Composizione negoziata della crisi, stato di insolvenza e finanza prededucibile: lettura ricognitiva e spunti sistematici

Luca Jeantet
Luigi Romanzi
05 Aprile 2023

Con l'innovativa pronuncia in commento, il Tribunale di Bologna si pronuncia – in tema di presupposti oggettivi di accesso allo strumento della composizione negoziata della crisi – sulla possibilità che ad esso venga ammessa l'impresa che si trovi già in stato di insolvenza (e non, invece, in stato di crisi o “pre-crisi”). L'arresto rappresenta, inoltre, uno dei pochi precedenti in cui il giudice di merito ha affrontato il tema della finanza prededucibile ai sensi dell'art. 22 CCII.
Le massime

Il tenore letterale dell'art. 12 CCII è coerente con la possibilità che alla composizione negoziata della crisi acceda l'impresa che sia già insolvente. Il sostantivo “probabilità” si rivolge sia allo stato di crisi che all'insolvenza, con loro allocazione sullo stesso piano, assumendo portata decisiva ed assorbente la circostanza che risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa.

Non è ragionevole che il legislatore, seppur silente su eventuali limitazioni di carattere quantitativo e qualitativo alla costituzione di garanzie accessorie ai finanziamenti prededucibili, possa aver concepito un meccanismo che si spinga fino ad ammettere la possibilità per i finanziatori di acquisire garanzie tali da assorbire completamente il patrimonio a disposizione dei creditori cristallizzati alla data di apertura di una eventuale procedura e di quelli successivi ad esclusione del finanziatore stesso, imponendo una simile operazione il rispetto di quel principio di tutela dei creditori di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c..

Il caso

Il Tribunale di Bologna ha ritenuto che lo stato d'insolvenza, già in atto al momento dell'accesso alla composizione negoziata della crisi (“CNC”), non sia d'ostacolo a vedere accordate le misure protettive e, più in generale, ad accedere al procedimento. Il Tribunale ha inoltre rigettato, con separato provvedimento, la richiesta di autorizzazione di finanza prededucibile ai sensi dell'art. 22 CCII, in quanto volta, nella prospettazione del debitore e del finanziatore da lui designato, ad assorbire, sotto il profilo della garanzia, l'intero patrimonio del debitore con sua indisponibilità, in caso di apertura di una procedura concorsuale maggiore, a favore della massa degli altri creditori.



La questione giuridica e le soluzioni

Il provvedimento in commento rappresenta arresto giurisprudenziale autorevole ed innovativo con riferimento alla CNC sia per quanto concerne – in particolar modo – il c.d. presupposto oggettivo di accesso allo strumento, sia perché esso rappresenta uno dei pochi precedenti in cui si affronta il tema della finanza prededucibile ai sensi dell'art. 22 CCII.

Muoviamo, come primo passo, l'analisi del presupposto oggettivo che consente ad un imprenditore in stato di squilibrio patrimoniale, economico o finanziario di avviare la CNC.

In altra occasione (L. Jeantet, P. Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, Composizione negoziata e liquidazione: crepuscolo (giurisprudenziale) dello strumento?, novembre 2022, in dirittobancario.it) ed alla luce dei dati non confortanti di Unioncamere in relazione alle domande (e relativa sorte) di accesso alla CNC (infatti, dall'analisi del report La composizione negoziata per la Crisi d'Impresa – I dati ad un anno dall'avvio”, predisposto da Unioncamere, emerge come le domande inviate alla piattaforma del sistema delle Camere di Commercio, alla data del 15 febbraio 2023, ammontino complessivamente 602, il 27% in più rispetto al 15 novembre 2022; le istanze chiuse e rifiutate rappresentano il 42% del totale di quelle presentate. Le principali cause di chiusura della procedura sono l'assenza di prospettive di risanamento - 44,4% - e l'esito negativo delle trattative - 34,3% -, mentre ancora pochi risultano essere gli esiti positivi), si è osservato che, in un contesto di scarso utilizzo dell'istituto (o, comunque, di suo attuale insuccesso), non è sicuramente virtuoso depotenziarlo, irrigidendo o limitando fortemente (fino al punto, talora, di andare chiaramente contra legem) le “condizioni” per accedervi, arrivando a negare che possa farvi ricorso l'imprenditore in stato di liquidazione o che intenda proporre un piano liquidatorio (o preminentemente liquidatorio) al momento del deposito dell'istanza.

