Il vaglio del Tribunale in sede di ammissione della proposta di concordato in continuità

Lorenzo Gambi
12 Maggio 2023

Con una pronuncia resa nell'ambito di un ricorso per concordato preventivo in continuità, i Giudici romani – al di là del dettato dell'art. 47, comma 1 lett. b) – segnalano al ricorrente (e al Commissario giudiziale) alcuni profili meritevoli di approfondimento, al fine di stimolare un contraddittorio anticipato che permetta allo stesso di apportare modifiche o integrazioni alla proposta e al piano.
Massime

Ove l'imprenditore presenti una domanda di concordato preventivo in continuità aziendale, il Tribunale, ai fini dell'apertura della procedura ai sensi dell'art. 47, comma 1, lett. b), CCII verifica la ritualità della proposta nonché la non manifesta inidoneità del piano a soddisfare i creditori secondo quanto proposto dal debitore ed a conservare i valori di funzionamento .

Al di là di quanto previsto dalla lettera dell'art. 47, comma 1, lett. b), in tale momento al Tribunale non è precluso segnalare all'imprenditore eventuali profili meritevoli di approfondimento ai fini di un contraddittorio anticipato che permetta al debitore di valutare di apportare modifiche e/o integrazioni alla proposta.



Il caso

Il Tribunale di Roma, con il provvedimento in commento, ha preliminarmente dato atto che, in caso di presentazione di una domanda di concordato preventivo in continuità aziendale, corredata dalla proposta, dal piano e dall'attestazione, i controlli previsti dall'art. 47, comma 1, lett. b), ai fini dell'apertura della procedura sono circoscritti alla verifica della ritualità della proposta e della non manifesta inidoneità del piano al raggiungimento dei propri obiettivi, ovvero quello di soddisfare i creditori secondo quanto indicato in proposta e di assicurare la conservazione dei valori aziendali.

Il Tribunale di Roma ha ritenuto che, al di là dei circoscritti controlli che la norma sopra richiamata pone in funzione della valutazione dei presupposti per l'apertura del concorso (diversamente da quanto dispone l'art. 112, comma 1, con riguardo alla fase di omologazione), non sia precluso al Collegio segnalare al ricorrente aspetti della proposta che appaiano meritevoli di approfondimento, anche in funzione di eventuali modifiche e/o integrazioni alla proposta medesima.

Nel caso in esame, il Giudice capitolino ha invitato l'imprenditore ad un contraddittorio “anticipato” al fine di mettere meglio a fuoco i seguenti punti:

  1. criteri di determinazione del confronto di non deteriorità della proposta di concordato rispetto alla liquidazione giudiziale ai fini della degradazione delle prelazioni generali;
  2. obbligo di collocazione in classi fra loro distinte in relazione ai crediti di titolarità dell'ente erariale ed ai crediti di titolarità dell'ente contributivo;
  3. obbligo di collocazione in una classe chirografaria con riferimento alla parte non soddisfatta del credito privilegiato relativo ai finanziamenti garantiti dallo Stato.

Le questioni

Il Tribunale di Roma, al fine di promuovere il contraddittorio con l'imprenditore nell'ambito della fase istruttoria finalizzata all'apertura del procedimento, ha interpretato in senso estensivo la lettera dell'art. 47, comma 1, lett. b), CCII.

Il Tribunale, acquisito il parere del commissario (se nominato), con riferimento al concordato in continuità, valuta la ritualità della proposta e la non manifesta inidoneità del piano a soddisfare i creditori ed a conservare i valori aziendali, all'esito dichiarando aperta la procedura.

Solo successivamente, ove la proposta di concordato in continuità sia stata approvata dal ceto creditorio, il Collegio, in sede di omologazione, ex art. 112, comma 1 CCII, verifica, fra l'altro, che:

  • le classi siano state correttamente formate, nel rispetto della parità di trattamento all'interno di ciascuna classe;
  • che tutte le classi abbiano votato favorevolmente;
  • che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive d'impedire ovvero superare l'insolvenza;
  • che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l'attuazione del piano, non pregiudicando gli interessi dei creditori.

Gli analitici controlli da parte del Collegio sul rispetto delle norme di legge (fattibilità giuridica, latu sensu), nonché sull'effettiva capacità degli strumenti di raggiungere gli obiettivi (fattibilità economica, latu sensu), sarebbero dunque al medesimo demandati dalla norma di legge alla fase finale della omologazione.

Al contrario, nella fase iniziale, volta alla verifica dei presupposti per l'apertura del procedimento, il Tribunale dovrebbe limitarsi, da una parte, ad un vaglio meramente formale (esame della ritualità della proposta), dall'altra, ad una verifica di carattere solo generale (non apparente inadeguatezza del piano).

