Mediazione (in generale)

14 Aprile 2023

Con la cd. Riforma Cartabia di cui al d.lgs. n. 149/2022, il legislatore esalta  il ruolo attribuito agli strumenti di ADR e considera la mediazione una giustizia alternativa di dignità pari a quella amministrata dal giudice nel processo.

Inquadramento 

L'istituto della mediazione civile nasce per alleggerire il carico giudiziale e si propone come alternativa o come condizione di procedibilità preliminare all'instaurarsi di liti di natura civilistica. È stata introdotta con il d.lgs. n. 28/2010. L'istituto è caratterizzato dall'assenza di formalità particolari ed è inquadrabile tra gli istituti di «Alternative Dispute Resolution» di esperienza anglosassone, volti alla risoluzione delle controversie in tempi brevi e con costi ridotti in termini di denaro e di tempo. Il d.lgs. n. 28/2010 – in linea con la delega della legge n. 69/2009 e con la normativa comunitaria (art. 1, comma 2 della direttiva dell'Unione europea n. 52/2008) precisa che la mediazione ha per oggetto diritti di cui le parti possano disporre, cui si affianca il limite generale dell'ordine pubblico e del rispetto delle norme imperative (artt. 12, comma 1, e 14, comma 2, lett. c); non può riguardare controversi sui diritti indisponibili. Il legislatore ha previsto che la mediazione - nelle sue diverse tipologie che il nostro ordinamento ha previsto - sia amministrata da organismi dotati di una abilitazione pubblica e soggetti alla vigilanza del Ministero. L'accordo in sede di mediazione può avvenire spontaneamente ad opera delle parti ovvero mediante adesione alla proposta del Mediatore.

In ogni caso il verbale di accordo costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, nonché titolo per l'espropriazione forzata e per le esecuzioni in forma specifica in due casi ove sottoscritto da tutte le parti e loro Avvocati ove tutte siano state assistite da un Avvocato durante la procedura o per effetto della omologazione giudiziale.

Nozione e normativa di riferimento

In attuazione della delega di cui alla legge n. 69/2009 è stato approvato e si è perfezionato l'inserimento, all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, dell'istituto della mediazione civile e commerciale quale sistema di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile.

La disciplina secondaria di attuazione è stata dettata con il D.M. n. 180/2010 e s.m., recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell'elenco dei formatori per la mediazione, nonché l'approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 28/2010.

Il d.l. n. 50/2017 convertito con modificazioni, nella legge n. 96/2017, con l'art. 11-ter aveva già stabilizzato nell'ordinamento italiano l'efficacia della disciplina della mediazione obbligatoria, la quale aveva in precedenza natura transitoria e sperimentale.

Con la c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. n. 149/2022 attuativo della delega di cui alla legge n. 206/2021) il ruolo attribuito agli strumenti di ADR viene esaltato e il legislatore ha chiaramente manifestato di considerare la mediazione (come la negoziazione assistita) una giustizia alternativa di dignità pari a quella amministrata dal giudice nel processo.

La Sezione I del Capo IV, di cui fanno parte gli artt. 7-10, del d.lgs. n. 149/2022 contiene le modifiche relative all'istituto, finalizzate a incentivare il ricorso alla mediazione e agli altri strumenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, aumentando gli incentivi fiscali per chi vi ricorre e per gli organismi di mediazione, estendendo a tali istituti l'applicabilità del patrocinio a spese dello Stato, ampliando l'ambito delle controversie per le quali il previo tentativo di mediazione è condizione di procedibilità, favorendo la partecipazione delle parti a tali procedure, anche con modalità telematiche, potenziando la formazione all'aggiornamento dei mediatori e la conoscenza di questi strumenti presso i giudici.

Per il legislatore italiano la mediazione rimane «l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa» (art. 1 d.lgs. n. 28/2010 nel testo introdotto dall'art. 84 del d.l. n. 69/2013, convertito con modificazioni, dalla legge n. 98/2013). Lo strumento della mediazione, così come disciplinato, non può essere utilizzato per le liti aventi ad oggetto situazioni giuridiche o materie devolute alla giurisdizione amministrativa, o alle altre giurisdizioni speciali.

Già l'Unione Europea, con la direttiva 2008/52/CE del 21 maggio 2008 del Parlamento europeo e quella del Consiglio del 21 maggio 2008, si era occupata dell'istituto fornendo agli Stati membri le linee da seguire per facilitare l'accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e per promuovere la composizione amichevole delle medesime (con particolare riferimento alle controversie transfrontaliere).

In seguito alla citata direttiva del 2008, poi, è intervenuta la Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 sull'attuazione della direttiva sulla mediazione negli Stati membri, la Raccomandazione all'Italia del Consiglio UE del 29 maggio 2013, il regolamento 21 maggio 2013 n. 524 sull'ODR per i consumatori, la direttiva 21 maggio 2013 n. 11 sull'ADR per i consumatori e la Relazione 26.8.2016 della Commissione europea sull'applicazione della direttiva 2008/52/CE).

Sebbene la legge n. 69/2009 non menzioni specificamente la direttiva n. 2008/52/CE, molto stretto è il rapporto tra le due norme in quanto l'ambito oggetto di regolazione comunitaria è pressoché coincidente con quello disciplinato dalla normativa nazionale e l'art. 60, legge n. 69/2009, prescrive al legislatore delegato di disciplinare la mediazione nel rispetto ed in coerenza con la normativa comunitaria (infatti il d.lgs. n. 28/2010, nel proprio preambolo, richiama espressamente la direttiva n. 2008/52/CE).

L'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 - in linea con la delega (art. 60, comma 3, lett. a), della legge n. 69/2009) e con la normativa comunitaria (articolo 1, comma 2 della direttiva dell'Unione europea n. 52/2008) - chiarisce che la mediazione ha per oggetto diritti di cui le parti possano disporre, cui si affianca il limite generale dell'ordine pubblico e del rispetto delle norme imperative (artt. 12, comma 1, e 14, comma 2, lett. c).

In evidenza

L'art. 2 esclude dalla mediazione le controversie sui diritti indisponibili e quindi tutti i diritti personali, quali lo status di libertà (libertà personale, di pensiero, di associazione - diritti costituzionali, diritto alla vita riconosciuti da norme sovranazionali - Carta dei diritti Fondamentali dell'UE); i diritti della personalità; i diritti posti a presidio della inviolabilità fisica e morale.

Il procedimento si differenzia dall'arbitrato perché il Mediatore non rende decisioni vincolanti ma assiste le parti nella ricerca di un accordo conciliativo (art.1): infatti l'accordo raggiunto è riferibile alle parti al pari del negozio transattivo, ma è suscettibile di acquistare efficacia esecutiva e di costituire titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale (art. 12).

Tipologie di mediazione

Dal combinato disposto degli artt. 2, 5 e 5-quater e 5-sexies d.lgs. n. 28/2010 emergono 4 modelli di mediazione civile e commerciale.

Mediazione spontanea: svolta a seguito della libera iniziativa delle parti, in assenza di qualsiasi vincolo contrattuale (art. 2). Ai sensi dell'art. 2, tanto può avvenire in qualsiasi tipo di controversia civile o commerciale, prima o durante la causa (sia come istanza congiunta, sia come iniziativa di una delle parti e accettazione successiva dell'altra). Qualora l'iniziativa sia assunta nel corso del processo, le parti possono di comune accordo chiedere che questo sia sospeso per il tempo di svolgimento del procedimento di mediazione (v. art. 16 l. cit.).

