Investimenti esteri diretti provenienti da paesi terzi: il controllo previsto dalla normativa di uno Stato membro rientra nell'ambito del Reg. UE 2019/452

La Redazione
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11 Aprile 2023

Nelle sue Conclusioni, pronunciate il 30 marzo 2023 (C-106/22), l'Avvocato Generale Tamara Ćapeta afferma che il diritto dell'Unione non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che permette il controllo di investimenti esteri diretti provenienti da paesi terzi, anche se realizzati mediante un'impresa situata nell'Unione. Una normativa nazionale del genere rientra nell'ambito di applicazione del regolamento sul controllo degli IED e deve quindi garantire che le singole decisioni di controllo siano giustificate e rispettino i requisiti di proporzionalità, come richiesto dalle norme del Trattato sulla libera circolazione dei capitali e sulla libertà di stabilimento.

Nel 2021 il Ministro dell'Innovazione e della Tecnologia ungherese ha bloccato l'acquisizione di una società ungherese da parte di un'altra società ungherese. La prima società è proprietaria di una cava dalla quale sono estratte sabbia, argilla e ghiaia. Nella sua decisione, il Ministro ha precisato che sarebbe contrario agli interessi nazionali ungheresi, fra i quali la sicurezza dell'approvvigionamento di tali materie prime, permettere a una società indirettamente detenuta da una società di un paese terzo (Bermuda) di acquisire il controllo di una società «strategica» di questo tipo.

Al fine di decidere in merito alla validità della decisione del Ministro di impedire l'acquisizione, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest–Capitale, Ungheria) ha chiesto, in sostanza, se il diritto dell'Unione consenta all'Ungheria di adottare una normativa che limita gli investimenti esteri diretti in imprese situate nell'Unione qualora detti investimenti siano realizzati mediante un'altra impresa situata nell'Unione.

Nelle sue conclusioni presentate il 30 marzo 2023, l'avvocato generale Tamara Ćapeta ritiene, in primo luogo, che gli investimenti esteri diretti provenienti da paesi terzi rientrino nell'ambito di applicazione del regolamento sul controllo degli investimenti esteri diretti (IED) [1]. In tale regolamento rientrano investimenti di qualsiasi tipo mediante i quali l'investitore di un paese terzo ottiene una partecipazione o il controllo effettivi di una società dell'Unione. Sono altresì inclusi gli investimenti mediante i quali un investitore di un paese terzo acquisisce indirettamente il controllo di un'impresa dell'Unione attraverso un'altra impresa dell'Unione, di proprietà dell'impresa del paese terzo di cui trattasi.

Siffatti investimenti rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 207 TFUE e, quindi, nella competenza esclusiva dell'Unione nel settore della politica commerciale comune. Pertanto, il regolamento sul controllo degli IED, che autorizza gli Stati membri ad adottare meccanismi di controllo, dovrebbe essere interpretato nel senso che «restituisce» agli Stati membri competenze in un settore nel quale le avevano precedentemente perdute per effetto dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

In secondo luogo, i meccanismi nazionali di controllo, autorizzati dal regolamento sul controllo degli IED, devono altresì rispettare le regole del mercato interno. Pertanto, è necessario che la normativa nazionale ponga in capo agli organi incaricati dell'adozione di singole decisioni di controllo l'obbligo di fornire giustificazioni legittime alla restrizione dei flussi di capitali. Dal regolamento sul controllo degli IED discende che le restrizioni ai movimenti di capitali possono essere giustificate soltanto sulla base di motivi di sicurezza o di ordine pubblico. Tali giustificazioni possono essere invocate soltanto in presenza di una minaccia reale e sufficientemente grave per uno degli interessi fondamentali della collettività. Inoltre, qualsiasi misura che limiti i flussi di capitale deve essere proporzionata all'obiettivo da essa perseguito.

Esaminando la giustificazione offerta dal Ministro per il veto di cui trattasi nella causa in parola, l'avvocato generale riconosce che la garanzia dell'approvvigionamento di determinate materie prime può, in tempi di crisi, essere idonea a giustificare una restrizione a investimenti esteri diretti per motivi di ordine pubblico (o di pubblica sicurezza). Detti motivi potrebbero persino giustificare restrizioni ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi che non possono altrimenti essere ammesse nel mercato interno.

Al fine di decidere in merito alla validità della decisione che vieta l'operazione di cui trattasi nella causa in parola, il giudice nazionale è tenuto a valutare se il Ministro dell'Innovazione e della Tecnologia ungherese abbia spiegato in modo adeguato il motivo per cui la proprietà estera indiretta della cava in questione rappresenta una minaccia reale e grave alla sicurezza dell'approvvigionamento di ghiaia, sabbia e argilla in Ungheria e se la sicurezza dell'approvvigionamento in questione non potesse essere garantita mediante una misura meno restrittiva.

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[1] Regolamento (UE) 2019/452 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione.