Le associazioni sportive dilettantistiche e la prova della decadenza dai benefici fiscali

Francesco Martin
19 Maggio 2023

Il caso sottoposto alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado origina dal ricorso presentato dal legale rappresentante di una Associazione Dilettantistica Sportiva (A.S.D.) avverso l'avviso di accertamento inerente il periodo d'imposta 2015 (Tributo II.DD. + I.V.A.) emesso dall'Agenzia delle Entrate che ha accertato nei confronti dell'associazione, per l'anno d'imposta 2015, la decadenza dalle agevolazioni in favore delle associazioni sportive dilettantistiche per riscontrata mancanza dei relativi requisiti.
Massima

La decadenza dai benefici fiscali previsti per le A.S.D. deve essere sorretta, ai sensi dell'art. 7, comma 5-bis, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, aggiunto dall'art. 6, L. 31 agosto 2022, n.130, da elementi adeguati a comprovare il contestato venir meno dei requisiti previsti dalla norma.

Il caso

Mediante il ricorso, il legale rappresentante evidenzia l'insussistenza e comunque l'irrilevanza dei rilievi mossi dall'Ufficio che hanno riguardato, per un verso, la ritenuta assenza di democraticità della vita associativa e la natura commerciale dell'attività svolta dall'associazione; per l'altro verso, una serie di violazioni formali afferenti alle modalità di tenuta delle scritture contabili ed allo svolgimento delle dinamiche associative.

Ritualmente costituitasi, l'Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Udine controdeduceva su tutti i motivi di impugnazione, riportandosi al contenuto del PVC redatto dalla Guardia di Finanza di Cividale e chiedendo la reiezione del ricorso con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

La questione

Al fine di una immediata comprensione della questione sottesa alla pronuncia in esame appare utile delineare il regime fiscale al quale sono assoggettate le A.S.D.

Dal punto di vista normativo, le tipologie soggettive che operano nello sport dilettantistico sono delineate dall'art. 90, L. 27 dicembre del 2002 n. 289.

L'associazione sportiva dilettantistica è un ente non profit che ha, quale finalità prevalente, il soddisfacimento diretto di bisogni socialmente rilevanti, rispetto a cui lo scopo di conseguire un utile costituisce soltanto una finalità secondaria, strumentale al raggiungimento della prima.

Le A.S.D. sono associazioni che possono essere istituite sia in forma riconosciuta sia non riconosciuta, che si adoperano per lo svolgimento di attività sportiva dilettantistica, pratica di per sé priva di finalità economico-utilitaristiche e, di conseguenza, conforme alle finalità perseguibili da un'associazione.

Tali associazioni possono avvalersi, tramite opzione, di una disciplina fiscale agevolata prevista dalla L. 16 dicembre 1991, n. 398 e successive modificazioni, e sono soggette alla disciplina delle imposte dirette e indirette.

Questi soggetti possono usufruire delle agevolazioni fiscali a condizione che lo statuto sia redatto in conformità alle disposizioni dettate dall'art. 90 L. 289/2002 e che gli enti siano iscritti al Registro delle associazioni e società sportive tenuto dal CONI.

È da osservare che il detto Registro sarà operativo fino al 30 dicembre 2023, in quanto a partire dal 31 dicembre 2023 sarà abrogato e sostituito con il Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche, tenuto dal Dipartimento per lo sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui dovrà avvenire l'iscrizione.

Nel caso in cui l'associazione sportiva dilettantistica abbia acquisito la qualifica di Ente del Terzo settore, o di impresa sociale, la devoluzione del suo patrimonio residuo segue la disciplina prevista per gli Enti del Terzo settore (ETS) e d'impresa sociale.

Le A.S.D., ai fini della tassazione IRES, possono quindi optare per il regime agevolato previsto dalla L. 398/1991.

Il regime è applicabile qualora tali enti, durante il periodo d'imposta precedente, abbiano conseguito proventi derivanti da attività commerciali per un importo non superiore a 400.000 euro e la tassazione avviene applicando ai suddetti proventi o ricavi il coefficiente del 3% e sommando a quanto ottenuto le eventuali plusvalenze patrimoniali.

Non sono invece soggetti a tassazione e, pertanto, esclusi, gli eventuali redditi fondiari, di capitale e diversi delle A.S.D. che assieme a quelli di impresa costituiscono il reddito imponibile complessivo delle associazioni che, ai sensi del 1° comma dell'art. 143 TUIR, sono enti non commerciali.

In merito alle entrate escluse dal calcolo del limite di 400.000 euro annui e quindi dell'imponibile IRES, occorre evidenziare che dal calcolo dei proventi derivanti da attività commerciali di euro 400.000 annui, si devono escludere oltre alle plusvalenze patrimoniali, anche quelle entrate che non costituiscono reddito imponibile IRES a causa delle previsioni di altre disposizioni legislative di seguito indicate e che non rientrano nel plafond le entrate realizzate mediante raccolta pubblica di fondi purché siano ottenute mediante l'organizzazione di massimo due eventi per un anno di natura occasionale, concomitanti con ricorrenze, campagne di sensibilizzazione, celebrazioni, per un importo complessivo in un anno non superiore a 51.646 euro.

