Il (mancato) recepimento da parte dell’AdE dei nuovi criteri del CCII per la valutazione del trattamento dei crediti tributari

22 Maggio 2023

L'Autore affronta il tema della posizione dell'Agenzia delle Entrate rispetto alla valutazione del trattamento dei crediti erariali – la quale privilegia ancora il criterio della meritevolezza in luogo di quello della convenienza sancito, invece, dal CCII – sollevando la questione della necessità di un aggiornamento della Circolare n. 34/E del 2020 che tenga, appunto, conto delle novità legislative.
Premessa

Delle novità introdotte dal nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza se ne discute parecchio, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Le nuove regole di distribuzione del valore dell'attivo in ossequio alla Absolute Priority Rule piuttosto che seguendo la Relative Priority Rule, l'applicabilità e il funzionamento del cram down fiscale, la fiscalità nella crisi d'impresa sono argomenti all'ordine del giorno che scaldano il confronto tra autori, giudici e amministrazione finanziaria.

In questa sede preme, invece, sottolineare alcuni aspetti di criticità interpretativa ed applicativa della prassi amministrativa. Aspetti questi che possano, innanzitutto, permettere una riflessione critica sia sulla posizione assunta dall'Agenzia rispetto alle modalità di valutazione della proposta di trattamento dei crediti tributari presentata dal debitore, sia sulle eventuali (ulteriori) pretese informative che l'Ufficio avanza attraverso la richiesta di integrazione documentale trasmessa al debitore “al fine di consentire alla Direzione Provinciale – dell'Agenzia delle Entrate – una compiuta valutazione della proposta di trattamento dei crediti tributari”, anche rispetto agli altri creditori.



La valutazione dell'AdE

Come noto, le modalità di valutazione della proposta sono contenute nella Circolare dell'Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2020, n. 34/E che, licenziata a valle degli interventi legislativi all'epoca emanati, ha finalità di allineare gli uffici territoriali dell'Amministrazione finanziaria nella valutazione del trattamento dei crediti tributari riservato al creditore pubblico nell'ambito delle procedure di regolazione della crisi o insolvenza che includano una transazione fiscale.

Tale documento, intitolato “Gestione delle proposte di transazione fiscale nella procedura di composizione della crisi d'impresa”, riveste una duplice funzione: da un lato offre agli uffici le linee guida per una accorta valutazione delle proposte di transazione fiscale, nonché, dall'altro lato, consente agli operatori economici (debitore, professionisti, ecc.) di avere cognizione di quelle che sono le regole di ingaggio per presentare una domanda di transazione fiscale che sia presumibilmente (e auspicabilmente) accettabile dall'ente.

In tal senso, i presupposti per la formulazione del giudizio dell'Agenzia sono:

  • la maggior convenienza economica del trattamento offerto rispetto all'alternativa liquidatoria;
  • il trattamento non deteriore per l'Erario rispetto ai creditori di rango inferiore.

Ai fini della valutazione della proposta di trattamento dei crediti erariali l'Agenzia replica i principi stabiliti dalla legge, tuttavia riproponendo anche il profilo della meritevolezza - requisito abbandonato invece dal legislatore - della proposta, soprattutto in relazione alla condotta del debitore.

Invero, sebbene la Circolare n. 34/E del 2020 sia stata emanata successivamente alla pubblicazione del D.Lgs. 14/2019 (e che, verrebbe da dire, fa strano accorgersi dell'assenza di un aggiornamento del documento in considerazione degli ultimi interventi legislativi in materia di crisi d'impresa), in essa l'AdE continua a fare riferimento al tema della meritevolezza ai fini della valutazione della proposta di trattamento dei crediti.

