Servizi di valorizzazione del patrimonio museale: la regola è la gestione diretta e l'esternalizzazione l'eccezione

Guglielmo Aldo Giuffrè
27 Aprile 2023

L'esternalizzazione dei relativi servizi di valorizzazione del patrimonio museale non rappresenta la regola (come all'apposto previsto all'art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50/2016), bensì l'eccezione, percorribile soltanto qualora sia possibile, nonché utile e capace di garantire un più elevato livello di valorizzazione di tali beni. È quindi la scelta dell'affidamento a terzi e non della gestione diretta a dover essere giustificata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia.

La questione. Una società operante nella prestazione di servizi aggiuntivi di assistenza agli utenti anche e soprattutto in forma integrata con la biglietteria contesta la decisione con cui il Ministero della cultura ha ritenuto - in ragione di una “valutazione comparativa” tra le varie forme di gestione eseguita a ai sensi dell'art. 115, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 - di non esternalizzare i servizi c.d. di “valorizzazione” del patrimonio museale del Parco Archeologico del Colosseo, incaricando Consip s.p.a. di predisporre ed espletare una gara per l'affidamento in appalto del (solo) servizio di biglietteria presso tale sito archeologico.

La decisione. Secondo il Collegio non vi è alcuna manifesta irragionevolezza della scelta dell'amministrazione di non esternalizzare i servizi di valorizzazione del patrimonio museale, dal momento che l'art. 115, comma 4, d.lgs. n. 42/2004 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”), dispone che “Lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali ricorrono alla gestione indiretta al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione dei beni culturali. La scelta tra le due forme di gestione indicate ai commi 2 e 3 (diretta e indiretta) è attuata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, sulla base di obiettivi previamente definiti”.

Dal tenore letterale della disposizione emerge quindi “che, in generale, ove si tratti di beni culturali, l'esternalizzazione dei relativi servizi di valorizzazione del patrimonio museale rappresenti non già la regola (come all'apposto previsto all'art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50/2016), bensì l'eccezione che può, quindi, essere percorsa soltanto qualora sia possibile, nonché utile e capace di garantire un più elevato livello di valorizzazione di tali beni, con la conseguenza che, a ben vedere, è la scelta dell'affidamento a terzi e non della gestione diretta a dover essere giustificata mediante valutazione comparativa in termini di sostenibilità economico-finanziaria e di efficacia, assumendo, per l'effetto, la gestione indiretta dei servizi di valorizzazione una posizione per così dire recessiva rispetto alla gestione diretta”.

Ciò è stato del resto espressamente chiarito dal Consiglio di Stato, che ha affermato che “l'amministrazione non ha l'obbligo di esternalizzare la gestione di siffatti servizi (di valorizzazione) e ben può procedere con la gestione diretta, a norma dell'art. 115, comma 2” ed è, viceversa, “nel determinarsi all'esternalizzazione, (che) deve valutare la convenienza di tale formula alternativa rispetto al superiore obiettivo della valorizzazione culturale … da percorrere solo se davvero risulta più proficua al fine esclusivo - appunto - del potenziamento della conoscenza del bene medesimo e di quanto contiene come istituto o luogo della cultura” (Cons. Stato, sez. V, nn. 2259/2021 e 5773/2017).

È infatti evidente che la valutazione comparativa che la pubblica amministrazione è chiamata a svolgere al fine di individuare le più efficaci forme di gestione del patrimonio culturale di cui la stessa dispone è attività discrezionale che la disciplina speciale in materia di beni culturali (d.lgs. n. 42/2004) le affida in via esclusiva, riflettendosi la stessa su interessi pubblici la cui tutela è alla stessa riservata.

È poi chiaramente infondata la censura con cui si eccepisce la mancata giustificazione della scelta della gestione diretta con riferimento al profilo della sostenibilità economico-finanziaria, dal momento che tale modello di gestione appare a ben vedere funzionale anche a tale scopo, in quanto, ove l'amministrazione decida, come nel caso di specie, di gestire in proprio tali servizi non si ponga un'esigenza di remuneratività, né di conseguimento di un relativo utile.

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