Il professionista “attestatore” nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza

06 Aprile 2023

L'Autore svolge un approfondimento sulla figura del professionista indipendente (comunemente definito “attestatore”) nel Codice della crisi e dell'insolvenza, unitamente ad una analisi comparativa rispetto al ruolo che a tale figura veniva riconosciuto dalla Legge fallimentare e dalla L. 3/2012.
Il ruolo dell'attestazione del professionista nel CCII

L'attestazione del professionista indipendente, comunemente definito “attestatore”, ha svolto un ruolo essenziale alla luce della legge fallimentare e nelle procedure di Sovraindebitamento ex l. n. 3/2012 essendo questi chiamato ad attestare – ergo a certificare - la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano nell'ambito di tutte le procedure di soluzione concordata della crisi d'impresa (artt. 67 comma 3, lettera d), 161 comma 3, 182-bis, 182-quinquies, 182-septies e186-bis, l. fall.).

Nelle procedure da sovraindebitamento, l'organismo di gestione della crisi (OCC) svolgeva sia il ruolo di consulente del giudice con funzioni di CTU, sia di consulente del debitore o di redattore del piano stesso di risanamento di cui certificava la veridicità e la fattibilità.

La definizione di professionista indipendente si rinveniva nell'art. 67 comma 3, lettera d), l. fall. che qualificava come “indipendente” il professionista non legato all'impresa e a coloro che avevano interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da compromettere l'indipendenza di giudizio. Lo stesso articolo prevedeva, inoltre, che il professionista designato dal debitore dovesse essere iscritto nel registro dei revisori legali e fosse in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28, comma 1, lett. a) e c) l. fall., ossia o essere avvocato, dottore commercialista, ragioniere e ragioniere commercialista (lett. a) o aver svolto funzioni di amministratore, direzione e controllo in società per azioni avendo dato prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché nei suoi confronti non fosse intervenuta dichiarazione di fallimento (lett. c).

La centralità e l'importanza del ruolo del professionista attestatore restituiva l'esigenza di una tutela della fede pubblica e, per tale motivo, col d.l. n. 83/2012 (convertito in l. n. 134/2012) era stato introdotto il reato di falso in attestazioni e relazioni del professionista nell'ambito delle soluzioni concordate della crisi d'impresa (art. 236-bis l. fall., rimasto sostanzialmente immutato nel codice della crisi (art. 341 CCII).

Apparentemente il codice della crisi conserva smalto e vigore ad una figura professionale tanto discussa (il principio di indipendenza di un soggetto nominato dallo stesso debitore è stato oggetto di forti critiche) quanto alla sua capacità, se effettivamente indipendente e tecnicamente competente, di generare negli stakeholder che si approcciano alla lettura del piano, quello scetticismo e freddezza intellettuale utili al successo nella ristrutturazione del debito (6.1.8 Principi di attestazione dei piani di risanamento CNDC 2020: “La fondatezza delle ipotesi formulate dal management richiede all'attestatore un atteggiamento di scetticismo professionale proporzionale alla gravità dello stato di crisi”).

Analogamente a quanto previsto nella legge fallimentare, il Codice della crisi individua nella figura dell'attestatore il soggetto deputato a certificare la veridicità dei dati aziendali posti alla base dei piani attestati di risanamento (art. 56), degli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57) e dei piani di concordato (art. 87).

Comparando la legge fallimentare e la l. n. 3/2012 al Codice della crisi e dell'insolvenza, che ridisegna sia la l. n. 3/2012, sia il d. l. 118/2021, vengono alla luce alcune differenze che denotano un depotenziamento del ruolo del professionista attestatore con riferimento ai soggetti sotto soglia che accedono alle procedure di sovraindebitamento, dove la nomina dell'attestatore è sempre facoltativa (art. 65, comma 3 CCII), al concordato minore (art. 74), al piano del consumatore (art. 76) ed alla liquidazione controllata (art. 268).

Nelle ipotesi di sovraindebitamento e di concordato minore, viene sostanzialmente demandata al Giudice ogni verifica sulla fattibilità economica del piano proposto o sotteso all'accordo di composizione (art. 70, comma 7, e art. 80 CCII).

Nella negoziazione assistita - nel cui ambito possono essere individuate soluzioni idonee al superamento della crisi anche tramite operazioni di cessione dell'azienda (art. 23 CCII) - e nel concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII), la figura del professionista indipendente è assolutamente assente, così che l'esperto è chiamato a sottoscrivere il piano in mancanza dell'attestazione della veridicità dei dati contabili.

Esclusa l'obbligatorietà dell'attestatore nelle procedure da sovraindebitamento e non essendone prevista la nomina nelle altre procedure, il Legislatore ha mantenuto in vita il ruolo del “certificatore contabile” nelle procedure cosiddette “maggiori” e nei gruppi.

Il significato potrebbe essere duplice: da un lato il legislatore ha inteso lasciare il giudice libero di ascoltare esclusivamente il parere dei propri professionisti, cioè l'esperto già nominato nel percorso intrapreso nella negoziazione assistita e l'ausiliario nominato dal giudice dell'omologa del concordato semplificato, e dall'altro ha inteso lasciare libertà all'esperto ed all'ausiliario di allargare il campo di certificazione sulla veridicità dei dati o sulla fattibilità del piano oppure di restringere il campo di indagine ad una verifica esclusivamente sul trattamento a favore dei creditori.

In sostanza si tratterebbe di una sorta di una scelta discrezionale che comunque non potrebbe giammai risultare deteriore rispetto all'ipotesi della liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio, vero spartiacque tra la non ammissibilità e l'omologa del piano.

Rimangono diverse perplessità sul concordato semplificato quando il trattamento dei creditori deve giocoforza passare anche da una possibile falcidia del credito erariale anche in assenza di transazione fiscale ex art. 182-ter, l. fall., ora art. 88 CCII.

Evidentemente, in tal caso, la volontà del legislatore è stata quella di ottenere, tramite l'esperto e l'ausiliario, le stesse certificazioni, rectius le stesse attestazioni che competevano prima all'attestatore della legge fallimentare, pur in assenza di una normativa specifica (art. 182-ter l. fall.) applicabile al concordato semplificato, come sostenuto da alcuni autori (F. Clemente, La stima dell'attivo nel concordato semplificato ex art. 18 D.L. n.118/2021, 7.1.2022; A. Farolfi, Nuovo codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza – attuazione della direttiva UE n.1083/2019 c.d. Insolvency – d.lgs. n. 83/2022).

