Assegno di mantenimento in sede di separazione e prospettive lavorative del coniuge
23 Maggio 2023
Massima
Nei giudizi di separazione personale, l'assegno di mantenimento a favore del coniuge che non disponga di adeguati redditi propri deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale. La capacità lavorativa del coniuge, potenziale beneficiario del contributo al mantenimento di cui all'art. 156, comma 1, c.c., deve essere valutata ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento in sede di giudizio di separazione personale e consiste nella effettiva possibilità di svolgimento di una attività di lavoro retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale. Il caso
Ad esito di un giudizio di separazione personale, il Tribunale Ordinario – con riferimento alle questioni di natura patrimoniale – poneva a carico del marito un assegno di mantenimento per la figlia minorenne e rigettava la domanda avanzata dalla moglie volta ad ottenere il contributo di cui all'art. 156, comma 1, c.c.
La Corte d'Appello, chiamata a pronunciarsi sulla vicenda a seguito del gravame promosso dalla moglie avverso la sentenza del Giudice di prime cure, rideterminava la quantificazione del contributo al mantenimento posto a carico del padre in favore della figlia minorenne e non accoglieva le doglianze dell'appellante in merito al mancato riconoscimento dell'assegno di mantenimento in quanto non emergeva che la stessa avesse provato di aver ricercato una posizione lavorativa.
La moglie proponeva ricorso per Cassazione censurando la decisione della Corte d'Appello per non aver riconosciuto il diritto all'assegno di mantenimento, evidenziando come il Giudice di seconde cure avesse omesso di considerare il tenore di vita del marito, la scelta di rinunziare al lavoro per dedicarsi alla famiglia e le difficoltà nel reperire – anche in considerazione dell'età della ricorrente – un lavoro. Inoltre, la moglie impugnava la pronunzia del Giudice di seconde cure anche in relazione alla determinazione del contributo al mantenimento a favore della figlia in quanto non venivano considerate le accresciute esigenze della minore.
La Corte di Cassazione, ritenendo fondato il primo motivo del ricorso ed assorbito il motivo relativo al mantenimento della figlia, cassava con rinvio la sentenza della Corte d'Appello. La questione
L'ordinanza in commento pone un'interessante questione riguardante la quantificazione dell'assegno di mantenimento in sede di separazione personale. In particolare, ci si chiede in che modo debba essere valutata e considerata la capacità lavorativa del coniuge ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento. Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte di Cassazione, a fronte della doglianza relativa al mancato riconoscimento dell'assegno di mantenimento, precisa, in via preliminare, che, nei giudizi di separazione personale, l'assegno di mantenimento a favore del coniuge che non disponga di adeguati redditi propri deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, essendo ancora attuale il dovere di assistenza materiale.
Inquadrata la funzione dell'assegno di mantenimento l'ordinanza in commento precisa che la capacità lavorativa del coniuge, potenziale beneficiario del contributo al mantenimento di cui all'art. 156, comma 1, c.c., deve essere valutata ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento in sede di giudizio di separazione personale e consiste nella effettiva possibilità di svolgimento di una attività di lavoro retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale.
Alla luce di tali principi, la Corte di Cassazione decide di cassare con rinvio la sentenza impugnata nella misura in cui il Giudice di seconde cure non aveva considerato né il tenore di vita dei coniugi in costanza di matrimonio né la capacità lavorativa della moglie.
Su quest'ultimo aspetto, l'ordinanza in commento ritiene errato il ragionamento operato dalla Corte d'Appello che si era limitata a valorizzare l'assenza di una concreta iniziativa volta a reperire un'attività lavorativa. Infatti, deve essere valorizzata, non solo la scelta del nucleo familiare di interrompere l'attività lavorativa della moglie per dedicarsi alla cura della famiglia ed ai problemi di salute della figlia, ma anche «l'effettiva possibilità per la [moglie] di reperire un'adeguata attività lavorativa, in una regione che conosce notoriamente tali problemi». Inoltre, deve essere correttamente valorizzata anche l'indisponibilità di un mezzo di trasporto personale che, pur nell'implicito ragionamento della Suprema Corte, incide sull'area territoriale in cui estendere le ricerche di una posizione lavorativa.
L'ordinanza in commento, infine, ribadisce come la valorizzazione della capacità lavorativa del coniuge non debba avvenire in astratto: la mera assenza di una ricerca attiva di lavoro e la mancata richiesta del reddito di cittadinanza non possono condurre automaticamente ad escludere «l'osservanza di un obbligo, ancora normativamente esistente in sede separativa, di assistenza materiale a favore del coniuge che non disponga di propri mezzi adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale». Pertanto, la decisione del Giudice di seconde cure non può che essere cassata con rinvio.
