L'incompetenza funzionale del giudice di appello e la translatio iudicii

Rosa Anna Capozzi
17 Aprile 2023

Il C.g.a. per la Regione siciliana è il solo competente a decidere l'appello avverso una sentenza del TAR per la Sicilia, costituendo a tutti gli effetti una sezione del Consiglio di Stato.
Massima

L'appello proposto avverso una sentenza del T.a.r. per la Sicilia (sede di Palermo o Sezione staccata di Catania) può essere deciso unicamente dalla sezione giurisdizionale del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, la quale a tutti gli effetti è una sezione del Consiglio di Stato. Nel caso di proposizione al Consiglio di Stato con sede in Roma di un appello proponibile alla Sezione giurisdizionale staccata di Palermo, la sezione del Consiglio di Stato non può decidere la causa, poiché la competenza funzionale della sezione staccata di Palermo è inderogabile, in quanto prevista da una disposizione attuativa dello statuto regionale, avente rango costituzionale, e non può dar luogo alla definizione del giudizio con una pronuncia del Consiglio di Stato con sede in Roma.

Nel caso di proposizione di appello avverso una sentenza del T.a.r. Sicilia innanzi al Consiglio di Stato con sede in Roma, la Presidenza del Consiglio di Stato deve trasmettere alla Segreteria della sezione staccata di Palermo l'appello proposto. Qualora l'appello sia stato, però, assegnato dalla Presidenza ad una delle sezioni del Consiglio di Stato, rilevano i principi generali desumibili dall'art. 15, commi 2 e 4, del codice del processo amministrativo, sicché la sezione avente sede in Roma non può decidere in sede cautelare e con ordinanza deve dichiarare la propria incompetenza, affinché il giudizio possa essere riassunto innanzi alla sezione staccata.

Il caso

La vicenda posta all'attenzione dell'Adunanza Plenaria ai sensi dell'art. 99 c.p.a. riguarda la questione, ampiamente dibattuta anche da parte della giurisprudenza di legittimità ordinaria, della idoneità di un appello, erroneamente proposto dinanzi ad un giudice incompetente, ad instaurare un regolare rapporto processuale suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii, previsto dall'art. 50 c.p.c., oppure se l'erronea individuazione del giudice dell'impugnazione, non rileva come questione attinente ai poteri cognitivi dell'organo giudicante adito, bensì alla mera valutazione delle condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame che, pertanto, va dichiarato precluso se prospettato ad un giudice diverso da quello individuato per legge.

Il Consiglio di Stato ha confermato la natura funzionale della competenza della Sezione staccata di Palermo e, quindi, la sua inderogabilità, in quanto prevista da una disposizione attuativa dello Statuto Regionale, avente rango costituzionale, prevedendo di conseguenza la possibilità che un appello avverso una sentenza del T.a.r. per la Sicilia proposto erroneamente dinanzi al Consiglio di Stato con sede in Roma possa proseguire innanzi alla Sezione staccata di Palermo o mediante l'automatica trasmissione degli atti da parte della Presidenza del Consiglio di Stato o mediante la riproposizione del giudizio a seguito della pronuncia di incompetenza assunta con ordinanza secondo i principi desumibili dall'art. 15, commi 2 e 4, c.p.a.

La questione

La questione giuridica sottesa alla decisione in commento riguarda sia la natura delle Sezioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana sia la natura della competenza della Sezione con funzioni giurisdizionali sugli appelli proposti avverso le sentenze pronunciate dal T.a.r. per la Sicilia – sede di Palermo o sezione staccata di Catania.

In particolare, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha fornito risposta al quesito di diritto formulato con ordinanza della Terza Sezione del Consiglio di Stato del 13 luglio 2022, n. 5921, ai sensi dell'art. 99 c.p.a., sulla possibilità che l'appello proposto innanzi al Consiglio di Stato avverso una sentenza del T.a.r. per la Sicilia prosegua dinanzi al competente Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana attraverso il meccanismo della riassunzione a norma dell'art. 50 c.p.c. oppure se il Consiglio di Stato, erroneamente adìto, debba limitarsi a dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, optando per una soluzione processuale più confacente al peculiare rapporto ordinamentale esistente tra C.g.a.r.s. e Consiglio di Stato.