Alcune recenti pronunce di tribunali di merito (Trib. Como 3.10.20222; contra Trib. Bergamo 21.9.2022) inducono a ritenere che la volontà del legislatore sia stata quella di “evitare lacci e lacciuoli sulla veridicità dei dati contabili” permettendo all'esperto ed all'ausiliario una valutazione esclusivamente di convenienza per i creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio.

Ne discende tutta l'importanza di una preventiva comparazione degli esiti e degli effetti dei due piani (quello di risanamento e quello dell'esercizio provvisorio) da parte dell'organo di governance e di controllo della società, prima di accedere agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza ai sensi dell'art. 120-bis CCII, soprattutto se il debitore è insolvente.

Resta il fatto che il giudizio dell'esperto sulla veridicità dei dati e sulla fattibilità del piano non è equiparabile a quello dell'attestatore/certificatore ed offre garanzie inferiori ai creditori ed anche al tribunale, in relazione all'apporto informativo.

Inoltre, l'esperto, a differenza dell'attestatore, non è titolare di responsabilità penale autonoma in relazione ai doveri del suo ufficio (al di là di eventuali ipotesi di concorso con altri) anche se va considerato il fatto che la nomina dell'esperto è pubblicistica e non privatistica e che è vincolato ad un numero limitato d'incarichi. Pur essendo connotato da uno stato di effettiva terzietà, l'esperto, contrariamente all'attestatore, non è obbligato a conformarsi ai Principi di attestazione del CNDC anche se pare ragionevole supporre che lo stesso prudenzialmente attingerà best practices e tecnicismi dai suddetti Principi di attestazione.



L'art. 2 del CCII “il professionista indipendente” ed i suoi requisiti

A fronte di uno svilimento del ruolo del professionista attestatore nel Codice della crisi e dell'insolvenza, pare non fungere da contraltare il rigore del legislatore, che ha introdotto una novità assoluta sui requisiti prevedendo l'obbligo di iscrizione al registro dei curatori fallimentari di nuova istituzione, ai sensi dell'art. 356 del Codice della crisi e dell'insolvenza, oltre che al registro dei revisori legali (come noto i principi di revisione sono applicati anche all'attestazione) come già previsto dall'art. 67 comma 3, lett. d) l. fall.

L'art. 56 del CCII (art. 2 comma 1, lett. o) d.lgs. n. 14/2019) prevede che l'attestatore sia nominato dal debitore e debba soddisfare, congiuntamente, le seguenti condizioni:

– deve essere iscritto all'Albo dei gestori della crisi e dell'insolvenza (art. 356), e nel registro dei revisori legali;

– deve essere in possesso dei requisiti previsti, per i sindaci delle società di capitali, dall'art. 2399 c.c. (“Cause d'ineleggibilità e di decadenza”);

– non deve essere legato all'impresa, e neppure ad altre parti interessate all'operazione di risanamento o ristrutturazione, da rapporti di natura personale o professionale;

– il professionista, e i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale, non devono aver prestato, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro autonomo o subordinato in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di gestione e controllo dell'impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.

Il “professionista indipendente”, come ora è denominato l'attestatore, deve essere iscritto nell'Albo dei gestori e dei revisori legali, mentre l'art. 67 comma 3, lett. d) del r.d. n. 267/1942, come detto, richiedeva soltanto l'iscrizione nel registro dei revisori legali ed il possesso dei requisiti previsti dall'art. 28 comma 1, lett. a) e b) del r.d. n. 267/42.

Possono essere iscritti all'Albo dei gestori della crisi (art. 356 CCII) i soggetti che - in possesso dei requisiti di cui all'art. 358, comma 1, lett. a), b) e c) -, dimostrano di avere assolto specifici obblighi formativi.

L'art. 358 CCII si riferisce ad una platea più ampia di soggetti rispetto a quanto prevedeva l'art. 28, lett. c) del r.d. n. 267/1942 rivolgendosi anche a coloro i quali abbiano svolto funzioni di amministrazione, di direzione e controllo in società di capitali o cooperative, purchè forniscano prova di possedere adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta, nei loro confronti, una dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

Novità rilevante è delineata dalla soppressione – rispetto all'art. 67 comma 3, lett. d) del r.d. n. 267/1942 – della delimitazione dei rapporti personali e professionali ostativi al conferimento e all'accettazione dell'incarico, non essendo più prevista la locuzione “tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio” (art. 2, comma 1, lettera o).

L'impressione è che il Legislatore abbia inteso rafforzare il requisito dell'indipendenza - che non risulta sostanzialmente modificato e continua a rispondere alle esigenze di terzietà e imparzialità per la funzione che il professionista svolge - ostacolando la nomina dell'attestatore in tutti i casi in cui sussiste un rapporto personale o professionale con almeno uno degli stakeholders che partecipano al risanamento o alla ristrutturazione, a prescindere dalla circostanza che tale relazione sia o meno idonea a comprometterne il giudizio (in contrasto coL. (§ 2.5.4) de i “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, dicembre 2020, ove viene sancito fortemente che l'indipendenza non è un mero requisito formale, bensì uno status mentale: cosiddetto “scetticismo intellettuale” dell'attestatore).

Il conferimento dell'incarico è precluso anche nel caso in cui il professionista e i propri associati hanno posseduto partecipazioni nell'impresa interessata dalla regolazione della crisi.



Il gestore della crisi da sovraindebitamento non è più un attestatore “in pectore”

Come già anticipato, nel Codice della Crisi l'attestazione del piano nelle procedure di sovraindebitamento non è più obbligatoria, attese le disposizioni di carattere generale previste dall'art. 65, comma 3 della Sez. I del CCII, intitolata “Disposizioni di carattere generale”, facente parte del Capo II - Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento - per cui “la nomina dell'attestatore è sempre facoltativa”.

Nel sistema della l. n. 3/2012, il sesto comma dell'art. 15 assegnava all'OCC (rectius, al gestore della crisi facente funzioni dell'OCC) il compito di verificare “la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati”, nonché di attestare “la fattibilità del piano ai sensi dell'art. 9, comma 2, l. n. 3/2012”. Come noto, l'attestazione iniziale di veridicità dei dati, anche contabili ed aziendali ove il sovraindebitato avesse esercitato attività d'impresa, si pone come presupposto logico dell'attestazione in ordine alla fattibilità economica e giuridica dei piani (Cass SSUU n. 1521/2013).

L'attestazione di fattibilità era richiesta espressamente dall'art. 9 l. n. 3/2012 che elencava i documenti da depositare obbligatoriamente, unitamente alla proposta di accordo.

Con riferimento al piano del consumatore, l'art. 12-bis, comma 1, l. n. 3/2012 prescriveva il deposito della “documentazione di cui all'articolo 9”, per cui il richiamo era esplicito, mentre nella domanda di liquidazione dei beni l'art. 14-ter prevedeva, tra i requisiti necessari, l'“indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori”.

