La valutazione discrezionale sull'insufficienza delle misure di self cleaning

Aldo Cimmino
25 Maggio 2023

Con la sentenza n. 4669/2023 il Consiglio di Stato ribadisce che è del tutto ragionevole e non sproporzionato il provvedimento che esclude un operatore da una procedura di gara, laddove uno dei soggetti indicati dall'art. 80, co. 3, D.lgs. 50/2016 sia sottoposto ad indagini per il reato di turbata libertà degli incanti o di altri gravi reati contro la pubblica amministrazione, sempreché tale provvedimento sia adottato all'esito di un approfondito e articolato contraddittorio con l'operatore, risulti assistito da un'ampia e analitica motivazione, nella quale la stazione appaltante dia conto del proprio giudizio discrezionale circa l'incidenza, in concreto, della vicenda giudiziaria dichiarata, sulla affidabilità professionale dell'operatore economico coinvolto in relazione allo specifico appalto di cui si trattasi, nonché circa l'insufficienza delle misure di self-cleaning che l'operatore dichiara di aver adottato.

La fattispecie. L'amministrazione comunale aderente alla Centrale Unica di Committenza della Provincia di Monza e della Brianza – con determinazione, indiceva una procedura aperta, ai sensi degli artt. 60 e 164 del D.lgs. n. 50/2016, per l'affidamento, mediante concessione, del servizio di refezione scolastica ed altre utenze a ridotto impatto ambientale.

Con successive determinazioni, la Centrale Unica di Committenza, dapprima pubblicava il bando di gara e, successivamente, escludeva dalle procedure di gara una concorrente, ritenendola colpevole di gravi illeciti professionali e per significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto, in applicazione dell'art. 80, c. 5, lett. c) e c-ter), D.lgs. n. 50/2016.

La società ritenuta priva dei requisiti generali di partecipazione impugnava, mediante ricorso, il provvedimento di esclusione dalla gara, chiedendone l'annullamento e contestando, essenzialmente, la violazione e falsa applicazione dell'art. 80, c. 5, lett. c) e c-ter), D.lgs. n. 50/2016, nonché dell'art. 57, par. 4, della Direttiva n. 2014/24/UE, giacché la CUC sarebbe incorsa in eccesso di potere per assoluto difetto di istruttoria e di motivazione e per la violazione dell'art. 5 del Disciplinare di gara sull'identificazione dell'illecito professionale e sui motivi di esclusione.

Inoltre, la società ricorrente si doleva dell'asserita incompetenza della CUC a valutare, in via esclusiva, la sussistenza dei motivi di esclusione di cui all'art. 0, c. 5, lett. c) e c-ter), D.lgs. n. 50/2016.

Infine, la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art. 10 bis della L. n. 241/1990 e dell'art. 30 del Codice per aver omesso, la CUC, la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda.

Il Tar adito respingeva tutti i suddetti motivi di ricorso e avverso tale sentenza la ricorrente proponeva appello dinanzi il Consiglio di Stato.

Le doglianze. Con un primo motivo di appello, l'appellante contestava la sentenza di primo grado nella parte in cui affermava la sussistenza di un grave illecito professionale, ritenendo le deduzioni della Centrale Unica di Committenza come logiche e ragionevoli, laddove queste erano da ritenersi del tutto arbitrarie e prive di riscontro.

Sul punto, l'appellante riteneva che le conclusioni dell'Amministrazione aggiudicatrice fossero derivate in via automatica dalla lettura dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dall'autorità giudiziaria nei confronti del proprio procuratore e che, la valutazione di gravità dei fatti sul piano dell'illecito professionale coincideva con la qualificazione che agli stessi era stata attribuita dal giudice nell'ambito del relativo procedimento penale.

Inoltre, a parere dell'appellante, la stazione appaltante avrebbe illegittimamente ritenuto l'inadeguatezza delle misure di controllo interno e di self cleaning, giacché, secondo la giurisprudenza penale (cfr. Cass. pen. n. 2340/2022) la commissione del reato non equivale alla dimostrazione dell'inidoneità del modello organizzativo della società: il rischio del reato viene ritenuto accettabile quando il sistema di prevenzione non possa essere aggirato se non fraudolentemente, a conferma del fatto che il legislatore ha voluto evitare di punire l'ente secondo un criterio di responsabilità oggettiva.

Infine, la società appellante censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto insufficienti le misure di self cleaning adottate ai fini dell'ammissione alla gara, in quanto adottate dopo il termine di presentazione dell'offerta e, comunque, non immediatamente efficaci per impedire il ripetersi delle condotte contestate, sebbene il procuratore della società fosse solo indagato e nessun altro soggetto riconducibile alla società fosse coinvolto nell'indagine avviata dalla magistratura inquirente.