Le soluzioni giuridiche

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, partendo dall'esame della disciplina che si è evoluta nel tempo sulla competenza del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (dall'art. 40 della legge n. 1034 del 1971 – a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 61 del 1075- all'art. 6, comma 6,c.p.c.), ha richiamato la giurisprudenza del Consiglio di Stato favorevole alla tesi dell'inammissibilità del gravame avverso una sentenza del T.a.r. per la Sicilia proposto erroneamente dinanzi al Consiglio di Stato con sede in Roma e ha sostenuto che la stessa sia meritevole di rimeditazione, in considerazione del principio enunciato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 14 settembre 2016, n. 18121.

Il superamento dell'orientamento della precedente giurisprudenza amministrativa favorevole alla tesi dell'inammissibilità dell'appello erroneamente incardinato dinanzi al Consiglio di Stato con sede in Roma viene, poi, giustificato anche alla luce dell'inquadramento normativo, seguito da quello della giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria, con la sentenza n. 13/2022, relativo alla natura delle Sezioni del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana quali sezioni staccate del Consiglio di Stato.

Dalla natura di sezioni staccate delle sezioni del C.g.a.r.s. l'organo di nomofilachia fa discendere la competenza funzionale inderogabile della Sezione giurisdizionale staccata di Palermo sugli appelli proposti avverso le sentenze del T.a.r. per la Sicilia (sede di Palermo o sezione staccata di Catania) e, in definitiva, la competenza esclusiva a decidere dell'ammissibilità o meno delle impugnazioni proposte.

Ulteriore corollario è quello dell'applicabilità del meccanismo della translatio iudicii all'appello erroneamente proposto al Consiglio di Stato, con sede in Roma, sia d'ufficio, mediante la trasmissione degli atti da parte della Presidenza del Consiglio di Stato alla Segreteria della Sezione staccata di Palermo, sia su iniziativa di parte, qualora l'appello sia stato già assegnato dalla Presidenza ad una delle Sezioni del Consiglio di Stato, a seguito della declaratoria di incompetenza in sede cautelare, alla luce dei principi generali desumibili dall'art. 15, commi 2 e 4, c.p.a.

In tal modo, a seguito del trasferimento innanzi al giudice di appello funzionalmente competente, il giudizio potrà proseguire impendendo la consumazione del potere di impugnazione e il conseguente passaggio in giudicato della sentenza.

Osservazioni

La sentenza in commento, con motivazione identica a quella della sentenza dell'Adunanza plenaria n. 9, pubblicata lo stesso giorno, giunge alla soluzione della questione giuridica proposta ai sensi dell'art. 99 c.p.a. mediante uno schema di ragionamento di tipo sillogistico che utilizza quali premesse maggiori il mutamento della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione sull'applicabilità del meccanismo della translatio iudicii in appello e il riconoscimento normativo e giurisprudenziale della natura di sezioni staccate del Consiglio di Stato alle sezioni del C.g.a.r.s.

Sebbene la motivazione dell'Adunanza Plenaria risulta condensata in pochi richiami giurisprudenziali e normativi, è, in realtà, molto ricca di contenuti per il necessario coinvolgimento di principi di rango costituzionale e sovranazionale.

Sullo sfondo del ragionamento dell'Adunanza Plenaria, infatti, non vi possono che essere i diritti di difesa, del giusto processo e dell'effettività della tutela, garantiti agli artt. 24 della Carta Costituzionale e all'art. 6, par. 1, della CEDU.

La stessa Corte di Cassazione, nella sentenza richiamata dalla pronuncia in commento, ha osservato che «l'orientamento favorevole all'applicabilità del meccanismo della translatio iudicii in caso di appello proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente appare rispondente al principio della effettività della tutela giurisdizionale, immanente nel nostro ordinamento». E infatti, come è stato più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui si nutre il principio del giusto processo civile impone che il processo venga celebrato non già per sfociare in pronunce procedurali che non coinvolgono i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano, bensì per «rendere pronuncia di merito rescrivendo chi ha ragione e chi ha torto: il processo civile deve avere per oggetto la verifica della sussistenza dell'azione in senso sostanziale di chiovendiana memoria, nè deve, nei limiti del possibile, esaurirsi nella discettazione sui presupposti processuali, e per evitare che ciò si verifichi si deve adoperare il giudice» (così, Corte Costituzionale, sentenza n. 220/1986; v. anche sentenze n. 123/1987 e n. 579/1990).

