I protagonisti della composizione negoziata della crisi d'impresa

Paola Barisone
Luigi Ruggiero
Andrea Quaglini
03 Maggio 2023

Gli Autori indagano il ruolo attribuito dal CCII ai diversi soggetti – l'imprenditore, l'advisor, il “CRO”, l'esperto e l'avvocato-esperto – nell'ambito della composizione negoziata della crisi, anche alla luce dei recenti dati di Unioncamere sul ricorso a tale strumento.
Il ruolo dell'imprenditore e gli adeguati assetti

Il ruolo dell'imprenditore nella composizione negoziata della crisi

Per comprendere pienamente il ruolo dell'imprenditore quale soggetto attivo della composizione negoziata della crisi d'impresa (è l'imprenditore, infatti, che presenta istanza per la nomina dell'esperto), occorre chiarire che la premessa fondamentale per intraprendere il percorso della composizione negoziata della crisi è che l'imprenditore abbia istituito, in precedenza, un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa. L'istituzione e la corretta gestione dei cd. “adeguati assetti” consente, infatti, di prevenire e intercettare i segnali di crisi e di insolvenza reversibile prima che la stessa si tramuti in insolvenza irreversibile. Come noto, nel nostro Paese la composizione negoziata non è ancora “decollata”, come risulta evidente dai report di Unioncamere, dai quali si evince che risultano essere state aperte, sinora, circa 700 procedure di cui solo 8 portate a termine con successo.

Evidentemente, le imprese intraprendono il percorso della composizione negoziata quando la loro situazione patrimoniale ed economico-finanziaria è già irrimediabilmente compromessa con un ritardo temporale fatale. Occorre quindi, come del resto avviene in altri paesi europei, dove strumenti analoghi alla composizione negoziata hanno maggiore fortuna rispetto all'Italia, che l'imprenditore adotti strumenti (gli adeguati assetti, appunto) che, in ottica di prevenzione (forwardlooking), consentano di prevenire i segnali di crisi e di insolvenza, prima cioè (e la questione temporale è molto rilevante) che sia troppo tardi, ovvero quando sono venuti meno i presupposti della continuità aziendale così che all'imprenditore non resta che ricorrere ad una procedura concorsuale.

Gli adeguati assetti e il CCII

L'entrata in vigore, il 15 luglio 2022, del Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (ccii) così come modificato dal D.Lgs. 83/2022 ha portato significative modifiche, tra l'altro, all'art. 3 dello stesso CCII, ovvero alle caratteristiche che deve avere l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile dell'impresa per essere adeguato ai sensi dell'art. 2086 c.c.

Prima di approfondire l'analisi delle modifiche all'art. 3, occorre sottolineare il rilevante mutamento di “filosofia” che è alla base del testo legislativo (che, a sua volta, ha recepito la Direttiva UE n. 2019/1023 cd. “Insolvency”), il quale sottende il passaggio dal principio generale della business judgement rule al principio che si potrebbe definire come stakeholder judgment rule.

In forza di questo nuovo principio normativo l'imprenditore è sempre libero di organizzare nel modo che ritiene più vantaggioso ed utile i fattori della produzione, ma ciò deve ora avvenire nel rispetto imprescindibile degli interessi di tutti coloro che hanno un interesse diretto ad una sana gestione dell'impresa e alla continuità aziendale (i cd. stakeholders, ovvero soci, amministratori, dipendenti, fornitori, clienti banche, erario, enti previdenziali). Viene affermato, in sostanza, il principio secondo cui il rischio d'impresa dell'imprenditore non potrà più essere trasferito surrettiziamente, per così dire, agli stakeholders senza pagare per questo un giusto “prezzo”. La tutela degli stakeholders diventa quindi fine pubblico prevalente rispetto all'interesse privato alla libera iniziativa d'impresa. Tutto ciò ha come corollario che l'imprenditorerispetti il vincolo gestionale di esercitare l'impresa adottando adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili ai sensi dell'art. 2086 c.c..