Mediazione obbligatoria per volontà del giudice o delegata (art. 5-quater). Le parti possono giungere alla mediazione per disposizione del giudice in relazione ad una lite pendente: in materie diverse da quelle indicate dal Legislatore per la mediazione obbligatoria pre-processuale; anche in sede di appello; previa valutazione della natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti.

Anche in questo caso, la normativa prevede che le parti debbano partecipare alla mediazione con l'assistenza di un avvocato. Il comma 1 chiarisce, rispetto all'originaria formulazione, che il giudice, quando demanda le parti in mediazione, deve provvedere con «ordinanza motivata», nella quale potrà dare atto delle circostanze considerate per l'adozione del provvedimento e fissare la successiva udienza dopo il termine di cui all'art. 6 (tre mesi o sei, in caso di proroga) che rappresenta il termine massimo di durata della mediazione civile e commerciale.

Oltre al riferimento alla natura della causa, allo stato dell'istruzione e al comportamento delle parti, il legislatore ha ritenuto di inserire una clausola di chiusura («ogni altra circostanza») idonea a consentire al predetto di dare adeguata e piena motivazione della decisione di demandare le parti in mediazione: decisione che può intervenire fino alla precisazione delle conclusioni e anche in sede di appello.

Si precisa, quindi, (comma 2) che la mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, con applicazione, anche in questo caso, della disciplina dettata all'art. 5, commi 4 (che prevede che la condizione di procedibilità si considera avverata quando le parti non raggiungono l'accordo al primo incontro), 5 (che fa salva la concessione delle misure cautelari ed urgenti, nonché la trascrizione della domanda giudiziale, in pendenza della condizione di procedibilità) e 6 (che disciplina il diverso operare della condizione di procedibilità consistente nell'esperimento del tentativo di mediazione nei particolari procedimenti ivi elencati).

Il mancato esperimento della procedura di mediazione, accertato dal giudice all'udienza fissata nell'ordinanza di mediazione demandata, comporta la dichiarazione di improcedibilità della domanda giudiziale (comma 3).

All'art. 5-quinquies d.lgs. n. 28/2010 sono state introdotte precise disposizioni in materia di formazione del magistrato, tracciabilità e valutazione delle ordinanze di mediazione demandata e delle controversie definite ad esito del successivo procedimento di mediazione ed è stata introdotta la possibilità per il capo dell'ufficio giudiziario di promuovere progetti di collaborazione con soggetti esterni agli uffici giudiziari al fine di incentivare l'uso della mediazione.

Mediazione obbligatoria per volontà delle parti (art. 5-sexies): discende dall'inserimento volontario di una clausola nel contratto, nello statuto o nell'atto costitutivo dell'ente e attua un obbligo negoziale assunto dalle parti in un momento antecedente all'insorgenza della lite. In questo tipo di mediazione, l'eventuale mancato esperimento - a differenza di quanto stabilito per la mediazione obbligatoria per legge - può essere rilevato soltanto su eccezione di parte, che deve essere formulata «entro la prima udienza». Tuttavia, poiché l'art. 5-sexies, comma 1 richiama l'art. 5, commi 4, 5 e 6, se la clausola o l'accordo concerne le materie per le quali la mediazione è imposta dalla legge, l'improcedibilità è rilevabile, anche d'ufficio, fino alla prima udienza.

Mediazione obbligatoria per legge (art. 5). Si tratta della mediazione pre-processuale. Con sentenza n. 272/2012 la Corte costituzionale aveva dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 (ante c.d. Riforma Cartabia) nella parte in cui disponeva tale obbligo: il legislatore con la l. n. 98/2013, aveva reintrodotto una analoga previsione ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del medesimo testo confermato, nella impostazione di fondo, dal d.lgs. n. 149/2022 (attuale art. 5 derubricato «Condizione di procedibilità e rapporti con il processo») che recita: «Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente capo».

L'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, come riformato dal d.lgs. n. 149/2022 prevede espressamente che la condizione di procedibilità si considera assolta anche con l'esperimento delle procedure di conciliazione, previste per legge, nelle carte dei servizi elaborate e pubblicizzate dai soggetti pubblici o privati che erogano servizi pubblici. In particolare il d.lgs. n. 28/2010, all'art. 5 comma 5, nella odierna formulazione, fa espresso riferimento alle procedure conciliative previste: dal TU bancario (art. 128-bis del d.lgs. n. 385/1993), dal T.U in tema di intermediazione finanziaria (art. 32-ter d.lgs. n. 58/2005), dal Codice delle assicurazioni (art. 187.1 d.lgs. n. 209/2005), dal Testo sui servizi di pubblica utilità (art. 2, comma 24, l. n. 481/1995).

La specificazione di quali procedure di conciliazione siano considerate alternative alla mediazione, ai fini dell'assolvimento della condizione di procedibilità della domanda giudiziale, conferma che analogo discorso non vale per la negoziazione assistita di cui al d.l. n. 132/2014 che, quindi, non può ritenersi equivalente e alternativa alla procedura di mediazione (mentre il contrario è espressamente previsto per legge ( art. 3 l. n. 162/2014).

Non è, comunque, necessario procedere al tentativo di mediazione e l'azione giudiziaria può essere liberamente introdotta:

a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione. In questo caso l'art.5 bis ha esplicitato che l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo e che l'inerzia nel proporla è sanzionata con la improcedibilità della domanda, la revoca del provvedimento monitorio e la liquidazione delle spese;

b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 del codice di procedura civile;

c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile;

d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, comma 3, del codice di procedura civile;

e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;

f) nei procedimenti in camera di consiglio;

g) nell'azione civile esercitata nel processo penale;

h) nell'azione inibitoria di cui all'art. 37 del codice del consumo, di cui al d.lgs. n. 206/2005.

Gli organismi di mediazione e gli enti di formazione

Il legislatore ha previsto che la mediazione sia amministrata da organismi dotati di una abilitazione pubblica e soggetti alla vigilanza del Ministero. Infatti, ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. n. 28/2010 (come integrato dal d.lgs n. 149/2022) , gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione.

Gli organismi devono essere iscritti nel registro istituito a norma del D.M. n. 180/2010 e tenuto dal Ministero della giustizia, che esercita anche la vigilanza sul registro stesso (per le materie riguardanti il codice del consumo, il registro è tenuto dal Ministero dello sviluppo economico) ed è competente ad emanare i decreti che ne regolamentano l'iscrizione e la cancellazione (di concerto con il Ministro dello sviluppo economico per quanto riguarda le materie attinenti il codice del consumo).

