Nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto l'impugnativa del diniego di autorizzazione unica ambientale non sono configurabili controinteressati, in quanto il terzo non è titolare di un interesse qualificato al mantenimento del diniego stesso o alla conservazione dello status determinato da quest'ultimo, non conseguendo da esso in modo diretto alcuna concreta utilità o bene della vita, ma solo vantaggi indiretti.
La società ricorrente, titolare della gestione di un impianto di distribuzione e recupero energetico di biogas, in virtù di un contratto con la società proprietaria del terreno, impugnava il diniego di autorizzazione unica ambientale per il rinnovo dell'attività di recupero rifiuti non pericolosi in procedura semplificata, di cui all'art. 216 del d.lgs. n. 152/2006.
La società proprietaria del terreno proponeva a sua volta ricorso incidentale, dolendosi dell'illegittimità degli atti impugnati dalla ricorrente in via principale nella parte in cui non negavano l'autorizzazione anche per motivi ulteriori rispetto a quelli indicati dall'amministrazione comunale.
Il T.a.r., in primo grado, dichiarava il ricorso incidentale inammissibile, per difetto di legittimazione ad agire e di interesse della società proprietaria del terreno non potendo la stessa essere qualificata come un controinteressato.
Il Consiglio di Stato ha confermato tale declaratoria di inammissibilità.
È stato, infatti, sottolineato che nel giudizio amministrativo impugnatorio avente ad oggetto dinieghi (di s.c.i.a., d.i.a. e autorizzazioni) o atti repressivi (inflizione di sanzioni edilizie, dinieghi di condono), non si configurano di regola posizioni di contro interesse, inteso come la situazione propria del soggetto “individuato o facilmente individuabile in base al provvedimento” che trae un vantaggio diretto e concreto da quest'ultimo (vantaggio che il soggetto perderebbe in caso di annullamento dell'atto).
A tal fine è richiamata la pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 3/2022 che ha operato una esegesi restrittiva in punto di configurabilità di interesse ad agire e legittimazione al ricorso, statuendo esplicitamente: a) che la posizione soggettiva di cui si invoca tutela in giudizio (quindi anche da parte del ricorrente incidentale), deve essere lesa in via immediata, diretta, attuale dal provvedimento come conseguenza del rapporto dinamico che si crea attraverso il procedimento fra situazione soggettiva ed esercizio del potere; b) che sul piano procedimentale il soggetto che vanta tale situazione deve partecipare al procedimento ex art. 7, l.n. 241/1990; c) che, viceversa, la mera partecipazione non necessaria al procedimento, legittima all'intervento nel procedimento medesimo e nel processo ex art. 9 l. n. 241/1990 in quanto generiche posizioni di interesse legittimano i loro titolari a spiegare intervento in giudizio, ma non già ad impugnare autonomamente il provvedimento lesivo della sfera giuridica del soggetto con il quale intrattengono a diverso titolo rapporti giuridici. Invero, l'ampliamento o la compressione del patrimonio giuridico devono derivare direttamente dall'esercizio del potere amministrativo e solo questo determina, in sede processuale, la legittimazione ad agire.