L'art. 268 del CCII richiede ora, per accedere alla liquidazione controllata del sovraindebitato, una “valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore”, mentre l'art. 269, comma 2, CCI dispone che “Al ricorso deve essere allegata una relazione redatta dall'OCC, che esponga una valutazione sulla completezza e l'attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda e che illustri la situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore”

Il Legislatore della riforma ha in tal modo evidentemente sminuito l'autorevolezza dell'attestatore, posto che l'intero iter procedurale dell'accordo di composizione della l. n. 3/2012 si basava sulla costante valutazione dell'OCC sull'effettiva possibilità che il piano proposto dal debitore producesse il risultato economico offerto ai creditori, valutazione che si traduceva in un vero e proprio giudizio prognostico di fattibilità. Tanto ciò è vero che la legge prevedeva che, dopo il voto dei creditori sulla proposta di accordo, l'OCC producesse un'attestazione definitiva sulla fattibilità del piano - previsione che non trova alcun contraltare nella procedura di concordato preventivo - quasi a ribadire che anche all'esito dei rilievi eventualmente formulati dai creditori, l'OCC doveva riconfermare il proprio giudizio di fattibilità, riguardante tra l'altro “l'esistenza e consistenza dei beni sui quali si impernia il piano sottostante agli accordi, nonché l'attuabilità̀ degli accordi stessi, intesa come adeguatezza dei beni e risorse a consentire il rispetto dei medesimi” (A. Mancini, La crisi da sovraindebitamento nel nuovo codice e il declino dell'attestazione e del piano, in ILCASO.IT 4.12.2020).

Nel Codice della crisi l'attestazione di fattibilità diventa facoltativa, in forza del richiamato art. 65 comma 3, quasi a porsi come una valutazione ulteriore rispetto a quella dell'OCC, per cui tale attestazione può essere resa anche da un terzo soggetto nominato dallo stesso debitore.

L'art. 68 CCII in tema di ristrutturazione dei debiti (ora piano del consumatore) e l'art. 76 CCII in tema di concordato minore si limitano a prevedere che la relazione dell'OCC contenga “la valutazione sulla completezza e attendibilità̀ della documentazione depositata a corredo delladomanda” oltre alla “convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria” nel caso di concordato minore.

Ovviamente questa non può definirsi un'attestazione in senso classico, demandandosi al Giudice dell'omologa del piano ogni considerazione: l'art. 80 CCII (Omologazione del concordato minore) prevede che “Il Giudice, verificata la ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano e il raggiungimento della percentuale di cui all'art. 79 in mancanza di contestazioni, omologa il concordato minore con sentenza, disponendo forme adeguate di pubblicità, e se necessario, la sua trascrizione”.

Nel Codice della crisi l'attestazione è prevista solo in tre fattispecie particolari, cosiddetta attestazione speciale: i) con riferimento al valore del bene in caso di soddisfo solo parziale dei crediti ipotecari o privilegiati (art. 67 e art. 75 CCII), l'OCC deve rendere la c.d. attestazione di incapienza; ii) nel concordato minore in caso di prosecuzione del mutuo ipotecario originario sul bene strumentale d'impresa (art. 75, comma 3 CCII), dovendo in tal caso l'OCC attestare che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori; iii) nella liquidazione controllata, per evitarne l'apertura, quando l'OCC, su richiesta del debitore, attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l'esercizio di azioni giudiziarie

Venendo meno l'obbligatorietà dell'attestazione, il Legislatore ha dovuto ampliare l'ambito oggettivo del sindacato del giudice che è chiamato ora a verificare la fattibilità economica del piano proposto o sotteso all'accordo di composizione. L'art. 70, comma 7 CCII, in tema di ristrutturazione dei debiti (piano del consumatore) e l'art. 80, comma 1 CCII dettato per il concordato minore, dispongono infatti che il giudice procede all'omologazione del piano e dell'accordo verificata l'ammissibilità̀ giuridica e la fattibilità̀ economica” degli stessi; scelta che contraddice quanto statuito da Cass. SU 23 gennaio 2013 n. 1521 che lasciavano il giudizio circa la fattibilità economica, cioè il risultato in termini di utilità del concordato, esclusivamente ad appannaggio del voto dei creditori.

Le Sezioni Unite avevano definito il concetto di fattibilità economica del concordato qualificandola come prognosi circa la possibilità̀ di realizzazione della proposta nei termini prefissati” ed avevano chiarito che la fattibilità del piano non va confusacon la convenienza della proposta: quest'ultima è sottratta al sindacato del tribunale, fatta eccezione per il caso in cui siano state proposte opposizioni dai creditori dissenzienti qualificati (art. 180 comma 4 l. fall.). La giurisprudenza più recente (Tra le tante, recentemente, si veda la recente Cass. VI sez. 17 giugno 2020, n.11682) ha chiarito che il giudice è tenuto ad una verifica della fattibilità del piano per poter ammettere il debitore alla relativa procedura, essendo peraltro tale fattibilità concetto ben diverso dalla convenienza economica, la cui valutazione viene invece riservata ai creditori. Si ritiene unanimemente (Cass. civ., 9 marzo 2018 n. 5825) che detta verifica di fattibilità comprende in ogni caso sia l'aspetto giuridico sia l'aspetto economico del concordato, perché́ entrambe le verifiche si impongono nel perimetro dell'unica complessiva valutazione, attinente alla realizzabilità della causa concreta della proposta concordataria. Sulla base di detta elaborazione giurisprudenziale, il nuovo CCII ha ricondotto espressamente anche il giudizio di fattibilità economica nel giudizio del Giudice, statuendo che il giudice del sovraindebitamento è investito della verifica circa “l'ammissibilità̀ giuridica e la fattibilità̀ economica” del piano di accordo o del consumatore, intesa come idoneità di questo a realizzare la causa concreta della proposta formulata dal debitore.

Il nuovo “fil-rouge” che lega i ruoli del gestore e del giudice, ampliando l'analisi economica del giudice al piano ed alla sua attestazione di fattibilità e limitando il ruolo del gestore alla mera analisi dei dati di partenza, desta preoccupazione, soprattutto per la perdita di autorevolezza del gestore, unico soggetto deputato a coadiuvare debitore ed advisors sulla scelta dello strumento di risoluzione della crisi.

Si ha l'impressione che tutto il Codice della crisi sterzi sul ruolo di un gestore meno autorevole, poiché non tenuto alla redazione di una vera e propria attestazione di veridicità dei dati e di fattibilità del piano - essendo il termine “attesta” espressamente indicato solo con riferimento alle tre ipotesi specifiche sopra richiamate - bensì ad un giudizio di “completezza ed attendibilità” delle assunzioni al piano indicate dal debitore alla presentazione della domanda di accesso in procedura.