Il dettaglio dei criteri per l'iscrizione in tale registro è contenuto nel D.M. n. 180 cit. (art. 4, comma 2): a) capacità finanziaria e organizzativa e compatibilità dell'attività di mediazione con l'oggetto sociale o lo scopo associativo; ai fini della dimostrazione della capacità finanziaria, possesso di un capitale non inferiore a 10.000 euro; ai fini della dimostrazione della capacità organizzativa attestazione del richiedente di poter svolgere l'attività di mediazione in almeno due regioni italiane o in almeno due province della medesima regione, anche attraverso gli accordi di cui all'art. 7, comma 2, lett. c)»; b) possesso da parte del richiedente di una polizza assicurativa di importo non inferiore a 500.000,00 euro per la responsabilità a qualunque titolo derivante dallo svolgimento dell'attività di mediazione; c) requisiti di onorabilità dei soci, associati, amministratori o rappresentanti dei predetti enti, conformi a quelli fissati dall'art. 13 del d.lgs. n. 58/1998»; d) trasparenza amministrativa e contabile dell'organismo, ivi compreso il rapporto giuridico ed economico tra l'organismo e l'ente di cui eventualmente costituisca articolazione interna al fine della dimostrazione della necessaria autonomia finanziaria e funzionale»; e) garanzie di indipendenza, imparzialità e riservatezza nello svolgimento del servizio di mediazione, nonché la conformità del regolamento alla legge e al decreto sulla mediazione, anche per quanto attiene al rapporto giuridico con i Mediatori; f) numero di Mediatori, non inferiore a cinque; g) una sede dell'organismo.

Come accennato, la vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia.

Gli organismi di mediazione possono essere sia privati che pubblici.

L'organismo iscritto è obbligato a comunicare al Ministero della giustizia, alla fine di ogni trimestre, non oltre l'ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del trimestre stesso, i dati statistici relativi alla attività di mediazione svolta (norma questa introdotta dal D.M. n. 139/2014).

A norma dell'art. 12 del D.M. n. 180/2010, ciascun organismo è tenuto a istituire un registro, anche informatico, degli affari di mediazione, con le annotazioni relative al numero d'ordine progressivo, i dati identificativi delle parti, l'oggetto della mediazione, il mediatore designato, la durata del procedimento e il relativo esito.

Nella materia finanziaria e bancaria, il procedimento di mediazione può svolgersi anche presso la Camera di conciliazione della Consob (d.lgs. n. 179/2007) ovvero all'Arbitro bancario e finanziario costituito dalla Banca d'Italia (art. 128-bis d.lgs. n. 385/1993).

Il responsabile della tenuta del Registro verifica, altresì, i requisiti di qualificazione dei Mediatori, la loro formazione ed aggiornamento, il possesso di precisi requisiti di onorabilità, le eventuali conoscenze linguistiche necessarie per i Mediatori che intendono iscriversi negli elenchi relativi alle mediazioni internazionali.

Per tutti gli Organismi richiedenti, il procedimento di iscrizione deve concludersi entro quaranta giorni dalla data di ricevimento della domanda presso il Ministero.

Gli Organismi iscritti al Registro sono tenuti a comunicare immediatamente al responsabile, ai sensi dell'art. 8 del D.M. n. 180/2010, ogni modifica dei requisiti e dei dati comunicati all'atto dell'iscrizione e, ai sensi del successivo art. 10, il responsabile, cui spetta il potere di controllo, verifica se persistano appunto i requisiti necessari per l'iscrizione e, in difetto, dispone la sospensione o, nei casi più gravi, la cancellazione dell'Organismo dal Registro.

Un regime peculiare è previsto per gli Ordini professionali, le Camere di Commercio e l'Ordine degli Avvocati.

Gli Ordini professionali diversi da quello degli Avvocati sono iscritti nel registro a semplice domanda (senza, dunque, essere sottoposti alla verifica della «serietà ed efficienza» e possono gestire procedimenti di mediazioni nelle materie che rientrano nella competenza dei propri iscritti (Es.: Ordine dei Medici per mediazione in materia sanitaria) previa autorizzazione del Ministero della giustizia.

Le Camere di Commercio e gli Ordini forensi sono ugualmente iscritti nel registro a semplice domanda ma possono gestire procedimenti di mediazione in tutte le materia di cui all'art. 2 senza limitazioni. Gli Ordini forensi, inoltre, possono istituire l'organismo di mediazione presso ciascun Tribunale avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal Presidente del Tribunale.

Gli artt. 16-19 del d.lgs. n. 28/2010 riguardano gli organismi di mediazione e gli enti di formazione.

Nell'art. 16 il d.lgs. n. 149/2022 ha aggiunto i commi 1-bis e 1-ter, volti a specificare, rispettivamente, i requisiti di serietà richiesti per l'abilitazione all'attività di mediazione (e per il suo mantenimento) e i requisiti di efficienza dell'organismo, richiesti dal comma 1 del citato articolo per l'ammissione all'esercizio di attività di mediazione nonchè per la iscrizione all'elenco degli enti di formazione.

Pertanto, ai fini dell'abilitazione e del suo mantenimento, costituiscono requisiti di serietà:

  1. l'onorabilità dei soci, degli amministratori, dei responsabili e dei mediatori degli organismi;
  2. la previsione, nell'oggetto sociale o nello scopo associativo, dello svolgimento in via esclusiva di servizi di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie e di formazione nei medesimi ambiti;
  3. l'impegno dell'organismo a non prestare i servizi di mediazione, conciliazione e risoluzione alternativa delle controversie quando ha un interesse nella lite.

Costituiscono requisiti di efficienza dell'organismo «l'adeguatezza dell'organizzazione, la capacità finanziaria, la qualità del servizio, la trasparenza organizzativa, amministrativa e contabile, nonché la qualificazione professionale del responsabile dell'organismo e quella dei mediatori».

Il comma 2 dell'art. 16, in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera n) della legge n. 206/2021, prevede uno specifico e ulteriore requisito, richiesto come condizione per l'iscrizione, o per il suo mantenimento, costituito dall'obbligo, per l'ente di formazione, di nominare un responsabile scientifico di chiara fama e esperienza nel settore, cui sono attribuiti specifici compiti, e che deve assicurare la qualità della formazione erogata dall'ente, la sua completezza, oltre che l'adeguatezza e l'aggiornamento del percorso formativo offerto, che non può essere disgiunto dalla stessa competenza dei formatori. Proprio nell'ottica di responsabilizzare gli enti di formazione a reperire, attraverso il responsabile, i formatori dotati della migliore esperienza è stata espressamente prevista la possibilità di valorizzare anche le competenze maturate all'estero. Inoltre, il responsabile della formazione ha lo specifico onere di comunicare costantemente al Ministero della giustizia, i programmi formativi via via predisposti, completi dei nominativi dei formatori scelti per il loro svolgimento.

La completa attuazione delle modifiche apportate all'art. 16, con l'introduzione del nuovo art. 16-bis sarà completata, operando le pertinenti modifiche al D.M. n. 180/2010 al fine di prevedere: che per l'iscrizione nel registro, occorre partecipare ad un corso di formazione iniziale per mediatori e ad un numero minimo di procedure di mediazione presso un organismo di mediazione; che coloro che non hanno conseguito una laurea in discipline giuridiche attestano adeguata preparazione attraverso la partecipazione a specifici corsi formativi nelle discipline giuridiche; che dopo l'iscrizione nel registro, i mediatori sono tenuti all'aggiornamento permanente mediante la partecipazione a corsi di formazione; che per mantenere l'iscrizione nel registro, gli avvocati iscritti all'albo sono tenuti ad adempiere a specifici obblighi minimi di formazione, che dopo l'iscrizione nell'elenco, i formatori sono tenuti all'aggiornamento permanente mediante la partecipazione a corsi di formazione, che le attività di formazione possono svolgersi in presenza o mediante collegamento audiovisivo da remoto.

