluso da una gara a contestare la compatibilità della Commissione di gara e i criteri di scelta del contraente - hanno rimesso al Giudice sovranazionale la questione di compatibilità euro-unitaria della “prassi interpretativa” con cui, a partire dalla sentenza n. 6/2018 della Corte costituzionale, si nega che l'espressione “motivi di giurisdizione” utilizzata dall'art. 111, co. 8, Cost. possa essere letta, in senso “evolutivo e dinamico”, fino ad abbracciare l'interpretazione “aprioristica” e “abnorme” del quadro normativo in contrasto con il diritto dell'Unione europea come interpretato dalla stessa Corte di giustizia; o, addirittura, della lettura dello stesso art. 111, co. 8, nel senso di escludere la possibilità che il medesimo sindacato della Corte di cassazione per “motivi di giurisdizione” possa estendersi all'omesso rinvio pregiudiziale di una questione allo stesso Giudice sovranazionale. In argomento sia consentito il rinvio a M.A. Sandulli, Guida alla lettura dell'ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 19598 del 2020, in Giustiziainsieme.it, 2020, e in AA.VV. Limiti esterni di giurisdizione e diritto europeo. A proposito di Cass. Sez. Un. n. 19598/2020, a cura di A. Carratta, Roma 2021 (con ulteriori contributi di G. Amoroso, R. Baratta, A. Carratta, F. Francario, A. Proto Pisani e A. Travi) e agli scritti ivi richiamati alla nota n. 1, cui adde G. Tesauro, L'interpretazione della Corte costituzionale dell'art. 111, ult. comma: una preclusione impropria al rinvio pregiudiziale obbligatorio, ivi, 34/2020; M. Lipari, Il sindacato della Cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione tra l'art. 111, comma 8, della Costituzione e il diritto dell'Unione Europea: la parola alla Corte di Giustizia, in Giustiziainsieme.it, 2020; M. Mazzamuto, Le sezioni unite della Cassazione garanti del diritto UE?, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 5/2020, 675 ss.; B. Sassani, L'idea di giurisdizione nella guerra delle giurisdizioni. Considerazioni politicamente scorrette, in Judicium – Il processo civile in Italia e in Europa, 2020; P.L. Tomaiuoli, Il rinvio pregiudiziale per la pretesa, ma incostituzionale, giurisdizione unica, in Consulta Online, 3/2020; E. D'Alessandro, Brevi riflessioni sul rinvio pregiudiziale interpretativo operato dalle Sezioni Unite in riferimento all'art. 111, 8 comma, Cost., in Il giusto processo civile, 1/2021, 141 ss.; F. Francario, Quel pasticciaccio brutto di piazza Cavour, piazza del Quirinale e piazza Capodiferro, in Giustiziainsieme.it, 2020 (oltre che nel richiamato volume a cura di A. Carratta); Id., Quel pasticciaccio della questione di giurisdizione. Parte seconda: conclusioni di un convegno di studi, in Riv. dir. pubbl. it. comp. eur., 2020; Id, Il pasticciaccio parte terza. Prime considerazioni su Corte di Giustizia UE, 21 dicembre 2021 C-497/20, Randstad Italia spa, in Riv. dir. pubbl. it. comp. eur., 2022; nonché, con riferimento a quest'ultima sentenza, le interviste di R. Conti a F. Francario, G. Montedoro, P. e R. Rordorf su La Corte di Giustizia risponde alle S.U. sull'eccesso di potere giurisdizionale. Quali saranno i “seguenti” a Corte Giust., G.S., 21 dicembre 2021 – causa C-497/20, Randstad Italia? in Giustiziainsieme.it, 2022, e la videoregistrazione del convegno su Il caso Randstad Italia tra questioni di giurisdizione e questioni di giustizia, tenutosi presso l'Università di Roma Tre l'11 febbraio 2022 (con contributi di A. Carratta, F. Francario, R. Frasca. M. Lipari, M. A. Sandulli, A. Travi e R. Vaccarella). Con ordinanza 30 agosto 2022 n. 25503 delle Sezioni unite hanno dichiarato l'inammissibilità del ricorso della società Randstad Italia. La Corte regolatrice ha tuttavia espresso perplessità sulla sentenza della CGUE, soprattutto in merito alla decisione di irricevibilità del secondo quesito pregiudiziale proposto nell'ordinanza interlocutoria, assorbito «alla luce della innovativa risposta fornita dalla Corte di Giustizia (p. 83-84)».