Tuttavia, la verifica di “attendibilità” della documentazione prodotta dal debitore, che è di natura contabile, richiesta dagli artt. 68 e 76 CCII, pare in linea col giudizio prognostico che richiedeva la l. n. 3/2012, poiché dichiarare “attendibili” i dati iniziali di partenza del piano significa “spacchettare” valori ante default dai valori della continuità, producendo elaborati contabili precisi ed attendibili, che richiamano concretamente la vecchia attestazione.

Peraltro si fatica a comprendere il motivo per cui nel Codice della crisi le attestazioni previste dagli artt. 56 relativo al piano attestato, 87 relativo al concordato preventivo, 284 relativo al concordato di gruppo, 64-bis relativo al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, e 57 relativo agli accordi di ristrutturazione dei debiti, siano state mantenute inalterate nel prevedere la necessità, tra i requisiti di ammissibilità, “di un professionista indipendente che deve attestare la veridicità dei dati contabili e la fattibilità del piano”.

Nella negoziazione assistita è previsto che l'esperto firmi il piano rilasciando una dichiarazione che assomiglia molto ad una attestazione: l'art. 23, comma 1, lettera c) prevede che “Con la sottoscrizione dell'accordo l'esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza; nel Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio è previsto (art. 25-sexies, punto 4 C) che “con il medesimo decreto il Tribunale ordina che la proposta, unitamente al parere dell'ausiliario e alla relazione finale e al parere dell'esperto, sia comunicata a cura del debitore ai creditori risultanti dall'elenco depositato ai sensi dell'art. 39.

Non aiutano a dirimere il ginepraio le norme penalistiche sul sovraindebitamento di cui all'art. 344, comma 3, CCII, le cui disposizioni riproducono sostanzialmente le ipotesi di falso già contemplate dalla l. n. 3/2012 (A. Mancini, ibidem).

Al terzo comma dell'art. 344 CCII viene sanzionato l'OCC che “rende false attestazioni nella relazione di cui agli articoli 68, 76, 269 e 283 in ordine alla veridicità̀ dei dati contenuti nella proposta di cui agli articoli 67 e 75”, nell'attestazione di cui all'art. 268, nella domanda di apertura della liquidazione controllata, o nella domanda di esdebitazione di cui all'art. 283, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro”.

Riappare, quasi per incanto, il termine “veridicità dei dati” non contemplato nella “attestazione light” che riporta, invece, la completezza dei dati contabili.

Quello che era uscito dalla porta rientra dalla finestra, a meno di non ritenere che la fattispecie penale di cui all'art. 344, comma 3, CCII entri in gioco solo nel caso in cui il debitore decida di sorreggere il piano con una formale relazione di attestazione, opzione prevista come facoltativa dal CCII.

Probabilmente le numerose critiche dottrinali concernenti i troppi ruoli previsti per il gestore della crisi da sovraindebitamento hanno fatto propendere il Legislatore per il cassare il ruolo “formale di attestatore”, disegnando confini più dettagliati, ma permettendo un risparmio di onorari professionali, debitore permettendo.

Il controllo sulle scritture contabili, sul piano di risanamento e sulla loro completezza ed attendibilità sarà comunque penetrante sia per la natura stessa di “controller” in capo al gestore, sia per il deterrente penalistico che, come sopra evidenziato, continua a gravare sull'operato del professionista.



Le attestazioni “forti” rimaste nel Codice della crisi e dell'insolvenza

L'art. 56, punto 3, CCII, dedicato al Piano attestato di risanamento (che, testualmente, prevede che: Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendalie la fattibilità economica del piano), contiene una nuova puntualizzazione circa i compiti dell'attestatore.

Rispetto al corrispondente art. 67, comma 3, lett. d) della legge fallimentare che richiedeva all'esperto di indagare sulla“veridicità dei dati aziendali e la fattibilità (economica e giuridica) del piano”, la formula utilizzata dal Codice della crisi (veridicità dei dati aziendali e fattibilità economica del piano) prevede che la fattibilità del piano non sia generica, ma soltanto economica; sulla base del piano di risanamento così predisposto ed attestato, i creditori sono liberi di concludere singolarmente gli accordi col debitore al di fuori di ogni previsione preclusiva non essendo prevista né la suddivisione in classi, né il rispetto della par condicio, trattandosi di procedimento prettamente negoziale, utilizzabile nelle situazioni di crisi meno gravi e, soprattutto, nell'ottica della continuità aziendale.

Negli accordi di ristrutturazione dei debiti previsti dall'art. 57, CCII, al punto 4 è previsto che: “Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano. L'attestazione deve specificare l'idoneità dell'accordo e del piano ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini di cui al comma 3 (rispettivamente entro 120 gg dall'omologazione in caso di crediti già scaduti a quella data ed entro 120 gg dalla scadenza in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione).

Il CCII, anche in questo caso, pone una particolare attenzione alla fattibilità del piano che non era espressamente contemplata nel corrispondente art. 182-bis della legge fallimentare che declinava al professionista attestatore un'analisi in meritoalla “veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei”.

Lo stesso art. 182-bis, comma 6, L. fall. sempre in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti prevedeva: “Il divieto di iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive (accordi di ristrutturazione dei debiti) anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo depositando presso il tribunale “la documentazione di cui all'art. 161, primo e secondo comma lettere a), b), c) e d) e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e una dichiarazione del professionista circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare”

Riguardo ai creditori estranei o con i quali non sono in corso trattative, l'art. 54, comma 3, del CCII, prevede ora che il professionista attesta “che sulla proposta (di accordo) sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e che la stessa …omissis…. è idonea ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare”.

In materia di Transazione su crediti tributari e contributivi, l'art. 63, comma 1, CCII in relazione agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui agli artt. 57 , 60 e 61 CCII, stabilisce che “l'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti fiscali e previdenziali, deve inerire anche alla convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale circostanza costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del Tribunale”.

Il corrispondente art. 182-ter, comma 1, l. fall., “Transazione fisale e previdenziale”, prevedeva la possibilità di un pagamento parziale o anche dilazionato dei debiti fiscali se il piano ne prevedeva la “soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista”.