Quanto al responsabile scientifico degli enti di formazione il predetto, nell'adempimento dei compiti di cui all'art. 16-bis, comma 2, del d.lgs. n. 28/2010, dovrà svolgere appositi compiti quali: approvare i programmi erogati dall'ente unitamente ai nomi dei formatori incaricati e ai calendari di svolgimento dei corsi di formazione, certificare l'equivalenza della formazione di aggiornamento eventualmente svolta dai formatori presso enti e istituzioni con sede all'estero, certificare per singole attività formative l'idoneità di formatori anche stranieri non accreditati dal Ministero della giustizia.

Tali interventi, come la revisione dei parametri per la determinazione dell'onorario e delle spese spettanti all'avvocato ai sensi dell'art. 15-octies, comma 1, nonché la revisione delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione, coerenti con i principi di delega, considerati anche gli ambiti regolati dal D.M. n. 180/2010, troveranno adeguata collocazione nella normativa secondaria.

La modifica del comma 3 del'art. 16 cit. prevede che al regolamento dell'organismo di mediazione devono essere allegati, oltre alle già previste tabelle recanti le indennità spettanti all'organismo stesso (se privato) anche i criteri di calcolo che determinano tali indennità.

I requisiti del mediatore professionista

Il Mediatore deve:

  • aver conseguito un diploma di laurea triennale o, in alternativa, essere iscritto ad un albo professionale;
  • aver seguito presso un ente di formazione iscritto nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia un corso di formazione di 50 ore articolato in corsi teorici e pratici vertenti, tra l'altro, su materie specificamente mirate al perseguimento delle finalità della mediazione;
  • presentare specifici requisiti di onorabilità consistenti (ai sensi dell'art. 4, comma 3, lett. del d.lgs. n. 28/2010), nel: «a. non avere riportato condanne definitive per delitti non colposi o a pena detentiva non sospesa; b. non essere incorso nell'interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; c. non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza; d. non avere riportato sanzioni disciplinari diverse dall'avvertimento».

I Mediatori devono inoltre, seguire un percorso di aggiornamento formativo, di durata complessiva non inferiore a 18 ore biennali, articolato in corsi teorici e pratici avanzati, comprensivi di sessioni simulate partecipate dai discenti ovvero, in alternativa, di sessioni di mediazione, sulle materie appena indicate. Inoltre il D.M. n. 145/2011, ferma restando la formazione di partenza, ha aggiunto ai requisiti suddetti la necessaria partecipazione dei Mediatori nel biennio di aggiornamento e in forma di tirocinio assistito, ad almeno venti casi di mediazione svolti presso organismi iscritti (v. art. 4, comma 3, lett. b).

La l. n. 98/2013 ha innovato rispetto alla disciplina precedente, prevedendo la introduzione nell'ambito dell'art. 16 del comma 4-bis per cui gli Avvocati iscritti all'albo sono di diritto Mediatori. Inoltre è previsto che gli Avvocati iscritti ad Organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione.

L'obbligo informativo dell'avvocato

All'atto del conferimento dell'incarico, l'Avvocato è tenuto a informare l'assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal d.lgs. n. 28/2010 e delle agevolazioni fiscali di cui agli artt. 17 e 20. L'Avvocato deve informare, altresì, l'assistito dei casi in cui l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L'informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto (e anche all'atto di conferimento di incarico per ottenere una ingiunzione di pagamento ex art. 633 c.p.c.: Trib. Varese, sez. civ., decr., 30 giugno 2010; Trib. Varese, sez. civ., sent., 9 aprile 2011). In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l'Avvocato e l'assistito è annullabile. Il documento che contiene l'informazione è sottoscritto dall'assistito e deve essere allegato all'atto introduttivo dell'eventuale giudizio. La violazione dell'obbligo di informativa da parte dell'Avvocato costituisce illecito disciplinare ai sensi dell'art. 27 del codice deontologico forense.

Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione. La sanzione per l'omessa informativa è stata fissata nell'annullabilità del contratto concluso (ex art. 1441 c.c.: cfr. anche Trib. Varese, sez. civ., ord., 1 marzo 2011; nella versione originaria del d.lgs. n. 28/2010, la sanzione era quella della nullità del contratto professionale).

La mancata informativa costituisce, invece, illecito disciplinare ma non è un vizio che si riverbera sulla validità della procura. Secondo la Suprema Corte, infatti, la procura alle liti, come atto interamente disciplinato dalla legge processuale, è insensibile alla sorte del contratto di patrocinio la cui invalidità non toglie quindi al difensore lo ius postulandi attribuito con la procura.

CASISTICA

Cass. civ., sez. II, sent.,5 dicembre 2019, n. 31852

È annullabile il contratto di incarico professionale stipulato tra cliente ed avvocato, nonostante il difensore - che omesso di assolvere l'obbligo informativo di cui all'art. 4, comma 3, d.lgs. n. 28/2010 in materia di mediazione - abbia richiesto la corresponsione del proprio compenso solo in virtù della redazione di una semplice bozza di atto giudiziale mai più depositato

Trib. Palermo, sez. Civile, ord., 24 marzo 2011

L'annullabilità del contratto di patrocinio possa essere fatta valere soltanto dal cliente e non dalla controparte. L'omessa informativa prevista dall'art. 4, comma 3, d.lgs. n. 28/2010 non determina improcedibilità della domanda giudiziale

L'istanza di mediazione

La “domanda di mediazione” (art. 8 d.lgs n.28/2010) non richiede forme particolari ma deve indicare:

  • l'Organismo,
  • le parti,
  • l'oggetto
  • le ragioni della pretesa
  • e, ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. n. 28/2010, il valore della controversia.

L'esatta indicazione degli elementi della domanda è funzionale alla produzione degli effetti sulla prescrizione e sulla decadenza.

L'istanza di mediazione - sul punto equiparata alla domanda giudiziale - infatti, produce sulla prescrizione gli effetti della detta e impedisce la decadenza per una sola volta ciò al fine di evitare che siano proposte istanze strumentali e seriali di mediazione al solo fine di differire la scadenza del termine di decadenza.

Gli effetti si producono «dal momento della comunicazione alle altre parti». Si tratta, cioè, di atto recettizio. La previsione è stata spostata nel nuovo art.8 (rubricato «Procedimento») che, nella nuova formulazione, nel disciplinare il «procedimento» di mediazione, ha previsto in modo più completo che l'effetto interruttivo non sia prodotto dalla comunicazione alla controparte della sola domanda (di mediazione) ma di questa (ovvero l'istanza di mediazione) unitamente alla «designazione del mediatore, la sede e l'orario dell'incontro, le modalità di svolgimento della procedura e la data del primo incontro e ogni altra informazione utile». Tali dati sono comunicati «a cura dell'organismo alle parti con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione…». E' rimasta invariata la previsione secondo cui «dal momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta. La parte può a tale fine comunicare all'altra parte la domanda di mediazione già presentata all'organismo di mediazione, fermo l'obbligo dell'organismo di procedere ai sensi del comma 1…».

In sostanza, come si legge nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 149/2022, al fine di evitare che eventuali lentezze procedurali dell'organismo di mediazione possano danneggiare gli interessi delle parti che ricorrono alla mediazione che quindi, già solo per questo, possano essere indotte a non avvalersi di tale procedura, è stato previsto che la parte che presenta la domanda possa provvedere autonomamente alla comunicazione alla controparte al fine di avvalersi dell'effetto interruttivo della prescrizione o dell'impedimento della decadenza, senza, tuttavia, alcun esonero degli obblighi di comunicazione che continuano a gravare sull'organismo di mediazione.

