Polizza infortuni non mortali, non opera il defalco: Tribunale Milano sentenza 11 aprile 2023 n. 2894
17 Maggio 2023
Le conclusioni del Tribunale di Milano
La polizza infortuni non mortali non va ricondotta sempre e necessariamente al contratto tipico di assicurazioni danni, caratterizzate dal principio indennitario. Essa, infatti, può presentare anche una causa previdenziale, non diversa dalla polizza infortuni mortali. È, infatti, centrale in questo caso il riferimento alla persona umana, mentre l'assicurazione danni, storicamente, ha guardato prevalentemente alla proprietà e al patrimonio. L'applicazione al caso concreto della lettura che attribuisce rilievo decisivo alla causa concreta del contratto, intesa come indagine sul reale intento perseguito dalle parti, consente, poi, queste conclusioni. La rinuncia all'azione di rivalsa prevista nella stessa polizza, di cui viene confermata la piena legittimità, previene il formarsi delle criticità denunziate nella decisione della Cassazione n. 13233/2014 (sentenza nota come Rossetti dal nome del Consigliere relatore) e permette al danneggiato di non veder ridotto il risarcimento dovuto dal terzo danneggiante quando abbia già incassato l'indennità assicurativa. Questi sono i passaggi fondamentali della decisione dell'11 aprile 2023, con la quale il Tribunale di Milano, dopo essere state più volte “bacchettato” dalla Corte di Cassazione in relazione ai criteri di liquidazione del danno alla persona, si pone in consapevole e meditato confronto le conclusioni dei giudici di legittimità in tema di compensatio lucri cum damno. Una decisione ben articolata e ricca di riferimenti che analizza, mettendole in ordine, tutte le varie insoddisfazioni, che la decisione della Cassazione del 2014 in tema di polizza infortuni non mortali, con rinuncia all'azione di regresso deciso con l'applicazione del defalco, aveva sollevato tra gli operatori del diritto e nello stesso mercato assicurativo. Il caso
Come risposta all'invito a moderare il rumore, il danneggiato aveva subito un atto di violenza da un artista di strada che, peraltro, era stato autorizzato dal Comune a tenere la sua esibizione musicale in un luogo pubblico (siamo nel centro di Milano). Nel successivo giudizio risarcitorio, l'artista rimane contumace, ma il Comune di Milano, parimenti citato per vederne accertata la responsabilità di non aver dovutamente controllato l'esibizione, forse anche nella consapevolezza che il patrimonio dell'artista sarebbe stato verosimilmente insufficiente, solleva, tra le altre, l'eccezione che il danneggiato aveva già ricevuto l'indennità assicurativa per i danni subiti tramite la polizza infortuni contratta con assicuratore privato, con il conseguente venir meno del danno. La responsabilità del Comune per non aver esercitato il dovuto controllo viene esclusa in punto di an, così che avrebbero dovuto essere travolte le eccezioni svolte dallo stesso Comune tese a ritenere applicabile il principio della compensatio lucri cum damno: l'occasione era, però, evidentemente troppo invitante per non prendere posizione su uno degli aspetti più discussi dopo le quattro decisioni rese dalle Sezioni Unite del 2018. I temi oggetto della sentenza
Come premesso, la innovativa decisione milanese si confronta, dando vita ad una sorta di dialogo continuo con la Suprema Corte, con la decisione n. 13233/2014. In quella sede, i Giudici di legittimità avevano escluso, con la massima categoricità, il cumulo tra risarcimento e indennizzo assicurativo, proprio in un caso perfettamente omogeneo a quello deciso oggi dal Tribunale di Milano. L'esclusione del cumulo trovava la sua più genuina giustificazione nell'applicazione del principio dell'integrale riparazione del danno: il danneggiato non può, cioè, beneficiare di un doppio risarcimento per lo stesso danno. Tutto il danno deve essere risarcito, ma niente altro che il danno, riprendendo la celeberrima espressione della dottrina francese: reparer le dommage, toute le dommage, rien que le dommage. Ed è chiaro che, pur presentando due titoli diversi (extracontrattuale il primo, contrattuale il secondo), il risarcimento e l'indennizzo assicurativo determinano una situazione che non riporta il danneggiato nella stessa curva di indifferenza in cui si trovava prima della commissione del fatto illecito, ma in una curva decisamente migliorativa. Come è ampiamente noto, il concetto di curva di indifferenza è espressione più familiare al linguaggio giuseconomico che a quello giuridico, utilizzato per esprimere la natura riparatoria del rimedio monetario che assolve proprio la funzione di riportare il danneggiato nell'identico staus quo ante. Per cronaca, l'espressione curva di indifferenza fu per la prima volta utilizzata nelle quattro decisioni delle sezioni unite della Corte di Cassazione del maggio 2018 (nn. 12564-12565-12566-12567/2018) dedicate proprio all'esame della compensatio lucri cum damno.