Tale requisito, seppure apparentemente “accessorio” nel percorso ricognitivo che conduce l'Ufficio alla formulazione del proprio giudizio, si pone in disallineamento rispetto a quanto previsto dal Codice della Crisi tanto nella sua versione originaria, quanto nel risultato dei vari interventi di modifica, da ultimo il D.Lgs. 83/2022, che ha sancito e consacrato il definitivo superamento della previgente Legge Fallimentare – con tutti gli annessi aspetti di carattere sociale che ispirarono la sua formulazione – e delle modifiche che, nelle more dell'entrata in vigore del Codice – complice anche l'emergenza Covid19 –, hanno consentito il definitivo approdo della normativa riformata.

A conforto del superamento del tema della meritevolezza del debitore interviene il legislatore attraverso la precisa definizione dei requisiti che deve possedere la proposta.

Infatti, sulla base di quanto sancito dall'art. 84, comma 1, CCII, il legislatore declina il requisito della convenienza della proposta nel senso di “non inferiore” rispetto all'alternativa liquidatoria: il valore di liquidazione rappresenta, così, il limite minino di soddisfazione al di sotto del quale la proposta non potrà essere ritenuta accettabile, dovendosi trascurare, perlomeno in questo frangente, i comportamenti del debitore, i quali potranno essere perseguiti in sede penale e civile.

Quanto alla valutazione circa la convenienza della proposta rispetto all'alternativa liquidatoria (così come richiamata dal Codice della crisi), l'Agenzia dovrebbe tenere in debito conto(e ad onor del vero avrebbe dovuto tenerne conto anche il legislatore codicistico) anche l'aggravio dei costi che sopporterebbero le casse pubbliche per la copertura della Cassa Integrazione Guadagni destinata ai lavoratori che sono alle dipendenze della società di cui si andrebbe ad aprire la liquidazione giudiziale, in caso di conversione della procedura di amministrazione straordinaria nella procedura liquidatoria qualora non vi sia il recupero della capacità produttiva dell'impresa.

Pur esulando tale situazione dal tema qui trattato, giova precisare come il legislatore apra, invero, al tema della tutela occupazionale nel concordato in continuità attraverso il disposto ex art. 84, comma 2, CCII, secondo cui la continuità aziendale “preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro”; potendo, in tal senso, ascrivere allo strumento di risanamento un beneficio che l'alternativa liquidatoria di certo non potrà raggiungere: la tutela dei lavoratori.

Infatti, nelle valutazioni che conducono a ritenere maggiormente conveniente l'una (in continuità, id est concordato preventivo, recte qualsiasi altro strumento che preveda la prosecuzione dell'attività d'impresa) o l'altra (liquidatoria, id est liquidazione giudiziale) alternativa, appare necessario contemplare anche un trade-off di costi e benefici sociali, i primi senza dubbi addebitabili alla liquidazione giudiziale, i secondi facilmente ottenibili attraverso una (ri)ordinata continuazione dell'attività aziendale, oltre a garantire il beneficio della migliore soddisfazione.



I ruoli e le competenze delle parti in causa

Nella Circolare viene sottolineato il ruolo centrale del professionista attestatore e del commissario giudiziale, le cui relazioni costituiscono il fulcro del processo di formazione del giudizio dell'Ufficio circa il rispetto dei predetti principi.

Tuttavia, gli Uffici potranno disattendere le risultanze di dette relazioni qualora ritengano che esse siano viziate da una manifesta inattendibilità, ovvero insostenibilità anche alla luce del contesto economico e competitivo di riferimento, nonché della situazione economico-patrimoniale dell'impresa.

Tale ultimo passaggio sembrerebbe destare non pochi dubbi e perplessità, in particolare in relazione all'autoinvestitura – di fatto – dell'Agenzia di un ruolo di controllo sull'operato del professionista attestatore indipendente e del commissario giudiziale, invadendo, altresì, perimetri non di sua competenza con il rischio di compromettere sia il ruolo dei predetti soggetti che le dinamiche della procedura, dal momento che da creditore (seppur pubblico e qualificato) l'Agenzia muove ad atteggiarsi come vigilante sull'altrui operato.



