La Cassazione torna sulla vendita dei beni in comunione legale

Alberto Crivelli
25 Maggio 2023

Come ci si deve regolare in ipotesi di bene in comunione legale allorché lo stesso venga pignorato per un debito personale di uno dei coniugi? La sentenza affronta nello specifico la questione della necessità o meno di notificare al coniuge l'avviso di cui all'art. 599, c.p.c.
Massima

La comunione legale tra coniugi è una comunione senza quote. Ciò comporta che se un bene caduto in comunione venga espropriato in conseguenza dell'inadempimento di obbligazioni di uno solo dei coniugi, l'espropriazione ha ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà o per una quota, e da ciò consegue l'inapplicabilità della disciplina sull'espropriazione dei beni indivisi, e quindi dell'art. 599 c.p.c.

La comunione legale, in tali ipotesi, si scioglierà solo all'atto della vendita ed il coniuge non debitore avrà diritto alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso.

Il caso

La pronuncia n. 1647/2023 in commento si segnala in quanto torna, confermando principi già espressi ma con riferimento ad istituti specifici, in tema di pignoramento di beni soggetti a comunione legale. La vicenda attiene alla vendita di un bene in comunione legale rispetto al quale, per quanto qui di interesse, si lamenta la mancata notifica al coniuge non debitore dell'avviso di cui all'art. 599, c.p.c.

La Corte, facendo applicazione della propria giurisprudenza in tema di natura della comunione legale, esclude la necessità di tale adempimento, peraltro chiarendo che un'eventuale mancata notifica non determinerebbe di per sé nullità del processo esecutivo. La pronuncia poi si preoccupa di stabilire quali siano i diritti del coniuge non debitore in sede distributiva, identificandoli nel percepimento della metà lorda del ricavato.

La questione

La questione di interesse attiene quindi a come ci si debba regolare in ipotesi di bene in comunione legale allorché lo stesso venga pignorato per un debito personale di uno dei coniugi. La sentenza affronta nello specifico la questione della necessità o meno di notificare al coniuge l'avviso di cui all'art. 599, c.p.c., risolvendola negativamente, nonché quello dei diritti del coniuge stesso in sede di distribuzione, facendo anche qui applicazione della pregressa giurisprudenza di legittimità in argomento.

Nel caso particolare al coniuge non debitore non era stato notificato alcun atto, peraltro l'impostazione del ricorso che inquadrava la notifica sotto il profilo dell'art. 599, c.p.c., ne ha determinato (sotto tale aspetto) il destino.

Le soluzioni giuridiche

La decisione fornisce una soluzione del tutto coerente con i propri precedenti.

Va, infatti, ricordato che la Corte di legittimità, dopo la pronuncia Corte Cost. 17 marzo 1988, n. 388, ha accolto l'inquadramento della comunione legale (che a seguito dell'art. 1, comma 13, l. 20 maggio 2016, n. 76, è stata estesa anche alle unioni civili) tra le comunioni senza quote, in quanto avente la propria ragione nel principio di solidarietà famigliare (Cass. 14 marzo 2013, n. 6575).

Da tanto discende l'inapplicabilità di tutta la disciplina in materia di pignoramento di beni indivisi, che invece riguarda la comunione di quote.

In effetti, il principio cardine del pignoramento di beni indivisi è costituito appunto dal fatto che questo non colpisce le quote in titolarità degli altri comproprietari, laddove il pignoramento su bene in comunione legale colpisce il bene nella sua interezza, del resto osservandosi in giurisprudenza (cfr. ancora Cass. n. 6575/2013) come gli stessi coniugi, che non hanno appunto diritto a disporre delle “quote” del bene comune, possono farlo per la sua interezza (sebbene l'atto soggiaccia poi alle disposizioni di cui all'art. 184, c.c.) appunto perché non si individua una quota di spettanza distinta in capo ai singoli comunisti.

Il rilievo nel caso della comunione legale è piuttosto dato dalla natura del debito: trattandosi di un debito della famiglia, quindi dell'intera comunione, si avranno due debitori e si seguiranno le regole proprie dell'espropriazione in caso di bene comune che vede come debitori tutti i comproprietari, salvo il fatto che – essendo il ricavato capiente oltre l'importo del debito – il supero verrà restituito ad entrambi per entrare a far parte della comunione legale.

Trattandosi invece di debito personale, viene in rilievo la posizione del coniuge non debitore.

Egli si trova in una situazione particolare, poiché – a differenza del comunista per quote, sempre soggetto alla domanda di divisione da parte dell'altro comproprietario (poiché, salvo ipotesi eccezionali, lo stato di comunione non costituisce un diritto), come stabilito dall'art. 1111, c.c.il coniuge ha diritto a rimanere in comunione legale, istituto che, come detto, costituisce espressione della solidarietà famigliare.

Dunque, anzitutto dall'insussistenza delle quote deriva che tutto il bene viene pignorato, e quindi il pignoramento dev'essere notificato ad entrambi i coniugi, mentre è evidente che l'avviso di cui all'art. 599, c.p.c. non ha nulla a che vedere, dal momento che esso contiene l'ingiunzione di non consentire la separazione del bene (del tutto inutile nel caso nostro) e la finalità di rendere inopponibili ai creditori gli atti che venissero posti in essere per la trasformazione della pars quota in pars quanta, ancora più fuor di proposito.

L'effetto di non disporre del bene, contenuto nel pignoramento da notificarsi ad entrambi, è dunque nel nostro caso già sufficiente, e del resto entrambi gli atti sono in realtà strumentali non a tutelare gli interessi del coniuge estraneo al debito, ma dei creditori. Dunque l'insensibilità a qualunque atto di trasferimento o disposizione va ricondotta direttamente al pignoramento.