In questo quadro, appare condivisibile quanto statuito dal Tribunale di Roma: laddove la proposta e/o il piano presentino profili di apparente “debolezza” con riferimento ad aspetti sui quali il Collegio sia chiamato ad esprimersi in caso di eventuale, successiva approvazione della proposta, appare opportuno che il debitore abbia la possibilità di modificare e/o integrare tali documenti prima che la procedura sia dichiarata aperta, attraverso il contraddittorio nella fase istruttoria del procedimento.

Nel caso in esame, l'originaria impostazione della proposta, così come desumibile dal provvedimento adottato dal foro capitolino, prevedeva, come primo punto “debole”, l'aspetto della non deteriorità di trattamento dei creditori privilegiati “degradati”.

Il debitore, nel fare riferimento alla alternativa liquidazione giudiziale, aveva tenuto conto delle spese prededucibili assunte in una misura commisurata all'ipotesi di concordato, quando, invece, avuto riguardo all'art. 84, comma 5 CCII, l'entità degli oneri prededucibili deve essere determinata avuto riguardo alla procedura liquidatoria.

Anche a voler assumere il compenso del curatore in misura equivalente a quello del commissario, non avrebbero potuto trovare collocazione nel contesto della liquidazione i crediti prededucibili relativi ai compensi professionali correlati alla presentazione della domanda di concordato, di talché, rispetto all'ipotesi concordataria, sarebbe stata maggiore la quota da destinare ai creditori privilegiati nella prospettiva della liquidazione giudiziale.

Il secondo aspetto portato all'attenzione dell'imprenditore dal Tribunale di Roma attiene all'obbligo di inserimento in classi distinte dei crediti di titolarità dell'ente erariale e di quelli di titolarità dell'ente contributivo.

Presumibilmente, il debitore aveva collocato in un‘unica classe, dunque con parità di trattamento, i crediti di natura fiscale ed i crediti di natura contributiva-assistenziale, quando invece, per il principio di non alterazione dell'ordine dei privilegi e/o di miglior trattamento dei creditori privilegiati di rango superiore rispetto a quelli di rango inferiore, tale previsione concordataria sarebbe stata contra legem.

Infine, per quanto la proposta di concordato prevedesse un soddisfacimento non integrale dei crediti muniti di privilegio generale, così come accordato dalla legge ai finanziamenti garantiti da enti pubblici (art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 123/1998 e art. 8-bis, D.L. n. 3/2015), l'imprenditore aveva omesso di collocare la parte privilegiata non soddisfatta di tali crediti in un'apposita classe chirografaria.



Osservazioni

Alcuni approfondimenti vanno fatti sui punti trattati dal foro capitolino con il provvedimento in commento.

In relazione all'aspetto legato alla possibilità di soddisfare i creditori prelatizi in misura non integrale (deroga alla regola generale di integrale soddisfacimento dei creditori assistiti da prelazione), in base al criterio della cd. capienza patrimoniale, assume rilevanza l'art. 84, comma 5, CCII.

Secondo tale norma, i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche parzialmente, sempreché il grado di soddisfacimento sia non inferiore a quello realizzabile in caso di liquidazione dei beni e/o diritti sui quali sussista la prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti il bene e/o il diritto, nonché della quota parte delle spese generali, così come attestato da professionista indipendente.

Per il caso dei privilegi generali, ai fini della verifica del criterio di capienza patrimoniale assume rilevanza il valore del patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c. (beni, diritti, rapporti giuridici), commisurato alle prospettive di dismissione, in base a quanto previsto in ambito di procedura liquidatoria.

Dette attività devono essere integrate dai prevedibili esiti delle azioni risarcitorie/recuperatorie pendenti ovvero di quelle comunque esperibili dalla curatela, nonché delle azioni proponibili sulla base del presupposto dell'apertura della liquidazione, ex art. 87, comma 1, lett. h) CCII.

In sostanza, l'imprenditore deve predisporre uno schema di riparto nell'ipotesi di apertura della liquidazione dal quale risulti che il quantum proposto in sede di concordato ai creditori con privilegio generale sia non inferiore a quello realizzabile nell'alternativa liquidazione, in ragione della collocazione preferenziale del credito.

Il legislatore, con l'art. 19, comma 2, D.Lgs. n. 83/2022 ha integrato l'art. 84, comma 5 CCII, prevedendo che il valore dei beni e/o diritti sui quali insista la prelazione (ovvero, in caso di privilegio generale, l'intero patrimonio del debitore), sia assunto al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti detti beni/diritti, nonché della quota parte delle spese generali, come da attestazione dell'esperto.

La dizione “spese di procedura inerenti il beni o diritto”, nonché quella di “quota parte delle spese generali” riguarda propriamente i creditori muniti di pegno, ipoteca ovvero privilegio speciale, là dove la garanzia attiene ad uno specifico asset patrimoniale.