La sindacabile richiesta di integrazione documentale

Un superamento dei confini di competenza relativi al proprio ruolo e alla propria posizione lo si può scorgere anche in relazione alle eventuali richieste di integrazione documentale avanzate direttamente dall'Ufficio a seguito della presentazione della domanda di transazione fiscale; a differenza dei creditori ordinari che possono formare il proprio giudizio esclusivamente sulle informazioni disponibili nella proposta e da quelle contenute nella relazione dei Commissari Giudiziali.

Infatti, l'Agenzia sovente chiede la produzione di una notevole mole di documenti di cui, in molti casi, è già in possesso ovvero che appaiono esulare dalle finalità ascritte al procedimento regolato dal CCII.

Come pure, la richiesta di produzione documentale ulteriore di ingente portata va ad incidere negativamente sulla tenuta delle società che soffrono l'indebolimento della propria struttura organizzativa dovuto al rischio di profluvio del personale amministrativo che hanno difficoltà a trattenere una volta entrate in procedura.

In questa prospettiva, dette richieste avanzate da parte dell'Agenzia andrebbero ad aggravare ancora di più il già precario contesto in cui le società sono costrette ad operare, con il conseguente aggravio dell'onere amministrativo per (tentare di) accontentare l'Amministrazione, per giunta in termini perentori.

Un ulteriore timore è che, attraverso tale richiesta, l'attività di ricognizione finalizzata a consentire una compiuta valutazione della proposta di trattamento dei crediti tributari, possa, invece, sconfinare e tradursi in un'attività di investigazione finanziaria, non già per scopi meramente valutativi della proposta concordataria, bensì per far acquisire all'Agenzia informazioni di dettaglio in qualità di verificatore fiscale; aspetto questo di per sé per nulla vietato, ma che deve rendersi compatibile con la procedura di concordato e con l'espressione del voto.

In particolare, il debitore potrebbe essere chiamato a fornire informazioni e chiarimenti che nemmeno il Codice della crisi impone di produrre in sede di procedura concordataria.

In relazione a questo tema gli argomenti di riflessione sarebbero diversi; innanzitutto, rispetto alla legittimazione a tale pretesa da parte dell'Amministrazione.

Essendo il subprocedimento che conduce alla transazione fiscale un procedimento di natura amministrativa, sarebbero da applicare le norme del diritto amministrativo e, in particolare, la L. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

Infatti, all'art. 6, comma 1 è stabilito che, ai fini dell'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria del procedimento posto in essere, il responsabile del procedimento può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali”.

Pertanto, seppur di tenore letterale differente, l'integrazione documentale “richiesta” potrebbe rientrare nell'esibizione documentale “ordinata”.

Tuttavia, il citato art. 6 è una norma dell'ordinamento amministrativo che trova senza dubbio applicazione ai procedimenti amministrativi “tradizionali”, quali, ad esempio, quello relativo all'accertamento tributario; tant'è che la nozione di attività istruttoria menzionata dal disposto, nonché le c.d. richieste al contribuente ad esibire atti e documenti, pertengono principalmente alle attività di accertamento delle imposte sui redditi e in materia di IVA, rispettivamente ai sensi degli artt. 32 del D.P.R. n. 600/1973 e 51 del D.P.R. n. 633/1972.

Nell'ambito della procedura di concordato preventivo il procedimento che si innesca, seppur geneticamente appartenente al diritto amministrativo, è impiantato in un contesto specifico che nulla ha a che vedere con le dinamiche dell'attività istruttoria dell'accertamento tributario, da un lato, nonché nemmeno, dall'altro lato, con le regole che disciplinano il ruolo dell'Agenzia all'interno della procedura concorsuale – essendo questa un creditore posto alla stregua degli altri creditori – primo fra tutti il rispetto del principio della par condicio creditorum.

Quelli che, al contrario, devono continuare ad osservarsi sono i principi fondamentali che regolano il rapporto tra contribuente (il debitore) e la Pubblica Amministrazione (il creditore); principi che, nel caso in questione, potrebbero trovare una scomoda applicazione.