In materia di finanziamenti autorizzati prima dell'omologazione del concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione dei debiti, l'art. 99, comma 2, CCII, prevede che il debitore possa richiedere al tribunale di essere autorizzato, anche prima del deposito della documentazione che deve essere allegata alla domanda, di contrarre finanziamenti prededucibili a condizione che (i) sia prevista la continuazione dell'attività aziendale, anche se unicamente in funzione della liquidazione; (ii) i finanziamenti siano funzionali all'esercizio dell'attività aziendale sino all'omologa del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti ovvero all'apertura e allo svolgimento di tali procedure; (iii) nonché che i finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. Il ricorso deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista indipendente che attesti la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1, nonché che i finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

Nel corrispondente art. 182-quinquies, comma 1, l. fall. (Principi di attestazione dei piani di risanamento del CNDC 2020 – Le attestazioni speciali pag. 74), era previsto unicamente che i finanziamenti fossero “funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori”.

Nel Piano di ristrutturazione attestato soggetto ad omologazione, l'art. 64-bis del CCII, al punto 3 prevede che: Un professionista indipendente attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano”.

Trattandosi di strumento di nuova introduzione, manca la corrispondente normativa di confronto nella pregressa legge fallimentare.

Nel Concordato preventivo, l'art. 84, comma 5, CCII, prevede che: “I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o al diritto della quota parte delle spese generali, attestato da professionista indipendente. La quota residua del credito è trattata come credito chirografario(Corrispondente all'art. 160, comma 2, l. fall, Attestazioni speciali sulla falcidia del creditore privilegiato).

Sul contenuto del piano, l'art. 87, CCII dispone che il giudizio sulla preferibilità del piano rispetto alla liquidazione giudiziale viene demandato al debitore: “Nella domanda il debitore indica le ragioni per cui la proposta concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale” (comma 2), mentre la veridicità dei dati e la fattibilità del piano devono essere attestati da un professionista indipendente: “Il debitore deposita, con la domanda, la relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di continuità aziendale, che il piano è atto ad impedire o superare l'insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell'impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale, Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano”.

Un'ulteriore specificazione, che demanda al giudice il giudizio di fattibilità giuridica del piano ai fini dell'omologa, è prevista all'art. 112, comma 1, lett. g) laddove è chiamato a verificare “la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”.

Per quanto riguarda il Trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato, l'art. 88, comma 2, CCII, testualmente prevede che: “L'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”.

Si tratta di una novità introdotta dal Legislatore posto che nel corrispondente art. 161, comma 2 della L. fall., il professionista era chiamato ad attestare, genericamente “la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo”.

Nella Convenzione di moratoria conclusa tra l'imprenditore e i suoi creditori e diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi ed avente ad oggetto la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative, l'art. 62, comma 2, lett. d), CCII, prevede che il professionista verifichi la “veridicità dei dati aziendali….omissis….idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c)”.

L'ultimo richiamo alla lettera c) presuppone che il professionista attesti che “vi siano concrete prospettive che i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, possano risultare soddisfatti all'esito della stessa in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.”

Il corrispondente art. 182-octies, comma 2 lett. d), L. fall., in materia di Convenzione di moratoria richiedeva espressamente, da parte di un professionista, l'attestazione circa la “veridicità dei dati aziendali….omissis….idoneità della convenzione e disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi, e la ricorrenza delle condizioni di cui alla lettera c)”.

L'Art. 284, comma 5, CCII, in materia di Concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo, per la parte dedicata all'attestazione da parte del professionista indipendente prevede che lo stesso attesti: “a) la veridicità dei dati aziendali; b) la fattibilità del piano o dei piani; c) le ragioni di maggiore convenienza, in funzione del migliore soddisfacimento dei creditori delle singole imprese, della scelta di presentare un piano unitario ovvero piani reciprocamente collegati e interferenti invece di un piano autonomo per ciascuna impresa; d) la quantificazione del beneficio stimato per i creditori di ciascuna impresa del gruppo, operata ai sensi del comma 4”.

Trattandosi di strumento di nuova introduzione, manca la corrispondente normativa di confronto nella pregressa legge fallimentare.



L'attestatore: garanzie di terzietà ed indipendenza

Le previsioni del Legislatore introdotte nel CCII, come sopra delineate, pur senza pretese di esaustività, e la collocazione stessa della figura dell'attestatore nell'ambito dell'art. 2 (“Definizioni”), che individua gli attori della crisi nel Codice della crisi e dell'insolvenza, rafforzano, da un lato, l'importanza dell'attestazione del professionista elevandola a strumento di garanzia a favore dei terzi e dei creditori, che consente loro di poter assumere scelte ponderate, sulla base di informazioni corrette, attendibili e sufficientemente complete (cosiddetto consenso informato), ma dall'altro ne sminuiscono incomprensibilmente la portata nell'ambito delle Procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento - per cui “la nomina dell'attestatore è sempre facoltativa”- e della Negoziazione assistita.

La particolarità dei casi su cui verte la stessa “entrata in campo” del professionista e le attenzioni poste dal Legislatore alla figura stessa dell'attestatore (non ultimo, le responsabilità penali in cui lo stesso potrebbe incorrere), deve indurre riflessioni in coloro che si accingono ad accettare incarichi specifici che non debbono e non possono certo essere vagliati con leggerezza.

Come detto, il professionista deve essere “indipendente” e viene nominato dal debitore, che deve ben definirne le linee del mandato, la tempistica e la remunerazione, assumendo questi le responsabilità ed i doveri di un CTU nominato dal Giudice (già citata SSUU 1521/2013).

Alla luce di quanto previsto dall'art. 112 CCII, si ricorda che la relazione di attestazione è uno degli elementi di cui il Tribunale può avvalersi per omologare il concordato preventivo o l'accordo di ristrutturazione dei debiti, anche in mancanza, rispettivamente, del voto o dell'adesione dell'Amministrazione finanziaria (cram down).

In base al principio di revisione internazionale “(ISA Italia) 500 - Elementi probatori”, elaborato dall'Associazione italiana delle società di revisione legale (ASSIREVI), nonché degli ISAE n. 3000 e 3400 International standard on assurance engagements ISAE e della circolare n. 34/E 2020 Agenzia Entrate, il professionista attestatore deve controllare che siano rispettate le seguenti assunzioni nel piano:

- Esistenza: verifica che una determinata attività o passività siano esistenti ad una certa data;

- Diritti ed obblighi: valutazione in merito alla consistenza di un'attività o di una passività dell'azienda ad una certa data;

- Manifestazione: check sull'operazione (o evento) di pertinenza dell'azienda abbia avuto luogo nel periodo di riferimento;

- Completezza: verifica che non vi siano operazioni non contabilizzate o per le quali manchi un'adeguata base informativa;

- Valutazione: appuramento che le attività o le passività siano contabilizzate a valori appropriati;

- Misurazione: verifica che le operazioni siano correttamente contabilizzate ed i costi ed i ricavi imputati per competenza;

- Presentazione e Informativa: verifica che una voce o un'operazione siano evidenziate, classificate e corredate da adeguata informativa.