Emerge come alla domanda di mediazione siano stati, sin dall'introduzione dell'istituto, estesi gli effetti che il codice civile riconnette alla costituzione in mora.

Così inquadrata, la fattispecie costituisce, pertanto, deroga al principio sancito dall'art. 2964 c.c., che esclude che la decadenza possa essere soggetta alla disciplina interruttiva, invece valevole per la prescrizione e dettata dai precedenti artt. 2934 e ss. c.c.

Il testo, novellato dal d.lgs. n. 149/2022 continua ad utilizzare il termine atecnico di «comunicazione» reiterando, quindi, il principio della non necessità di un atto formale (notifica o PEC) ma del solo utilizzo di un «mezzo idoneo» ad assicurare la ricezione.

L'istanza di mediazione non può essere trascritta. Al fine della produzione degli effetti prenotativi occorre, procedere alla trascrizione della domanda giudiziale (art. 5, comma 5).

La competenza dell'organismo di mediazione

La legge n. 98/2013 al comma 1 dell'art. 4 aveva già previsto che la domanda di mediazione è presentata presso un Organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.

L'art. 4 del d.lgs n. 28/2010 è stato integrato dal d.lgs n. 149/2022 con la previsione, finalizzata a favorire il simultaneus processus, per cui in caso di più domande relative alla stessa controversia «la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda», determinandosi la prevenzione dal «deposito dell'istanza di mediazione».

In ordine alla competenza è stata esplicitata la derogabilità, su accordo delle parti, di quella territoriale del mediatore, determinata in base alla competenza dell'ufficio giudiziario secondo le norme processuali vigenti.

Nel caso di più istanze di mediazione relative al medesimo oggetto, la mediazione si svolge davanti all'Organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza (regola della prevenzione).

L'adesione e la mancata adesione all'istanza di mediazione

La parte che riceve un'istanza di mediazione può aderire al procedimento presentandosi presso l'Organismo di mediazione nel giorno indicato dalla segreteria dello stesso o inviando a quest'ultima la propria dichiarazione di adesione. I Regolamenti dei singoli Organismi in proposito possono prevedere modalità che garantiscano la massima efficienza, speditezza e trasparenza.

Il nuovo articolo 12-bis è stato inserito dalla Riforma nel d.lgs. n. 28/2010 per attuare il principio di cui alla lettera e) e contiene, collocate in un unico articolo, le disposizioni sulle conseguenze processuali della mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento. In particolare:

- il giudice può desumere argomenti di prova, ai sensi dell'art. 116, comma 2 del codice di procedura civile, dalla mancata partecipazione di una parte, senza giustificato motivo, al primo incontro della procedura di mediazione cui la controparte l'ha invitata;

- la parte costituita viene condannata a versare all'erario una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio instaurato dopo l'infruttuoso tentativo obbligatorio di mediazione. Rispetto alla disposizione previgente, oltre a una diversa e più razionale collocazione, è stato previsto un aumento della sanzione irrogata a questo titolo al fine di disincentivare comportamenti elusivi della procedura conciliativa;

- l'ingiustificata partecipazione alla procedura di mediazione da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 165/2001 o da parte di soggetti sottoposti a un'autorità di vigilanza comporta che il giudice segnala la mancata partecipazione, nel primo caso, al pubblico ministero presso la Corte dei conti e nel secondo caso, all'autorità di vigilanza.

Tale segnalazione consente l'eventuale adozione, nei confronti dei soggetti che ingiustificatamente hanno omesso di coltivare una procedura di mediazione obbligatoria, di eventuali sanzioni connesse al danno che tale comportamento possa avere causato all'amministrazione.

La designazione del mediatore

Ai sensi dell'art. 3, comma 2, d.lgs. n. 28/2010, il regolamento di procedura deve in ogni caso garantire modalità di nomina che assicurino l'imparzialità del Mediatore e la sua idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico (art. 7, comma 5, lett. e), D.M. n. 180/2010, come modif. dal D.M. n. 145/2011).

Inoltre, ciascun Organismo, inoltre, può prevedere, ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. d) ed e), la formazione di separati elenchi dei Mediatori suddivisi per specializzazioni in materie giuridiche e che la mediazione svolta dall'Organismo medesimo sia limitata a specifiche materie, chiaramente individuate.

Le parti, tuttavia, restano libere di effettuare una «comune indicazione del Mediatore, ai fini della sua eventuale designazione da parte dell'Organismo».

Inoltre, il mediatore può nominare uno o più mediatori ausiliari «nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche» (art.8 comma 1) ed avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali per i quali il regolamento di procedura dell'organismo dovrà prendere le modalità di calcolo e liquidazione dei relativi compensi (art. 8 comma 7). Nel sistema previgente la figura del consulente vero e proprio era residuale e prevista dall'art.8 comma 4 solo quando non era possibile o sufficiente ricorrere all'apporto del mediatore ausiliario. Una importante novità, introdotta con il d.lgs. n. 149/2022 (art. 8 comma 7 cit.) prevede che le parti, al momento della nomina dell'esperto, possano convenire la producibilità in giudizio della sua relazione. La Riforma Cartabia ha optato, quindi, per chiarire esplicitamente che l'accordo di produrre la relazione nell'eventuale giudizio deroga ai limiti di utilizzabilità del documento formato nella procedura di mediazione, derivanti dal dovere di riservatezza sancito dall'art. 9. In caso di produzione, si è previsto che tale documento venga valutato ai sensi dell'art. 116, comma 1, del codice di procedura civile.

Obblighi e responsabilità del mediatore

L'art. 14 definisce gli obblighi del mediatore e dei suoi ausiliari: imparzialità e riservatezza.

L'obbligo di imparzialità, cui fa riferimento la stessa definizione normativa di mediazione di cui agli artt. 1 lett. a) del d.lgs. n. 28/2010 ed art. 1 lett. c) del D.M. n. 180/2010, si estrinseca, nell'obbligo del Mediatore di sottoscrivere, prima dell'inizio del procedimento, una formale dichiarazione di imparzialità̀, segnalando tempestivamente alle parti e all'Organismo le eventuali cause ostative di uno svolgimento distaccato dell'incarico; dall'altro, nel divieto di percepire dalle parti compensi e nel divieto di assumere diritti o obblighi connessi con gli affari trattati (art. 14, comma 1, d.lgs. n. 28/2010), al fine di evitare che il Mediatore possa essere indotto a svolgere l'incarico in modo non equilibrato, sostenendo maggiormente le ragioni di una determinata parte a scapito dell'altra.