A tale riguardo, è opportuno ricordare che l'art. 375, comma 2 CCII aveva modificato l'art. 2086 c.c. introducendo il secondo comma, il quale stabilisce che l'imprenditore,che operi sia in forma societaria che collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale. A ben vedere non si tratta quindi solo di una, seppur rilevante, modifica normativa; siamo in presenza di un cambiamento di enorme portata, perché presuppone un cambiamento di “mentalità” da parte non solo degli imprenditori ma anche dei professionisti, cui sono richieste una diversa attitudine e sensibilità professionale, nonché nuove e diverse competenze che consentano di analizzare i risultati quantitativi delle imprese non solo “a consuntivo” ma anche, e soprattutto, in ottica previsionale o di budget, con particolare attenzione alle dinamiche di natura finanziaria.

Come si accennava in precedenza, il nuovo art. 3 del Codice della crisi (rubricato adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d'impresain luogo della rubrica del previgente testo: “doveri del debitore”), come modificato dal D.Lgs. n. 83/2022, ha portato significativi chiarimenti al testo previgente con l'introduzione dei commi 3 e 4. In particolare, il comma 3 dispone che, al fine di prevedere tempestivamente l'emersione della crisi d'impresa, le misure di cui al comma 1 (ovvero quelle che deve adottare l'imprenditore individuale) e gli assetti di cui al comma 2 (intendendosi l'assetto organizzativo, amministrativo e contabile ai sensi dell'art. 2086 c.c. che deve istituire l'imprenditore collettivo) devono consentire di:

  • Rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziari, rapportati alle specifiche caratteristiche dell'impresa e dell'attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  • Verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4 dell'art. 3;
  • Ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all'art. 13, comma 2 CCII.

Il successivo comma 4 stabilisce una volta per tutte in modo chiaro (e non lasciando spazio a differenti “interpretazioni”) cosa debba intendersi per segnali d'allarme (cd. alert) ovvero per eventi premonitori della crisi d'impresa (e, al limite, dell'insolvenza reversibile).

Costituiscono segnali d'allarme:

  • L'esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni, pari a oltre la metà dell'ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • L'esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni, di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • L'esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma, purchè rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • L'esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall'art. 25-novies, comma 1 (ovvero nei confronti dei creditori pubblici qualificati quali agenzia delle entrate, INPS, INAIL e agenzia della riscossione).

L'imprenditore sia individuale che collettivo, al fine di prevenire situazioni di crisi d'impresa, dovrà adottare in modo continuativo una reale cultura del controllo e della gestione del rischio d'impresa e rilevare senza indugio gli squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario verificando, in un'ottica di “prevenzione” (cd. “forwardlooking”) se, nei successivi 12 mesi, l'entità dei debiti contratti sia sostenibile e se vi siano prospettive di continuità aziendale. L'orizzonte temporale della sostenibilità del debito è stato, dunque, ampliato a 12 mesi rispetto ai 6 previsti dal previgente art. 13 del Codice della crisi ed è in linea con la nuova formulazione dell'art. 2, comma 1, lett. a) ccii, che definisce la crisi come lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni dei successivi dodici mesi.

Si rileva, peraltro, che, ai fini della procedura di composizione negoziata della crisi,gli adeguati assetti devono fornire i dati quali-quantitativi necessari ad effettuare il test pratico previsto dall'art. 13, comma 2, e richiesto dalla lista di controllo del decreto dirigenziale 28 settembre 2021 (integrato dal decreto dirigenziale del 21 marzo 2023). La check list, peraltro, richiama alla necessità che gli adeguati assetti, per potersi dire adeguati, devono consentire una verifica ed un monitoraggio costante circa la capacità dell'azienda di creare valore e di assicurare la continuità in un'ottica prospettica. Sarà necessaria quindi una pianificazione sia a breve che a medio-lungo termine, mediante l'elaborazione di un piano industriale e di un piano economico-finanziario.

Adeguati assetti: adempimenti degli amministratori

Dal 15 luglio 2022, tutte le società – non solo quelle che si trovano in una situazione di difficoltà patrimoniale, economica e finanziaria – devono quindi adottare adeguate procedure di controllo e monitoraggio dei rischi d'impresa.

In particolare, sarebbe opportuno che l'organo amministrativo – anche al fine di evitare responsabilità derivanti dal mancato rispetto delle disposizioni di cui all'art. 3 – rediga un regolamento interno delle procedure di valutazione interna sull'adeguatezza reddituale, della liquidità, della struttura finanziaria e del livello di capitalizzazione. Al regolamento interno dovrà essere allegato anche il manuale delle procedure di diagnosi, controllo e monitoraggio. Le società di maggiori dimensioni e quindi più strutturate dovranno predisporre anche un piano industriale su base triennale.