In prima analisi, rispetto al principio della certezza del diritto potrebbe rivelarsi critico il rispetto di tale principio, dal momento che il debitore farebbe affidamento sull'adempimento degli obblighi documentali prescritti dalla disciplina concorsuale a cui è soggetta anche la presentazione della domanda di transazione fiscale, trovandosi, invece, successivamente a tale presentazione e adempimento a dover far fronte ad una situazione imprevista, dal contenuto e dalla portata imprevedibile.

Tale richiesta, qualora astrattamente ammissibile, dovrebbe comunque rispettare il principio della ragionevolezza della pretesa sia in relazione al livello di profondità e dettaglio delle informazioni richieste che ai tempi di risposta, dovendosi tenere in considerazione sia i tempi di acquisizione/elaborazione di tali informazioni da parte del debitore, sia i tempi relativi alle dinamiche processuali del concordato preventivo.

Un altro principio cardine è quello della buona fede e leale collaborazione tra contribuente e Pubblica Amministrazione.

Se è vero che tale richiesta integrativa potrebbe trovare conforto nel doveroso rispetto di detto principio, è anche vero che il debitore è onerato di trasmettere direttamente all'Ufficio (in qualità di “rappresentante” del creditore) la documentazione prescritta dal legislatore al fine di accedere alla procedura in sede di presentazione della domanda di transazione fiscale (cosa che non accade nei confronti degli altri creditori “privati”).

Tanto basterebbe per ritenersi assolto l'obbligo di collaborazione da parte del contribuente anche in caso di mancato riscontro di tale richiesta integrativa.

Qualora il debitore non dia riscontro a detta ulteriore e integrativa pretesa documentale non sarebbe da considerarsi viziata la procedura di concordato preventivo (in caso, beninteso, di rispetto della ritualità nel complesso). Al più l'Agenzia potrà votare contro la proposta concordataria, ma sempre ferma restando la possibilità di cram down fiscale ad opera del Tribunale qualora la proposta risulti pacificamente più conveniente dell'alternativa liquidatoria anche a prescindere dalle informazioni richieste sulla scorta anche del parere del Commissario Giudiziale.

In verità, la Circolare affronta la circostanza in cui la documentazione trasmessa da parte del debitore necessiti di integrazioni.

Infatti, la stessa circolare afferma che qualora in sede di esame della documentazione esibita a supporto delle proposte dovessero emergere particolari carenze o criticità, gli Uffici, onde garantire la massima celerità del vaglio istruttorio, avranno cura di avviare un tempestivo confronto con il contribuente, volto a meglio definire i termini della questione e a pervenire ad una soluzione condivisa, assicurando il rispetto dei principi di economicità, trasparenza e non aggravio del procedimento.

Pertanto, sulla base della lettura di tale passaggio, un'eventuale richiesta di integrazione documentale dovrebbe effettuarsi esclusivamente nei casi in cui la documentazione prodotta risulti carente o contenga elementi di criticità; non potendosi ritenere condivisibile l'idea che al debitore vengano formulate richieste di ottenimento di dati e informazioni totalmente nuovi rispetto a quelli contenuti nella documentazione presentata, bensì dovranno essere trasmesse le informazioni eventualmente omesse e che, invece, avrebbero dovute essere contenute nel corredo documentale previamente presentato.

Inoltre, a completare la legittimazione dell'Agenzia ad estendere il proprio perimetro di attività ricognitiva delle informazioni, la Circolare stabilisce che (solo) la sussistenza di elementi relativi al giudizio circa la condotta – meritevolezza – del debitore (l'aver posto in essere attività distrattive o decettive, la presenza di precedenti fiscali e di fattispecie di frode) renderà necessario ampliare l'ambito oggettivo delle attività di valutazione da porre in essere, le quali non dovranno limitarsi ad analisi di tipo campionario, ovvero all'adozione di criteri basati sulle soglie di materialità degli errori, poiché in tali circostanze la gravità dei comportamenti pregressi deve portare a ritenere le esigenze di tutela dell'interesse erariale prevalenti rispetto alla speditezza della procedura”.