Bisogna, quindi, evitare il beneficio ritenuto eccessivo ed iniquo (il noto windfall dell'esperienza di common law) del doppio risarcimento. Bisogna però affrontare anche il windfall che verrebbe inevitabilmente goduto dal danneggiante dopo il pagamento dell'indennità dell'assicurazione, vigendo il divieto del cumulo e non potendo l'assicurazione esercitare l'azione di rivalsa-surroga perché pattiziamente esclusa (e il Tribunale di Milano ricorda che la rinuncia alla rivalsa determina normalmente il pagamento di un premio assicurativo più alto proprio perché diminuisce economicamente la posizione dell'assicuratore, privato della surroga). Come è noto, nel 2018 le Sezioni Unite non avevano espressamente affrontato la specifica ipotesi della polizza infortuni non mortali, preoccupate di individuare, al di là dei singoli casi prospettati, uno “statuto” generale della compensatio lucri cum damno che permettesse poi al giudice di merito di risolvere le diverse, concrete questioni sollevate dalla coesistenza del risarcimento e di altri indennizzi, contrattuali o legislativi. In termini generali, secondo la lettura delle Sezioni Unite, l'operatività del principio della compensatio viene fatta dipendere dalla “ragione giustificatrice”, cioè dalla funzione del beneficio collaterale che può, come conseguenza dell'illecito, entrare nel patrimonio del danneggiato. E, nel caso specifico della polizza infortuni non mortali, sia il risarcimento sia l'indennizzo sono volti a realizzare la stessa funzione, che è quella di apprestare una riparazione monetaria alla invalidità subita dalla persona, sia pure determinandola attraverso criteri diversi: quelli generali previsti per la liquidazione del danno (tabelle o potere equitativo del giudice) o quelli speciali previsti nel contratto. Il Tribunale di Milano conosce bene l'orientamento accolto dalle Sezioni Unite e deve, allora, cimentarsi in un lavorio interpretativo certamente non facile che giustifichi l'allontanamento dall'insegnamento delle stesse e soprattutto del precedente rappresentato dalla Cassazione 13233/2014 (sentenza Rossetti).
Quattro a mio giudizio sono i passaggi che giustificano la non applicazione del defalco tra risarcimento e indennità assicurativa: a) affermare la legittimità della rinuncia alla rivalsa (surroga): questo passaggio è sicuramente il più facile anche perché la legittimità dell'eventuale rinunzia era stata dichiarata già nella sentenza Rossetti; b) giudicare non pienamente convincente la distinzione tra infortuni non mortali (con assimilazione al tipo assicurazioni danni e quindi al divieto di cumulo visto il principio indennitario che caratterizza l'assicurazione danni) e infortuni mortali (con assimilazione allo schema assicurazione vita ed esclusione del principio di indennitario). Secondo il Tribunale di Milano anche la polizza infortuni non mortali in quanto tutelante la persona dell'assicurato presenta un connotato fortemente previdenziale: questo è il passaggio più importante, perché viene elaborata la tesi che la polizza infortuni non mortali non presenterebbe tanto una causa mista, ma darebbe vita ad un contratto assicurativo dal contenuto atipico, sulla scia dell'interpretazione accolta dalle Sezioni Unite del 2002 (n. 5119) che avevano parlato della stessa polizza infortuni come “contratto socialmente tipico”; c) utilizzare lo strumento della causa in concreto (cfr. da ultimo F. FORNASARI, Causa, meritevolezza e razionalità del contratto, Cedam, 2022 e già prima S. VERZONI, Il concetto di causa come funzione economica-individuale nella risoluzione di conflitti, in Contr.Impr. 2021, p.682) permette al giudice di comprendere in modo pieno il concreto intento perseguito dalle parti. Che era quello di assicurarsi una protezione immediata nell'ipotesi in cui l'infortunio provocasse una invalidità, al di là del risarcimento che avrebbe potuto conseguire dal terzo danneggiante; d) valorizzare poi giustamente la portata deterrente svolta dalle regole di responsabilità civile, che potrebbe essere pregiudicata dal divieto del cumulo, potendo il danneggiante essere escluso da ogni forma di responsabilità se l'assicuratore avesse già corrisposto l'indennizzo e non potesse esercitare la surroga perché pattiziamente esclusa.
Insomma, una decisione destinata sicuramente a essere discussa, in grado di dare nuova spinta ad un mercato assicurativo che mostrava di soffrire la posizione favorevole al defalco elaborata nel 2014 dalla Corte di Cassazione in cui l'indennizzo non era più concedibile nonostante fosse stato voluto dall'assicurato come un forte strumento di riparazione, al di là dell'eventuale responsabilità del terzo. |