Sia il regolamento che il piano industriale (ove esistente) dovranno essere approvati dall'organo amministrativo con il parere favorevole dell'organo di controllo.

Per le società di minori dimensioni potrà essere sufficiente redigere un piano di tesoreria a 12 mesi, bilanci infrannuali con cadenza trimestrale e un bilancio previsionale al 31/12 aggiornato sulla base delle situazioni contabili trimestrali.

In caso di anomalie di pagamenti e di squilibrio patrimoniale, reddituale e finanziario rilevanti, l'organo di controllo dovrà inviare tempestivamente una comunicazione formale all'organo amministrativo il quale, se non vorrà incorrere in responsabilità patrimoniali e, forse, anche penali, dovrà attivarsi tempestivamente redigendo un piano di emergenza (contingenty plan) al fine di comprendere le modalità di intervento per riportare in equilibrio la gestione, ovvero, a seconda del grado di squilibrio, ricorrere ad uno degli strumenti previsti dal Codice della crisi (ad esempio, la composizione negoziata).



Il concetto di crisi e il ruolo degli advisors del debitore e del "CRO" (Chief Restructuring Officer)

La composizione negoziata della crisi rappresenta un percorso volontario, riservato e stragiudiziale che non determina il concorso dei creditori e non comporta alcuno spossessamento del patrimonio e della gestione dell'attività dell'imprenditore, anche se sussiste l'obbligo da parte di quest'ultimo, ex art. 21, comma 1 CCII, nel caso di insolvenza, di gestire l'impresa nel prevalente interesse dei creditori.

La declinazione del concetto di crisi nel CCII

Si ricorda che ai sensi dell'art. 12, comma 1 CCII l'imprenditore deve trovarsi in “condizioni di squilibrio patrimoniale o squilibrio economico - finanziario che ne rendono probabile la crisi o insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell'impresa.”

In ordine all'individuazione del concetto di crisi, si ricorda che il termine è stato introdotto per la prima volta dall'art. 2, comma 1, lett. a),CCII, ove viene identificata la seguente definizione di crisi: “lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta nell'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

La crisi può, altresì, essere declinata in diverse situazioni, che possono essere tra loro anche concomitanti, quali crisi di inefficienza, che può essere definita come incapacità dell'azienda di operare con rendimenti in linea con i principali concorrenti di mercato, crisi da sovracapacità ovverosia capacità produttiva dell'azienda superiore rispetto alle possibilità di assorbimento del mercato di sbocco, crisi di decadimento di prodotti per mancanza di rinnovamento, crisi di incapacità di programmazione e di errori di strategia, e, da ultimo, crisi di squilibrio finanziario per ricorso eccessivo a fonti di finanziamento esterne con crescita insostenibile degli oneri finanziari e conseguente deterioramento della solidità patrimoniale dell'impresa.

La domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi di impresa e dell'insolvenza, pertanto, può essere presentata nelle seguenti fasi in cui la crisi di impresa solitamente si manifesta:

  • pre-crisi (twilight zone), vale a dire quando occorra accertare la probabilità di crisi e prevenirne l'insorgenza, in ossequio al principio della “early warning” (allerta precoce) caro alla Direttiva insolvency, e come stimolo per il debitore a ricorrere all'esperto in modo tempestivo, al fine di consentire al medesimo di anticipare la crisi in una fase in cui l'azienda dispone ancora di risorse utili ad intercettare situazioni di squilibrio;
  • durante la crisi, vale a dire quando l'impresa versi in uno in uno stato che renda probabile l'insolvenza.
  • l'istanza può, altresì, essere presentata anche qualora l'impresa sia già insolvente, purché sussistano ragionevoli probabilità di risanamento. È quanto si evince dalla lettura combinata dell'art. 2, comma 1, lett. a) CCII e dell'art. 12 CCII.
  • lo strumento risulta, altresì, applicabile nel caso di insolvenza sopravvenuta ma reversibile, come si evince dalla lettura dell'art. 21, comma 1 CCII, ove viene disposto che “quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore

Il ruolo degli advisors dell'imprenditore nella composizione negoziata della crisi di impresa