Per il caso di falcidia dei creditori con privilegio generale, come rilevato dal Tribunale di Roma, il debitore, ai fini del confronto fra procedure in funzione del rispetto del criterio di non deteriorità, deve tener conto di tutti gli oneri prededucibili che farebbero carico alla liquidazione (e non già di quelle correlate all'alternativo concordato), commisurati alla dimensione della procedura liquidatoria, fra le quali il compenso al curatore, il compenso agli esperti nominati ai fini della valutazione dei beni acquisiti al concorso, gli oneri tributari, i compensi ai legali designati in relazione alle azioni recuperatorie e/o di massa, ecc.

Con particolare riferimento al concordato in continuità, assume poi rilevanza l'art. 84, comma 6, CCII.

Secondo tale norma, il valore del patrimonio del debitore (cd. valore di liquidazione) deve essere distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (regola di priorità assoluta).

Con riferimento alla parte che eccede tale valore, è sufficiente che i crediti inseriti in una singola classe ricevano (regola di priorità relativa):

  • un trattamento non deteriore rispetto a quello riservato alle classi di pari rango;
  • un trattamento più favorevole rispetto a quello delle classi di rango inferiore.

Quanto sopra, con l'eccezione di cui al settimo comma del citato art. 84: i crediti assistiti da privilegio generale ex art. 2751-bis, n. 1), c.c. (lavoratori dipendenti) devono essere sempre soddisfatti secondo il criterio di priorità assoluta.

Venendo al secondo punto segnalato dal Tribunale di Roma (diverso classamento dei crediti tributari e previdenziali), la ricordata regola di priorità assoluta è applicabile anche ai crediti di titolarità degli enti contributivi-assistenziali ed a quelli di titolarità dell'ente erariale.

Pertanto, nei limiti del valore di liquidazione, il credito con privilegio generale previdenziale (di rango superiore rispetto a quello tributario: art. 2778, nn. 1-8), c.c.) deve essere integralmente soddisfatto prima che sia possibile riservare un qualche trattamento economico a favore dei crediti con privilegio generale tributario (di rango inferiore rispetto a quello previdenziale: art. 2778, nn. 18-19), c.c.).

Allo stesso tempo, in relazione alla parte eccedente il valore di liquidazione, i crediti di titolarità degli enti contributivi-assistenziali non possono subire un trattamento che non sia più favorevole rispetto a quello riservato ai crediti di titolarità dell'ente erariale.

Si ritiene, infatti, che per quanto ecceda il valore di liquidazione valga anche per i crediti fiscali-previdenziali la regola di priorità relativa, e ciò anche alla luce dell'art. 88, comma 1, ultimo periodo CCII: ove il credito tributario-contributivo abbia natura chirografaria, anche a seguito di degradazione per incapienza, in caso di suddivisione dei creditori in classi, il trattamento di tali crediti non può essere diverso rispetto alle classi per le quali sia previsto un trattamento più favorevole.

Ed è per i motivi sopra indicati che il Tribunale di Roma ha sottolineato la necessità che i crediti tributari ed in crediti previdenziali, per la parte degradata in chirografo, siano inseriti in classi fra loro distinte e con diversità di trattamento, conformemente alle sopra ricordate regole di distribuzione.

Un ultimo aspetto attiene all'obbligo di classamento per il caso in cui la proposta di concordato preveda un soddisfacimento non integrale dei crediti muniti di privilegio generale (nel caso in esame, si trattava dei finanziamenti garantiti da enti pubblici).

Preliminarmente, l'art. 84, comma 5, ultimo periodo CCII, prevede che in caso di soddisfacimento non integrale dei creditori muniti di cause legittime di prelazione, la quota residua (id est, non soddisfatta) del credito privilegiato deve essere trattata come un credito chirografario.

Quanto premesso, sotto un profilo generale, ai sensi dell'art. 85, comma 1, nel concordato la suddivisione dei creditori in classi è facoltativa (“Il piano può prevedere la suddivisione dei creditori in classi con trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse […]”).

Per espressa previsione del successivo comma 2, la suddivisione dei creditori in classi è però obbligatoria:

  • per i crediti tributari e/o previdenziali dei quali non sia previsto l'integrale pagamento;
  • per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi;
  • per i creditori da soddisfare, anche in parte, con utilità diverse dal denaro;
  • per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate.

In ogni caso, la suddivisione dei creditori in classi è obbligatoria nell'ambito del concordato preventivo in continuità aziendale (art. 85, comma 3 CCII).

Ed è per tale motivo che il Tribunale di Roma, visto il combinato disposto ex artt. 84, comma 5, e 85, comma 3, ha richiamato l'attenzione dell'imprenditore affinché fosse valutata l'opportunità (rectius, necessità) di collocare in un'apposita classe la parte non soddisfatta del credito munito del privilegio generale che assiste i finanziamenti garantiti da enti pubblici, in presenza della attestata sussistenza del presupposto di incapienza patrimoniale.