Parità retributiva di genere: il Parlamento Europeo approva la proposta di Direttiva della Commissione

La Redazione
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06 Aprile 2023

Il Parlamento europeo, con la risoluzione del 30 marzo 2023, approva in prima lettura la proposta della Commissione mirata a rafforzare, in ambito europeo, l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne “per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore” attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi esecutivi.

Oggetto dell'approvazione è la proposta di Direttiva Com (2021) 0093-C9-0089/2021-2021/0050 (Cod.), che si compone di tre elementi fondamentali: gli obblighi del datore di lavoro, i diritti del lavoratore e gli strumenti di tutela.

La Direttiva mira a dare una definizione al lavoro “di pari valore” secondo i criteri non discriminatori, alla luce di precisi elementi di prova.

L'applicazione del principio di trasparenza, infatti, impegnerà i datori di lavoro relativamente ai livelli retributivi applicati in azienda, già a partire dalla fase del colloquio.

In quest'ottica i lavoratori avranno diritto ad accedere a “dati disaggregati per genere”, che gli Stati membri possono raccogliere e collegare tramite le rispettive amministrazioni nazionali, in modo da calcolare il divario retributivo tra lavoratori di sesso femminile e di sesso maschile per datore di lavoro.

Gli Stati membri potranno infatti raccogliere tali informazioni non solo per i datori di lavoro che sono soggetti all'obbligo di comunicare informazioni sulle retribuzioni ai sensi della Direttiva, ma anche per i datori di lavoro che trasmettono volontariamente le informazioni, non essendo soggetti a tale obbligo.

Il principio della parità di retribuzione dovrà essere osservato poi per quanto riguarda i salari, gli stipendi o ogni altro vantaggio, pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore a motivo dell'impiego di quest'ultimo.

La Direttiva punta l'attenzione, per la determinazione dell'esistenza di un rapporto di lavoro, sui fatti connessi all'effettiva prestazione di lavoro e non sul modo in cui le parti descrivono il rapporto: per questo motivo dovrebbe applicarsi non solo ai lavoratori subordinati a tempo pieno indeterminato, ma a tutti i lavoratori, compresi quelli a tempo parziale, a tempo determinato, e le persone che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro con un'agenzia interinale, nonché i lavoratori in posizioni dirigenziali, che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro.

I lavoratori domestici, i lavoratori a chiamata, i lavoratori intermittenti, i lavoratori a voucher, i lavoratori tramite piattaforma digitale, i lavoratori nell'ambito del lavoro protetto, i tirocinanti e gli apprendisti rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva a condizione che soddisfino i criteri pertinenti.

Gli Stati membri sono inoltre obbligati a definire procedimenti amministrativi e giudiziari a tutela della parità retributiva.

In caso di violazione della parità di retribuzione, ai lavoratori è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno e l'onere della prova è invertito: spetta al datore di lavoro provare l'insussistenza della discriminazione retributiva. Le disposizioni nazionali adottate per l'applicazione del principio della parità di retribuzione gli Stati membri dovranno prevedere sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri dovranno adottare tutte le misure necessarie per garantire l'attuazione di tali norme e notificarle senza ritardo alla Commissione, così come ogni eventuale modifica successiva che le riguardi.

Gli Stati membri dovranno provvedere affinché le sanzioni garantiscano un reale effetto deterrente per quanto riguarda le violazioni di diritti e obblighi connessi al principio della parità di retribuzione. Tali sanzioni comprendono ammende la cui fissazione è basata sul diritto nazionale.

I lavoratori e i rappresentanti dei lavoratori non potranno subire ritorsioni per il fatto di aver esercitato i loro diritti in materia di parità di retribuzione o di aver sostenuto un'altra persona a tutela dei diritti di quest'ultima. Gli organismi di parità in azienda avranno così il compito di garantire la tutela dei lavoratori che hanno fatto richiesta di verificare la trasparenza retributiva.