Il ricorso alla composizione negoziata è ammissibile anche se l’insolvenza e la crisi sono già insorte e conclamate?

Niccolò Nisivoccia
13 Aprile 2023

L'Autore, prendendo le mosse da un contrasto giurisprudenziale sul tema, svolge alcune considerazioni attorno alla possibilità che il presupposto oggettivo di accesso alla composizione negoziata sia integrato non solo laddove la crisi e l'insolvenza siano “probabili”, ma anche nel caso in cui esse siano già realizzate e manifeste.
Premessa

Il presupposto oggettivo di accesso al percorso della composizione negoziata è indicato nell'art. 12 CCII, dove leggiamo testualmente che l'imprenditore può accedere al percorso “quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa”.

Il presupposto consiste quindi non tanto nella sussistenza di una situazione di crisi o di insolvenza, quanto nella sussistenza di uno “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” alla luce del quale la crisi o l'insolvenza risultino probabili. Ma in realtà la sussistenza di tale presupposto, da solo, non è ancora sufficiente, perché è necessario che, nonostante lo squilibrio, il risanamento dell'impresa appaia comunque ragionevolmente perseguibile. La qual cosa significa, nei fatti, che la ragionevole perseguibilità del risanamento va considerata a sua volta un presupposto di accesso alla composizione negoziata; oppure, se si preferisce, che la ragionevole perseguibilità del risanamento rappresenta il parametro alla luce del quale occorre valutare se lo squilibrio nel quale versi l'impresa – che di per sé, in astratto, legittimerebbe l'accesso al percorso – lo legittimi anche in concreto, e giustifichi il tentativo di composizione.

Quel che è certo è che l'accesso alla composizione negoziata è possibile solo in presenza di una seria prospettiva di risanamento dell'impresa: il che del resto è perfettamente coerente rispetto alla finalità dell'istituto, che è appunto quella di cercare e trovare una possibile via di uscita dalla crisi quale che sia la sua dimensione, una possibile soluzione. Ed è molto importante ricordarlo e tenerlo presente, perché è proprio il fine delle norme che dovrebbe orientarne sempre l'interpretazione e l'applicazione: al punto che, nella fattispecie, non sarebbe sbagliato ritenere che la ragionevole perseguibilità del risanamento andrebbe considerata un elemento condizionante del percorso, per assurdo, anche nell'ipotesi in cui l'articolo 12 non vi facesse espressamente riferimento, perché non avrebbe senso chiedere di fare ingresso in una procedura funzionale al risanamento quando tale risanamento apparisse già impossibile, impraticabile, impercorribile, fin dal principio.



Possibile la composizione negoziata anche se crisi e insolvenza sono già insorte?

Il vero problema, in relazione al presupposto oggettivo di accesso alla composizione negoziata, risiede nel comprendere se la sussistenza della crisi o dell'insolvenza sia semplicemente irrilevante, ai fini dell'accesso, o se non sia invece addirittura preclusiva. Vale a dire: il fatto di poter accedere alla composizione negoziata quando ci si trovi in una situazione che rende probabile la crisi o l'insolvenza, com'è previsto dalla norma, equivale ad affermare che l'accesso è possibile solo quando la crisi o l'insolvenza non si siano ancora manifestate ma siano appunto solo probabili? Oppure è possibile sempre, anche a crisi o insolvenza già insorte, purché il risanamento appaia percorribile?

La risposta a queste domande in realtà sembra quasi univoca quanto al concetto di crisi, perché quasi tutti sembrano concordi nell'ammettere che la sussistenza della crisi legittimi l'accesso alla composizione negoziata non solo quando la crisi sia semplicemente probabile, ma anche quando sia già insorta e conclamata. È invece molto più incerta quanto all'insolvenza, nel senso che, in relazione all'insolvenza, il campo è diviso, soprattutto in giurisprudenza, fra un orientamento che ritiene percorribile la composizione negoziata anche quando l'imprenditore sia insolvente, purché l'insolvenza sia reversibile, e l'orientamento opposto, il quale nega che l'imprenditore insolvente possa accedere alla composizione negoziata, e questo per il solo fatto di essere già insolvente (indipendentemente dalla ragionevole reversibilità dell'insolvenza).

L'orientamento favorevole all'accesso alla composizione negoziata anche in caso di insolvenza è quello allo stato prevalente. E gli argomenti addotti a favore di tale soluzione sono tre, principalmente:

1) in primo luogo, negare l'accesso in caso di insolvenza equivarrebbe a tradire lo spirito delle norme sulla composizione negoziata, il cui fine, lo si ripete, è quello di consentire il risanamento: e ben venga che il risanamento venga conseguito a partire da uno stato non solo di crisi probabile, ma addirittura già manifestatasi o addirittura già trasformatasi in insolvenza;

2) in secondo luogo, risulterebbe svuotato di senso l'art. 18, comma 4 CCII, il quale prevede che, “fino alla conclusione delle trattative o all'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata”, la sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale non possa essere pronunciata: e non si capisce perché mai dovrebbe risultare vietata la liquidazione giudiziale, che presuppone l'insolvenza, se l'insolvenza di per sé precludesse l'accesso alla composizione negoziata;

3) infine, viene sottolineato come le norme non prevedano filtri all'ingresso, ma anzi attribuiscano tanto alla nomina dell'esperto (art. 13 CCII) quanto alla decorrenza delle misure protettive (art. 18 CCII) un carattere di automatismo: se fosse vero che l'insolvenza è incompatibile con la composizione negoziata, un filtro sarebbe stato previsto.