Di talché, una richiesta di integrazione documentale – che abbia o meno una finalità “investigativa” – potrà essere avanzata esclusivamente qualora la documentazione presentata sia obiettivamente carente o critica già in relazione ai dettati normativi oppure qualora siano sussistenti elementi che possano far ritenere non meritevole di accoglimento la proposta presentata dal debitore.

Qualora non emergano tali circostanze, l'Ufficio dovrà basare la propria valutazione sugli elementi comuni a tutti gli altri creditori.

In caso contrario, l'Agenzia accederebbe ad una corsia preferenziale per l'acquisizione di informazioni rilevanti, il che le consentirebbe di esprimere un voto maggiormente informato e consapevole rispetto a tutti gli altri creditori, andandosi a prefigurare un'asimmetria informativa rispetto agli altri creditori.

A dirla tutta, una simile circostanza potrebbe configurarsi in condizioni normali, dal momento che l'Agenzia dispone già di notevoli informazioni privilegiate di riscontro rispetto a tutti gli altri creditori in virtù del proprio ruolo e della propria attività; basti pensare alle informazioni relative alla fatturazione elettronica, al versamento delle imposte, ai crediti d'imposta, alle informazioni su clienti, fornitori ed eventuali assuntori, nonché rispetto ai c.d. Indicatori Sintetici di Affidabilità (ISA) i quali, misurando attraverso un metodo statistico-economico, dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, forniscono una sintesi di valori tramite la quale sarà possibile verificare la normalità e la coerenza della gestione professionale o aziendale dei contribuenti.

Orbene, un rimedio per sanare tale eventuale disallineamento informativo potrebbe essere prevedere che tali richieste formulate dall'Ufficio debbano transitare dal Commissario Giudiziale il quale, dopo aver valutato la necessità ed opportunità della richiesta, porterà a conoscenza dei creditori l'intero “set” documentale attraverso la relazione redatta ai sensi dell'art. 105 CCII.

Ad ogni buon conto ciò che pare auspicabile, allo stato, è che l'Agenzia delle Entrate vada ad uniformare le linee guida emanate attraverso la Circolare n. 34/E del 2020 con il dettato normativo del CCII, allineando i criteri valutativi della proposta di trattamento dei crediti tributari a quelli stabiliti dal legislatore in materia di valutazione della proposta concordataria nel suo complesso. E ciò nella prospettiva di un'armonizzazione (rectius adeguamento dei contenuti di un documento di prassi amministrativa alle disposizioni di legge) tra quanto disciplinato nel Codice della crisi e quanto diffuso dall'Amministrazione finanziaria affinché gli Uffici territorialmente competenti, destinatari delle circolari, possano valutare la proposta in ossequio a quanto ivi convenzionalmente stabilito.



Conclusioni

Dall'esame delle prime esperienze di sottoposizione delle proposte di trattamento dei crediti tributari e contributivi, si è potuto rilevare come l'Amministrazione finanziaria, tanto nelle richieste di integrazione documentale, quanto nella formulazione del proprio giudizio in vista del voto concordatario, continua a fondare il proprio convincimento in modo preponderante sulla meritevolezza del debitore, piuttosto che sulla effettiva convenienza economica della proposta di trattamento, contrariamente a quanto prescrive il CCII.

Per tali ragioni, appare auspicabile – nonché, in verità, di assoluta urgenza – un puntuale aggiornamento della prassi amministrativa, contenuta nella Circolare n. 34/E 2020, che tenga in debito conto della disciplina attualmente in vigore.