[3] Cfr. da ultima, Corte di giustizia, Sez. VI, 15 dicembre 2022, Società Eredi Raimondo Bufarini.

[4] Cfr. M.A. Sandulli, I rapporti tra ordinamento interno e ordinamento europeo. Quale dialogo tra giudice amministrativo e Corte di giustizia europea?, in Giustizia insieme.it, 2022.

[5] Cfr. M.A. Sandulli, La nuova tutela giurisdizionale in tema di contratti pubblici (note a margine degli artt. 244-246 del codice De Lise), in Foro amm. Tar, 2006, 3375 e, Id., Le principali novità nel rito speciale in materia di appalti pubblici, in Astrid-online.it, 17/2011.

[6] Sul punto sia consentito fare rinvio a M.A. Sandulli, Processo amministrativo, sicurezza giuridica e garanzia di buona amministrazione, in Il Processo, 2018, 45. Con specifico riferimento alla garanzia di una tutela effettiva nel processo amministrativo durante l'emergenza Covid-19, si vedano, ex multis, M.A. Sandulli, Covid-19, fase 2. Pregi e difetti del diritto dell'emergenza per il processo amministrativo, in Giustiziainsieme.it, 2020; Id., Il processo, luogo della tutela dei diritti anche e soprattutto nell'emergenza. Dialogando con il Presidente Patroni Griffi sulla giustizia amministrativa, in Federalismi.it, 14/2020; F. Francario, L'emergenza Coronavirus e la “cura” per la giustizia amministrativa: le nuove misure straordinarie per il processo amministrativo, ivi, 2020; Id., L'emergenza coronavirus e le misure straordinarie per il processo amministrativo, ivi, 2020; R. De Nictolis, Il processo amministrativo ai tempi della pandemia, ivi, 2020. Si vedano inoltre i vari webinar intervenuti sul tema, per tutti: “Processo amministrativo e COVID-19”, organizzato da chi scrive, svoltosi il 24 aprile 2020 (disponibile al link: https://youtu.be/qv33zNnY6I8); “L'emergenza COVID 19 e i suoi riflessi sul processo amministrativo. Principi processuali e tecniche di tutela tra passato e futuro” svoltosi nei giorni 30 luglio e 1° agosto 2020 nel solco delle Giornate di Studio sulla Giustizia Amministrativa “Modanella 2020” (disponibile al link https://youtu.be/8fBPo-RfN8s); “Il processo nell'emergenza pandemica” organizzato dall'Università LUM e svoltosi il 28 settembre 2020 (disponibile al link https://youtu.be/E9zYR-JrBLs).

[7] Per tutti, M.A. Sandulli, Il processo amministrativo superaccelerato e i nuovi contratti ricorso-resistenti, in Federalismi.it, 5/2009.

[8] Il termine sospensivo dovrebbe concedere agli offerenti interessati sufficiente tempo per esaminare la decisione d'aggiudicazione dell'appalto e valutare se sia opportuno avviare una procedura di ricorso. Quando la decisione di aggiudicazione è loro notificata, gli offerenti interessati dovrebbero ricevere le informazioni pertinenti, che sono loro indispensabili per presentare un ricorso efficace. Lo stesso vale di conseguenza per i candidati se l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore non hanno messo tempestivamente a disposizione informazioni circa il rigetto della loro domanda. La deroga alla sospensione è ammessa soltanto quando essa sia palesemente inutile (concorrente unico), ovvero nei casi di urgenza estrema non imputabile alle stazioni appaltanti o infine nei casi di contratti basati su un accordo quadro o su un sistema dinamico di acquisizione: ma in quest'ultimo caso, quando l'appalto è pari o superiore alle soglie di rilevanza comunitaria, gli Stati membri devono comunque assicurare che il contratto resti privo di effetti quando siano state violate le disposizioni più specificamente dirette a garantire un effettivo confronto concorrenziale (considerando 8 e 9 e art. 2-ter). Si segnala peraltro che un'analoga previsione era stata già opportunamente introdotta (in anticipo rispetto all'ordinamento europeo) dal nostro – primo - codice dei contratti pubblici (art. 11 del d.lgs. n. 163/2006, con l'espressa precisazione che la deroga, ammessa però per generiche ragioni di estrema urgenza, e dunque in ipotesi ulteriori rispetto a quelle rigorosamente contemplate dalla Direttiva, non operava nei contratti relativi agli insediamenti produttivi e alle infrastrutture strategiche, per i quali l'art. 246 del medesimo codice disponeva che l'annullamento dell'aggiudicazione non potesse avere effetti sul contratto già stipulato).

