La riforma Cartabia ha ampliato le ipotesi di remissione di querela
06 Giugno 2023
La riforma Cartabia e gli interventi di modifica in tema di remissione di querela
La riforma Cartabia, al fine di ridurre i tempi del processo penale e di favorire forme di definizione anticipata, per esigenze di deflazione del sistema in linea con gli obiettivi concordati nel PNRR, ha apportato anche alcune significative modifiche in tema di remissione di querela. In particolare, sotto tale ultimo profilo, sono state introdotte tre modifiche finalizzate ad ampliare le ipotesi di accesso alla remissione:
Gli effetti remissivi taciti della mancata comparizione del querelante sono, però, stati esclusi quando il querelante è minorenne, è incapace, è persona che è in condizione di particolare vulnerabilità ai sensi dell'art. 90-quater c.p.p. o è persona che ha proposto la querela in luogo della persona offesa e nell'assolvimento di un dovere di carattere pubblicistico. Tutto ciò è pienamente conforme alle linee-guida fissate nell'art. 1, comma 15, della legge delega n. 134/2021, il quale, alla lett. d), così statuisce nello specifico: «prevedere quale remissione tacita della querela l'ingiustificata mancata comparizione del querelante all'udienza alla quale sia stato citato in qualità di testimone». E tutto ciò è perfettamente in linea con il ruolo centrale che si è voluto attribuire alla persona offesa, sia nella fase iniziale, nel senso che spetta a lei la decisione di avviare o meno il procedimento penale, esercitando il diritto di querela in un numero sempre maggiore di reati, sia nel corso del procedimento-processo, nel senso che è sempre la persona offesa a poter prendere la decisione di porre fine allo stesso, esercitando il diritto di remissione di querela, ad esempio perché ha già ottenuto il risarcimento del danno, favorendo così anche forme di definizione anticipata, attraverso proprio la riparazione dell'offesa. Modifiche in tema di remissione di querela
Il legislatore delegato è intervenuto sull'art. 152 c.p. su più fronti. Un primo intervento si è reso necessario al fine di consentire l'operatività della remissione anche in relazione alle contravvenzioni, nelle ipotesi in cui ovviamente per quest'ultime sia prevista la procedibilità a querela (art. 659 c.p. e art. 660 c.p.), ed è consistito nel sostituire nell'incipit dell'art. 152 c.p. la parola “delitti” con quella “reati”.
Un secondo intervento si è sostanziato nell'interpolare l'art. 152 c.p. introducendo due ipotesi di remissione tacita di querela, di cui la prima si verifica allorquando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all'udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone e la seconda allorquando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con esito positivo.
Per quanto concerne la prima ipotesi di remissione tacita, appare sufficiente rilevare che con la stessa il legislatore non ha fatto altro che consacrare normativamente un principio cui i giudici di merito avevano e hanno ripetutamente fatto ricorso, avallato anche dai giudici di legittimità, con fini deflattivi, in forza del quale «integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela»; un significato, dunque, non collegato alla mera mancata comparizione del querelante davanti al giudice, ma alla combinazione di tale condotta omissiva con il previo formale avvertimento del significato che ad essa sarebbe stato attribuito (così Cass. pen., sez. un., 23 giugno 2016, n. 31668). Va, anche, rilevato che l'introduzione di tale ipotesi di remissione tacita di querela ha reso necessaria la modifica dell'art. 90-bis c.p.p. (la disposizione che prevede le informazioni alla persona offesa) nel senso di prevedere che alla persona offesa, sin dal primo contatto con l'autorità procedente, vengano fornite in lingua a lei comprensibile informazioni, tra le altre, in merito “al fatto che la mancata comparizione senza giustificato motivo della persona offesa che abbia proposto querela all'udienza alla quale sia stata citata in qualità di testimone comporta la remissione tacita di querela” e dell'art. 142 disp. att. c.p.p. (la diposizione che prevede la citazione di testimoni, periti, interpreti, consulenti tecnici e imputati in un procedimento connesso) nel senso di prevedere che l'atto di citazione contiene «l'avvertimento che la mancata comparizione senza giustificato motivo del querelante all'udienza in cui è citato a comparire come testimone integra remissione tacita di querela, nei casi in cui essa è consentita» e nel senso di escludere che l'accompagnamento coattivo del querelante possa essere disposto nei casi in cui la mancata comparizione del querelante determini l'estinzione del reato per remissione tacita di querela. Trattasi di modifiche finalizzate, tutte, a rendere la mancata comparizione del querelante all'udienza in cui deve essere sentito come testimone volontaria, consapevole e senza giustificato motivo.