Preliminarmente occorre osservare che, ai sensi dell'art. 4, comma 2 CCII, il debitore ha il dovere di rappresentare alle parti la propria situazione in modo completo, trasparente e veritiero. In questo contesto assumono particolare importanza gli advisorsdell'imprenditore, che dovranno guidare quest'ultimo attraverso il percorso della composizione negoziata con l'esecuzione di diversi adempimenti procedurali ed informativi al fine di realizzare una completa trasparenza verso i creditori sociali e le parti interessate, oltreché di consentire all'esperto di poter svolgere il proprio compito. Gli advisors dovranno altresì avere una visione della gestione dell'impresa che accede alla composizione negoziata di tipo probabilistico e pertanto dovranno eseguire preliminarmente una analisi approfondita del bilancio aziendale anche mediante un'analisi per indici del conto economico.

Particolare attenzione dovrà essere posta in ordine alla valorizzazione dell'EBITDA (Earnings Before Interest Taxes Depreciation and Amortisation) o, in alternativa, del MOL (Margine Operativo Lordo), che sono due delle principali misure utilizzate per valutare i flussi di cassa delle imprese e lo stato di salute dei conti.

La presenza di un EBITDA negativo, o un EBITDA sia pure positivo ma non in grado di coprire gli oneri finanziari, costituisce un primo segnale della necessità di revisione della struttura operativa e finanziaria aziendale.

Qualsiasi considerazione preventiva della crisi aziendale deve, inoltre, fondarsi, come peraltro già indicato nel paragrafo precedente in relazione agli adeguati assetti, su un'attenta analisi dei cash flow generati dall'azienda e su un'analisi del rendiconto finanziario sia storico che prospettico al fine di individuare possibili situazioni di squilibri di natura finanziaria.

Le attività da porre in essere per la predisposizione del corredo documentale necessario per l'accesso e la gestione della crisi di impresa, richiedono interventi professionali qualificati e pertanto advisors specializzati che dovranno in particolare:

  • analizzare le cause della crisi;
  • elaborare la strategia industriale per il suo superamento;
  • elaborare i piani economici, finanziari e patrimoniali;
  • selezionare i KPI necessari per il controllo strategico del piano di risanamento.

In particolare, gli advisors dell'imprenditore dovranno assisterlo nella predisposizione, oltreché della documentazione necessaria per la presentazione della domanda di accesso ex art. 17 comma 3 ccii, anche in merito a quanto segue:

  • fornire assistenza all'autodiagnosi dell'imprenditore accedendo ad una piattaforma telematica nazionale per la predisposizione del test on line di cui alla sezione I del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 (integrato con decreto del 21 marzo 2023). Il test on line, per quanto semplificato, comporta difatti la necessità di redazione di un piano finanziario, e di un piano gestionale ed economico oltreché dell'esplicitazione delle iniziative industriali che l'imprenditore intende porre in essere;
  • fornire assistenza nella redazione del piano di risanamento sulla base delle indicazioni operative contenute nella checklist di cui alla sezione II del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 (integrato con decreto del 21 marzo 2023) per l'analisi della sua coerenza. In particolare, si rende opportuno da parte degli advisors, anche se non richiesto nella lista di controllo della piattaforma, eseguire una analisi strategica (mission aziendale, analisi di scenario, swot analysis, analisi competitiva delle risorse e del business);
  • fornire assistenza nell'analisi del protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III del decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 (integrato con decreto del 21 marzo 2023) utile anche al fine della definizione delle linee di intervento, dell'esame delle indicazioni operative in caso di richiesta di misure protettive e cautelari, della verifica della gestione dell'impresa in pendenza di composizione negoziata;
  • fornire assistenza nella richiesta di finanziamenti prededucibili;
  • fornire assistenza qualora si renda necessaria una rinegoziazione dei contratti;
  • fornire assistenza nella cessione dell'azienda o di rami della medesima e nella predisposizione delle stime, oltreché nella quantificazione dei realizzi al fine di impostare le trattative con i creditori sociali;
  • fornire assistenza nello svolgimento delle trattative con le parti interessate e nella formulazione delle proposte da parte dell'imprenditore a seguito della presentazione della domanda;
  • fornire assistenza nell'informativa alle rappresentazioni sindacali qualora l'azienda occupi più di 15 dipendenti e l'imprenditore assuma, nel corso delle trattative della composizione negoziata e nella predisposizione del piano, iniziative che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori anche se solo per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni.