La Riforma (d.lgs. n. 149/2022) ha esplicitato il criterio della indipendenza del mediatore accanto a quello della imparzialità, comprovati da una apposita dichiarazione sottoscritta dal mediatore per ogni causa per la cui trattazione viene designato (art. 14, comma 2, lett. a). A tal fine è previsto l'obbligo di comunicare alle parti e al responsabile dell'organismo di mediazione le circostanze sopravvenute che potrebbero compromettere l'indipendenza, e non più solo la imparzialità, del mediatore (art.14 comma 2, lett.b)

Ad assicurare l'«indipendenza» del Mediatore provvede anche l'art. 14-bis D.M. n. 180/2010, aggiunto dal D.M. n. 139/2014. La norma, per la precisione, si occupa delle possibili cause di «incompatibilità e conflitti di interesse», stabilendo che «1. Il Mediatore non può essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all'organismo presso cui è iscritto o relativamente al quale è socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali. 2. Non può assumere la funzione di Mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti è assistita o è stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali; in ogni caso costituisce condizione ostativa all'assunzione dell'incarico di Mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all'art. 815, primo comma, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile. 3. Chi ha svolto l'incarico di Mediatore non può intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali».

Sussistendo una incompatibilità, alla sostituzione del mediatore, che deve essere richiesta da almeno una parte, provvede il responsabile ovvero altro soggetto la cui individuazione deve essere predeterminata dal regolamento dell'organismo.

Per le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite durante il procedimento di mediazione sussiste:

l'obbligo di riservatezza gravante su chiunque presta la propria opera nell'ambito del procedimento stesso (art. 9, comma 1);

il divieto di utilizzazione in giudizio (art. 10, comma 1);

il mediatore non può essere tenuto a deporre sul loro contenuto (art. 10, comma 2), trovando applicazione, nei suoi confronti, le garanzie previste dall'art. 200 (segreto professionale) e 103 (libertà del difensore) c.p.p;

il divieto, salvo diverso accordo delle parti, che la proposta di accordo conciliativo vi contenga riferimenti.

Si tratta della c.d. riservatezza esterna che si completa con la previsione dell'art. 7 D.M. n. 180/2010 che rinvia al Codice della Privacy per la disciplina del trattamento dei dati personali (art. 15).

Si può parlare, poi, di un obbligo di riservatezza c.d. interna, rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti (art. 9, comma 2).

Lo svolgimento del procedimento

La regola generale è che il procedimento di mediazione non è soggetto ad alcuna formalità e la procedura, con l'accordo delle parti, è nella loro piena disponibilità.

In genere il procedimento di mediazione è regolato essenzialmente dal Regolamento adottato dal singolo Organismo di mediazione. Il procedimento di mediazione è attualmente disciplinato all'art. 8 del d.lgs n. 28/2010 che prevede che il responsabile dell'organismo fissi il primo incontro di programmazione tra le parti non prima di 20 e non oltre 40 giorni dal deposito della domanda. Questa, unitamente alla data e luogo del primo incontro, alla designazione del mediatore e alle modalità di svolgimento della procedura , viene comunicata all'altra parte, dall'organismo di mediazione con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, ferma restando la facoltà , della parte che ha presentato la domanda, di informare l'altra (comunicazione che non fa venire meno l'obbligo gravante sull'organismo di mediazione).

Il comma 4, del novellato art.8 del d.lgs. n. 28/2010 in attuazione del principio contenuto nella delega - quello della effettività della mediazione – prevede che le parti, in linea di principio, sono tenute a partecipare personalmente alla procedura di mediazione ma, in presenza di giustificati motivi, possono delegare un proprio rappresentante, a condizione che sia informato sui fatti e che sia munito dei poteri per conciliare la lite. In tal caso il mediatore deve verificare i poteri di rappresentanza dei delegati – come nel caso di partecipazione alla mediazione di soggetti diversi dalle persone fisiche - e darne atto nel verbale.

Le parti devono essere assistite da avvocati, quando si tratta di mediazione obbligatoria o demandata dal giudice.

Il comma 6 dell'art. 8 del d.lgs. n.28/2010, ha ripreso la previsione (di cui al previgente comma 3) secondo cui il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia, ma è stato integrato al fine di precisare le attività e gli oneri che gravano sulle parti della procedura di mediazione e sullo stesso mediatore il quale, in linea generale, è tenuto preliminarmente a informare le parti, nel primo incontro, sulle modalità di svolgimento della mediazione.

La legge di Riforma del 2022 ha stabilito espressamente che di detto primo incontro è redatto verbale, a rimarcare esplicitamente l'importanza di questo momento non più finalizzato solo ad una mera informativa alle parti sulla procedura: infatti la funzione del primo incontro di mediazione è stata esplicitamente potenziata e sono stati previsti specifici oneri a carico del mediatore anche finalizzati a far constatare l'eventuale soddisfacimento della condizione di procedibilità e consentire al giudice, di individuare in sede contenziosa, le ragioni dell'insuccesso conciliativo.

La norma prescrive che sia sulle parti che sugli avvocati grava l'obbligo di collaborare lealmente e in buna fede con il mediatore per il raggiungimento dell'accordo.

La norma va coordinata con l'art. 12-bis (nuovo testo) che regola le conseguenze processuali della mancata partecipazione al procedimento di mediazione e nell'articolato fa riferimento al «primo incontro» e con il nuovo art. 5, comma 4, che recita: «Quando l'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo di conciliazione».

Quanto alla tempistica, il d.lgs. n. 149/2022 ha integralmente sostituito l'art. 6 d.lgs. n. 28/2010 che fissa la durata massima della mediazione in tre mesi, prorogabili di altri tre prima della scadenza e mediante accordo scritto dalle parti. Al comma 3 il legislatore ha ritenuto necessario precisare il dovere delle parti di comunicare al giudice la proroga del termine per concludere il procedimento di mediazione, così da consentire al giudice di adottare i provvedimenti conseguenti rispetto al giudizio avanti a sé pendente.

Il termine decorre dal deposito della domanda o dalla scadenza fissata dal giudice nel caso di mediazione demandata.

Il procedimento di mediazione non subisce la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.

L'art. 8-bis del d.lgs. n. 28/2010 disciplina la mediazione in modalità telematica. La norma rinvia a quanto previsto dal codice dell'amministrazione digitale (d.lgs. n. 82/2005) in materia di: formazione dei documenti della mediazione in formato nativo digitale; sottoscrizione mediante firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata; svolgimento degli incontri con il collegamento audiovisivo da remoto, che deve essere idoneo ad assicurare la contestuale effettiva reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate; invio di documenti e comunicazioni tramite pec o altro servizio di recapito certificato qualificato; conservazione dei documenti a cura dell'organismo di mediazione secondo le norme dlel'art. 43 del CAD. Al termine della mediazione il mediatore crea un unico documento informatico, contenente sia il verbale, sia l'accordo se raggiunto; tale documento deve essere sottoscritto dalle parti e dagli avvocati, nei casi di mediazione obbligatoria. E' sottoscritto quindi dal mediatore che avrà cura di inviarlo alle parti, agli avvocati e alla segreteria dell'organismo di mediazione.

La proposta. Conseguenze sulle spese del processo

Consiste nella soluzione di conciliazione della lite proposta dal Mediatore alle parti (art. 11, comma 1).

Può essere formulata dal Mediatore su richiesta concorde delle parti nonché nelle ulteriori ipotesi contemplate dai regolamenti adottati dai singoli Organismi che possono prevedere la facoltà del Mediatore di formulare proposte solo in caso di richiesta congiunta delle parti (anche in questo caso la proposta dovrà essere allegata al verbale) .

Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non conterrà alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento (art. 11, comma 2).

Una volta formulata, la proposta di conciliazione è comunicata per iscritto alle parti, le quali hanno l'onere di far pervenire al Mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l'accettazione o il rifiuto. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata.