La medesima osservazione non può che valere, a maggior ragione, con riferimento all'orientamento - che chi scrive auspica debba essere superato - che nega all'imprenditore insolvente di accedere alla CNC (cfr. Tribunale di Siracusa, 14 settembre 2022, in www.ilcaso.it. secondo il quale “deve ritenersi precluso l'accesso alla composizione negoziata a quelle imprese che sia decotte già al momento della richiesta di nomina dell'esperto”; nonché Tribunale di Arezzo, 16 aprile 2022, che ha sancito come risulti “essere incompatibile con la composizione negoziata non è tanto lo stato di liquidazione societaria in sé e per sé considerato, quanto la sussistenza di un'insolvenza irreversibile e l'assenza di una concreta prospettiva di risanamento, inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all'impresa di restare sul mercato, se del caso previa revoca dello stato di liquidazione”).

Questo essendo il quadro di riferimento, una premessa d'ordine generale si rende opportuna con riguardo al presupposto oggettivo di accesso alla CNC.

L'art. 12, comma 1, CCII stabilisce che “l'imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto […] quando si trov[i] in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa”. L'esame letterale del dato normativo rende evidente che il legislatore ha concentrato la propria attenzione sulla correlazione tra probabilità di crisi o di insolvenza e margine di risanabilità dell'impresa.

Ne consegue che l'imprenditore può accedere alla CNC quando si trovi in stato di pre-crisi, oppure di crisi già manifesta, oppure ancora di insolvenza attuale, ma reversibile [(in merito alla distinzione tra insolvenza irreversibile, e reversibile, la Suprema Corte ha rilevato, per il mezzo della relazione n. 87 del 15 settembre 2022 che “il presupposto oggettivo, che va da uno stato di pre-crisi fino ad una situazione prossima o addirittura di insolvenza, purché ancora reversibile, rappresenta certamente uno degli aspetti più interessanti e, al tempo stesso, critici, dei nuovi istituti della composizione negoziata e del concordato semplificato, che della prima può costituire un possibile sbocco, laddove le trattative abbiano esito negativo e, tuttavia, il debitore le abbia affrontate in buona fede ed in una situazione nella quale egli aveva ancora delle soluzioni concrete da offrire ai creditori, ai quali, pertanto, in ultima istanza deve imputarsi il fallimento della fase di negoziazione”. Si segnalano, altresì, in materia, Cass. Civ., 27 febbraio 2008, n. 5215 e, ex multis, Cass. Civ., 10 agosto 2022, n. 24640, nonché un'interessante pronuncia del Tribunale di Bergamo che ha confermato l'applicazione delle misure protettive, ex art. 18 CCII, essendo “concepibile in favore di un soggetto in stato di c.d. precrisi, crisi (come definita dall'art. 2 CCII) o d'insolvenza “reversibile”, dunque non anche dell'insolvente tout court”)] il tutto, ed in ogni caso, a fronte della sussistenza di ragionevoli probabilità di risanamento per effetto ed in conseguenza del risultato della trattativa con i creditori [(tra tali stati si inserisce, altresì, la c.d. “insolvenza prospettica” il cui ruolo, anche alla luce dei nuovi dettami del CCII, risulta essere mutato, acquistando un ruolo focale, rispetto un tempo dove era posta ad un livello subordinato all'insolvenza conclamata (Inzitari, Crisi, insolvenza, insolvenza prospettiva, allerta: nuovi confini di diligenza del debitor, obblighi di segnalazione e sistemi sanzionatori nel quadro delle misure di prevenzione e risoluzione.). Invero, tale fattispecie è andata progressivamente affermandosi, sul presupposto che solo mediante una valutazione, per l'appunto, prospettica dell'insolvenza è possibile discernere tra stato di insolvenza e situazioni di difficoltà reversibile che esulano dai presupposti di cui all'artt. 2 e 121 CCII)].

Più nel dettaglio.