Il ruolo del CRO nell'esecuzione del piano di risanamento

In fase di esecuzione del progetto di risanamento, il protocollo ha altresì previsto la nomina,condivisa con i creditori e con suddivisione dei costi tra le parti, su proposta dell'esperto, di un CRO (Chief Restructuring Officer) indipendente con il compito di monitorare la corretta esecuzione del piano di risanamento ed il perseguimento degli obbiettivi economici intermedi, compresi i KPI fissati dal piano. Il ruolo ricoperto dal CRO è di fondamentale importanza qualora siano previsti, a fronte dei sacrifici richiesti ai creditori, forme di ristoro in favore dei medesimi, condizionate al raggiungimento di risultati reddituali o finanziari prefissati o quando siano assegnati ai creditori strumenti finanziari partecipativi (SFP) di cui all'art. 2346 c.c.

Come indicato al punto 9.4 del protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui al decreto dirigenziale 28 settembre 2021, l'esperto ed i suoi collaboratori o colleghi di studio, in applicazione del principio di indipendenza e terzietà di cui all'art. 16 comma 2 ccii, non possono assumere il ruolo di CRO.



I ruoli dell'esperto e dell'avvocato nella composizione negoziata: responsabilità e profili deontologici

L'art.13 CCII, integrato dal D.Lgs. 83/2022, prevede che l'iscrizione all'elenco degli esperti possa avvenire da parte dei dottori commercialisti ed esperti contabili, da parte degli avvocati e dei consulenti del lavoro, da parte di soggetti che, pur non iscritti in albi professionali, possano documentare di aver svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione; il tutto ovviamente in presenza dei requisiti previsti dalla legge per ognuna delle categorie appena indicate. Atteso che quanto si esporrà riguarda la figura dell'esperto in generale, sia egli commercialista, consulente del lavoro oppure imprenditore con esperienze di ristrutturazione d'impresa, per brevità verrà esaminata la figura dell'avvocato nei possibili ruoli nell'ambito della composizione negoziata.

L'avvocato consulente dell'imprenditore debitore

In primo luogo, l'avvocato può affiancare l'imprenditore commerciale o agricolo nella richiesta della nomina dell'esperto al Segretario generale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell'impresa (si veda l'art.12, comma 1, CCII). Quindi può concorrere con altri consulenti dell'imprenditore (quali il commercialista, il consulente del lavoro, ecc.) a valutare la sussistenza o meno di condizioni di squilibrio patrimoniale oppure economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi oppure l'insolvenza dell'impresa ed al contempo se appaia ragionevole il risanamento di quest'ultima (si veda sempre l'art. 12, comma 1 CCII).

Accedendo, tramite Unioncamere, alla piattaforma nazionale gestita dalle camere di commercio, il professionista può esaminare la lista di controllo particolareggiata che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, nonché un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento ed un protocollo di conduzione della composizione negoziata (si veda l'art.13, comma 2 CCII).

L'Avvocato consulente può inoltre essere autorizzato dall'imprenditore ad accedere, in piattaforma, all'area riservata e, svolgendo il ruolo di consulente, nel corso delle trattative deve comportarsi con i creditori e l'esperto secondo i principi di buona fede contrattuale.

Nello svolgimento della propria attività il professionista risponde ai sensi dell'art. 2229 c.c. quale esercente professione intellettuale e sotto il profilo deontologico è tenuto al rispetto di quanto previsto dal Codice deontologico forense approvato dal CNF in data 31 gennaio 2014.

L'avvocato consulente dei creditori

In questa veste, l'avvocato può assistere il proprio cliente nell'accesso alla piattaforma telematica nazionale, inserendo al suo interno le informazioni sulla propria posizione creditoria ed i dati eventualmente richiesti dall'esperto nominato, con la precisazione che la documentazione e le informazioni inserite nella piattaforma sono accessibili previo consenso prestato dall'imprenditore e dal singolo creditore ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 (si veda l'art.15 CCII).

L'avvocato che assiste le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti deve partecipare alle trattative in modo attivo ed informato(si veda art. 16, comma 5 CCII).

Gli avvocati che assistono tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente ed in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto rispettando l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell'imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative.