La riforma del 2022 ha precisato la necessità di indicare nel verbale: il valore dell'accordo di conciliazione stesso (comma 3); l'attestazione delle persone che hanno partecipato agli incontri e delle parti che sono intervenute, in conseguenza della introduzione della possibilità di avvalersi di un rappresentante di cui all'art. 8 comma 4; la formazione del verbale preferibilmente in formato digitale o se in formato analogico in tante copie quante sono le parti partecipanti (oltre all'originale che viene depositato presso la segreteria dell'organismo di mediazione – comma 5); l'obbligo di conservazione degli atti dei procedimenti trattati da parte dell'organismo di mediazione per almeno un triennio (comma 6).

Nel caso di accordo sottoscritto dalle Amministrazioni pubbliche il nuovo art. 11-bis precisa che i rappresentanti di queste che sottoscrivono accordi di conciliazione nel procedimento di mediazione o in sede giudiziale non sono soggetti a responsabilità contabile se non nel caso di dolo o colpa grave consistenti nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione di legge e da travisamento dei fatti.

La limitazione di responsabilità introdotta opera, a condizione che il funzionario abbia agito nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalità, nonché di logicità e razionalità che devono sempre caratterizzare l'agire della pubblica amministrazione.

Nel caso di fallimento della mediazione per mancata accettazione della proposta, si prevede una disciplina speciale delle spese del successivo giudizio civile (art.13): in particolare, a carico della parte vincitrice che non abbia accettato una proposta di mediazione integralmente corrispondente al successivo provvedimento giudiziario è escluso il rimborso delle spese riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo steso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l'applicabilità degli artt. 92 e 96 commi 1,2 e 3, c.p.c

Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione le ragioni del provvedimento sulle spese. Salvo diverso accordo dette disposizioni non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.

L'accordo conciliativo. Effetti e omologazione

Il procedimento si conclude con la redazione di un verbale di raggiunta o fallita conciliazione sottoscritto dalle parti, dai rispettivi Avvocati difensori nominati nell'ambito della procedura e dal Mediatore. Quest'ultimo certifica, altresì, l'autografia delle parti ovvero l'impossibilità di sottoscrivere.

Il raggiungimento della conciliazione può avvenire spontaneamente ovvero mediante adesione alla proposta del Mediatore.

Il verbale di accordo costituisce titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale, nonché titolo per l'espropriazione forzata e per le esecuzioni in forma specifica in due casi (art. 12):

a) in presenza di accordo sottoscritto da tutte le parti e tutti gli Avvocati ove tutte siano state assistite da un Avvocato durante la procedura. In questa ipotesi l'accordo sottoscritto dalle parti e dagli avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati, infatti, con la loro sottoscrizione attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico.

b) a seguito dell'omologazione giudiziale;

È il caso in cui non vi siano gli avvocati o pur essendoci non firmano e non attestano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico: il verbale di accordo è omologato dal Presidente del Tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo adìto.

L'omologazione è concessa dal Presidente del Tribunale con decreto, verificata la regolarità formale e la non contrarietà all'ordine pubblico o a norme imperative.

Competente all'omologazione è:

a) il Tribunale nel cui circondario ha sede l'Organismo;

b) per le controversie transfrontaliere il Tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione.

Il procedimento di omologazione è assoggettato alle disposizioni previste per i procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 e ss. c.p.c.).

Nulla è detto nemmeno in relazione all'impugnazione del decreto che nega o concede l'omologazione.

Patrocinio a spese dello Stato

La Riforma (d.lgs n. 149/2022) ha previsto la estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione (Capo II-bis) oltre che di negoziazione assistita, nei casi nei quali l'esperimento delle dette costituisce condizione di procedibilità della domanda.

Si tratta di una conseguenza della pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 10 del 2022) degli artt. 74, comma 2, e 75, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)» (TUSG), nella parte in cui non prevedevano che il patrocinio a spese dello Stato fosse applicabile anche all'attività difensiva svolta nell'ambito dei procedimenti di mediazione di cui all'articolo 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010, quando nel corso degli stessi fosse raggiunto un accordo, nonché dell'art. 83, comma 2, TUSG, nella parte in cui non prevedeva che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provvedesse l'autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

L'intervento è stato quindi finalizzato a colmare tale lacuna, introducendo un meccanismo che consente l'accesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale e viene raggiunto l'accordo prima di adire l'autorità giudiziaria.

Il comma 2 dell'art. 15-bis d.lgs. n. 28/2010 specifica i casi di esclusione dal beneficio (controversie per cessione di crediti e ragioni altrui), come delineati nel TUSG, in quanto costituenti, salvo specifica eccezione, ipotesi presunte di abuso dello strumento.

L'art. 15-ter d.lgs. n. 28/2010 fissa, in conformità alle disposizioni vigenti - artt.76 e 77 TUSG - il limite di reddito per l'accesso al patrocinio a spese dello Stato.

Seguono le specificazioni sul contenuto necessario dell'istanza di ammissione (art. 15-quater) e la previsione della possibilità, per chi si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di farne richiesta al fine di proporre domanda di mediazione o di partecipare alla relativa procedura.

La norma riprende, poi, in quanto compatibile, la disciplina del TUSG sulla redazione e sottoscrizione dell'istanza per l'ammissione, prevedendo che nell'istanza siano indicate le ragioni di fatto e di diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere con la procedura di mediazione. Benché la procedura di mediazione non sia equiparabile al processo che si svolge davanti al giudice, in quanto non comporta una valutazione di fondatezza o infondatezza delle contrapposte pretese e non si conclude con un provvedimento assimilabile a una pronuncia giurisdizionale, si è ritenuto di mantenere questo requisito negli esatti termini previsti dal TUSG, in quanto indispensabile per consentire all'organo competente a ricevere l'istanza a valutare la meritevolezza del beneficio richiesto dalla parte non abbiente. Anche sotto questo profilo, ferme restando le differenze intrinseche tra mediazione e processo, non vi è ragione di adottare una disciplina differenziata.

Per i redditi prodotti all'estero, il cittadino di Stato non appartenente all'Unione europea o l'apolide, a pena di inammissibilità, correda l'istanza per l'ammissione con una certificazione dell'autorità consolare competente che attesta la veridicità di quanto in essa indicato. In caso di impossibilità di presentare tale certificazione, l'istanza è corredata da una dichiarazione sostitutiva di certificazione, redatta ai sensi dell'art. 47 del d.P.R. n. 445/2000.

La domanda è proposta dall'interessato personalmente o dall'avvocato che ne ha autenticato la firma, con raccomandata o a mezzo pec o con servizio elettronico, al consiglio dell'ordine degli avvocati dove ha sede l'organismo di mediazione competente.

Nessuna indennità è dovuta all'organismo dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda (art. 17, comma 6).

L'art. 15-quinquies d.lgs. n. 28/2010 individua il Consiglio dell'ordine degli avvocati competente nel Consiglio che ha sede nel luogo dove si trova l'organismo di mediazione competente ad esperire la procedura.

Il legislatore ha mantenuto il meccanismo, già previsto dal TUSG, dell'ammissione anticipata e provvisoria da parte di tale organo. Entro venti giorni dalla presentazione dell'istanza per l'ammissione, il consiglio dell'ordine degli avvocati, verificatane l'ammissibilità, ammette l'interessato al patrocinio, in via anticipata e provvisoria, e gliene dà immediata comunicazione.

