L'avviso di fissazione dell'udienza va inviato alla PEC della parte o alla PEC del difensore?
19 Aprile 2023
Un contribuente impugnava la cartella di pagamento con cui il Comune intimava il pagamento della TARSU per l'anno 2012. La domanda veniva accolta sia in primo che in secondo grado. Il Comune ha dunque proposto ricorso in Cassazione invocando la nullità della sentenza e del procedimento d'appello per violazione degli artt. 61 e 31 d.lgs. n. 546/1992 in quanto l'avviso di fissazione dell'udienza di trattazione non è stato comunicato al domicilio eletto presso il difensore ma direttamente al Comune via PEC. Il difensore non ha dunque partecipato all'udienza di discussione e non ha potuto svolgere l'attività difensiva.
Il ricorso risulta fondato. In virtù del principio del contraddittorio e della garanzia del diritto di difesa, la Corte ricorda che l'omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell'avviso di fissazione dell'udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata. In particolare, secondo le Sezioni Unite (n. 13654/2011), in tema di contraddittorio nel processo tributario, ai sensi dell'art. 17, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, la comunicazione dell'avviso di trattazione della causa, ex artt. 31 e 61 del d.lgs. cit., deve essere effettuata, nel caso di esistenza di un domicilio eletto, presso quest'ultimo o, comunque, mediante consegna in mani proprie. L'art. 17 d.lgs. n. 546/1992 fa salva infatti la validità della notificazione o comunicazione che abbia raggiunto direttamente la parte.
Adattando tali principi al contesto attuale e al caso di specie dove invece la comunicazione dell'avviso di udienza in appello è avvenuta direttamente all'indirizzo PEC della parte, e non a quello del difensore presso il quale la stessa aveva eletto domicilio, il Collegio sottolinea in primo luogo che «sulla soluzione del problema non influisce il fatto che la parte processuale – in quanto PA – fosse tenuta a dotarsi di indirizzo PEC istituzionale risultante da pubblici elenchi». Dagli atti di causa, risulta che il Comune aveva indicato solo la PEC del difensore e non anche la propria, con la conseguenza che la comunicazione, effettuata all'indirizzo PEC del Comune, non è valida.
In conclusione, viene cristallizzato il principio di diritto secondo cui «nel processo tributario, qualora la parte non abbia indicato negli atti il proprio indirizzo PEC valevole per le comunicazioni e notificazioni come domicilio eletto ex art.16-bis, ultimo comma, d.lgs. n. 546/1992 ed abbia eletto domicilio presso il proprio difensore, la comunicazione della data di udienza ai sensi dell'art. 31 d.lgs. cit. avvenuta direttamente al suo indirizzo PEC non integra la consegna a mani proprie che l'art. 17 d.lgs. n. 546/1992 fa sempre salva». Alla luce di tale principio, posto che il difensore pretermesso non partecipò all'udienza in appello, il ricorso viene accolto e la pronuncia impugnata viene cassata con rinvio. (fonte: dirittoegiustizia.it) |