Le modifiche apportate dalla Riforma Cartabia in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto

Matteo Faggioli
04 Maggio 2023

Il giudice di legittimità è stato chiamato ad individuare l'ambito di operatività della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 150/2022, noto come “Riforma Cartabia”.
Massima

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 [di seguito, d.lgs. 150/2022], in quanto istituto di diritto penale sostanziale, trova applicazione anche nei giudizi, pendenti alla data di entrata in vigore del citato d.lgs., relativi a reati commessi in epoca anteriore a detta data.

Il caso

Con sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato, il Tribunale condannava l'imputato per i reati di cui all'art. 189, commi 6 e 7,d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 [di seguito d.lgs. 285/1992] e dichiarava l'improcedibilità per difetto di querela in relazione al reato di lesioni personali colpose.

Decidendo sull'impugnazione proposta dall'imputato, la Corte di appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva l'imputato dal delitto di cui all'art. 189, comma 7,d.lgs. 285/1992 [con la formula “perché il fatto non costituisce reato”], confermando nel resto le statuizioni rese dal giudice di primo grado.

Proponeva ricorso per cassazione l'imputato, censurando la sentenza del giudice d'appello nella parte in cui, erroneamente, aveva escluso l'operatività della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., invocata, dal medesimo imputato, sia con i motivi aggiunti, sia mediante le conclusioni scritte rassegnate, per l'udienza cartolare, nei termini di legge.

La questione

Chiaro l'accertamento devoluto al giudice di legittimità.

Precisato, infatti, che la censura svolta dal ricorrente, «seppure proposta nel precedente grado con i motivi aggiunti, depositati nei termini, e non in quelli di appello», è stata ritenuta «scrutinabile (…), in ragione dell'ampliamento di operatività della causa di non punibilità operato con la cd. Riforma Cartabia», il giudice di legittimità è stato chiamato ad individuare l'ambito di operatività della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 150/2022, noto come “Riforma Cartabia”.

Le soluzioni giuridiche

Annullando con rinvio la sentenza impugnata, il giudice di legittimità ha riconosciuto – trattandosi di norma «afferente un istituto di diritto penale sostanziale» – l'applicazione retroattiva dell'art. 131-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 150/2022.

Pertanto, anche nei giudizi in corso alla data di entrata in vigore [30.12.2022] della disposizione di legge da ultimo citata, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto:

a) rilevano, ai sensi e per gli effetti dell'art. 131-bis, primo comma, c.p., le fattispecie delittuose per le quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni [non più, pertanto, la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni], ovvero [come in precedenza] la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva;

b) il giudice può tener conto, ai fini dell'accertamento della particolare tenuità dell'offesa, anche [a differenza che in passato] della condotta susseguente al reato.

Osservazioni

La soluzione è certamente condivisibile.

Infatti, se la particolare tenuità del fatto è da ascriversi al paradigma della causa di non punibilità [si veda, al riguardo, Corte Cost. 120/2019, la quale, in motivazione, ha precisato che l'art. 131-bis c.p. «prevede una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l'altrettanto generale presupposto dell'offensività della condotta, requisito indispensabile per la sanzionabilità penale di qualsiasi condotta in violazione di legge»] e se quindi è indubbia la sua natura di «istituto di diritto penale sostanziale» [così, letteralmente, è dato leggersi, oltre che nella sentenza in commento, anche in Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2023, n. 7573; si veda, poi, Cass. pen. SU, 25 febbraio 2016, n. 13681, secondo la quale «il nuovo istituto è esplicitamente, indiscutibilmente definito e disciplinato come causa di non punibilità e costituisce dunque figura di diritto penale sostanziale»], altrettanto indubbio è che, in assenza di disposizioni transitorie, l'eventuale applicazione dello ius novum, a fatti di reato commessi in epoca anteriore alla data della sua entrata in vigore, è tema da risolversi secondo le regole dettate dall'art. 2 c.p.

Talché, preso atto che l'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 150/2022 [dando seguito alle disposizioni impartite dalla legge delega (art. 1, comma 21, l. 27 settembre 2021, n. 134)], intervenendo nell'art. 131-bis, primo comma, c.p., ha modificato il limite di pena ivi previsto e ha attribuito rilievo, ai fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa, alla condotta susseguente al reato, non può che condividersi l'affermazione per cui, per effetto di tale riscritturazione, «si è notevolmente allargato lo spettro di applicazione dell'art. 131-bis cod. pen.» [così, letteralmente, Cass. pen., sez. VI, 27 gennaio 2023, n. 7573], atteso che:

a) per un verso, l'esclusione della punibilità è oggi riconoscibile, come precisato dalla sentenza in commento, «anche nei processi relativi ad una serie di reati in precedenza esclusi, perché puniti con una pena detentiva superiore nel massimo a cinque anni, se sanzionati con una pena detentiva edittalmente stabilita in misura pari o inferiore a due anni»;

b) per altro verso, a fini della valutazione della particolare tenuità dell'offesa, il giudice deve oggi considerare, come parimenti precisato dalla sentenza in commento, «non solamente indicatori rivolti (…) al 'passato' o al 'presente' rispetto al momento della commissione del reato, ma anche uno specifico indicatore concernente ciò che è accaduto dopo quel momento, costituito appunto dalla condotta che l'imputato ha tenuto in epoca posteriore alla realizzazione dell'illecito (condotta susseguente che, in precedenza, si era negato potesse essere valorizzata ai fini che qui rilevano (cfr. Cass. pen., sez. V, n. 660/2019, P., Rv. 278555; Cas. pen., sez. III, n. 893/2017, P.M. in proc. Gallorini, Rv. 272249)» [fermo restando, comunque, che la condotta susseguente al reato rileva non quale autonomo requisito di accertamento della tenuità dell'offesa, bensì come criterio (aggiuntivo a quelli previsti dall'art. 133, comma 1, c.p.) fondante la valutazione delle modalità della condotta e della esiguità del danno o del pericolo e, quindi, l'anzidetto accertamento della particolare tenuità dell'offesa].