L'accoglimento del motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento dell'assegno di mantenimento a favore del coniuge comporta, secondo la prospettazione dell'ordinanza in commento, l'assorbimento del motivo di doglianza riguardante la determinazione del contributo al mantenimento a favore della figlia in quanto quest'ultimo potrà essere correttamente quantificato solo all'esito della valutazione e «comparazione complessiva delle capacità reddituali e patrimoniali dei coniugi» che consenta di «misurare la effettiva capacità di ciascun genitore di garantire al minore il tenore di vita quo ante». Osservazioni
Il provvedimento in commento appare apprezzabile in quanto si interroga su come debba essere considerata e valorizzata la capacità lavorativa del coniuge in relazione alla determinazione dell'assegno di mantenimento all'esito di un giudizio di separazione personale.
In via preliminare, la Suprema Corte di Cassazione, ponendosi in linea con l'ormai consolidato orientamento interpretativo, ribadisce che l'assegno di mantenimento nel giudizio di separazione personale risulta funzionale a garantire, al coniuge privo di adeguati redditi, il tenore di vita goduto nelle more della convivenza matrimoniale, tenuto conto delle ulteriori spese che i coniugi devono sostenere per affrontare la vita successivamente alla disgregazione familiare.
Pertanto, nella valutazione dell'an dell'assegno di mantenimento, la giurisprudenza consolidata ritiene che si debba fare riferimento alla mancanza di redditi sufficienti al mantenimento del medesimo tenore di vita in costanza della convivenza matrimoniale (cfr., da ultimo, Cass., sez. I, 13 gennaio 2023, n. 952; Cass., sez. I, 13 settembre 2022, n. 26890; Cass., sez. I, 06 luglio 2022, n. 21392; Cass., sez. I, 31 dicembre 2021, n. 42146; Cass., sez. I, 28 dicembre 2021, n. 41797; Cass., sez. I , 06 settembre 2021, n. 24050; Cass., sez. I, 20 gennaio 2021, n. 975. Tale orientamento risulta costante anche nella giurisprudenza di merito: da ultimo, C.A., Messina, sez. I, 31 ottobre 2022, n. 696; Trib. Terni, sez. I, 23 febbraio 2023, n. 133; Trib. Rieti, sez. I, 21 febbraio 2023, n. 68; Trib. Brescia, sez. IV, 24 gennaio 2023, n. 138; Trib. Forlì, sez. I, 04 gennaio 2023, n. 19; Trib. Teramo, sez. I, 28 ottobre 2022, n. 1082; Trib. Bergamo, sez. I, 25 maggio 2022, n. 1293; Trib. Pavia, sez. II, 02 maggio 2022, n. 610; Trib. Lodi, sez. I, 04 aprile 2022, n. 260 e Trib. Pisa, sez. I, 25 gennaio 2022, n. 102), dovendo, a tal fine, considerare le entrate, la consistenza patrimoniale e societaria ed anche la possibilità di lavoro di entrambi i coniugi.
Alla luce di tale premessa, la Suprema Corte correttamente valorizza il ruolo della capacità lavorativa del coniuge ponendosi nel solco della più assestata tradizione giurisprudenziale che impone di valutare, ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento, anche le potenzialità lavorative del coniuge economicamente debole (cfr., ex plurimis, Cass., sez. I, ord. 19 luglio 2022, n. 22616; Cass., sez. VI, 10 giugno 2022, n. 18820; Cass., sez. I, 06 settembre 2021, n. 24049; Cass., sez. VI, 10 maggio 2021, n. 12329; Cass., sez. VI, 04 marzo 2021, n. 5932; Cass., sez. VI, 11 giugno 2018, n. 15166; Cass., sez. VI, 20 marzo 2018, n. 6886; Cass., sez. VI, 09 marzo 2018, n. 5817; Cass., sez. VI, 04 dicembre 2017, n. 28938; Cass., sez. VI, 27 ottobre 2017, n. 25697; Cass., sez. VI, 20 luglio 2017, n. 17971; Cass., sez. I, 13 gennaio 2017, n. 789; Cass., sez. VI, 04 aprile 2016, n. 6427 e, con riferimento alla più recente giurisprudenza di merito, C.A. Reggio Calabria, sez. I, 05 ottobre 2021, n. 576; C.A. Salerno, sez. II, 12 ottobre 2020, n. 1089; Trib. Monza, sez. IV, 13 febbraio 2023, n. 314; Trib. Busto Arsizio, sez. I, 21 maggio 2022, n. 809; Trib. Cuneo, sez. I, 22 aprile 2022, n. 405; Trib. Firenze, 29 luglio 2021, n. 2064 e Trib. Treviso, sez. I, 30 maggio 2020, n. 730), ponendo, però, alcune interessanti precisazioni.