Lo stato di pre-crisi, già da un punto di vista semantico, si riferisce ad uno stadio antecedente alla crisi ed è caratterizzato da uno squilibrio economico/patrimoniale che, se non adeguatamente affrontato dagli organi amministrativi della società anche in rigorosa applicazione degli adeguati assetti organizzativi, si commuterà in crisi o, nelle situazioni più gravi, in insolvenza (Fico, Probabilità di crisi (pre-crisi), probabilità dell'insolenza (crisi) e insolvenza nel CCI, in www.ilfallimentarista.it.).

Quale conseguenza, lo stato di pre-crisi risulta essere, tra i tre gradi di squilibrio economico-patrimoniale, quello più agevolmente affrontabile e risolvibile.

Lo stato di crisi invece, come definito all'art. 2, comma 1, lett. a), CCII, identifica una situazione di difficoltà economico-finanziaria che, se non tempestivamente affrontata, causerà in un orizzonte temporale di medio periodo l'incapacità dei flussi di cassa a far fronte ai debiti nei successivi dodici mesi.

La crisi rappresenta dunque lo stato subito antecedente l'insolvenza, definita dall'art. 2, comma 1, lett. b), CCII, quale “stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni” e che, inter alia, potrà comportare l'accesso agli istituti tradizionaliquali, tra tutti, la liquidazione giudiziale ed il concordato preventivo; situazione questa che la giurisprudenza definisce “condizione di impotenza economica nella quale l'imprenditore non è in grado di adempiere regolarmente con normali mezzi solutori le proprie obbligazioni per il venir meno della liquidità finanziaria e della disponibilità di credito necessari per lo svolgimento della sua attività” (Cass. Civ., 27 maggio 2015, n. 10952, e Cass. Civ., 27 aprile 1999, n. 4277).

Anche alla luce dell'art. 21 CCII, lo stato di insolvenza può essere reversibile e caratterizzato dall'esistenza di effettive prospettive di risanamento, oppure grave e quindi contraddistinto da uno squilibrio economico-finanziario irreversibile il cui unico rimedio, nell'ottica della tutela della massa creditoria sociale, non potrebbe che essere la liquidazione giudiziale.

L'insolvenza così inquadrata non è ritenuta, salve alcune eccezioni, preclusiva dell'accesso allo strumento della CNC.

Quest'impostazione interpretativa, seguita dal Tribunale di Bologna, poggia sulla scelta del legislatore di non prevedere alcun filtro di ammissibilità all'accesso al percorso di CNC (nel commentare il provvedimento in parola, vi è chi ha sottolineato, effettuando una comparazione con il precedente del Tribunale di Siracusa - cfr. L. Panzani, L'imprenditore insolvente nella composizione negoziata, in Fall. 2/2023 - come la ragione posta alla base dai giudici siciliani, ovvero la preclusione all'accesso della società già insolvente, risieda nella necessità di ovviare ad “uno strumento pensato per favorire l'emersione precoce della crisi possa essere usato dal debitore prevalentemente in modo strumentale”. Tale rischio – secondo l'Autore - viene escluso dal legislatore stesso che ha posto come condizione di accesso alla CNC, al di là dell'esistenza di una situazione di crisi o di insolvenza, la necessità che “risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa”. Sul punto, trova fondamento la decisione del Tribunale di Bologna che ha sottolineato, d'altra parte, che se l'impresa insolvente non fosse stata legittimata ad accedere alla CNC il legislatore avrebbe dovuto predisporre un filtro di ingresso che invece difetta); sulla previsione secondo la quale la commissione di cui all'art. 13 CCII si deve limitare sempre e comunque a nominare l'Esperto di cui all'art. 12 CCII; sul fatto che le misure protettive ex art. 18 CCII scattano automaticamente dalla pubblicazione nel Registro delle Imprese; sulla limitazione, contenuta nell'art. 12 CCII, dei poteri del pubblico ministero; e sul test pratico).