Inoltre, non rientrano tra i proventi le attività svolte nei confronti degli associati o partecipanti dell'associazione o dei soci della società in conformità delle finalità istituzionali (quelle previste dallo statuto di esse); i suddetti introiti non rilevano ai fini IRES e sono esenti dall'IVA.

Se invece le attività sono svolte verso il pagamento di corrispettivi specifici da parte degli associati o dei soci, l'attività è considerata commerciale e i suoi proventi (ricavi) concorrono a formare il reddito complessivo dell'associazione come redditi d'impresa o diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità (Associazioni e società sportive dilettantistiche: agevolazioni fiscali e tassazione, in Ipsoa, 07.09.2021).

Lo stesso avviene se le attività sono svolte verso pagamento di quote o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni a cui gli associati o i soci hanno diritto.

Ai sensi dell'art. 148, 3 comma, TUIR, non rilevano ai fini IRES e sono esenti dall'IVA, le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti dei propri associati o soci, di altre associazioni che fanno parte della stessa organizzazione locale o nazionale e degli associati di essa, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici.

Non rilevano neppure le cessioni a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

Parimenti non rientrano nel limite dei 400.000 euro i contributi corrisposti alle A.S.D. da Pubbliche Amministrazioni per lo svolgimento convenzionato di attività sportive dilettantistiche esercitate in conformità ai fini istituzionali alle A.S.D.

Sussiste la decadenza dal regime agevolato al superamento del limite dei 400.000 euro.

Per usufruire delle agevolazioni fiscali, gli enti devono presentare entro 60 giorni all'Agenzia delle Entrate il Modello EAS.

In questo caso le entrate escluse dal reddito imponibile IRES sono i ricavi da attività non commerciali (quote associative) e commerciali (corrispettivi specifici) svolte nei confronti di associati, soci o partecipanti (ex art. 148 del TUIR), entrate mediante raccolta pubblica di fondi e i premi di addestramento e formazione ad A.S.D. e contributi di Pubbliche Amministrazioni alle A.S.D.

Per quanto infine riguarda la determinazione della base imponibile IRES, come delineato dall'art. 143, commi 1 e 2, TUIR, il calcolo del reddito complessivo viene effettuato come per le persone fisiche, e quindi considerando i redditi fondiari, i redditi di capitale, quelli d'impresa e infine i redditi diversi.

Quanto all'IRPEF, il d.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 prevede che le A.S.D. e le S.S.D. affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli enti di promozione sportive riconosciuti dal C.O.N.I., possono utilizzare il contratto di collaborazione coordinata e continuativa al posto del contratto di lavoro subordinato per le prestazioni lavorative rese a fini istituzionali nei loro confronti.

I compensi a tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro sportivo con una A.S.D. (precisamente: i compensi, i premi, le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spese) fino all'importo annuo di 10.000 euro non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'IRPEF per il percettore.

Gli importi di questi compensi che vanno da 10.000,01 a 20.658,28 euro sono soggetti alla ritenuta, a titolo d'imposta, del 23%, pari all'aliquota del primo scaglione dell'IRPEF, maggiorata delle addizionali regionale e comunali ad essa.

Le associazioni sportive dilettantistiche sono poi sottoposte alla normativa civilistica comune a tutte le associazioni, salvo ulteriori disposizioni speciali che consentono loro di essere inquadrate come sportivo-dilettantistiche e dunque di fruire delle numerose agevolazioni fiscali previste dal nostro ordinamento.

Tali associazioni godono quindi di una gestione non solo amministrativa, ma anche contabile, semplificata (non è richiesta, ad esempio una forma particolare per l'atto costitutivo). Sotto il profilo contabile, le A.S.D. devono predisporre un rendiconto economico-finanziario, lasciando allo statuto la libertà di stabilirne le modalità.

Così come precisato dall'art. 73, comma 1, lett. c) d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le associazioni sportive dilettantistiche rientrano in particolare nella categoria di enti non commerciali che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'attività commerciale.

Tali associazioni non devono tenere le scritture contabili per quanto riguarda l'attività istituzionale svolta, così come delineato dall'art. 13 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Devono invece necessariamente essere tenute, nel caso l'associazione svolga attività di natura commerciale che si sostanzia nello svolgimento di un'attività d'impresa e con la realizzazione di ricavi che non possono essere considerati istituzionali.

Inoltre, rientrando nella categoria di ente non commerciale, le associazioni sportive dilettantistiche possono scegliere tra uno dei quattro diversi tipi di regimi contabili a disposizione, rilevanti ai fini fiscali, quali il regime ordinario, semplificato, forfettario ex art. 145 TUIR e agevolato forfettario disciplinato dalla L. 398/1991.

