Cumulo della domanda di separazione e divorzio: il Tribunale di Ferrara dice no

Redazione Scientifica
05 Giugno 2023

Il tenore letterale della norma introdotta dalla Riforma Cartabia non è sufficiente, secondo il Tribunale di Ferrara, ad ammettere il cumulo della domanda di separazione e divorzio. Tra le argomentazioni fornite dalla sentenza, si aggiungono poi ragioni di economia processuale e di tutela del principio dell'indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale.

Due coniugi chiedevano al Tribunale di Ferrara l'omologazione della separazione consensuale, senza alcun contributo a favore dell'uno o dell'altro, essendo entrambi economicamente autosufficienti e non avendo avuto figli. La coppia aveva raggiunto anche un accordo sulla casa coniugale e sull'accollo del mutuo. Chiedeva dunque che, decorso il termine di legge ed in difetto di riconciliazione, venisse pronunciata la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il Tribunale, pur dando seguito alla richiesta di omologazione della separazione, ha esaminato la questione della domanda congiunta di divorzio, giungendo alla conclusione dell'improponibilità della stessa.

Ricordando il testo l'art. 473-bis c.p.c., introdotto dalla riforma Cartabia, il giudice di Ferrara richiama il consolidato orientamento di legittimità secondo cui «gli accordi con i quali i coniugi fissano, in sede di separazione, il regime giuridico-patrimoniale in vista di un futuro ed eventuale divorzio sono invalidi per illiceità della causa, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale di cui all'art. 160 c.c. Ne consegue che di tali accordi non può tenersi conto ai fini della determinazione dell'assegno divorzile, non solo quando limitino o addirittura escludano il diritto del coniuge economicamente più debole al conseguimento di quanto necessario a soddisfare le esigenze della vita, ma anche quando soddisfino pienamente tali esigenze, in quanto una preventiva pattuizione potrebbe influenzare il consenso al successivo divorzio” (cfr., da ultimo, Cass. 30 gennaio 2017 n. 2224, 26 aprile 2021, n. 11012 e 28 giugno 2022, n. 20745)». Sulla base di tali considerazioni «il diritto al mantenimento del coniuge debole viene quindi ritenuto “relativamente” indisponibile nel senso che di esso può disporsi solo nel momento in cui può essere fatto valere, ma non in via preventiva. Orbene, nei procedimenti contenziosi con cumulo della domanda di separazione e di quella di divorzio le parti si limitano a chiedere al giudice di decidere su entrambe previo passaggio in giudicato della prima ed il decorso del termine minimo di legge. Per contro nei procedimenti congiunti le parti dispongono (rectius: disporrebbero) già all'atto del deposito del ricorso, di entrambi gli status e dei connessi diritti con la conseguente loro rinuncia preventiva. Per superare tale obiezione si è sostenuto da alcuni che, dopo la pronuncia di separazione, ciascuna parte potrebbe “cambiare idea” e ritrattare il consenso. Tale assunto, oltre a contrastare con la natura relativamente indisponibile dei diritti coinvolti, si deve confrontare con l'orientamento di legittimità sin ora maturato in base al quale la revoca del consenso da parte di uno dei coniugi non comporta l'improcedibilità della domanda di divorzio proposta con ricorso congiunto».

Inoltre, richiamando la relazione al d.lgs. n. 149/2022, secondo la quale «la funzione della norma che consente il cumulo dei procedimenti di separazione e divorzio contenziosi è quella di ottenere un risparmio di “energie processuali” tenuto conto che le due domande - e la relativa attività istruttoria da compiere- contengono spesso aspetti perfettamente equivalenti e sovrapponibili», la sentenza in oggetto afferma che «l'eventuale adozione del cumulo comporterebbe quindi un allungamento dei tempi di definizione dell'unitario procedimento (di separazione e divorzio) non potendo prescindersi dal passaggio in giudicato della sentenza di separazione, dal decorso del termine di almeno sei mesi dalla prima udienza di comparizione e dalla fissazione di una nuova udienza destinata alla verifica della mancata riconciliazione medio tempore. E se è vero che i procedimenti non contenziosi, essendo esclusi dall'aggregato Cepej, non vengono conteggiati nel computo del disposition time - la cui riduzione costituisce uno degli obiettivi posti nell'ambito del PNRR- è altrettanto vero che la maggiore tempistica grava, comunque, sul ruolo del singolo magistrato e sul rendimento complessivo dell'Ufficio giudiziario».

Fonte: dirittoegiustizia.it

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.