[9] Si segnala quindi che la deroga deve essere giustificata di volta in volta dal giudice per interessi evidentemente primari rispetto a quello alla tutela della concorrenza e non può essere in ogni caso stabilita in via preventiva e generalizzata dagli ordinamenti nazionali sulla base di scelte delle stesse amministrazioni; e che in ogni caso la stazione appaltante che abbia illegittimamente stipulato il contratto in violazione delle surrichiamate disposizioni deve essere assoggettata a sanzioni diverse e ulteriori rispetto al mero risarcimento del danno (che tanto meno può essere quindi circoscritto entro un tetto legislativamente prefissato).

[10] A questo proposito, si segnala peraltro che il Comitato economico e sociale, nel richiamato parere sulla proposta di direttiva ha evidenziato l'esigenza che i legislatori nazionali tengano conto del problema della possibile notevole distonia tra giorni civili e giorni lavorativi, che in taluni casi può tradursi in una riduzione eccessiva dei termini di ricorso.

[11] In argomento M.A. Sandulli, La giustizia cautelare sugli interessi legittimi “apre” all'art. 700 c.p.c.? in Giust. civ., 1998, II, 235; Id., La fase cautelare, in Dir. proc. amm., 2010, 1130; R. Leonardi, La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2011; E. Follieri, La fase cautelare, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2013, 337.

[12] In particolare: a) i provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse; b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, nonché quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere; c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti; d) i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti; e) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell'articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142; f) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400; g) i provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi.

[13] In tema, G. Severini, Tutela cautelare e standstill, in M.A. Sandulli - R. De Nictolis (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, V, Milano, 2019, 814.

[14] In particolare: a) i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti; b) i provvedimenti adottati dalle Autorità amministrative indipendenti, con esclusione di quelli relativi al rapporto di servizio con i propri dipendenti; c) i provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni da parte degli enti locali; c-bis) i provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni; d) i provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri; e) i provvedimenti di scioglimento degli organi di governo degli enti locali e quelli connessi, che riguardano la loro formazione e il loro funzionamento; f) i provvedimenti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità e i provvedimenti di espropriazione delle invenzioni adottati ai sensi del codice della proprietà industriale; g) i provvedimenti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive; h) le ordinanze adottate in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e i consequenziali provvedimenti commissariali; i) il rapporto di lavoro del personale dei servizi di informazione per la sicurezza, ai sensi dell'articolo 22, della legge 3 agosto 2007, n. 124; l) le controversie comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, comprese quelle concernenti la produzione di energia elettrica da fonte nucleare, i rigassificatori, i gasdotti di importazione, le centrali termoelettriche di potenza termica superiore a 400 MW nonché quelle relative ad infrastrutture di trasporto ricomprese o da ricomprendere nella rete di trasmissione nazionale o rete nazionale di gasdotti; m) i provvedimenti della commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione, recanti applicazione, modifica e revoca delle speciali misure di protezione nei confronti dei collaboratori e testimoni di giustizia; m-bis) le controversie aventi per oggetto i provvedimenti dell'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale di cui alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 37 della legge 4 giugno 2010, n. 96, compresi quelli sanzionatori ed esclusi quelli inerenti ai rapporti di impiego; m-ter) i provvedimenti dell'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua istituita dall'articolo 10, comma 11, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106; m-quater) le azioni individuali e collettive avverso le discriminazioni di genere in ambito lavorativo, previste dall'articolo 36 e seguenti del decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 198, quando rientrano, ai sensi del citato decreto, nella giurisdizione del giudice amministrativo. m-quinquies) gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999; m-sexies) i provvedimenti di espulsione dello straniero adottati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e quelli adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155; m-septies) l'autorizzazione unica di cui agli articoli 52-bis e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, per le infrastrutture lineari energetiche, quali i gasdotti, gli elettrodotti, gli oleodotti e le reti di trasporto di fluidi termici, ivi inclusi le opere, gli impianti e i servizi accessori connessi o funzionali all'esercizio degli stessi, i gasdotti e gli oleodotti necessari per la coltivazione e lo stoccaggio degli idrocarburi, nonché rispetto agli atti riferiti a tali infrastrutture inerenti alla valutazione ambientale strategica, alla verifica di assoggettabilità e alla valutazione di impatto ambientale e a tutti i provvedimenti, di competenza statale o regionale, indicati dall'articolo 27 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché agli atti che definiscono l'intesa Stato-regione.

