L’azienda non può imporre ai dipendenti il rilevamento dell’impronta per accedere al luogo di lavoro

La Redazione
22 Maggio 2023

La Cassazione ha confermato l’accoglimento della domanda di un lavoratore volta a sentir dichiarare illegittimo il sistema di rilevazione biometrica, tramite impronta della mano, dell’accesso dei lavoratori da parte del datore di lavoro. Tale trattamento dati, in assenza di specifico consenso, non è conforme alla legge.

Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di un lavoratore che si opponeva all'utilizzo di un sistema di rilevazione biometrica, da parte dell'azienda, per il controllo dell'accesso dei dipendenti ai luoghi di lavoro. La decisione veniva confermata anche in seconde cure, per l'illegittimità di tale sistema, come confermato anche da diversi provvedimenti del Garante Privacy e da uno specifico provvedimento dell'autorità su questa vicenda. La società ha proposto ricorso in Cassazione.

Fermo restando che le deduzioni della ricorrente si fondano su una diversa ricostruzione dei fatti, incontrando così il limite dell'inammissibilità in Cassazione, il Collegio ricorda che la giurisprudenza è già intervenuta sul tema del controllo biometrico dei lavoratori, ribadendo la necessità del consenso dei lavoratori (Cass. civ. sez. II n. 25686/2018). La Corte territoriale ha anche richiamato il provvedimento del Garante Privacy intervenuto proprio su tale vicenda che ha dichiarato la non conformità alla legge del trattamento dei dati biometrici in questione, effettuato dalla società datrice di lavoro fino alla data del provvedimento stesso. Quest'ultimo ha infatti affermato che il consenso indicato dall'azienda come requisito per il trattamento dei dati biometrici dei lavoratori non potesse reputarsi specifico, come richiesto dall'art. 23, comma 3, d.lgs. n. 196/2003, perché non riferito all'utilizzazione dello strumento di rilevazione biometrica.

La società ricorrente ha poi provato ad invocare le esigenze di tutela che hanno indotto ad adottare lo strumento biometrico, con particolare riferimento alla presenza di dipendenti condannati in stato di semilibertà – dei quali doveva certificare l'effettiva presenza al lavoro – e alla necessità di tutelare preventivamente gli altri dipendenti da possibili atti intimidatori o di minaccia. Tale aspetto è però già stato analizzato dalla Corte d'appello che ha evidenziato l'eccedenza del mezzo di rilevazione rispetto allo scopo (controllo degli accessi).

In conclusione, tutte le deduzioni vengono rigettate.

(fonte: Diritto e Giustizia)

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