Nel caso di impugnazione penale telematica vanno pagati i diritti di copia?

Carmelo Minnella
01 Giugno 2023

Continua l'annosa quaestio, in materia di impugnazioni ‘telematiche', nelle more dell'emanazione dei regolamenti previsti per il processo penale telematico, attorno al perimetro applicativo dell'art. 164 disp. att. c.p.p.

In particolare il comma 3 della norma attuativa prevede che se non sono depositate le copie dell'atto di impugnazione, la cancelleria provvede a farle a spese di chi ha presentato l'impugnazione. Tale disposizione si continua ad applicare, nonostante l'abrogazione espressa da parte dell'art. 98 del d lgs. n. 150/2022?

Molti avvocati, dopo aver proceduto con il deposito via PEC dell'appello, si sono visti recapitare, a loro volta, una PEC dalla cancelleria del giudice a quo che ha ricevuto l'atto, invitandoli ad inviare copia della ricevuta di pagamento effettuato tramite PST per diritti di copia per gli appelli da stampare ai sensi dell'art. 164 delle disposizioni attuative, rimasto vigente (a loro dire) fino all'emanazione dei regolamenti previsti dal decreto Cartabia.

Altri uffici, invece, hanno invitato, sempre via PEC, gli avvocati, in alternativa al pagamento dei diritti di copia, a depositare le copie cartacee presso lo stesso ufficio impugnazioni.

Altre cancellerie, infine, in caso di deposito delle copie dopo venti giorni dalla relativa richiesta, hanno comunicato al legale che le copie erano pervenute in ritardo e che per evitare “un aumento generale dei tempi medi di definizione del fascicolo” l'ufficio aveva già predisposto le copie, imputando i relativi diritti (triplicati) al legale in solido con l'imputato.

A nulla è valso obiettare che l'imputato era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato.

La circolare del 16 marzo del Ministero della Giustizia

Per risolvere la quaestio, l'Ufficio Affari a servizio dell'amministrazione della giustizia ha diramato il 16 marzo 2023 una circolare avente ad oggetto il seguente Quesito Filo Diretto del Dirigente del Tribunale ordinario di Bari: all'esito della conversione del D.L. n. 162/2022, da un lato risulta l'abrogazione dell'art. 164 disp. att. c.p.p. per via dell'art. 98, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 150/2022; dall'altro risulta invece che la stessa norma sia stata resa ultrattiva a causa della norma transitoria ex art. 87, comma 6, d.lgs. cit. a norma della quale «sino al quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione dei regolamenti di cui ai commi 1 e 3, ovvero sino al diverso termine previsto dal regolamento di cui al comma 3 per gli uffici giudiziari e le tipologie di atti in esso indicati, continuano ad applicarsi le disposizioni dell'articolo 164».

Al fine di scongiurare danni all'erario per l'inosservanza della disposizione sopra citata, ove cogente, l'Ufficio chiede di chiarire:

- se sia obbligatorio, anche in caso di invio dell'impugnazione tramite PEC, il deposito delle copie previste in base al tipo di impugnazione;

- in caso di risposta affermativa se, in difetto di deposito delle copie, da parte del difensore, si debba richiedere “il pagamento dei diritti di copia e in caso di mancata corresponsione procedere al recupero coattivo”.

Si risponde al primo quesito in senso affermativo, ritenendo che l'art. 164 disp. att. c.p.p. resti applicabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 87, comma 6, d.lgs. n. 150/2022, anche quando l'atto d'impugnazione sia stato trasmesso tramite PEC, così come consentito dal successivo art. 87-bis.

Consequentur, vi è la necessità, di dare risposta affermativa anche al secondo quesito. Ed in caso di mancato deposito delle copie prescritte dalla legge, l'ufficio applicherà la disposizione di cui all'art. 272 d.P.R. n. 115/2002, a norma del quale il diritto dovuto per le copie ai sensi dell'art. 164 è triplicato (comma 1). Inoltre, se il diritto di copia non è pagato spontaneamente dall'impugnante, il funzionario addetto all'ufficio procede alla riscossione mediante iscrizione a ruolo, e relative norme transitorie, in solido nei confronti dell'impugnante e del difensore (comma 2).

In merito alle modalità di recupero dei diritti di copia non versati, l'Ufficio giudiziario ben potrà utilizzare lo strumento dell'ingiunzione c.d. fiscale per recuperare l'importo non percepito a titolo di diritto di copia, in caso d'inottemperanza del debitore all'invito formale.

Rilievi critici e bocciature della Cassazione

Tale lettura del quadro normativo non convince e, di recente, è stato smentito dalla Suprema Corte. La circostanza legata al rinvio del deposito telematico dell'impugnazione, ora corretto dalla L. n. 199/2022 estendendo, in via transitoria, fino all'emanazione dei regolamenti del ministero della giustizia, il deposito via PEC anche degli atti di gravame, non fa in ogni caso venir meno la natura di impugnazione telematica, per la quale – restando nella logica e nello spirito della riforma Cartabia – non sarebbero dovuti i diritti di copia. Pertanto, l'ultrattività dell'art. 164 dovrebbe logicamente riguardare i soli depositi (cartacei) cui la norma si è sempre riferita

Il correttivo apportato, successivamente all'art. 87, comma 6, del d. lgs. n. 150/2022, doveva portare a interpretare il complesso impianto normativo – dove si innestano la proroga di istituti vissuti durante l'esperienza pandemica e adesso prorogati (impugnazione via PEC), l'attesa dei regolamenti attuativi per la disciplina del deposito telematico dell'impugnazione – nel senso che l'ultrattività dell'art. 164 disp. att. c.p.p. (sino al quindicesimo giorno dei regolamenti attuativi di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 87 d.lgs. n. 150/2022) sui diritti di copia dovesse avere valenza limitata al solo caso di presentazione dell'impugnazione mediante deposito degli atti in forma analogica, e non riguardare riguardi anche l'invio telematico dell'impugnazione.

Anche perché se l'impugnazione è depositata via PEC, le cancellerie possono provvedere con il medesimo mezzo (PEC) alle notifiche e agli inoltri alle autorità giudiziarie competenti (non si comprende a cosa servano le copie analogiche);

Giova infine ricordare che la prassi contra legem che qui si critica – peraltro normata da una fonte interpretativa di rango secondario! – finisce per trasformare camaleonticamente l'impugnazione telematica in deposito fuori sede che è stato abrogato proprio dall'art. 98 del d.lgs. n. 150/2022. Pertanto tale “onere”, ove occorra di depositare le copie in cancelleria e il difensore dovrebbe recarsi materialmente presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ovunque essa si trovi, appare eccesivo e limitante il diritto di difesa.

Peraltro, in un recente obiter dictum , la Suprema Corte di cassazione ha affermato che “l'invio delle copie ulteriori ex art. 164 disp. att. c.p.p., come richiesto dalla cancelleria appare essere un mero, formale, riferimento alla norma, da reputarsi superato dall'inoltro telematico dell'atto” Cass. pen., sez. V, n. 8158/2023).

Le parole sono pietre! Quelle dell'organo monofilattico diventano macigni sulla corretta esegesi proposta che smentisce la prassi avallata dal ministero e che abbisogna di essere abbandonata.