Le parti e gli avvocati di queste ultime devono dare riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata (si veda l'art. 16, comma 6 CCII). Anche in questo caso va richiamata la vigenza dell'art. 2229 c.c. e la normativa del Codice deontologico forense.

L'avvocato esperto

L'Avvocato, disponendo dei requisiti, può iscriversi quale esperto nel registro tenuto dal Segretario generale della Camera di commercio. Il suo compito è quello di agevolare le trattative tra l'imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale oppure economico-finanziario dell'impresa, tali da rendere probabile la crisi o l'insolvenza, anche mediante il trasferimento dell'azienda o di rami di quest'ultima (si veda l'art.12, comma II,CCII).

L'esperto accede alle banche dati, previo consenso prestato dall'imprenditore, ed estrae la documentazione e le informazioni necessari per l'avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e con le parti interessate (vds. art.14, comma II, CCII): al riguardo, ai fini della tutela della riservatezza, l'esperto sarà tenuto a rispettare quanto disposto dal Regolamento (UE) 2016/679.

L'esperto, in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2399 c.c., non legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale (art.16, comma 1 CCII) è terzo rispetto a tutte le parti e deve operare in modo professionale, riservato, imparziale ed indipendente (art. 16, comma 2 CCII).

È opportuno che l'esperto sottoponga alle parti ogni circostanza che possa astrattamente compromettere la sua indipendenza. A garanzia dell'indipendenza dell'esperto nel corso delle trattative, chi ha svolto l'incarico non deve intrattenere, successivamente all'archiviazione della composizione negoziata, rapporti professionali con l'imprenditore se non siano decorsi almeno due anni dall'archiviazione.

L'esperto, di regola, non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell'esercizio delle sue funzioni, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Si applicano le disposizioni dell'art. 200 c.p.p. e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell'art. 103 c.p.p. in quanto compatibili (art.16, comma 3 CCII).

L'Avvocato esperto, verificati la propria indipendenza ed il possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessarie per lo svolgimento dell'incarico, entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina, comunica all'imprenditore l'accettazione e una dichiarazione sul possesso dei requisiti di indipendenza (art. 17, comma 4 CCII).

L'esperto ha accesso a tutta la documentazione dell'istanza su cui è stato nominato ma, fino all'accettazione dell'incarico, può unicamente prendere visione dei documenti del fascicolo, senza scaricarlo. Egli ha altresì accesso a tutti i dati e documenti presenti nella piattaforma e può creare “cassetti informatici” all'interno del fascicolo, ad accesso riservato a soggetti che egli individua e autorizza col consenso dell'imprenditore(si veda il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, Sez. V, La piattaforma, Funzioni nell'area riservata per utenti).

In particolare, la check-list serve all'esperto per l'analisi della coerenza del piano di risanamento (decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, Sez. II, Check list). Al riguardo, l'esperto può/deve chiedere informazioni all'organo di controllo ed al revisore legale, quando in carica, i quali dispongono di informazioni in base alle quali l'esperto può valutare se la situazione contabile risulti inaffidabile o inadeguata per la redazione del piano.

L'esperto dovrà:

  • comprendere quali siano le manifestazioni esteriori dello stato di crisi o di uno squilibrio patrimoniale o economico-finanziario;
  • intervistare le principali funzioni aziendali (commerciale, operativa, risorse umane, contabile) per capire le cause del declino dell'andamento aziendale;
  • comprendere se il piano di risanamento sia credibile: sul punto occorre dire che il piano deve essere fondato su intenzioni strategiche chiare e razionali, condivisibili da parte dell'esperto, coerenti con la situazione di fatto dell'impresa e del contesto in cui la stessa opera e le strategie di intervento e le iniziative industriali individuate dall'imprenditore devono essere appropriate ai fini del superamento delle cause della crisi;
  • saper stimare gli effetti delle iniziative industriali che l'imprenditore intende intraprendere(in termini di investimenti, ricavi e costi) e se queste ultime sono coerenti con le informazioni disponibili e giustificate dalle diverse funzioni aziendali;
  • verificare la ragionevolezza della redditività prospettica e valutare se, anche attraverso prove di resistenza (stress test),il piano tenga conto dei fattori di rischio e di incertezza ai quali è maggiormente esposta l'impresa. È opportuno in particolare che le prove di cui sopra siano coerenti con i rischi emersi ad esito dell'intervista delle diverse funzioni aziendali ed in caso avendo riguardo alle prospettive di mercato.