Si evince quindi come il legislatore, nelle varie modifiche intercorse, abbia voluto riconoscere alle A.S.D., in ragione del loro peculiare fine, la possibilità di scegliere un regime fiscale agevolato che tenga conto delle molteplici sfaccettature che caratterizzano tali associazioni.

La soluzione giuridica

Nell'esaminare il ricorso proposto la Corte rileva che il punto nodale della disamina è la contestazione mossa nell'avviso impugnato relativa alla ritenuta assenza di effettività e democraticità della vita associativa della A.S.D.

La Corte ritiene che gli elementi che emergono dal PVC redatto dalla Guardia di Finanza, non siano dotati della necessaria pregnanza per giungere alle medesime conclusioni poste in essere dall'Agenzia delle Entrate.

Nessun rilievo possono, anzitutto, assumere, elementi quali l'ubicazione della sede, la composizione soggettiva del direttivo e la custodia dei documenti societari in luogo diverso dalla sede.

Questi risultano, invero, del tutto neutri dal punto di vista della verifica inerente all'effettività della vita associativa partecipata, dal momento che è assai arduo spiegare i motivi per i quali tali caratteristiche possano determinare una totale assenza di vita associativa, dal momento che essa, per le peculiari caratteristiche dell'oggetto associativo è destinata a svolgersi in luoghi diversi dalla sede dell'associazione.

Quanto agli altri elementi dedotti dall'Ufficio, quali la concentrazione delle decisioni in capo al consiglio direttivo, le modalità di convocazione dell'assemblea non rispettose dei precetti statutari e asseritamente la sostanziale impossibilità da parte dei soci di poter accedere alla documentazione dell'Ente, deve osservarsi che, anche in questo caso, il livello indiziario non assurge a prova dell'assenza di democraticità dell'ente, poiché nulla prova che i soci siano stati deliberatamente tenuti all'oscuro delle decisioni assunte dall'associazione e che siano rimasti estranei alle iniziative assunte dalla medesima.

Al contrario, risulta pacificamente che proprio uno dei soci sia strettamente coinvolto nella organizzazione degli eventi sportivi e, inoltre, non vi è prova che alcuno degli associati abbia in qualche modo manifestato la volontà di modificare le modalità di gestione dell'associazione adottate dal direttivo, sentendosi ipoteticamente poco o punto rappresentato.

Con riferimento alla democraticità la Corte ritiene che: «La sussistenza del requisito della democraticità richiede una valutazione da effettuarsi caso per caso, della corrispondenza fra le previsioni statutarie e le concrete modalità operative della singola associazione sportiva dilettantistica, nel senso che, anche qualora in concreto le modalità di gestione della vita associativa non si conformino esattamente alle previsioni statutarie, è necessario che comunque esse consentano il raggiungimento della medesima finalità. In altri termini, la clausola della “democraticità” prevista dall'art. 90, comma 18, lettera e), della legge n. 289/2002 si intende violata quando la specifica azione od omissione da parte dell'associazione si materializzi in condotte quali la mancanza assoluta di forme di comunicazione idonee ad informare gli associati delle convocazioni assembleari e delle decisioni degli organi sociali; - la presenza di diverse quote associative alle quali corrisponda una differente posizione del socio in termini di diritti e prerogative, rispetto alla reale fruizione e godimento di determinati beni e servizi; - l'esercizio limitato del diritto di voto – dovuto alla presenza, di fatto, di categorie di associati privilegiati – in relazione alle deliberazioni inerenti l'approvazione del bilancio, le modifiche statutarie, l'approvazione dei regolamenti, la nomina di cariche direttive, etc.».

La ricostruzione effettuata, quindi, deve essere considerata una mera supposizione non corroborata da elementi fattuali sufficientemente univoci.

Invero la Corte ritiene che le eventuali carenze di ordine meramente formale non possono di per sé giustificare il disconoscimento delle agevolazioni fiscali riconosciute dall'art. 148, comma 3, TUIR alle associazioni sportive dilettantistiche, laddove, con un'analisi condotta in concreto, sia accertata l'effettività della vis associativa.

Osservazioni

Mediante la decisione oggetto del presente commento, la Corte di Giustizia di primo grado ha fatto buon governo dei principi dettati in materia.

In particolare, il fulcro della decisione è da rinvenire nella circostanza che il provvedimento impugnato, sensi dell'art. 7, comma 5-bis, d.Lgs.546/1992, aggiunto dall'art. 6, L. 130/2022, non era sufficientemente dotato di elementi adeguati a comprovare la contestata decadenza della A.S.D. dalle agevolazioni previste, risultando, in particolare, non raggiunta in termini certi la prova dell'assenza di democraticità della vita associativa e della natura commerciale dell'attività dell'associazione, laddove i ricorrenti hanno, invece, offerto di tali profili una ricostruzione coerente con la natura dilettantistica dell'associazione medesima.

La Corte ha quindi accolto il ricorso e, per l'effetto, annulla l'atto impositivo impugnato e dichiarato le spese del grado di giudizio integralmente compensate inter partes.