In primo luogo, viene chiarita la necessità di una valutazione del caso concreto e non fondata su elementi astratti. Da ciò deriva che le diverse circostanze non dovranno essere considerate in modo avulso dal contesto, ma all'interno di quella particolare realtà familiare: la mancata ricerca attiva del lavoro e l'omessa attivazione di strumenti a sostegno del reddito – elementi che, in astratto, porterebbero ad una valutazione negativa in merito alla concessione dell'assegno di mantenimento, avendo il coniuge rifiutato di attivarsi per reperire redditi adeguati – devono essere considerati nel caso concreto, valutando le specifiche ragioni che hanno condotto il coniuge ad operare tali scelte. Seguendo questo ragionamento, l'ordinanza in commento pone in luce la circostanza secondo la quale la scelta di abbandonare il lavoro da parte del coniuge economicamente debole corrisponde ad una decisione, non solo comune ai coniugi, ma anche funzionale ad assolvere le necessità di cura della figlia della coppia e, pertanto, non può essere considerato un elemento ostativo al riconoscimento dell'assegno di mantenimento.
In secondo luogo, la capacità lavorativa del coniuge deve essere considerata in relazione al contesto socio-culturale in cui il nucleo familiare si trova a vivere. Di conseguenza, la mancata ricerca del lavoro del coniuge economicamente debole deve accompagnarsi all'effettiva possibilità di reperire un lavoro considerando sia l'età avanzata del coniuge e l'assenza di un mezzo personale di trasporto – che limita l'area geografica della ricerca di lavoro – sia il contesto regionale che – nel caso analizzato dall'ordinanza in commento – non appare particolarmente ricco di occasioni lavorative.
Le considerazioni della Suprema Corte appaiono, almeno a parere di chi scrive, sicuramente lodevoli, ma vi è il rischio che il riferimento al contesto sociale ed all'età del coniuge si tramuti, di fatto, in una mera valutazione astratta della capacità lavorativa.
Pertanto, il Giudice, volendo valutare la capacità lavorativa in concreto ed in relazione alla realtà economica del momento storico, dovrebbe sforzarsi di considerare non genericamente le potenzialità occupazionali regionali, ma la specifica area geografica in cui il coniuge potrebbe – valorizzando, dunque, anche la sua effettiva mobilità e capacità di spostamento – cercare attivamente lavoro e lo specifico settore occupazionale in cui, alla luce delle competenze e delle pregresse esperienze, il coniuge potrebbe realisticamente candidarsi per una posizione lavorativa. Pertanto, «si può dunque affermare […] che la determinazione delle potenzialità lavorative di una persona richiede una valutazione complessa, un'approfondita anamnesi che tenga conto dell'età, del sesso, del livello di istruzione e formazione, della storia personale calata nella contingenza economica, sforzandosi di valorizzare il grado di personalizzazione dell'analisi ai fini di una concreta verifica delle possibilità di inserimento di un soggetto nel mondo del lavoro e delle attività dallo stesso concretamente esercitabili» (Gasparini).
Parimenti dovrebbe essere valorizzata l'età del coniuge: non appare discutibile che il progredire dell'età anagrafica, purtroppo, rappresenti un ostacolo nella ricerca di una posizione lavorativa, ma anche tale circostanza non deve tramutarsi in uno stereotipo che impedisca alla valutazione giudiziale di analizzare il caso concreto. Infatti, si dovrebbe considerare non unicamente il dato anagrafico, ma la pregressa esperienza lavorativa, il lasso di tempo in cui il coniuge è stato lontano dal mondo del lavoro e la possibilità di partecipare a politiche attive di ricerca del lavoro che, in alcuni casi, prevedono anche percorsi di formazione e riqualificazione lavorativa.
Alla luce di tali considerazioni, possiamo concordare con quella dottrina che ritiene che la valutazione della capacità lavorativa del coniuge nei giudizi di separazione personale «diviene oggetto di un'indagine complessa, che deve esprimersi […] sul piano della concretezza e dell'effettività, cioè tenendo conto dei fattori individuali, ambientali territoriali, economici e sociali della specifica fattispecie, e deve, però, anche necessariamente saldarsi con l'analisi della storia familiare e delle scelte condivise dai coniugi in costanza di matrimonio» (Gasparini).
Da ultimo, si deve notare che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. Riforma Cartabia) non ha apportato innovazione in merito alle modalità di quantificazione dell'assegno di mantenimento.
Tuttavia, si deve osservare che, nel disciplinare il rito unitario in materia familiare, il Legislatore della riforma, da un lato, ha previsto specifici oneri di allegazione documentale a cui devono attenersi le parti in caso di domande di contributo economico riguardanti la consistenza patrimoniale delle parti (cfr. art. 473-bis.12, comma 3, c.p.c. per il ricorrente ed art. 473-bis.16, comma 1, c.p.c. per il convenuto) e, dall'altro lato, ha introdotto l'art. 473-bis.18 c.p.c. che impone alle parti un dovere di leale collaborazione in ordine alla rappresentazione delle proprie condizioni economiche. Tale norma, almeno a parere dello scrivente, dovrebbe essere intesa come funzionale a prevedere un onere di collaborazione anche in merito alla corretta rappresentazione di ogni circostanza utile a valutare la capacità lavorativa del coniuge.
Riferimenti
Per l'approfondimento dei temi trattati si suggeriscono i seguenti testi:
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