In questo senso, pertanto, il precedente in commento rigetta nettamente qualsivoglia impostazione volta a negare all'imprenditore insolvente l'accesso allo strumento, purché l'insolvenza sia reversibile; e, su tale ultimo profilo, comunque si ritiene vadano ribadite alcune notazioni “critiche” generali, posto che anche l'insolvenza a prima verifica irreversibile – e fatta eccezione solo per quei casi in cui essa si appalesi in ragione della totale assenza di asset o di mezzi produttivi neppure astrattamente idonei a servire il rimborso e/o il trattamento del debito esistente – appare “trattabile” nel contesto della CNC se si valorizza (e, prim'ancora, si attui in concreto) la nozione di “risanamento”, che non necessariamente transita attraverso la via “obbligata” di predisposizione di un piano in continuità diretta o indiretta, bensì anche semplicemente liquidatorio che possa attuare il risanamento dell'impresa semplicemente eseguendo una ordinata dismissione degli asset.

Ad avviso del Tribunale, e come sopra anticipato, depongono nel senso dell'accessibilità dell'imprenditore insolvente alla CNC le seguenti considerazioni come sopra dettagliate:

  • l'art. 12 CCII appare del tutto neutro rispetto al fatto che una istanza di nomina di un esperto venga presentata da un imprenditore che versi in una situazione di crisi o insolvenza: il codice, infatti, sul punto, afferma che “l'imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza”, donde è del tutto evidente, secondo la prospettiva del Tribunale, la volontà del legislatore di consentire l'accesso alla procedura a tutte quelle società che versino in uno stato di insolvenza di tipo reversibile al momento della presentazione dell'istanza di nomina;
  • sotto altra angolazione, in rapporto all'art. 12 CCII, è prevista dalla norma la sterilizzazione dei poteri attribuiti al Pubblico Ministero dall'art. 38 CCII, la cui iniziativa è quindi incompatibile con la CNC;
  • altrettanto significativamente vale la circostanza per cui il Legislatore non ha previsto alcun “filtro” di ammissibilità per l'accesso alla CNC, essendo peraltro l'intervento del Tribunale (sebbene nella prassi frequente, e tuttavia) non obbligatorio; da ciò, sempre secondo il decreto in commento, dovrebbe trarsi il convincimento dell'insensibilità del Legislatore rispetto al soggetto proponente la CNC (in liquidazione/insolvente) e concentrarsi piuttosto sul risultato che si intende ottenere, ossia il riequilibrio economico-finanziario della società;
  • segnatamente, ed in coerenza con quanto appena osservato in punto di assenza di filtri di ammissibilità, si valorizza la circostanza per cui le misure protettive si attivano automaticamente nel momento in cui vengono pubblicati nel registro delle imprese la richiesta di attivazione delle stesse e l'atto di accettazione dell'esperto, la commissione di cui all'art. 13 CCII si deve limitare pur sempre alla nomina dell'esperto, e il test di autodiagnosi non richiede la dimostrazione dell'inesistenza di uno stato di insolvenza;
  • l'unica interpretazione possibile dell'art. 21 del CCII, secondo cui “quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori” (secondo L. Panzani, L'imprenditore insolvente cit. 259, “ha poco senso immaginare che lo stato d'insolvenza possa emergere dopo la presentazione dell'istanza di composizione negoziata, tenuto conto della breve durata del procedimento che rende questi casi statisticamente trascurabili. E d'altra parte se l'impresa insolvente non fosse stata legittimata ad accedere alla composizione negoziata il legislatore avrebbe dovuto predisporre un filtro di ingresso che invece difetta. Come già ricordato, i possibili risultati del test di ingresso e della checking list, come messo in luce dal decreto dirigenziale, possono fornire un quadro di insolvenza che, secondo quanto osserva il medesimo decreto, consente la prosecuzione del percorso conciliativo quando sussistano le possibilità di risanamento”),è quella di riconoscere la possibilità all'imprenditore insolvente (e che sia già tale al momento dell'avvio della procedura) di accedere alla CNC, essendo in definitiva contraddittorio che si ammetta che, nel contesto della CNC, insolvente “si possa diventare” durante la procedura ma non esserlo (in ipotesi, poco tempo prima, anche solo poche settimane) al momento della domanda di accesso alla procedura (anzi, prevedere che rilevi, nel contesto della procedura, l'insolvenza manifestatasi “durante” probabilmente significa che la sussistenza di questo stato non è stato correttamente individuato poco prima al momento dell'accesso alla procedura).