Quanto ai gruppi d'impresa, l'esperto deve considerare se le operazioni infragruppo previste nel piano di risanamento possano arrecare un pregiudizio per i creditori di altra impresa del gruppo. L'Avvocato esperto, se accetta l'incarico, convoca senza indugio l'imprenditore per valutare l'esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall'organo di controllo e dal revisore legale, ove in carica (vds. art. 17, comma 5 CCII). Se ritiene che le prospettive di risanamento siano concrete l'esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata. Se non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all'esito della convocazione o in un momento successivo, l'esperto ne dà notizia all'imprenditore e al segretario generale della camera di commercio che dispone l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata entro i successivi cinque giorni lavorativi. Se ritiene concrete le prospettive di risanamento dell'impresa, in qualsiasi forma, anche indiretta, l'esperto, con l'imprenditore, individua le parti con le quali è opportuno vengano intraprese trattative: al riguardo deve valutare e comprendere gli interessi della singola parte al raggiungimento dell'accordo (garanzia di continuità aziendale, continuità del rapporto, ecc. ).

Nel corso delle trattative l'esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l'equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto oppure adeguare le prestazioni alle mutate condizioni (art. 17, comma 5 CCII).

In caso di richiesta di misure protettive l'esperto riceve la notifica del ricorso per la conferma delle misure stesse, proposto dall'imprenditore (art. 19, comma 3 CCII) e all'udienza l'esperto è chiamato ad esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative (art. 19, comma 4 CCII). L'esperto può inoltre essere chiamato ad esprimersi sull'istanza di proroga delle misure protettive avanzata dall'imprenditore (art.19, comma 5 CCII).

Su istanza dell'esperto, il Tribunale in ogni momento può revocare le misure protettive e cautelari o abbreviarne la durata quando esse non soddisfano l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.

L'esperto viene informato dall'imprenditore per iscritto circa il compimento di atti di straordinaria amministrazione e dell'esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento (art. 21, comma 2 CCII).

L'esperto, quando ritiene che l'atto possa arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all'imprenditore e all'organo di controllo (art. 21, comma 3 CCII). Se, nonostante la segnalazione dell'esperto, l'imprenditore compie l'atto, di ciò deve informare immediatamente l'esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese e, quando l'atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l'iscrizione de qua è obbligatoria (art. 21, comma 4 CCII).

Quando sono state concesse misure protettive o cautelari l'esperto, dopo aver scritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, effettua la segnalazione al Tribunale (art. 21, comma 5 CCII). In caso di imprese “sotto soglia”, l'esperto, con la sottoscrizione dell'accordo, dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell'insolvenza (vds. art. 25-quater, comma 3, lett.c) CCII).

In caso di gruppo di imprese ex art. 25, comma 5 CCII, l'esperto assolve ai propri compiti in modo unitario per tutte le imprese che hanno presentato l'istanza, salvo che lo svolgimento congiunto non renda eccessivamente gravose le trattative. In tal caso può svolgere le trattative per singole imprese.

Al termine dell'incarico, l'avvocato esperto redige una relazione finale che inserisce nella piattaforma, comunica all'imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari, anche al Tribunale.

La piattaforma contiene un'apposita area secretata, accessibile solo agli offerenti ed all'esperto o a soggetti da questi autorizzati, nella quale possono essere presentate le offerte per la cessione dell'azienda, di suoi rami o di altri beni. A tal fine la piattaforma deve consentire all'esperto di poter creare un cassetto informatico recante la “data room” virtuale.

Eseguiti i predetti adempimenti, l'esperto ne dà comunicazione al segretario generale della camera di commercio per l'archiviazione dell'istanza di composizione negoziata (vds. art. 17, comma VIII, CCII).

Il compenso dell'esperto è determinato, tenuto conto dell'opera prestata, della sua complessità, del contributo dato nella negoziazione e della sollecitudine con cui sono state condotte le trattative (vds. art. 25 ter, comma I, CCII).