L'attestatore deve, quindi, vagliare la veridicità dei dati raccolti nel piano e di quelli contenuti nella documentazione allegata allo stesso, oltre gli elementi necessari alla sua predisposizione.

Nei principi di attestazione del CNDC, nella rinnovata versione del 2020, proprio in un'ottica di implementazione dei principi alla luce del Codice della crisi, viene enunciata la valutazione dell'alternativa liquidatoria con esercizio provvisorio. La modernità del principio, che spiazza i sostenitori della tesi cosiddetta atomistica, dove le stime perdono quelle valorizzazioni degli intangibili che sono il brocardo del Codice della crisi, soprattutto nel caso di concordato in continuità diretta o indiretta , al punto 7.3.3. si legge: “l'attestatore relativamente al termine di confronto rispetto al quale formulare il richiesto giudizio di comparazione quantitativa, deve considerare le sole ipotesi alternative di discontinuità praticabili. Quindi:

- La liquidazione del patrimonio del debitore, ove concretamente praticabile;

- Il fallimento, in caso di impossibilità di procedere con una liquidazione in bonis, eventualmente mediante cessione dell'azienda o di rami dell'azienda a seguito della prosecuzione dell'attività mediante esercizio provvisorio”.

I principi dimostrano l'importanza dell'istituto dell'esercizio provvisorio, quale alternativa al concordato in continuità diretta, da certificare in capo all'attestatore utilizzando criteri di scientificità (perizie sugli assets non essenziali, analisi dei contratti che proseguono nelle due alternative, i costi prededottti ecc.), quindi non più concordato ed alternativa liquidatoria atomistica, ma concordato ed esercizio provvisorio, in sintesi la continuità mantenuta in bonis e la continuità rispristinata grazie al Tribunale (ODCEC Bologna i Quaderni n. 11 dicembre 2022 Linee guida per il piano della continuità indiretta di concordato preventivo – Commissione di studio Piani di concordato).

Al cap. 10.2 viene rimarcata la responsabilità penale dell'attestatore, soprattutto nella valutazione dell'alternativa della liquidazione rispetto al concordato, allorquando al punto 10.2.2. a proposito delle perizie mobiliari ed immobiliari, si enuncia “L'attestatore deve citare l'autore delle analisi che pone a fondamento delle proprie valutazioni e utilizzar le stesse previo vaglio critico in ordine alla loro ragionevolezza e coerenza. L'attestatore deve operare nel medesimo modo quando impiega valutazioni di secondo livello - si pensi ad es. alle perizie mobiliari od immobiliari. Atteso che non si può pretendere che il perito sia peritus peritorum, lo stesso deve selezionare i suoi esperti tra quelli dotati di autorevolezza professionale, nonché vagliare la coerenza intrinseca e la completezza del lavoro altrui" (sull'importanza delle perizie nelle valutazioni prima dell'attestatore e poi del Tribunale sul cram down cfr. Monteleone e Pacchi, Il nuovo cram down del Tribunale nella transazione fiscale, in ilcaso.it, 9.2.2021). La circolare dell'Agenzia Entrate n. 34/E 2020 evidenzia che la validazione delle informazioni patrimoniali, economiche e finanziarie, che rappresentano i dati di partenza del programma di risanamento o liquidazione, costituisce una forma di garanzia volta ad attestare che le stesse siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della situazione dell'azienda e della presumibile evoluzione della gestione. Con riferimento alla fattibilità tecnico-finanziaria del piano, la circolare precisa che l'attività di controllo deve innanzitutto partire dalla diagnosi delle cause della crisi di impresa. Il valore dei beni oggetto di attestazione se ritenuti non essenziali alla continuità (ad. esempio, il capannone dato in locazione a terzi) dovrà basarsi su stime di mercato mentre l'esame dei valori connessi alla continuità (ad es. il capannone essenziale alla continuità perché dotato degli impianti e delle attrezzature necessarie per quel business) sconterà il plusvalore dell'azienda nel suo complesso ed andrà soppesato con i volumi e le marginalità dell'esercizio provvisorio fallimentare (M. Pollio, La degradazione dei crediti nella nuova transazione fiscale: modalità, giudizi di stima e ricerca della legittima distribuzione della finanza ai creditori poziori, in Crisi, gestione economico finanziaria e rilancio dell'impresa, dicembre 2020). La relazione di attestazione deve, pertanto, confermare che i meccanismi causali posti a fondamento dell'action plan siano idonei a raggiungere gli obiettivi prefissati, suffragandone: - la coerenza interna, in quanto deve essere verificata la compatibilità tra le previsioni contenute nel piano ed i risultati storicamente conseguiti dall'impresa; - la coerenza esterna in quanto deve essere verificato che le ipotesi relative alle variazioni del contesto economico in cui opera l'impresa siano confermate con dati provenienti da fonti esterne ed attendibili (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, primarie società di consulenza, ecc.). L'Agenzia delle Entrate richiede, inoltre, che il professionista attestatore ponga particolare attenzione alle situazioni in cui i risultati prospettati siano migliori rispetto a quelli storicamente conseguiti dall'impresa, ovvero superiori rispetto a quelli che sono previsti per il mercato di riferimento. La circolare, in questi casi, richiede che l'attestatore debba corroborare la realisticità delle ipotesi formulate, con gli stress test. Il professionista è, in questo caso, tenuto a verificare che:

- le ragioni dell'over performance siano state accuratamente illustrate nel piano;

- l'impresa possa ragionevolmente conseguire risultati migliori, alla luce non solo delle sue specifiche caratteristiche o di futuri mutamenti del contesto competitivo in cui opera, ma anche in ragione di altri eventi altamente probabili.

Dopo aver brevemente illustrato gli elementi che debbono essere riepilogati all'interno della relazione di attestazione, la circolare passa ad analizzare i criteri di valutazione da impiegare al fine di esaminare la proposta di trattamento dei crediti tributari. La circolare chiarisce, innanzitutto, che le indicazioni operative sono state predisposte con l'obiettivo di assicurare, su tutto il territorio nazionale, l'applicazione di regole uniformi in merito allo svolgimento dell'attività di valutazione che è incentrata sul criterio della convenienza economica. La base del procedimento argomentativo che porta a ritenere accoglibile una proposta è difatti fondato sulla regola generale rappresentata dalla valutazione in merito alla maggiore o minore convenienza economica della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria. Nel richiamare il proprio precedente provvedimento, l'Agenzia delle Entrate precisa dunque che, in forza di quanto previsto dall'art. 182-ter L. fall., la relazione del professionista deve contenere i rilievi e le informazioni necessarie a far emergere che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei crediti tributari, all'esito del confronto tra il pagamento proposto con la domanda di concordato e quanto ricavabile nell'alternativa liquidatoria.