[15] V. scritto citato alla nota 7.

[16] Prima, ma nei limiti della giurisdizione esclusiva, dal d.lgs. n. 80/1998 (art. 35) e, poi, in via generale, dalla nota sentenza n. 500/1999 della Corte di cassazione.

[17] Si consenta il rinvio alle considerazioni svolte, inter aliis, in M.A. Sandulli, Processo amministrativo, sicurezza giuridica e garanzia di buona amministrazione, cit.; Id., Profili soggettivi e oggettivi della giustizia amministrativa: il confronto, ivi, 3/2017; Id., Intervento al Convegno “La Giustizia Amministrativa per l'Azienda Italia”, svoltosi a Bari il 29 il 30 aprile 2016, su “Il ruolo del giudice amministrativo nella Costituzione”(disponibile al link https://youtu.be/dCr4qvS9GV0) e il webinar organizzato dall'AIPDA il 29 aprile 2020 su “Poteri del giudice amministrativo ed efficienza della pubblica amministrazione in materia di appalti” (disponibile on line al link https://youtu.be/k5PiWR0kSv8) e nello scritto a firma di G. Corso, F. Francario, G. Greco, M.A. Sandulli, A. Travi, In difesa di una tutela piena nei confronti della pubblica amministrazione, in Il Foglio, 8 aprile 2020, in risposta a un articolo a firma di G. della Cananea, M. Dugato, M. Renna e A. Police, Semplificare la disciplina degli appalti pubblici si può. Meglio agire subito, pubblicato sullo stesso quotidiano il 5 aprile 2020; e, soprattutto, al webinar organizzato dall'AIPDA il 29 aprile 2020 su “Poteri del giudice amministrativo ed efficienza della pubblica amministrazione in materia di appalti” (disponibile on line al link https://youtu.be/k5PiWR0kSv8).

[18] Termine cui, significativamente, la giurisprudenza aggiunse i 10 giorni per l'accesso agli atti: cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 896; Id., Sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274; Sez. III, 14 giugno 2017, n. 2925.

[19] Cfr gli scritti citati alle note 11 e 12.

[20] CGUE, Sez. III, 30 settembre 2010, in Causa C-314/09, Stadt Graz.

[21] La disposizione, rendendo inutile la presentazione dell'istanza di fissazione, dovrebbe escludere in subiecta materia la perenzione per la sua omissione.

[22] Sul punto cfr. M.A. Sandulli, Cognita causa, in Giustiziainsieme.it, 2020; Id., Nel dl semplificazioni troppi limiti alla tutela contro gli appalti, Intervista per Il Dubbio, 31 luglio 2020; nonché M. Lipari, Il nuovo rito appalti nel d.l. 16 luglio 2020, n. 76, in lamministrativista.it, 2020 e, in versione aggiornata, in giustizia-amministrativa.it; F. Francario, Diritto dell'emergenza e giustizia nell'amministrazione. No a false semplificazioni e a false riforme, in Osservatorio emergenza covid-19, Federalismi.it, 2020; A. Coiante, Decreto semplificazioni: contratti pubblici, concorrenza e tutela, in Giustiziainsieme.it, 2020; A. Carbone, La definizione “di norma” immediata del giudizio, in sede cautelare, in materia di contratti pubblici. L'interpretazione del Consiglio di Stato del decreto semplificazioni, ivi, 2020. Molto importanti e significative anche le ordinanze 31 luglio 2020 nn. 4556-4558 con cui la V sezione del Consiglio di Stato, affermò l'impossibilità di definire il giudizio in forma semplificata nella sede cautelare ritenendo che “l'oggettiva mancanza di proporzionate e adeguate risorse umane ed organizzative, in una con l'inderogabile esigenza di tempestivamente rispondere alla restante domanda di giustizia (anche di quella regolata da altri riti processuali accelerati)” fossero “d'ostacolo, alla luce degli artt. 3, 97, 24, 111 e 113 Cost., a procedere nel caso in esame con il rito previsto “di norma” dall'art. 4 del d.l. n. 76 del 2020”.