Su tali presupposti, il Tribunale di Bologna arriva, quindi ad affermare – secondo chi scrive correttamente - che “diventa centrale nella valutazione da condurre nella parentesi giudiziaria attinente all'eventuale conferma delle misure protettive, non tanto il punto di partenza della procedura ma il punto di approdo e cioè il risanamento dell'impresa attraverso le trattative con i creditori”: risanamento, aggiungiamo noi, che si può conseguire tanto mediante una continuità diretta quanto con una continuità indiretta (tale requisito è richiesto, in termini generali, dall'art. 12, co. 1, CCII ed è richiamato nuovamente, nell'ipotesi di insolvenza sopravvenuta, dall'art. 21 CCII).

Ma se allora è vero che il nodo centrale della questione per l'accesso alla CNC non è tanto essere o meno insolventi, quanto piuttosto essere o meno “risanabili”, i profili che, ai fini della stessa CNC, sarebbe più corretto valorizzare sono la ragionevolezza del piano industriale, lo stato delle trattative con i creditori e la preferibilità dell'accesso allo strumento rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale (o comunque liquidatorie pure).

Come correttamente osservato in altro commento (A. Dalla Sega, S. Spiazzi, Contrasti giurisprudenziali sull'accesso alla composizione negoziata per le società in stato di insolvenza o di liquidazione, su ilFallimentarista.it), gli ultimi due elementi appena richiamati sono stati particolarmente valorizzati dal Tribunale, avendo confermato le misure protettive a favore di una società in stato di insolvenza “pur ritenendo il raggiungimento del risanamento di impervia realizzazione”, e ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo, l'avanzato stato delle trattative con i creditori, ritenuto sussistente nel caso in esame, che è stato considerato elemento imprescindibile della valutazione sulla ragionevole possibilità di risanamento; e, in sotto diverso profilo, la conferma delle misure protettive è stata ritenuta preferibile ad alternative liquidatorie incapaci di soddisfare, se non in minima parte, le aspettative dei creditori.

In questo contesto, e volendo quindi adattare i principi espressi dal Tribunale di Bologna al tema, anticipato in premessa, del risanamento mediante liquidazione, e concentrando quindi l'attenzione non tanto sul punto di partenza della società (attiva/in liquidazione ovvero in stato di crisi/insolvente), ma guardando al “punto di arrivo”, ossia il risanamento dell'impresa, se ne dovrebbe ricavare, anche grazie agli spunti argomentativi espressi dalla pronuncia in esame, che nulla osta alla presentazione di una CNC da parte di una società in liquidazione né, tantomeno, che il piano preveda una attività liquidativa in vista, pur sempre, del risanamento. Se infatti, come già osservato in altro commento, bisogna guardare alla finalità dello strumento, allora è indiscutibile che la CNC può essere attivata ogniqualvolta vi sia una impresa da salvaguardare, ossia una impresa che possa raggiungere il proprio riequilibrio economico patrimoniale (ossia il più volte richiamato “risanamento”) tanto mediante una continuità diretta/indiretta quanto attraverso un piano di liquidazione “controllato”.

Quanto precede non esaurisce però l'analisi della compatibilità dell'insolvenza (reversibile) con la CNC, giacché, sotto il profilo oggettivo, occorrono altri due elementi, mancando i quali la medesima insolvenza (reversibile) non potrebbe che condurre ad una liquidazione giudiziale.

In particolare.

Lo stato di squilibrio economico-patrimoniale in cui si trova l'imprenditore al momento dell'accesso alla CNC non deve tuttavia precludere il rispetto di un secondo, fondamentale presupposto oggettivo, vale a dire l'equilibrio finanziario.

In altre parole, è essenziale che l'impresa, assumendo di non pagare le obbligazioni maturate alla data di riferimento, sia in grado di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni correnti e non disperda risorse in danno dei creditori cui viene rivolta la proposta di ristrutturazione.

Se questo fosse il caso, l'Esperto dovrebbe necessariamente riferire al Tribunale competente ed ai creditori, ragionevolmente determinandosi ad arrestare la CNC ed indurre il debitore ad adottare un diverso rimedio, ivi inclusa la liquidazione giudiziale.