Così vale per tutti gli altri istituti propri del pignoramento di beni indivisi (a partire dallo stesso invito a comparire all'udienza, di cui al successivo art. 600, c.p.c.), in quanto strumentali sempre ad una comunione di quote.

Dall'affermato diritto del coniuge a rimanere in stato di comunione, deriva poi il suo diritto ad ottenere – in sede di distribuzione – la quota “lorda”. Egli cioè, a differenza del comunista per quote che come detto è soggetto sempre alla domanda di divisione e quindi giustamente deve subire le spese per la trasformazione del bene comune in beni distinti ovvero per la sua vendita ove indivisibile (si tratta di spese di introduzione della domanda divisionale, spese di perizia e progetto divisionale e di vendita), non deve vedersi defalcato il ricavato di tutte queste spese. Egli, infatti, subisce la divisione non in relazione alla facoltà di dividere propria dell'altro comproprietario, sebbene esercitata in via “surrogatoria” dal creditore in sede esecutiva, ma venendo privato del diritto alla comunione. Le spese suddette, quindi, graveranno interamente sulla porzione di ricavato riferibile ai diritti del coniuge debitore.

La pronuncia in commento precisa, inoltre, che con l'attribuzione della quota lorda, si scioglie (ovviamente limitatamente a quel bene) la comunione legale fra i coniugi, per cui l'importo percepito diverrà un bene personale ai sensi dell'art. 179, c.c., soluzione non del tutto scontata (e che si legge in Cass. 14 gennaio 2021, n. 506, provvedimento che peraltro si segnala per aver chiaramente inquadrato la decisione, già citata, n. 6575/2013, in un filone giurisprudenziale ben solido e non certo in una sorta di overruling rispetto all'indirizzo precedente).

Osservazioni

In definitiva, deve affermarsi che il coniuge in comunione legale, rispetto al processo esecutivo che abbia ad oggetto il bene comune ed intentato nei riguardi dell'altro coniuge per un suo debito personale, è soggetto passivo di quel procedimento, per cui ha senz'altro diritto a ricevere la notifica del pignoramento; potrà presentare domanda di conversione del pignoramento ai sensi dell'art. 495, c.p.c.; non potrà esercitare il diritto di acquistare il bene, essendo colpito dal medesimo divieto vigente per il coniuge debitore (del resto se si consentisse a tale facoltà si finirebbe per “beffare” il coniuge, posto che in tal caso il bene tornerebbe in comunione e sarebbe nuovamente assoggettabile ad esecuzione…o volendo diversamente concludere si finirebbe per eludere proprio il senso della norma di scongiurare il riacquisto da parte del debitore) di cui agli artt. 571 e 579, c.p.c. (contra Cass. 2 febbraio 1982, n. 605; è stato peraltro osservato che il coniuge è già titolare di un diritto sull'intera res, cfr. MERCURIO); potrà esercitare tutte le facoltà proprie del soggetto passivo, quindi, potrà promuovere tanto l'opposizione all'esecuzione quanto l'opposizione agli atti esecutivi; avrà diritto a comparire e gli dovrà essere notificato il decreto di cui all'art. 569, c.p.c.; avrà diritto a percepire, come detto, la quota lorda della metà del ricavato.

Questione a parte è quella circa la posizione dei suoi creditori. E' evidente intanto che potranno intervenire i creditori iscritti, poiché venendo pignorato l'intero bene, essi devono essere avvisati ai sensi dell'art. 498, c.p.c. con tutte le conseguenze appunto in tema di loro intervento e diritto a soddisfarsi sul ricavato.

Quanto ai creditori non iscritti, a mio parere va preso in considerazione il fatto che comunque l'esecuzione si compie nei confronti dell'altro coniuge, sebbene il soggetto non debitore sia come detto soggetto passivo (però sotto questo profilo, al pari del terzo proprietario).

Partendo da tale dato, va sotto questo profilo valorizzato il fatto che il coniuge, non essendo debitore, neppure le somme a lui assegnate sono soggette a un riparto di qualche tipo. Il fatto che su di esse si possano soddisfare, come visto, i creditori ipotecari, dipende piuttosto dalla natura reale del relativo diritto, e da disposizioni particolari previste per gli stessi. I creditori chirografari, dunque, si trovano di fronte ad un processo in cui non vi è alcuna azione esecutiva esercitata nei confronti del loro debitore, ma semplicemente all'esito dello stesso vi è una somma spettante allo stesso, per cui – ragionando sulla base dei principi affermati dalle pronunce sopra richiamate – tali creditori dovrebbero promuovere su tale somma il pignoramento con le forme di cui agli artt. 543, ss, c.p.c.

Riferimenti

BUSNELLI, La comunione legale nel nuovo diritto riformato, RN, 1976, I, 42;

CARDINO, Comunione di beni ed espropriazione forzata, Torino, 2011, 37;

GRASSO, L'espropriazione della quota, Milano, 1957;

MERCURIO, Tutto sulla comunione legale: notifiche, controlli, interventi, distribuzione, in corso di pubblicazione su Quaderni della SSM, Pratica del processo esecutivo, 2021;

OBERTO, La comunione legale tra i coniugi, 2010, 525; si vis;

CRIVELLI, L'espropriazione di beni indivisi, in Il pignoramento, De Stefano e Giordano (a cura di), Milano, 2020, ivi, 665 ss.