In caso contrario, la parte ammessa in via provvisoria, avendo soddisfatto la condizione di procedibilità, è legittimata a presentare domanda giudiziale e, in tal caso, la liquidazione del compenso al difensore della parte non abbiente avviene secondo le regole del TUSG.

Chi è ammesso al patrocinio può nominare un avvocato scelto tra gli iscritti negli elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, istituiti presso i consigli dell'ordine del luogo dove ha sede l'organismo di mediazione competente.

Contro il rigetto dell'istanza per l'ammissione anticipata, l'interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla comunicazione, avanti al presidente del tribunale del luogo in cui ha sede il consiglio dell'ordine che ha adottato il provvedimento.

Le indennità di cui all'articolo 17, commi 3 e 4, non sono dovute dalla parte ammessa in via anticipata al patrocinio.

Quando è raggiunto l'accordo di conciliazione, l'ammissione è confermata, su istanza dell'avvocato, dal consiglio dell'ordine che ha deliberato l'ammissione anticipata, mediante apposizione del visto di congruità sulla parcella.

L'istanza di conferma indica l'ammontare del compenso richiesto dall'avvocato ed è corredata dall'accordo di conciliazione. Il consiglio dell'ordine, verificata la completezza della documentazione e la congruità del compenso in base al valore dell'accordo indicato ai sensi dell'articolo 11, comma 3, conferma l'ammissione e trasmette copia della parcella vistata all'ufficio competente del Ministero della giustizia perché proceda alle verifiche ritenute necessarie e all'organismo di mediazione.

La richiesta da parte dell'avvocato di compensi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla norma in esame (Capo II) costituisce grave illecito disciplinare ed è nullo ogni patto contrario (art. 15-septies).

La determinazione degli importi spettanti all'avvocato che assiste la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato è demandata ad un apposito decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze. Lo stesso decreto determina le modalità di liquidazione degli importi, che può avvenire anche attraverso credito di imposta ai sensi dell'art.20.

Si applicano le sanzioni previste dall'art. 124, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 per le false attestazioni reddituali, ovvero la reclusione ad uno a cinque anni e la multa da euro 309,87 a 1549,37 con aumento di pena se è stata conseguita l'ammissione al patrocinio. La condanna comporta inoltre la revoca con efficacia retroattiva e il recupero a carico del responsabile delle somme corrisposte dallo stato. E inoltre attribuito alla Guardia di Finanza il compito di effettuare controlli fiscali sui soggetti ammessi al patrocinio a spese dello stato, anche tramite indagini bancarie e presso gli intermediari finanziari, ai sensi dell'art. 88 del d.P.R. n. 115/2002 (art. 15-decies).

Regime tributario e credito d'imposta

Attesa la finalità di incentivare il ricorso alla mediazione è previsto un regime di esenzione fiscale (art.17) , che è integrale con riferimento all'imposta di bollo, tassa o altro diritto di analoga natura degli atti relativi al procedimento di mediazione e, parziale, con riferimento all'imposta di registro (entro il limite di valore innalzato dal d.lgs. n. 149/2022 a euro 100.000,00). Per quanto riguarda le spese, l'originario principio di gratuità della mediazione (già previsto dall'art.17 comma 5 ter) , nel caso in cui non fosse raggiunto un accordo all'esito del primo incontro, è stato soppresso. Il comma 3, introdotto dalla legge di riforma n.149/22 , ha previsto una indennità che le parti devono versare all'organismo al momento della presentazione della domanda di mediazione o al momento dell'adesione, comprendente le spese di avvio della procedura e le spese di mediazione per lo svolgimento del primo incontro.

Con particolare riferimento al credito d'imposta, l'art. 20 del d.lgs. n. 28/2010 lo riconosce: in misura pari all'indennità corrisposta e fino a concorrenza di euro 600,00 in caso di accordo di conciliazione;

in caso di mediazione obbligatoria o demandata, per il compenso del proprio avvocato, nei limiti previsti dai parametri forensi e fino a concorrenza di euro 600,00.

Restano quindi escluse le ipotesi di mediazione su clausola contrattuale o statutaria di cui al nuovo articolo 5-sexies in quanto si tratta di ipotesi nella quale la condizione di procedibilità deriva dalla volontà delle parti.

In caso di conclusione di un accordo di conciliazione a causa introdotta, è riconosciuto un credito di imposta per il contributo unificato versato per il giudizio estinto, nel limite di quanto versato e fino ad un importo massimo di 518,00 euro. La norma fissa anche un limite complessivo del credito per procedura pari ad euro 600,00 ed un importo massimo annuale in caso di pluralità di procedure pari a euro 2400,00 per le persone fisiche, euro 24.000,00 per le persone giuridiche. In caso di insuccesso della procedura, i crediti di imposta sono ridotti alla metà.

L'ultimo periodo del comma ribadisce la regola, contenuta nella precedente formulazione del comma 1, secondo cui, in caso di insuccesso della mediazione, i crediti di imposta sono ridotti della metà. Sotto questo profilo non vengono apportate innovazioni al regime previgente.

Il comma 4 dell'art. 20 è stato introdotto al fine di attuare il principio di delega avente ad oggetto il riconoscimento di un credito d'imposta in favore degli organismi di mediazione. Il beneficio è riconosciuto quando partecipa alla procedura di mediazione una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato che, per effetto dell'ammissione non è tenuta a versare alcuna indennità all'organismo di mediazione, al quale spetta, invece, in misura corrispondente, un credito di imposta per il quale è previsto un limite annuale di euro ventiquattromila.

Il comma 5 prevede che venga adottato, entro sei mesi dall'entrata in vigore delle disposizioni attuative della legge n. 206/2021, un decreto ministeriale finalizzato a disciplinare le procedure che dovranno essere seguite per il riconoscimento dei crediti d'imposta sopra descritti, anche per quanto concerne l'individuazione della documentazione da esibire a corredo della richiesta e dei controlli sull'autenticità della stessa, e per definire le modalità di trasmissione in via telematica all'Agenzia delle entrate dell'elenco dei beneficiari e dei relativi importi a ciascuno comunicati.

Riferimenti
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  • AA.VV., Mediazione e conciliazione nel nuovo processo civile a cura di B. Sassani e F. Santagada, Roma, 2010;
  • Bove M. (ed.) (2011), La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, Padova;
  • Ghirga M. F., Strumenti alternativi di risoluzione della lite: fuga dal processo o dal diritto? (Riflessioni sulla mediazione in occasione della pubblicazione della Direttiva 2008/52/CE), in Riv. dir. proc., 2009, 357 ss.;
  • R. Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Composizione della lite e processo nel d.lg. n. 28 2010 e nei D.M. nn. 180/2010 e 145/2011, Torino, 2011.
  • Bove M., La Riforma del processo civile. Commento alla legge n.206 del 26 novembre 2021, in Guida al Diritto, Sole24ore, 2022;
  • Di Marco G., La riforma del Processo civile, (a cura di) Giampaolo Di Marco, Giappichelli Editore, 2022;
  • Briguglio A., Avanti con la ennesima riforma del rito civile purché sia solo (tutt'altro che decisiva ma) modestamente utile e non dannosa, in Giustizia civile.com, n. 6/2021;
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