Terzo presupposto oggettivo per l'accesso, il prosieguo ed il buon esito della CNC consiste nella concretezza della proposta ristrutturativa da presentare al ceto creditorio; proposta che, ai sensi dell'art. 17, comma 7, CCII, dovrà contenere una “soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di cui all'articolo 12, comma 1 […]”.

Prendendo come punto di riferimento questo concetto,la proposta dell'imprenditore dovrà essere strutturata ed articolata, equilibrando i sacrifici richiesti a ciascuna parte coinvolta nella CNC, vale a dire la proporzione tra grado di esposizione al rischio ed utilità derivanti dalla continuità aziendale dell'impresa (Monoriti, Composizione negoziata della crisi d'impresa o negoziazione per la rigenerazione d'impresa?, in www.ilfallimentarista.it).

La scelta del legislatore, quindi, è stata quella di mettere a disposizione delle parti alcune soluzioni “standardizzate" di cui all'art. 23 CCII su cui, a valle della negoziazione nella CNC, troverà applicazione la vera e propria proposta formulata al ceto creditorio.

Sul punto, come chiarito nel Protocollo di Conduzione (fruibile sul portale Unioncamere), il ruolo dell'Esperto si svilupperà, tra l'altro,nello “stimolare la formulazione” di una o più proposte, rappresentando “l'esigenza che [le proposte stesse] assicurino l'equilibrio tra i sacrifici richiesti alle singole parti, in modo quanto più possibile proporzionato al grado di esposizione al rischio di ciascuna di esse e alle utilità loro derivanti dalla continuità aziendale dell'impresa.”

Tutto ciò porta a ritenere che la proposta debba essere concreta e fattibile, garantendo quell'equilibrio – più volte richiamato dal legislatore – tra gli interessi delle parti coinvolte indipendentemente dalla percentuale di stralcio che si chieda ai creditori di accettare [(seppur nell'ambito del procedimento di conferma delle misure protettive ex artt. 18 e 19 CCII, il Tribunale di Lecco, con la sentenza datata 2 gennaio 2023, ha ritenuto come la “concretezza delle prospettive di ripristino delle condizioni di equilibrio patrimoniale, economico e finanziario, da calibrare in relazione alla natura, all'origine e alla gravità degli squilibri manifestati dall'impresa,” debba essere giudicata, inter alia tenendo conto dei seguenti criteri di valutazione grado di chiarezza, completezza e coerenza del progetto di piano di risanamento predisposto secondo le linee guida indicate all'art. 13, comma 2, CCII (ex multis Tribunale di Piacenza, 22 dicembre 2022)].

Di qui, la possibilità d'affermare che tanto più l'imprenditore si attenga ad una sorta di protocollo di condotta ispirata al principio di lealtà, tanto maggiori saranno le probabilità di accoglimento del ricorso per l'omologazione del Concordato Semplificato in caso di esito negativo delle trattative.

In altri e più concreti termini, l'imprenditore, anche con il necessario supporto dell'Esperto, dovrà elaborare una proposta che, indipendentemente dalla sua accettazione da parte dei creditori interessati, risulti giuridicamente ed economicamente fattibile, attribuendo a ciascun interessato un'utilità specifica che ragionevolmente non potrebbe essere riconosciuta nell'alternativa concorsuale applicabile.

Chiarito il perimetro entro il quale l'insolvenza non precluderebbe l'accesso alla CNC, veniamo ora a considerare il diverso tema della finanza prededucibile nella CNC.

Va preliminarmente chiarito che nel decreto dell' 8 novembre 2022 il Tribunale di Bologna richiama il provvedimento con cui il medesimo Tribunale, in pari data, ha rigettato l'istanza del debitore ex art. 22 CCII volta ad ottenere l'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili, enunciando alcune delle ragioni per cui detta istanza è stata rigettata; tale istanza è stata successivamente ripresentata dal medesimo debitore, anche e soprattutto a seguito di un proficuo avanzamento delle trattative, trovando positiva valutazione da parte del Tribunale che, con provvedimento del 9 gennaio 2023, l'ha accolta.

