La riforma dell'equo compenso è entrata in vigore con le osservazioni del CNF
Redazione Scientifica
22 Maggio 2023
La legge n. 49/2023 che ha introdotto l'equo compenso è entrata in vigore il 20 maggio. Il CNF ha pubblicato un documento dell'Ufficio studio che fornire prime osservazioni sulla nuova normativa.
Il 5 maggio 2023 è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale la legge 21 aprile 2023, n. 49, recante “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”. La legge «voluta da un ampio arco di forze politiche, rappresenta l'esito di un processo politico cominciato da qualche anno, allorquando il legislatore italiano ha cominciato ad estendere al lavoro dei professionisti politiche attive di protezione e sostegno, a cominciare dalla legge sulla tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale». Questo è l'inquadramento della l. n. 49/2023 offerto dalla scheda di analisi pubblicata dall'Ufficio studi del Consiglio Nazionale Forense.
Dopo aver spiegato come si è arrivati alla nuova legge sull'equo compenso, il documento analizza il contesto socio-economico attuale dove «la cd. povertà lavorativa appare diffusa più nel lavoro autonomo (17,6%) che nel lavoro dipendente (10,3%)». Sul tema dell'equo compenso il legislatore è stato anticipato dalla giurisprudenza e in particolare dalla Cassazione che (Cass. civ. sez. lav., 27 settembre 2010, n. 20269) «riconoscendo la doverosa applicazione del principio della automatica rivalutazione monetaria dei crediti di lavoro (art. 429, comma 3, c.p.c.), si è richiamato alla conferente giurisprudenza costituzionale per la quale tale norma di favore si applica anche al lavoro autonomo caratterizzato dalla continuità e dalla coordinazione delle prestazioni eseguite, nonché dalla personalità delle stesse».
L'Ufficio studi ha precisato anche le differenze tra equo compenso e tariffe, precisando che «il richiamo all'istituto tariffario non è appropriato: le tariffe limitano la volontà delle parti sempre e comunque, di talché le norme che ponevano minimi inderogabili si sostituivano imperativamente alle clausole difformi eventualmente concordate tra le parti. I meccanismi previsti dalle disposizioni sull'equo compenso si limitano invece ad impedire condotte di abuso contrattuale, recuperando istituti di protezione del contraente debole già conosciuti dall'ordinamento, come ad esempio la nullità di protezione prevista dall'articolo 36 del codice del consumo, e la disciplina civilistica delle clausole vessatorie (artt. 1341 e 1342 c.c.)».
Infine, sottolineando le misure più significative della riforma, vengono citate:
La nullità delle clausole che prevedono un compenso inferiore ai parametri;
La condanna del cliente, in caso di violazione dell'equo compenso, al pagamento della differenza tra quanto effettivamente corrisposto al professionista e quanto dovuto in base ai parametri, oltre alla possibilità di riconoscere un indennizzo fino al doppio di tale differenza;
La revisione biennale dei parametri;
La legittimazione dei Consigli nazionali degli ordini professionali ad adire l'autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso;
l'obbligo per i Consigli nazionali di introdurre specifiche previsioni deontologiche volte, per un verso, a «sanzionare la violazione, da parte del professionista, dell'obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta", e per altro verso, a sanzionare la violazione dell'obbligo di "avvertire il cliente, nei soli rapporti in cui la convenzione, il contratto o comunque qualsiasi accordo con il cliente siano predisposti esclusivamente dal professionista, che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni della presente legge»;
la possibilità per le imprese di adottare modelli standard di convenzione, concordati con i Consigli nazionali;
la possibilità, per quest'ultimi, di proporre l'azione di classe per tutelare i diritti individuali omogenei dei professionisti;
il parere di congruità emesso dall'Ordine o dal Collegio professionale sulla equa parcella del professionista che costituisce titolo esecutivo;
l'istituzione dell'Osservatorio nazionale sull'equo compenso presso il Ministero della giustizia;
il regime di prescrizione per l'esercizio dell'azione di responsabilità professionale previsto dall'art. 8 l. n. 49/2023;
la limitazione del campo soggettivo di applicazione della disciplina alle imprese di una certa dimensione (banche, assicurazioni e imprese che occupano più di 50 persone o realizzano un fatturato o un totale di bilancio annuo superiore a 10 milioni di euro). Il legislatore ha voluto inoltre ribadire espressamente che «le disposizioni della presente legge si applicano altresì alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione» (art. 2, comma 3, l. n. 49/2023). Le società veicolo di cartolarizzazioni nonché gli agenti della riscossione restano al di fuori del campo di applicazione della normativa sull'equo compenso;
diversi dubbi interpretativi sono sorti in merito alla corretta applicazione nel tempo della disciplina. L'art. 11 l. n. 49/2023 chiarisce che la legge non si applica alle convenzioni in corso, sottoscritte prima della entrata in vigore della legge stessa, ma solo a quelle sottoscritte a partire dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Nel documento si legge che «la soluzione è chiara, ma poco equa, perché consolida e rende irrimediabili tutti i casi di manifesto abuso contrattuale di clienti forti in danno di professionisti che si sono verificati negli anni passati. Sarebbe al riguardo auspicabile una riflessione ulteriore da parte del legislatore».
Per approfondire il tema, guarda l'intervista dell'avv. Gambogi su avvocati.it
Vuoi leggere tutti i contenuti?
Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter continuare a
leggere questo e tanti altri articoli.