[23] Si consenta il rinvio a M.A. Sandulli, Inefficacia del contratto e sanzioni alternative, in G. Greco (a cura di), Il sistema della giustizia amministrativa degli appalti pubblici in Europa, Milano, 2010.

[24] Cfr. ancora M.A. Sandulli, Il risarcimento del danno, in G. Greco (a cura di), Il sistema, cit.

[25] Cfr. sempre M.A. Sandulli, Le nuove misure economiche di deflazione del contenzioso, in Libro dell'anno del diritto 2014, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2014.

[26] Si segnalano, per tutti, i capitoli di S. Tranquilli (Legittimazione ad impugnare dell'ANAC), M. Lipari (Giurisdizione), R. De Nictolis (Riti processuali), G. Severini (Tutela cautelare e standstill), V. Lopilato-R. Tuccillo (Effetti delle decisioni giurisdizionali sul contratto), e A. Police-A. Daidone (Risarcimento del danno), in M.A. Sandulli-R. De Nictolis (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, V, Milano, 2019; nonché i costanti aggiornamenti su IUS Amministrativo (ius.giuffrefl.it) (portale on line Giuffrè diretto da M.A. Sandulli e M. Lipari).

[27] Il riferimento è alla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale e alla nota ordinanza del 18 settembre 2020, n. 19598/2020 della Corte di cassazione nel caso “Randstad”, che ha disposto il rinvio pregiudiziale definito dalla Corte di giustizia con la sentenza del 21 dicembre 2021, in C-497/2020 e, dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza 30 agosto 2022, n. 25503. In argomento, senza pretese di esaustività, si vedano, oltre i contributi citati supra alla nota n. 2, F. Modugno, Eccesso di potere (eccesso di potere giurisdizionale), in Enc. Giur. Treccani, 1989, Vol. XII; P. Patrito, I “Motivi inerenti alla giurisdizione” nell' impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, Napoli, 2016; G. Cocozza, Il percorso conformativo dell'eccesso di potere giurisdizionale, Napoli, 2017; R. Dipace, L'eccesso di potere giurisdizionale, in Libro dell'Anno del Diritto, 2016, Roma.

[28] L'Adunanza Plenaria n. 4 del 2018 confermando l'indirizzo tradizionale sull'impugnazione del bando di gara ha affermato che le clausole del bando di gara che non rivestano portata “escludente” devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall'operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura; si v. sul punto S. Tranquilli, Brevi note sulla fine della parabola del revirement giurisprudenziale sull'onere di immediata impugnazione delle clausole del bando “non escludenti” (Cons. Stato, ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4, in Foro amm., 2018, 3, 331; principi confermati dalla successiva giurisprudenza: da ultimi, tra gli altri, TAR Lazio, Roma, 24 febbraio 2023, n. 3201.

[29] In argomento sia consentito rinviare a M.A. Sandulli, Per la Corte costituzionale non c'è incertezza sui termini per ricorrere nel rito appalti: la sentenza n. 204 del 2021 e il creazionismo normativo dell'Adunanza plenaria, in Federalismi.it, 2021.

[30] Per tutti, M.A. Sandulli, Il rito speciale sui contratti pubblici nel primo decennio del c.p.a.: tra progresso e involuzione, in Dir. proc. amm., 2021, 183 e ss.

[31] È agevole comprendere i rischi dell'illegittimo affidamento di contratti di lavori (si pensi solo alla manutenzione del Ponte Morandi di Genova), di forniture (si pensi a quelle dei presidi sanitari) e di servizi (si pensi a quelli di trasporto o di vigilanza).