Con specifico riguardo al carattere ingiustificato della mancata comparizione all'udienza, appare sufficiente riportare quanto si legge nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150 del 2022: «il riferimento al carattere ingiustificato della mancata comparizione all'udienza rende superflua l'introduzione di clausole di salvaguardia assimilabili a quella dettata dall'art. 500, comma 4, c.p.p.: è di tutta evidenza che dovrà ritenersi “senza giustificato motivo” la mancata comparizione del querelante che si ritenga possa essere conseguenza di qualsivoglia forma di indebito condizionamento (violenza, minaccia, offerta o promessa di danaro o di altra utilità, diverse dal risarcimento del danno). Ed è altrettanto evidente che il giudice (di ufficio o su impulso di parte) avrà il potere/dovere di svolgere accertamenti sulla prova di un fatto processuale (laddove vi siano elementi suggestivi dell'esistenza di tali indebiti condizionamenti)». Ed appare, altresì, utile ricordare quanto statuito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 5 del 2004), circa la formula "senza giustificato motivo" e le formule ad essa equivalenti od omologhe del tipo "senza giusta causa", "senza giusto motivo", "senza necessità", "arbitrariamente", che compaiono con particolare frequenza nel corpo di norme incriminatrici e non solo, ubicate all'interno dei codici e delle leggi speciali. Secondo la Corte, «dette clausole sono destinate in linea di massima a fungere da "valvola di sicurezza" del meccanismo repressivo, evitando che la sanzione penale scatti allorché - anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del precetto appaia concretamente "inesigibile" in ragione, a seconda dei casi, di situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo, di obblighi di segno contrario, ovvero della necessità di tutelare interessi confliggenti, con rango pari o superiore rispetto a quello protetto dalla norma incriminatrice, in un ragionevole bilanciamento di valori» e ancora «Il carattere "elastico" della clausola si connette, nella valutazione legislativa, alla impossibilità pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni astrattamente idonee a "giustificare" l'inosservanza del precetto. Una simile elencazione sconterebbe immancabilmente – a fronte della varietà delle contingenze di vita e della complessità delle interferenze dei sistemi normativi - il rischio di lacune». Quindi, con l'espressione "senza giustificato motivo" il legislatore ha inteso riferirsi a tutte le cause suscettibili di escludere la possibilità di attribuire un significato concludente alla mancata comparizione del querelante in base a principi del bilanciamento degli interessi o dell'adeguatezza del mezzo rispetto ad uno scopo lecito non altrimenti realizzabile e, quindi, va riferita a un concetto generico di giustizia, che la locuzione stessa presuppone, e che il giudice è tenuto a determinare di volta in volta con riguardo alla liceità sotto il profilo etico e sociale - dei motivi che determinano il soggetto ad un certo atto o comportamento. Relativamente invece alla seconda ipotesi di remissione tacita, la stessa è del tutto innovativa e si inserisce nel novero di quegli istituti che considerano la pena, da repressiva e coercitiva, sempre di più come una possibilità per riparare, restituire e cimentarsi in qualcosa che abbia una pubblica utilità. Perché la stessa possa dirsi perfezionata, occorre che il querelante abbia partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con esito positivo e occorre, altresì, nello specifico, allorquando l'esito ripartivo comporta l'assunzione da parte dell'indagato-imputato di impegni comportamentali, che tali impegni siano stati rispettati. Sarà il giudice, cui è stata trasmessa la relazione contenente gli esiti redatta dai mediatori, a dover valutare il rispetto o meno di tali impegni e per far ciò potrà basarsi unicamente su tale relazione, ove sia sufficientemente chiara e contenga indicazioni precise circa il rispetto degli impegni, oppure potrà citare il mediatore per avere spiegazioni e delucidazioni in proposito. L'esito ovviamente dovrà essere comunicato al querelante, in forza del diritto all'informazione che gli è riconosciuto. In attesa dell'esito del programma di giustizia riparativa, nel solo caso di reati perseguibili a querela e in seguito all'emissione dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p., poi, il giudice, su richiesta dell'imputato, e, quindi, non automaticamente, potrà disporre con ordinanza la sospensione del procedimento-processo per un periodo non superiore a giorni centottanta. Solo nella ricorrenza di tutti tali presupposti è, dunque, prevista la sospensione del procedimento penale, e con essa la sospensione della prescrizione e dei termini di durata della custodia cautelare, in attesa dell'esito del programma di giustizia riparativa, dal momento che solo nella ricorrenza di tali presupposti il ritardo è ampiamente compensato dalla definizione extragiudiziale del conflitto e dal conseguente risparmio di attività processuale. Tale ipotesi esplicitamente prevista di sospensione conferma, del resto, la natura incidentale del procedimento di applicazione della giustizia riparativa rispetto al procedimento-processo penale, nel senso che il primo non sostituisce, né si pone in alternativa, ma si affianca al secondo e gli esiti nonché gli accadimenti dell'uno non influenzano quelli dell'altro se non in casi espressamente e tassativamente contemplati. Un terzo intervento è consistito nel prevedere all'interno del rinnovato art. 152 c.p. una clausola di salvaguardia a tutela delle fasce deboli, in forza della quale la remissione tacita di querela conseguente alla mancata comparizione del querelante all'udienza in cui debba testimoniare non si applica quando il querelante è minorenne, è incapace, anche per ragioni sopravvenute, di età o di infermità, è persona in condizioni di particolare vulnerabilità ex art. 90-quater c.p.p. o è la persona che ha proposto querela in luogo della persona offesa e nell'assolvimento di un dovere di carattere pubblicistico (come nel caso di querele presentate dai genitori, dai tutori, dagli amministratori di sostegno e dai curatori speciali). Ciò, come si legge nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, al fine di «limitare gli effetti dell'automatismo che annette alla mancata comparizione il valore di remissione di querela; in tal modo si scongiura il rischio che eventuali negligenze del rappresentante non comparso come testimone possano risolversi in una diminuzione di tutele per gli interessi sostanziali del rappresentato».
La persona offesa, dunque, a seguito dell'intervento riformatore, è destinataria per così dire di “protezione” da parte del legislatore, specie laddove viene fatta salva la procedibilità d'ufficio dei reati interessati dalle modifiche, sempre e comunque, se la stessa è incapace, per età e infermità, ma viene, anche, in questo specifico campo, più che mai “responsabilizzata”, rendendola parte attiva nella decisione di avviare o portare avanti l'azione penale e dando significato anche ai suoi comportamenti concludenti, come quello consistente nel non comparire all'udienza nelle quale deve essere sentita come testimone, sempre che però sia stata adeguatamente informata. Dunque, in tale contesto normativo, esigenze protettive-informative delle vittime dei reati e oneri di partecipazione vanno di pari passo. Norme transitorie
Per quanto concerne il mutato regime di remissione di querela, manca una norma transitoria. Si tratta di una scelta precisa, in quanto, essendosi in presenza di un istituto sostanziale, inquadrabile tra quelli che entrano a comporre il quadro per la determinazione dell'an e del quomodo di applicazione del precetto, è pacifica l'applicabilità dell'art. 2, comma 4, c.p., ossia la regola della lex mitior e non del tempus regit acutum: dunque, le nuove previsioni, in quanto più favorevoli, operano in tutti i procedimenti in corso e anche per fatti commessi prima. In conclusione
Anche gli interventi di riforma realizzati con il d.lgs. n. 150/2022 in tema di remissione di querela mirano a ridurre il numero dei procedimenti-processi con effetti positivi sulla durata complessiva dei procedimenti, senza sacrificare però i diritti delle persone offese.
Anche per tali interventi, e soprattutto per quelli che hanno riguardo alla partecipazione a programmi di giustizia riparativa, solo la concreta applicazione potrà restituirci l'effettiva incidenza di tale scelta di politica criminale in termini di effettivo raggiungimento degli obiettivi avuti di mira, senza sacrificio eccessivo dei diritti delle persone offese.
E il relativo bilancio richiederà qualche mese prima di poter essere stilato. |