Quanto ai profili di responsabilità, l'Avvocato-esperto dovrà operare in modo professionale, riservato, imparziale ed indipendente. Pur non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale oppure di incaricato di pubblico servizio e pur non essendo prevista formalmente alcuna specifica responsabilità di natura penale in ordine all'attività assegnata all'esperto nell'ambito della composizione negoziale della crisi d'impresa, la dottrina ritiene che non si possa escludere che l'esperto, dandosi determinati presupposti, possa concretamente essere chiamato, nel caso in cui la composizione negoziata fallisca, a rispondere in concorso con l'imprenditore anche per reati concorsuali: in particolare gli può essere contestato il concorso all'aggravamento del dissesto dell'impresa (ad esempio in caso di concessione di misure protettive). Da ciò consegue il dovere di trasmettere all'autorità giudiziaria la notizia di reati commessi dall'imprenditore nel corso delle trattative di cui l'avvocato-esperto sia venuto direttamente a conoscenza.

Al contrario, non pare debba rispondere dei comportamenti penalmente rilevanti dell'imprenditore ante apertura della procedura di composizione negoziata.

Quanto alla responsabilità deontologica disciplinare, l'avvocato-esperto sarà senz'altro tenuto in modo specifico al rispetto della normativa del Codice deontologico forense vigente ed in particolar modo degli artt. 9 (doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza), 12 (dovere di diligenza), 13 (dovere di segretezza e riservatezza), 14 (dovere di competenza), 15 (dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua), 24 (conflitto di interessi), 26 (adempimento del mandato), 28 (riserbo e segreto professionale), 36 (divieto di attività professionali senza titolo e di uso di titoli inesistenti), 51 (testimonianza dell'avvocato).

L'avvocato collaboratore dell'esperto

L'esperto nello svolgimento della propria attività può avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l'imprenditore, e di un revisore legale, non legati all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale oppure professionale (art. 16 comma 2 CCII).

L'imprenditore partecipa alle trattative personalmente e può farsi assistere da consulenti (quindi anche avvocati, magari con specifiche competenze nell'ambito della mediazione civile e commerciale) (art. 17, comma 5 CCII).

Rileva in particolare sottolineare come, alla luce della normativa che precede, l'avvocato esperto nel settore della mediazione civile e commerciale possa ritagliarsi un ruolo rilevante nell'ambito della composizione negoziata della crisi d'impresa, collaborando con l'esperto (il più delle volte un commercialista) nella fase delle trattative che vengono condotte con il ceto creditorio, ricorrendo all'esercizio delle pratiche di negoziazione facilitava che dovrebbe padroneggiare in misura maggiore rispetto all'esperto che non possiede tale qualifica.

Il rapporto professionale fra esperto e avvocato-mediatore sarà regolato contrattualmente come attività di consulenza ed assistenza, il cui onere economico sarà a carico dell'esperto stesso, il quale ne terrà però debito conto al momento della richiesta del compenso al termine della procedura.

In conclusione, diversi sono i ruoli che l'avvocato può ricoprire nell'ambito della composizione negoziata della crisi d'impresa: non solo quello dell'esperto, riservato ad un numero limitato di professionisti specializzati in materia, ma anche quello di consulente dell'imprenditore, dei creditori o anche dell'esperto stesso, qualora l'Avvocato rivesta la qualifica di mediatore civile e commerciale.



In conclusione

Il mancato successo nel nostro Paese, rispetto alla gran parte dei paesi europei, della procedura di composizione negoziata della crisi d'impresa deve indurre ad alcune doverose riflessioni. Non basta, infatti, una legge a cambiare abitudini e mentalità consolidate non solo nella classe imprenditoriale ma anche tra gli istituti di credito e tra le categorie professionali, tra le quali, in primis, quella dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Occorre un grande sforzo da parte di tutti per sostituire la “culturafondata sul bilancio consuntivo per competenza in favore di un approccio “forwardlooking” ovvero orientato alla previsione degli andamenti non solo economici ma anche e soprattutto finanziari d'impresa. Ciò presuppone, da subito, l'adozione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi da parte di tutte le imprese (non solo e non tanto quelle in crisi) se, in futuro, qualora si manifestasse uno stato di crisi reversibile, intendessero attivare, con speranza di successo, lo strumento della composizione negoziata della crisi. In mancanza, le imprese non saranno in grado di cogliere in anticipo i segnali della crisi e, come sta avvenendo in questi mesi nel nostro paese, ricorreranno allo strumento della composizione negoziata quando la situazione è già compromessa e non è più gestibile se non con una procedura concorsuale.



Sommario