Composizione negoziata: limiti delle misure protettive e sospensione dei contratti pendenti

Roberto Marinoni
07 Aprile 2023

Nelle procedure di composizione negoziata della crisi, il legislatore riconosce all'imprenditore la possibilità, con istanza iniziale o “in corsa”, di richiedere al giudice la disposizione di misure protettive o cautelari, funzionali al buon esito delle trattative. L'Autore svolge alcune riflessioni con riferimento alla natura e ai limiti di tali misure, nonché alla possibilità di annoverare tra esse la sospensione del contratto pendente divenuto eccessivamente oneroso.

La composizione negoziata della crisi di impresa ha il proprio fulcro nella serenità delle trattative e, almeno in quel periodo, nella parità delle forze in campo al di fuori della quale, come ricordava anche Tucidide, non può esservi giustizia. A tal fine il sistema prevede che l'imprenditore, con l'istanza iniziale o successivamente (art. 17, comma 1, CCII), possa richiedere al giudice le misure protettive o cautelari funzionali, ovvero necessarie, al buon esito delle trattative: dove, ragionando dal tenore dell'art. 54, commi 1 e 2 CCII, si capisce che la nozione di protezione attiene alle misure che salvaguardano il patrimonio dalla aggressione dei terzi creditori (esecuzioni, sequestri, pretese restitutorie di beni integrati nel processo produttivo e detenuti a titolo obbligatorio); mentre la cautela (art. 54, comma 1 CCII) riguarda piuttosto la salvaguardia del patrimonio a favore dei terzi, e così la nomina di un custode o institoria, perché non può accadere che i terzi siano danneggiati proprio nelle more delle trattative.

Le misure protettive e cautelari godono poi di una certa elasticità, perché possono essere modificate e prorogate in corsa, o anche nuovamente richieste (art. 19, comma 1 CCII): ad esempio per ricomprendervi una moratoria in ordine agli obblighi discendenti dalle cause di scioglimento e dalla riduzione sottosoglia del capitale sociale di cui agli artt. 2446, 2447, 2482 bis, 2482 ter, 2484 e 2485 duodecies, cod. civ. (art. 20 CCII).

In prima battuta, quindi, il sistema appare assolutamente chiaro; ed appare altresì chiaro che in concreto la misura, di protezione o di cautela, non potrebbe che essere atipica, dovendo essere adattata al caso specifico ed uscendo dalla naturale sede del contraddittorio secondo il principio della domanda (l'istanza del debitore) e l'interesse alla misura invocata (la sua funzionalità al buon esito della trattativa).

Tutto percepibile, quindi, secondo i noti canoni del fumus boni juris, del periculum in mora, dell'interesse ad agire.

Ma, detto ciò, una lettura più attenta impone altre riflessioni, in particolare per quanto attiene i limiti, l'estensione, della misura protettiva invocata.

E si tratta di una riflessione, va detto, che subito richiama alla mente i confini tra la procedura concorsuale in senso proprio e ciò che, invece, è qualcosa di meno e anche di diverso, per la prevalenza di una natura privatistica. Immediato è il riferimento all'accordo di ristrutturazione dei debiti, dapprima escluso dal novero della concorsualità, e poi sdoganato con il crisma della Corte di cassazione (Cass. Civ., Sez. I, 12 aprile 2018, n. 9087).

Porsi un interrogativo sui confini, pertanto, è doveroso. Ma procediamo per gradi.

Vero è che vi sono almeno due norme che legittimano l'interrogativo e così:

a) l'art. 17, comma 5 CCII, che consente all'esperto di invitare le parti (o meglio: le controparti del debitore) “a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti” pendenti se “la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa”, e cioè se il sinallagma contrattuale si sia sensibilmente alterato;

b) l'art. 18, comma 5 CCII, a mente del quale non è consentito ai creditori rifiutare l'esecuzione dei contratti pendenti, o invocarne la risoluzione di diritto o la scadenza anticipata, o ancora pretenderne la modifica in ragione dell'accesso alla composizione negoziata.

Disposizione, quest'ultima, che è ulteriormente rafforzata dal comma 4, con il divieto di pronuncia di liquidazione giudiziale o della declaratoria di insolvenza nelle more della trattativa; mentre ai creditori è concessa solo la facoltà di sospendere l'adempimento nel limitato tempo tra l'istanza e la conferma.

Ed ecco allora il quesito, vale a dire:

se sia consentito annoverare tra le misure protettive quella della sospensione del contratto pendente divenuto eccessivamente oneroso, anche nella prospettiva di dare un senso pratico a quell'invito alla “rideterminazione” del sinallagma di cui all'art. 17, comma 5, richiamato.

Ora, nel concordato preventivo ante riforma, noi sappiamo che la continuità aziendale passava altresì dall'esercizio del diritto potestativo di sospensione o scioglimento del contratto, ai sensi dell'art. 169-bis l.fall.. Ed anche nel Codice della crisi, giusta le disposizioni degli artt. 94-bis e 97, questi strumenti contrattuali permangono.

In questi termini, se per un verso l'idea di consentire lo scioglimento del contratto mediante la misura protettiva appare eccessiva, essendo indubbio che essa inciderebbe su di un diritto soggettivo e per di più in difetto di una norma ad hoc; viceversa, l'ammissione non apparirebbe azzardata ove la si limitasse alla mera sospensione funzionale al migliore svolgimento della trattativa.

Le ragioni che possono essere addotte sul punto sono diverse:

a) anzitutto essa darebbe un senso all'affermazione del dettato legale, secondo cui “le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto”. Una bieca ostinazione alla revisione contrattuale, pertanto, difficilmente potrebbe essere qualificata come legittima, bensì foriera di un “ingiusto danno” alla controparte, almeno pari all'extraprofitto realizzato grazie ad un sinallagma alterato;

b) inoltre, se per un verso la misura protettiva della sospensione rafforzerebbe di certo la propensione a rideterminare i termini contrattuali, per altro verso, essa magari anticiperebbe una successiva azione di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell'art. 1467 cod. civ., garantendone pienamente l'efficacia.

Ed infatti, le ipotesi al riguardo che un tempo parevano di scuola, si sono oggi concretamente moltiplicate a fronte di una produzione di beni e servizi che, sempre più raramente, vede il suo intero ciclo all'interno della stessa azienda.