[32] In particolare, l'art. 1 cit. contempla: I) le procedure concernenti l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, di importo inferiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50/2016, per le quali la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 30 giugno 2023 (originariamente, entro il 31 luglio 2021); II) le procedure per l'affidamento dei servizi di organizzazione, gestione e svolgimento delle prove dei concorsi pubblici di cui agli articoli 247 e 249 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, fino all'importo di cui alla lettera d), comma 1, dell'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; III) le procedure per l'affidamento, ai sensi dell'articolo 112, comma 5, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, della gestione di fondi pubblici europei, nazionali, regionali e camerali diretti a sostenere l'accesso al credito delle imprese, fino agli importi di cui al comma 1 dell'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. A sua volta, l'art. 2, co. 2, cit. recita: «Salvo quanto previsto dal comma 3, le stazioni appaltanti procedono all'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, mediante la procedura aperta, ristretta o, previa motivazione sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge, la procedura competitiva con negoziazione di cui all'articolo 62 del decreto legislativo n. 50/2016 o il dialogo competitivo di cui all'articolo 64 del decreto legislativo n. 50 del 2016, per i settori ordinari, e di cui agli articoli 123 e 124, per i settori speciali, in ogni caso con i termini ridotti di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c), del presente decreto».

[33] Il quale dispone che «Per l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l'attività di progettazione, di opere di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, la procedura negoziata di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50/2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, può essere utilizzata, previa pubblicazione dell'avviso di indizione della gara o di altro atto equivalente, nel rispetto di un criterio di rotazione, nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia da COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate per fronteggiare la crisi, i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati. La procedura negoziata di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50/2016, per i settori ordinari, e di cui all'articolo 125, per i settori speciali, può essere utilizzata altresì per l'affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 50/2016, anche in caso di singoli operatori economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa ai sensi dell'articolo 27 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che, con riferimento a dette aree ed anteriormente alla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria da COVID-19 del 31 gennaio 2020, abbiano stipulato con le pubbliche amministrazioni competenti un accordo di programma ai sensi dell'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

[34] Cfr. inter aliis, C. Contessa, Le novità del Decreto semplificazioni, ovvero: ne settore dei contratti pubblici esiste ancora un Codice?, in Urb. e app., 2020.

[35] Oltre ai richiami negli scritti citati alla nota 17, cfr., sempre ex multis, F. Francario, Interesse legittimo e giurisdizione amministrativa: la trappola della tutela risarcitoria, in Giustiziainsieme.it, 2021; G. Greco, Coronavirus e appalti (a proposito dell'art. 125 c.p.a.), in Riv. it. dir. pubbl. com., 2020; M. Lipari.

[36] A oggi, fino al 30 giugno 2023, ma si ipotizzano nuove proroghe.

[37] Le disposizioni sono state abrogate dall'art. 1, co. 2, lett. a), del d.l. n. 32/2019, convertito nella l. n. 55. In argomento cfr. per tutti, S. Tranquilli, Quid iuris dopo il commiato del rito “super-speciale” sulle impugnazioni delle ammissioni e esclusioni dalle gare?, in Foro amm., 2019, 3, 363; Id., Il rito “super-speciale” tra i sollevati dubbi di compatibilità euro-unitaria e i nodi sciolti dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 4/2018, in Foro amm., 2018, 3, pp. 344; M.A. Sandulli, S. Tranquilli, Commento all'art. 204 del Codice dei contratti pubblici - Ricorsi giurisdizionali, in Codice dei contratti pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, a cura di G. Esposito, Padova, 2017, 2365.

[38] È il tema più generale delle autocertificazioni, su cui si rinvia a M.A. Sandulli, La semplificazione della produzione documentale mediante le dichiarazioni sostitutive di atti e documenti e l'acquisizione d'ufficio (art. 18, l. n. 241 del 1990 s.m.i. e d.P.R. n. 445 del 2000 s.m.i.) in Principi e regole dell'azione amministrativa, II ed., Milano, 2020 e in Giustiziainsieme.it, 2020.

In riferimento al presente Focus, v. anche Nuovo Codice dei contratti: particolarità dei contratti sotto-soglia, di Maria Alessandra Sandulli.

(*) Il presente scritto è in corso di pubblicazione nel “Codice dei contratti commentato”, a cura di C. Contessa e P. Del Vecchio, Napoli, 2023. Se ne anticipa la pubblicazione con il consenso dei curatori e dell'editore.

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