L'orientamento opposto, che nega l'accesso alla composizione negoziata in ipotesi di insolvenza, è invece essenzialmente letterale. Come a dire: non può essere casuale che il legislatore faccia riferimento solo alla probabilità di crisi o di insolvenza, e non anche alla crisi o all'insolvenza già insorte. La limitazione va rispettata, perché possa avere senso; altrimenti non sarebbe stata prevista.

A parere di chi scrive, l'orientamento favorevole all'accesso alla composizione negoziata anche in caso di insolvenza appare senz'altro preferibile, perché appare corretto in sé stesso. E basterebbe, anche da solo, il primo degli argomenti che lo sorreggono: se è vero che la composizione negoziata è volta al risanamento dell'impresa, e questo è indubitabilmente vero (perché le norme sono chiarissime, al riguardo, e perché lo conferma anche la relazione illustrativa che le accompagna), poco importa che l'impresa sia in crisi o insolvente solo in prospettiva o che lo sia già. Quello che importa è che il risanamento sia possibile e ragionevole, e che rappresenti un'ipotesi concreta: negare l'accesso alla composizione negoziata a chi avesse reali possibilità di risanamento solo in virtù di un'interpretazione letterale delle norme significherebbe confondere la forma con il formalismo, l'apparenza con la realtà; significherebbe violare le norme stesse nello spirito che le anima, tradire la funzione in vista della quale sono state emanate e ridurne drasticamente la portata.

Inoltre, un'interpretazione letterale delle norme dovrebbe imporre di escludere dalla composizione negoziata non solo l'imprenditore già insolventema anche quello già in crisi, perché anche in relazione alla crisi le norme parlano espressamente solo di crisi “probabile” e non anche di crisi già insorta. Eppure a questo proposito l'interpretazione letterale sembra invocata molto meno, il che forse tradisce un pensiero più sostanziale nascosto dietro l'argomento letterale: e cioè l'idea che l'insolvenza sia di per sé incompatibile con un risanamento. Ma è un'idea che non trova riscontro nella realtà, e che anche la logica consente di sconfessare: anche l'insolvenza, infatti, può essere reversibile come può esserlo una crisi, vuoi grazie al reperimento di risorse esterne vuoi grazie a qualunque altra soluzione interna.

Non solo. A ben vedere, non è vero che le norme non prevedano l'ipotesi della composizione negoziata anche in caso di insolvenza. La prevedono eccome, anche se solo in relazione all'insolvenza che emerga successivamente, perché è questa l'ipotesi alla quale fa riferimento l'art. 21 CCII, il cui primo comma stabilisce che “quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori”. L'art. 21 CCII, in altre parole, prende espressamente in considerazione l'ipotesi in cui l'insolvenza emerga in corso di causa, e fissa il principio secondo il quale la composizione, anche in questo caso, può comunque proseguire, a patto che continui a risultare ugualmente percorribile il risanamento. Se lo stato di insolvenza fosse incompatibile di per sé con un possibile risanamento, come pretende l'orientamento che nega l'accesso alla composizione negoziata in caso di insolvenza, il percorso dovrebbe automaticamente cessare ogni qualvolta l'insolvenza emergesse successivamente. L'art. 21 CCII stabilisce il contrario, confermando così che ciò che interessa al legislatore è che l'impresa possa uscire dalla propria crisi qualunque sia la dimensione di tale crisi (che sia solo prospettica o sia già conclamata o sia addirittura già degenerata in uno stato di insolvenza).

In fin dei conti, se ci si pensa, è da più di quindici anni, almeno dalle riforme del 2005 e del 2006 (che avevano profondamente modificato, in particolare, le norme sull'azione revocatoria fallimentare e sui concordati), che il legislatore cerca in tutti i modi, attraverso strumenti anche nuovi e diversi, di trasformare sempre di più il fallimento in una misura recessiva, residuale, a vantaggio di soluzioni concordatarie sempre più variegate. Ora, sarebbe davvero “ben singolare”, come è stato osservato (da Gaetano Presti), “che una concreta prospettiva di risanamento (cioè il risultato atteso) venga preclusa per via della situazione di partenza”.

L'accesso alla composizione negoziata va quindi riconosciuto – secondo chi scrive - tanto agli imprenditori la cui crisi o insolvenza siano solo probabili, quanto agli imprenditori la cui crisi o insolvenza siano già manifeste.



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