La pronuncia del Consiglio di Stato. Con la pronuncia in esame, il Collegio, nello scrutinare i motivi di ricorso, ha respinto l'appello.

Anzitutto, il Consiglio di Stato, rammenta che l'art. 80, co. 5, del D. Lgs. n. 50/2016 dispone che la stazione appaltante procede all'esclusione di un operatore economico “qualora […] dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Dunque, l'illecito professionale è rinvenibile ogni qual volta si verifichino fatti tali da porre in dubbio l'integrità e l'affidabilità dell'operatore economico, in base ad una valutazione discrezionale che è rimessa alla stazione appaltante, pertanto, tale valutazione, è soggetta al controllo e al sindacato giurisdizionale nei limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. III,14 dicembre 2022, n. 10936).

Il Collegio ribadisce, inoltre, che nella valutazione del grave errore professionale, tale da condurre all'esclusione del concorrente dalla gara, la stazione appaltante deve compiere una complessa verifica articolata su due livelli: deve innanzitutto qualificare il comportamento pregresso tenuto dall'operatore economico, come idoneo ad incrinare la sua affidabilità ed integrità nei rapporti con l'Amministrazione; una volta decretata la qualificazione negativa di tale operatore sulla base della condotta pregressa, la stazione appaltante deve verificare se tale giudizio negativo sia predicabile, a livello prognostico, anche in merito alla procedura di gara in questione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 maggio 2022, n. 4362; id 8 gennaio 2021, n. 307; id. 13 maggio 2021, n. 3772).

Per cui, laddove – come nel caso di specie – dalla lettura del provvedimento di esclusione impugnato in prime cure, emerge che lo stesso, è stato adottato all'esito di un approfondito e articolato contraddittorio con l'operatore, risulta assistito da un'ampia e analitica motivazione, nella quale la stazione appaltante ha dato conto del proprio giudizio discrezionale circa l'incidenza in concreto della vicenda giudiziaria dichiarata sulla sua affidabilità professionale in relazione allo specifico appalto di che trattasi, nonché circa l'insufficienza delle misure di self-cleaning che l'operatore ha dichiarato di avere – pur tempestivamente – posto in essere, non residuano spazi per una valutazione giudiziale che, altrimenti, si ridurrebbe in un non consentito riesame delle risultanze istruttorie esaminate dalla stazione appaltante con sovrapposizione di una nuova – e difforme – valutazione a quella operata dall'Amministrazione.

Così come si appalesa legittima la valutazione di insufficienza delle misure di self cleaning predisposte dalla società appellante: la CUC, infatti, a seguito di approfondita istruttoria aveva ritenuto “l'inadeguatezza della catena di comando, dei controlli e delle procedure di verifica interna che è in grado di compromettere l'integrità e l'affidabilità dell'operatore economico concorrente incrinando il rapporto fiduciario con la stazione appaltante”; tenuto conto dell'inidoneità del modello organizzativo esistente al momento della presentazione dell'offerta, del solo avvio e non completamento delle misure rimediali, assunte urgentemente a seguito della vicenda penale in questione, e quindi della mancanza di sufficienti elementi di prova dai quali desumere il venir meno del giudizio di non integrità e di non affidabilità della società, legittimamente la CUC riteneva inidonee, in relazione alla gara in questione, le misure di self cleaning adottate.

Tale giudizio non contrasta neppure con la recente giurisprudenza, relativa alla valutabilità delle misure rimediali assunte in corso di causa (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2023, nn. 1790 e 1791)(v. la news del 7 marzo 2023, Aldo Cimmino, Orientamenti giurisprudenziali in tema di retroattività delle misure di self cleaning, in IUS Amministrativo - www.ius.giuffrefl.it), in quanto il giudizio sfavorevole della CUC è stato reso tenendo conto che le misure adottate non erano state ancora attuate e, quindi, dovevano ritenersi, a quel momento, come meramente formali e non idonee a far venire meno la valutazione negativa sull'affidabilità dell'operatore economico.

In effetti, il principio di diritto espresso dalla giurisprudenza richiamata, circa la valutabilità dell'efficacia retroattiva delle misure di self cleaning, relativamente a fatti sopravvenuti che coinvolgano l'affidabilità degli operatori economici, non impedisce alla stazione appaltante di esprimere un giudizio di insufficienza delle stesse nel prevenire la commissione di condotte del tipo di quelle verificatesi in concreto; aspetto, questo, che non dipende tanto dal momento in cui vengono predisposte, bensì dalla loro concreta capacità di riduzione del rischio della verificazione di ulteriori illeciti professionali.