Pertanto, trattandosi di innesti normativi più favorevoli, le modifiche apportate dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 150/2022 soggiacciono alla disciplina dettata dall'art. 2, comma 4, c.p. [norma che, come noto, impone l'applicazione retroattiva della norma di legge sopravvenuta più favorevole] e operano quindi anche rispetto a fatti di reato commessi in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del d.lgs.

Laddove, poi, il procedimento [per fatti commessi prima dell'entrata in vigore della nuova normativa] penda avanti alla Corte di Cassazione, ladeducibilità e la rilevabilità di ufficio della causa di esclusione della punibilità, è questione che, pur in ipotesi di inammissibilità del ricorso,«in applicazione dell'art. 2, comma 4, c.p., è deducibile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'art. 609, comma 2, c.p.p.» [così, letteralmente, Cass. pen., sez. un., 25 febbraio 2016, n. 13681, la quale ha altresì precisato che «La Corte di cassazione, se riconosce la sussistenza di tale causa di non punibilità, la dichiara d'ufficio ex art. 129, comma 1, c.p.p., annullando senza rinvio la sentenza impugnata a norma dell'art. 620, comma 1, lett. I) c.p.p.»].

Se, nei termini anzidetti, l'art. 131-bis c.p., per come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 150/2022, ben può ritenersi applicabile anche rispetto a fatti di reato commessi anteriormente all'entrata in vigore delle citate modificazioni [30.12.2022], diversamente è a dirsi con riguardo alle innovazioni apportate dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 2) e n. 3), d.lgs. 150/2022.

Per il tramite di tali disposizioni [che hanno, rispettivamente, soppresso il secondo periodo dell'originario art. 131-bis, comma 2, c.p.) e sostituito l'intero art. 131-bis, terzo comma, c.p.], infatti, il novero delle fattispecie delittuose tipizzate come ostative all'operatività della causa di non punibilità è stato ampliato ricomprendendovi, accanto ad ipotesi di reato [oggi indicate dall'art. 131-bis, comma 3, n. 1) e n. 2) c.p.] già previste dalla previgente normativa [cioè a dire (i) i delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive e (ii) i delitti previsti dagli artt. 336, 337 e 341-bis c.p., quando il fatto è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni, nonché il delitto previsto dall'art. 343 c.p.]:

a) i reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, sottoscritta a Istanbul in data 11 maggio 2011, ratificata ai sensi della L. 27 giugno 2013, n. 77 [rilevano, al riguardo, le fattispecie delittuose (indicate nell'art. 131-bis, comma 3, n. 3) di cui agli artt. 391-bis, 558-bis, 582 (nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1 e 577, comma 1, numero 1, e comma 2), 583, comma 2, 583-bis, 593-ter, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 612-bis, 612-ter c.p.];

b) talune fattispecie di reato che, come rilevato [v. Bove, Particolare tenuità del fatto: la Riforma Cartabia amplia l'ambito di applicazione ma esclude anche varie ipotesi di reato, in www.ilpenalista.it], si caratterizzano o per «forbice edittale di pena molto allargata», ovvero perché rispetto ad esse «la pena minima comminata per il delitto tentato – diminuita di due terzi rispetto a quella per il corrispondente delitto consumato – sarebbe potuta rientrare nella nuova e più ampia sfera di applicabilità della causa di non punibilità», [rilevano, al riguardo, le fattispecie delittuose (indicate nell'art. 131-bis, comma 3, n. 3) di cui agli artt. 314, comma 1, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, comma 1, 320, 321, 322, 322-bis, 423, 423-bis, 609-undecies, 613-bis, 628, comma 3, 629, 644, 648-bis, 648-ter c.p.], ovvero ancora perché, in relazione ad esse, «sulla base di evidenze empirico-criminologiche o per ragioni di coerenza sistematica, si è ritenuto che l'offesa non può essere valutata di particolare tenuità» [rilevano, al riguardo, le fattispecie delittuose (indicate nell'art. 131-bis, comma 3, n. 4) di cui all'art. 19, quinto comma, l. 22 maggio 1978, n. 194, all'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (salvo che per le ipotesi di reato di cui al comma 5 del medesimo articolo) e agli art. 184 e 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58].

Orbene, laddove ampliative dell'ambito di operatività delle cause di esclusione ope legis della particolare tenuità del fatto, le innovazioni normative in commento hanno riguardo ai soli fatti di reato commessi in epoca ed esse successiva, fermo restando che, rispetto alla fattispecie delittuosa di volta in volta rilevante, la causa di non punibilità ben potrebbe in concreto risultare inapplicabile in ragione della previgente disciplina.