Guida all'approfondimento

Ricordando che l'attività di vigilanza in sede di concordato preventivo è affidata al Commissario Giudiziale, con riguardo al paragrafo “I ruoli e le competenze delle parti in causa”, si veda in dottrina A. Solidoro, La circolare AdE n. 34/E del 29 dicembre 2020, in questo portale, 5 gennaio 2021, secondo il quale “La circolare impone agli uffici di elaborare e valutare non solo una parziale formulazione dei nuovi principi a cui gli attestatori devono attenersi oltre a quelli codificati dei soggetti istituzionalmente chiamati a farlo (cfr. I nuovi principi di attestazione, CNDCEC, 16 dicembre 2020 e, al riguardo, v. A. Danovi-A. Foschi-A. Quagli-A. Panizza-R. Ranalli-A. Tron, I nuovi principi di attestazione dei piani di risanamento, in questo portale, 21 dicembre 2020), ma anche dei non precedentemente esplorati principi di comportamento dei Commissari Giudiziali. Non pare superfluo ricordare che per la propria attività e la coerenza con le norme giuridiche e tecniche di riferimento, sia attestatori che Commissari Giudiziali sono soggetti a responsabilità civili e penali particolarmente severe, la cui verifica, assai delicata, è demandata all'Autorità Giudiziaria (per gli aspetti generali si fa riferimento all'art. 236-bis l. fall. e, per il commissario, all'art. 236 l. fall.). Il timore è che l'Agenzia troppo pretenda dai propri uffici con questa modalità valutativa che dovrebbe addirittura prevalere, anticipandola se non addirittura superandola, sull'attività di controllo sulla legalità della procedura attribuita alla Autorità Giudiziaria, nelle forme diverse previste a seconda che si tratti di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione”.

Il principio della certezza del diritto consiste nella possibilità di conoscere la valutazione concreta operata dal diritto positivo con riferimento alle azioni e situazioni compiute, consentendo la conoscibilità a priori delle norme giuridiche da osservare; in dottrina E. Allorio, La certezza del diritto nell'economia, in Dir. Econ., 1956, 1204, secondo il quale “Certezza della regola come certezza della sua sufficienza. La regola lacunosa costringe l'applicatore ed interprete al ricorso a criteri extralegali per porre riparo al difetto di preveggenza; si deve qui aggiungere che la non lacunosità della legge non equivale ad analitica minuziosità (che accresce anzi il rischio delle contraddizioni e dei dubbi): val meglio, a questo effetto, la legge concisa ma improntata a principi chiari e coerenti. Certezza della regola come certezza del suo significato. Questa esigenza è la più comprensiva e fertile. Essa si pone al legislatore, all'amministrazione, al giudice, allo stesso contraente perché dettino disposizioni univoche, ma con non minore energia si pone l'ermeneuta perché con l'interpretazione audace e infedele (sotto la suasiva etichetta, occorrendo, di interpretazione funzionale, progressiva, correttiva) non pregiudichi la regola nella stessa sua efficacia”.

Per quanto concerne il tema di cui si tratta al paragrafo “La sindacabile richiesta di integrazione documentale”, giova qui ribadire la subordinazione alla legge degli atti interpretativi quali sono le circolari che formano la prassi amministrativa, le quali non vincolano né il contribuente, né il giudice e neppure costituiscono fonte di diritto, dal momento che tratta di “atti “di indirizzo” ad efficacia meramente interna, deputati a regolare e coordinare l'azione dell'amministrazione finanziaria nel suo complesso e privi di valore vincolante per gli organi deputati, in sede giurisdizionale, all'applicazione degli atti normativi”. Sul punto, si veda G. Melis, L'interpretazione nel diritto tributario, CEDAM, 2003, 519, il quale autore precisa che “la circolare è peraltro stata tradizionalmente ritenuta non vincolante neanche per la stessa amministrazione finanziaria, non solo potendo lo stesso organo emittente mutare la propria opinione interpretativa e ritornare sui suoi passi, ma anche gli stessi uffici ai quali essa è diretta discostarsene”.



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