Ancora una volta, soppesare con scientificità l'alternativa della liquidazione diventa essenziale, anche per l'Ente impositore soprattutto nel caso in cui il funzionario dovrà fornire una puntuale motivazione per dissentire, nel caso in cui non intenda aderire alla transazione fiscale, allorquando il commissario giudiziale abbia reso un parere favorevole alla proposta di concordato e, conseguentemente, alla connessa proposta di trattamento dei crediti tributari. L'Ufficio dovrà giustificare il proprio diniego attraverso una motivazione idonea a confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni formulate dal commissario giudiziale. Il principio di correttezza e buona fede, pilastro dell'imminente Codice della crisi e dell'insolvenza (art. 4), rende ininfluente una cattiva abitudine degli uffici di “castigare” il debitore che si sia reso inadempiente nel passato. Ora solo il piano, e naturalmente l'esistenza o meno di atti in frode dei creditori, sono gli unici elementi da sottoporre a valutazione.



Conclusioni

La combinata lettura dell'art. 2 CCII “definizione di crisi”, con l'art. 39 CCII “obbligo del debitore che chiede l'accesso ad una procedura regolatrice della crisi o dell'insolvenza”, fa comprendere il perimetro temporale in cui si dovranno muovere gli imprenditori per far emergere tempestivamente la loro crisi prima che diventi insolvenza.

Tali articoli, rapportati con gli artt. 375 CCII, “assetti organizzativi dell'impresa”, con il nuovo art. 2086 c.c. che tratta, tra gli altri temi, dell'emersione tempestiva della crisi (ora confluito nell'art. 3 del CCII), con l'art. 378 CCII, che tratta delle azioni di responsabilità per mala gestio nei confronti degli amministratori delle società di capitali e con l'art. 379 CCII che amplia la platea delle società di capitali dove è obbligatorio l'organo di controllo, fanno comprendere la portata delle riforme Orlando, Bonafede e Cartabia.

Una volta consolidato il Codice della crisi, probabilmente le misure premiali ivi previste indurranno l'imprenditore a determinare rapidamente ed in maniera efficiente al manifestarsi della crisi (e non dell'insolvenza) lo strumento di regolazione della stessa più conveniente per i creditori, ma anche per il debitore (moral suasion).

Gli imprenditori maggiormente virtuosi potranno avere accesso al Concordato semplificato ex art. 25-sexies CCII (ed all'esdebitazione), persino falcidiare l'Erario anche in assenza della cosiddetta transazione fiscale (art. 182-ter l. fall., ora art. 88 CCII) e della attestazione.

Si tratta di una procedura liquidatoria, snellita nelle varie fasi, basata sulla cessione dell'azienda a terzi competitor, che, inevitabilmente, dovrà essere confrontata col risultato, per i creditori, di altri tre istituti: il Concordato in continuità indiretta, il Concordato liquidatorio (art. 84 CCII) e la liquidazione giudiziale in esercizio provvisorio (art. 211 CCII) (ODCEC Bologna i Quaderni n. 11 dicembre 2022 Linee guida per il piano della continuità indiretta di concordato preventivo – Commissione di studio Piani di concordato).

Nelle “linee guida” ai piani delle procedure liquidatorie nel Codice della crisi (quaderno ODCECBO del dicembre 2022) è stata posta dai componenti una particolare attenzione alla ricerca scientifica ed alle valutazione giurisprudenziali concernenti il trattamento dei debiti erariali e contributivi, sempre nella valutazione dell'alternativa liquidatoria (liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio), in assenza, in talune procedure (vedasi concordato semplificato), dell'istituto della cosiddetta “transazione fiscale” ex art 183 l. fall., ora 88 CCII.

Non ultimo viene valutato ed analizzato il ruolo dell'attestatore, soggetto deputato a certificare gli effetti del piano di risanamento, depotenziato nelle funzioni della negoziazione assistita e nelle procedure di sovraindebitamento a fronte del dogma principale della convenienza rispetto all'alternativa liquidatoria.

Con la nuova liquidazione giudiziale ed il nuovo esercizio provvisorio, magari dichiarati dal Tribunale durante la fase della composizione negoziata, allorquando la crisi sta sfociando rapidamente in insolvenza, sarà possibile arrivare alla gara di vendita con un valore aziendale (fatturato, intangibles, maestranze qualificate, magazzino, rete vendita) ancora vicino ai livelli massimi della storia di quell'impresa, nell'interesse del debitore, dei creditori e dei lavoratori.

L'imprenditore, con il business plan alla mano, avrà tutto l'interesse a ben rappresentare all'esperto prima, ed al Tribunale poi, i numeri, le cause e circostanze della sua crisi, evitando o riducendo le ipotesi di danno per l'eventuale azione di responsabilità (aggravamento del dissesto, mala gestio ecc.) passando rapidamente, in perfetta continuità, dalla fase in bonis a quella in procedura, all'innescarsi della crisi quando l'insolvenza sta per deteriorare marginalità ed orizzonte finanziario.

Il concordato preventivo, più costoso in termini di prededuzioni professionali, rimarrà una procedura marginale, risulterà utilizzabile solo nei veri casi di continuità diretta (occorrerà la massima rapidità a proporlo già nella fase di crisi) consentendo di affrontare le situazioni più disparate (si pensi allo scioglimento dei contratti), alla possibilità di effettuare gare per appalti pubblici, a superare i problemi generati dal DURC negativo ecc., con un piano di risanamento la cui fattibilità illumina la risoluzione dello stato di crisi e le prospettive di soddisfazione dei creditori.

Nel CCII, quella che si paventa come la maggior misura premiale, ovvero l'esdebitazione del debitore, viene definita come la “liberazione dai debiti e comporta la inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell'ambito di una procedura concorsuale che prevede la liquidazione dei beni” (art. 278 CCII).

È sparito ogni riferimento alla percentuale di riparto a favore dei creditori che la Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 24215 del 14 ottobre 2011, aveva interpretato investendo il giudice dell'esdebitazione di un potere autonomo valutativo che portasse a far collimare il comportamento del debitore con gli organi della procedura, il suo diritto al fresh start, ma anche il diritto dei creditori ad ottenere il massimo adempimento possibile.