D'altronde la competenza del giudice di appello è una competenza sui generis, in ragione della contemporanea previsione di criteri d'individuazione sia in senso verticale (giudice superiore) che orizzontale (giudice che ha sede nella circoscrizione di quello che ha pronunciato la sentenza), alla quale, proprio in considerazione dei suoi tratti peculiari, appare confacente la qualifica di "competenza funzionale", attribuitale dalla dottrina prevalente e recepita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza del 22 novembre 2010, n. 23594, richiamata dalla sentenza già citata, a Sezioni Unite, n. 18121/2016,

Tale definizione ben si attaglia alla competenza della Sezione giurisdizionale del C.g.a.r.s., in quanto sezione staccata del Consiglio di Stato, competente sia in senso verticale, quale giudice di appello, sia in senso orizzontale, quale giudice della stessa Regione Sicilia dove hanno sede i giudici di primo grado (T.a.r. per la Sicilia- sede di Palermo o sezione staccata di Catania), alla luce dell'art. 40 della legge n. 1034/1971, dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 654, sostituito dal d.lgs. 24 dicembre 2003, n. 373 ed, infine, dell'art. 6, comma 6, c.p.a.

Ne discende che, una volta ricondotta nella nozione di "competenza", sia pur sui generis, la regola che individua il giudice legittimato a conoscere dell'appello, non poteva più essere sostenibile la tesi della non applicabilità anche al relativo giudizio del principio della translatio iudicii previsto dall'art. 50 c.p.c., anche in considerazione dell'ormai estensione dello stesso al caso di errore nell'individuazione del giudice munito di giurisdizione, ad opera dell'art. 59 della legge n. 69/2009 e dell'art. 11 c.p.a.

Tuttavia, nel caso del processo amministrativo il problema della competenza funzionale del giudice di appello si innesta sul rapporto tra Consiglio di Stato e C.g.a.r.s. qualificato in termini di ripartizione delle controversie tra sede centrale e sede staccata, sicché l'Adunanza plenaria non richiama espressamente l'art. 50 c.p.c., pur indicato nell'ordinanza di rimessione della Terza Sezione del Consiglio di Stato, bensì prevede un meccanismo di trasferimento d'ufficio degli atti dalla Presidenza del Consiglio alla Segreteria della Sezione staccata di Palermo, ovvero l'applicazione dei soli principi generali desumibili dall'art. 15, commi 2 e 4, c.p.a., nel caso in cui l'appello sia stato già assegnato ad una delle Sezioni del Consiglio di Stato.

Il richiamo ai soli principi generali desumibili dall'art. 15, commi 2 e 4, c.p.a. si giustifica alla luce di quanto previsto dall'art. 47, comma 3, c.p.a. per la ripartizione delle controversie tra tribunali amministrativi regionali e sezioni staccate, che esclude per buona parte l'applicazione dell'art. 15 c.p.a., lasciando, di fatto, non disciplinata la fase successiva alla ordinanza presidenziale.

In tal modo, la lacuna normativa viene superata applicando per analogia il termine per la riassunzione previsto dall'art. 15, comma 4, c.p.a. e non tramite il c.d. rinvio esterno, ossia il rinvio al codice di procedura civile e, in particolare, all'art. 50.

Guida all'approfondimento

In dottrina si segnala Peirone, Il riparto della competenza nella giustizia amministrativa tra naturalità del giudice territoriale e cura di interessi nazionali, in Dir. Proc. Amm., 2016, I, 136; Scoca, Riflessioni critiche sui criteri di individuazione del giudice competente nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., fasc. 4, 2013, 1107. Sul tema della translatio iudicii nel processo amministrativo, si segnalano: I. Genuessi, Forma dell'atto di riassunzione di un precedente giudizio e sinteticità degli atti nel processo amministrativo (Nota a CGA, 3 marzo 2022, n. 20), in Giustiziainsieme.it, 2022; A.G. Orofino, Translatio iudicii e modifica della domanda innanzi al giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2017, 1, 44-89 e M. Palma, Processo amministrativo e translatio iudicii, Torino, 2017.

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