Appare dunque di interesse analizzare le ragioni che hanno condotto il Tribunale di Bologna dapprima (con decreto del 8 novembre 2022) a rigettare l'istanza ai sensi dell'art. 22 CCII presentata dal debitore per poi (con decreto del 9 gennaio 2023) accoglierla; prim'ancora, risulta senz'altro utile richiamare la disciplina generale di rifermento.

Muovendo da tale ultimo aspetto, l'art. 22 CCII prevede alcune ipotesi di richiesta, da parte del debitore, a contrarre finanziamenti prededucibili previste sub lett. da a) a d) del primo comma della norma; la stessa norma, prim'ancora, indica testualmente, seppur con locuzioni ampie, l'oggetto delle valutazioni del Tribunale prodromiche alla concessione (o alla negazione) dell'autorizzazione, che sono indicate nella verifica circa “la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori” (donde, quantomeno con riferimento alla materia dei finanziamenti prededucibili e tenuto conto del tenore della norma nella parte in cui fa riferimento alla “continuità aziendale”, la relativa autorizzazione deve ritenersi preclusa al debitore che persegua il risanamento mediante un piano liquidatorio).

Il Tribunale di Bologna, nei provvedimenti in commento, non affronta espressamente la “portata” dei presupposti testé citati; tuttavia, e più in generale con riferimento all'ambito del sindacato del tribunale in ipotesi di istanza ex art. 22 CCII, può farsi riferimento a quanto espresso dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza, secondo cui “il vaglio del tribunale non può prescindere dalla verifica della sussistenza dell'elemento oggettivo su cui l'imprenditore ha avuto accesso a detta procedura, che è lo «squilibrio patrimoniale o economico - finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza», e della verosimile probabilità che l'imprenditore possa perseguire il risanamento (art. 2, primo comma), intesa come non manifesta impossibilità di reversibilità dell'insolvenza, valutazione, questa, necessariamente da condursi esaminando (i) il piano di risanamento proposto e (ii) il complessivo fabbisogno finanziario del debitore. Entro tali precisi parametri va esaminata la strumentalità del finanziamento, da un lato, alla continuità aziendale, come esito prospettico dell'ipotesi di risanamento, e, dall'altro lato, alla migliore soddisfazione dei creditori, fondato su un giudizio di natura prognostica tra la situazione in cui non sia erogato il finanziamento e quella in cui l'impresa possa beneficiarne, ancorché gravata da un ulteriore e nuovo credito in prededuzione” (Trib. Bergamo, 5 luglio 2022) [(in argomento, si veda anche A. Nastri, Le autorizzazioni e l'esito della composizione, su https://www.scuolamagistratura.it, secondo cui si tratta semplicemente “di un controllo ex ante (sulla funzionalità del finanziamento alla salvaguardia della continuità aziendale e alla miglior realizzazione dell'interesse dei creditori) affinché possa poi operare ex post la prededuzione in ambito concorsuale”)].

Così stando le cose, il decreto in commento non appare coerente con l'oggetto del sindacato giudiziale in materia di finanziamenti prededucibili nella CNC allorquando si afferma che “con riferimento alla finanza d'urgenza (…) si deve osservare che, se si esamina il worst case dell'apertura della liquidazione giudiziale successivamente all'autorizzazione in oggetto, il rimborso della Finanza Urgente prededucibile privilegiata finirebbe per assorbire la garanzia patrimoniale della Società e l'attuale ceto creditorio si troverebbe di fronte un soggetto creditore (ovvero il soggetto finanziatore) antergato rispetto a tutti per un credito ammontante quanto meno a 8 Milioni di Euro; importo quest'ultimo comprensivo oltre che della somma da restituire di cui all'apertura di credito bancaria sottoscritta con [omissis] anche degli interessi nel frattempo maturati. (…) Il che è la riprova che seppur silente su eventuali limitazioni di carattere quantitativo e qualitativo alla costituzione di garanzie accessorie ai finanziamenti prededucibili non è ragionevole che il legislatore possa aver concepito un simile meccanismo spingendosi fino ad ammettere la possibilità di acquisire per i finanziatori garanzie tali da assorbire completamente il patrimonio a disposizione dei creditori cristallizzati alla data di apertura di una eventuale procedura e di quelli successivi ad esclusione del finanziatore stesso”.