L'art. 280 CCII dimostra dove è voluto arrivare il legislatore con l'architrave che domina il codice prevedendo le seguenti condizioni per l'esdebitazione:

- la mancanza di atti in frode, da evidenziarsi sin dall'ingresso in qualunque procedura (art. 39 CCII punto 2 “il debitore deve depositare una relazione riepilogativa degli atti di straordinaria amministrazione compiuti nel quinquennio anteriore”);

- la mancanza di condanne per bancarotta fraudolenta definitive o con procedimento in corso;

- non aver ostacolato lo svolgimento della procedura ed aver fornito agli organi ad essa preposti tutte le informazioni utili e i documenti necessari per il buon andamento;

- non aver beneficiato di altra esdebitazione nei cinque anni;

- non aver beneficiato dell'esdebitazione per due volte.

In sostanza il Codice della crisi e dell'insolvenza è tutto improntato a salvaguardare la continuità, essendo stati specificatamente introdotti la definizione di “crisi” all'art. 2 del CCII, le misure premiali all' art 25-bis e gli obblighi comportamentali funzionali all'esdebitazione che impongono di trasmettere agli organi di giustizia, rapidamente ed in maniera efficiente, il piano, l'elenco delle cause e delle circostanze del dissesto nell'ottica di salvare la cellula aziendale (art. 84, concordato in continuità diretta ed indiretta).

La fotografia dei valori aziendali, in primis quelli intangibili, rappresenta il lavoro professionale più nobile in capo agli advisors del debitore, laddove la contabilità generale, ma soprattutto la contabilità analitica ed i piani pluriennali (forecast) sono più importanti - nell'ottica esdebitativa - dei risultati a favore dei creditori, poiché permettono il salvataggio dell'azienda e dei posti di lavoro.

Il dogma non è più il risultato economico a favore dei creditori, ma un tempestivo flusso informativo a favore del Tribunale sull'inizio della crisi, che permetta la massima valorizzazione, col piano, della continuità aziendale. L'assenza di atti in frode nel quinquennio permetterà all'imprenditore di usufruire della misura premiale finale, cioè l'esdebitazione.

L'esercizio provvisorio nella liquidazione del patrimonio, se innescato nella fase di composizione negoziata, permetterà di calmierare le azioni di responsabilità contro gli amministratori, ora semplificate e rese più “aggressive”, ribaltando completamente i criteri di SSUU 9100/2015, con la codificazione espressa del metodo giurisprudenziale dei netti patrimoniali o della differenza attivo – passivo (art. 2486 c. 3°, come modificato dall'art. 378 CCII).

Un ulteriore risultato premiale sarà, quindi, quello di tutelare gli organi di gestione da richieste risarcitorie.

Le riforme concorsuali, in armonia con la direttiva UE 1023 del 20 giugno 2019, stabiliscono, così, le nuove priorità del debitore virtuoso, anche e talvolta, senza l'ausilio dell'attestatore.

Ma se il Legislatore è voluto arrivare, nella negoziazione assistita, alla massima misura premiale, cioè al concordato semplificato, forse la certificazione dei dati contabili diviene essenziale.

Il concordato semplificato risulta concorrenziale rispetto alle altre procedure della continuità indiretta (art. 84 CCII), permettendo addirittura la falcidia dei crediti erariali pur in mancanza della transazione fiscale (art. 88 CCII corrispondente all'182-ter l. fall.)

Non sussiste obbligo del pagamento minimo del 20% ai creditori chirografari, come nel concordato liquidatorio, ma si può ricadere nell'ipotesi del concordato in continuità indiretta (affitto e poi cessione di azienda), senza voto dei creditori, e con numerosissime prospettive premiali (S. Sanzo, in ilfallimentarista.it, 20.7.2022 – “I vantaggi che questo strumento offre rispetto al concordato p. tradizionale sono innumerevoli: per menzionare i più rilevanti basti pensare alla superfluità dell'attestazione, alla mancanza di un provvedimento di ammissione (essendo il Tribunale chiamato a vagliarne la ritualità”), ma soprattutto all'assenza di un commissario , dell'adunanza dei creditori e del voto dei medesimi e, persino, delle tradizionali procedure competitive in sede di liquidazione), se vengono rispettati i seguenti punti:

1) l'esperto e l'ausiliario nelle loro relazioni – l'esperto prima della procedura di cui all'art. 22 CCII – devono certificare lo stato di crisi, non di insolvenza (o quantomeno di insolvenza reversibile, se si ammette[1] che anche in tal caso sia consentito l'accesso alla composizione negoziata), al fine della tempestiva emersione dello stesso;

2) la crisi deve essere emersa tempestivamente grazie agli adeguati assetti di cui all'art. 3 del CCII e secondo gli indicatori del 3° comma;

3) i creditori tutti, nessuno escluso, devono ottenere un risultato dal concordato semplificato (art. 25-sexies, comma 5 CCII);

4) l'esperto deve aver dichiarato, ab origine, la ragionevolezza nel perseguire il piano di risanamento;

5) l'esperto deve aver dichiarato nella relazione finale che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede e che le soluzioni individuabili all'art. 23, commi 1 e 2, lettera b), CCII non sono praticabili (art. 25-sexies, comma 1, CCII);

6) esperto ed ausiliario devono certificare che la proposta non arreca pregiudizio rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio.

A fronte di paletti ed adempimenti così delicati, sarebbe forse stato opportuno far sì che l'ausiliario nominato dal Giudice nel concordato semplificato potesse svolgere anche le funzioni di attestatore dei dati contabili ed esprimere un parere sulla fattibilità del piano. Un po' come erano ruoli e responsabilità del gestore della crisi da sovraindebitamento.

A parere di chi scrive, giungere ad un risultato così determinante per il successo del piano, la falcidia dei debiti erariali, senza transazione fiscale, in assenza di una certificazione “forte” da parte di un soggetto abilitato e terzo, potrebbe snaturare tutta l'architrave della negoziazione assistita, che prevede trattative che si siano svolte secondo correttezza e buona fede.

Forse un attestatore “in pectore in tutte le procedure avrebbe meglio informato il Giudice ed i creditori (pensiamo solo alla fase delle misure protettive nella negoziazione assistita) sulla razionalità e concretezza del piano di risanamento in corso di redazione, magari con una pre-opinion, com'era consuetudine nel pre-concordato.

Parimenti una no-opinion sancita dall'attestatore avrebbe sgombrato subito il campo da ogni dubbio sulla non fattibilità del piano e sulle prospettive concrete del risanamento.

Anche sul fronte della scelta dello strumento di risoluzione della crisi chi meglio dell'attestatore potrebbe fornire decisive determinazioni proprio ad inizio progetto?

Si pensi solo ai poteri degli organi deliberanti, agli aspetti giuridici relativi ai contratti tra l'impresa e gli stakeholders, alle aspettative strategiche di risoluzione della crisi, alla necessità di finanza pre-dedotta e, last but not least, alla attestazione della falcidia dei crediti erariali anche nel concordato semplificato.



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