Tale impostazione non appare del tutto convincente, sia perché tale oggetto del sindacato non è previsto dalla norma, sia in ragione del fatto che, una volta che sia ritenuto plausibile il risanamento e, prim'ancora, il sottostante piano per attuarlo, non dovrebbe esservi spazio per introdurre condizioni ulteriori e meramente ipotetiche prodromiche al rilascio dell'autorizzazione ex art. 22 CCII; ed infatti, spingendo all'estremo le conseguenze di un siffatto approccio, il giudice potrebbe pur sempre negare l'autorizzazione al finanziamento prededucibile, pur a fronte di un serio e fondato piano di risanamento (che per sua natura, comunque, ontologicamente sconta un certo margine di incertezza), sol perché in una futura ed ipotetica procedura di liquidazione giudiziale la prededuzione e le garanzie a favore del finanziatore potrebbero “esaurire” le risorse a disposizione dei creditori “originari” così violando gli artt. 2740 e 2741 c.c. (norme peraltro la cui irrilevanza, ai fini della CNC, appare piuttosto pacifica soprattutto se si accede alla tesi per cui la CNC non è una procedura concorsuale vera e propria).

E' dunque anche per tali ragioni che chi scrive condivide l'osservazione secondo cui il decreto in commento si preoccupa “soprattutto della tutela dei creditori nel caso di attuazione del piano oggetto delle trattative, non tanto sotto il profilo della possibilità di risanamento quanto piuttosto del rispetto dei diritti dei creditori secondo i fondamentali canoni dettati dagli artt. 2740 e 2741 c.c., questione questa che, come vedremo, è abbastanza eccentrica rispetto ai controlli che il legislatore prevede che debbano essere compiuti ai fini della conferma delle misure protettive” (L. Panzani, op. cit., 254).

Ciò detto, nel successivo decreto 9 gennaio 2023, il Tribunale di Bologna, ai fini dell'accoglimento dell'istanza ex art. 22 CCII, ha valorizzato – sembra – non più e non tanto il profilo della tutela del creditore, quanto piuttosto lo stato delle trattative, ritenuto essenziale, avendo affermato espressamente quanto segue: “[d]ecisiva ai fini della valutazione di fondatezza dell'istanza ex art. 22 CCII è l'analisi dello stato delle trattative in quanto proprio la considerazione che quest'ultime risultassero ancora a livello embrionale al momento della precedente istanza ne aveva motivato il rigetto”.

Pur se neppure tale presupposto (ossia stato delle trattative) sia espressamente contemplato dalla legge, se ne può condividere la necessità, rispondendo anche alla ratio generale che governa la CNC, che ha senso e può produrre risultati solo ove vi sia uno sviluppo delle trattative tale che il debitore possa giungere, con l'accordo dei creditori (e, in generale, degli stakeholder) al risanamento dell'impresa; viceversa, non sarebbe utilmente giustificabile una istanza autorizzativa alla contrazione di finanziamenti prededucibili pur in presenza di un piano di risanamento dotato di una sicura realizzabilità, che dipende pur sempre dall'accordo con il ceto creditorio in un contesto di vere e proprie trattative il più possibile estese.

E tale conclusione pare sostanzialmente essere espressa dal tribunale felsineo laddove ha affermato che la positiva valutazione sull'istanza ex art. 22 CCII è esprimibile, nella specie, “a fronte di un avanzamento delle trattative e una più chiara leggibilità del business plan con riscontri anche sul piano dell'attività di impresa medio tempore realizzata, sia in caso venga prospettata l'esigenza di un nuovo finanziamento che risponda ad altre e diverse emergenze. Anzi tale possibilità è pienamente coerente con un sistema votato al recupero dell'impresa con il limite invalicabile del maggior soddisfacimento dei creditori che si deve realizzare attraverso le trattative, la cui stessa definizione richiama plasticamente una modalità di raggiungimento dell'obiettivo mediante una dinamica evoluzione delle posizioni delle parti”.