L'evoluzione della giurisprudenza di legittimità
Mentre la giurisprudenza di merito ha mantenuto una sostanziale coerenza, seppur con qualche fisiologica oscillazione, nel ritenere applicabile l'imposta sulle successioni e donazioni ai soli atti di trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari, la Suprema Corte ha negli anni operato un radicale cambiamento di opinione.
La Cassazione è infatti passata dall'adesione alla tesi propugnata dall'Agenzia delle Entrate (che prevede come detto l'assoggettamento degli atti dispositivi all'imposta sulle successioni e donazioni) all'adesione alla tesi diametralmente opposta (che invece prevede l'assoggettamento all'imposta sulle successori e donazioni degli atti di trasferimento dei beni ai beneficiari finali).
Le prime decisioni emesse in materia risalgono all'anno 2015 (Cass. 24 febbraio 2015 n. 3735; Cass. 24 febbraio 2015 n. 3737 e Cass. civ. 18 marzo 2015 n. 5322) e dell'anno 2016 (Cass. 7 marzo 2016 n. 4482) e con esse la corte, come detto, ha aderito pienamente alla prospettazione dell'Agenzia delle Entrate. Tale adesione è stata motivata partendo sostanzialmente dal presupposto che l'art. 2 c. 47 DL 262/2006 conv. in L. 286/2006 avesse introdotto una “vera e propria nuova imposta” (Cass. 7 marzo 2016 n. 4482) la quale, in quanto nuova, prescindeva da qualsiasi trasferimento ed aveva come unico presupposto impositivo la costituzione del vincolo di destinazione tout court e pertanto l'imposta doveva essere pagata anche nell'ipotesi in cui la costituzione del vincolo di destinazione non implicasse alcun trasferimento (come ad esempio nel trust cosiddetto “autodichiarato”).
La Suprema Corte si è spinta inizialmente ad affermare che “l'imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione è un'imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie; essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del D.Lgs. 346/90 (in quanto compatibili), ma conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell'imposta classica sulle successioni e sulle donazioni” (Cass. 24 febbraio 2015 n. 3737).
Le pronunce emesse nel corso degli anni 2015 e 2016, tuttavia, erano frutto di una non attenta lettura dell'art. 2 c. 47 DL 262/2006 conv. in L. 286/2006 che in verità altro non ha fatto che reintrodurre nel nostro ordinamento l'imposta sulle successioni e sulle donazioni (il testo integrale della norma è riprodotto al paragrafo intitolato "Il quadro normativo").
La disposizione in commento, infatti, in maniera tutt'altro che criptica, ha effettuato un esplicito rinvio all'art. 1 D.Lgs. 346/90, rubricato “oggetto dell'imposta”, il quale dispone testualmente: “L'imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi”.
È evidente che l'art. 2 c. 47 DL 262/2006 conv. in L. 286/2006 altro non ha fatto che richiamare integralmente la fattispecie imponibile prevista dalla norma previgente, ossia i trasferimenti per causa di morte, le donazioni e gli altri atti di liberalità tra vivi. Nulla di diverso dunque dalla fattispecie imponibile della vecchia imposta sulle successioni e donazioni.
Resosi conto dell'errore, il supremo collegio, già a partire dall'anno 2016 (Cass. 26 ottobre 2016 n. 21614), dapprima in riferimento a fattispecie di trust “autodichiarato”, ha operato una progressiva ma netta inversione di tendenza ed a far data dall'anno 2018 (Cass. 30 maggio 2018 n. 13626) ha posto in essere un radicale revirement abbandonando definitivamente l'interpretazione secondo la quale l'art. 2 DL 262/2006 conv. in L. 286/2006 avrebbe dato vita ad una nuova imposta ed affermando chiaramente che l'imposta istituita con la medesima norma altro non è che la vecchia imposta sulle successioni e donazioni il cui presupposto oggettivo è previsto unicamente dall'art. 1 D.Lgs. 346/90.
Questo mutamento d'interpretazione ha avuto come inevitabile corollario la constatazione, fatta propria dalla Cassazione, che il presupposto impositivo di cui all'art. 1 D.Lgs. 346/90, ossia l'attribuzione liberale e l'arricchimento del beneficiario, in relazione al trust si realizza solo quando il trustee attribuisce ai beneficiari i beni che sono presenti nel fondo in trust.
La logica conseguenza di ciò è che gli unici atti che sono potenzialmente assoggettabili all'imposta sulle successioni e donazioni sono quelli indicati alla lettera C del precedente paragrafo intitolato "Quadro normativo" ossia gli atti mediante i quali il trustee trasferisce la proprietà dei beni del trust ai beneficiari.
I principi sopra esposti, ormai, sono stati recepiti dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in maniera più che consolidata e sono stati ribaditi da molte pronunce tutte coerenti tra loro (tra molte si citano tra le più recenti: Cass. 24 febbraio 2023 n. 5800; Cass. 20 giugno 2022 n. 19743).
Prima di concludere la veloce disamina dei principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità pare opportuno sottolineare che l'imposta di successione e donazione non è applicabile a tutti gli atti con i quali il trustee trasferisce i beni ai beneficiari ma solo a quelli mediante i quali si realizza, con tale trasferimento, il presupposto impositivo di cui all'art. 1 D.Lgs. 346/90 ossia un trasferimento di beni o diritti che abbia le caratteristiche della donazione o comunque dell'atto di liberalità.
Nonostante si sottolinei spesso che il trust è un istituto dotato di estrema duttilità raramente viene dedicata adeguata attenzione al fatto che non tutti i trust danno luogo a delle donazioni o comunque a degli atti di liberalità.
A tal proposito è possibile classificare i trust in tre distinte categorie:
- trust liberali: mediante i quali viene effettuata una donazione o comunque un atto di liberalità a favore dei beneficiari;
- trust di garanzia: mediante i quali viene garantito l'adempimento di un'obbligazione da parte di un determinato soggetto, in modo del tutto assimilabile alla fideiussione ma con l'aggiunta della segregazione del bene a favore del soggetto garantito;
- trust solutori: mediante i quali viene adempiuta un'obbligazione. In tal caso la semplice istituzione del trust ed il relativo conferimento di beni costituisce adempimento di un'obbligazione.
Solo la prima categoria di trust dà luogo ad una fattispecie assoggettabile in astratto all'imposta sulle successioni e donazioni perché è solo con la prima categoria di trust che viene effettuato un atto di liberalità. Sia il trust di garanzia che il trust solutorio sono ben lungi dall'avere una causa donandi e di conseguenza non si pone nemmeno, o almeno non dovrebbe nemmeno porsi, il problema se applicare o meno a queste tipologie di trust l'imposta sulle successioni e donazioni.
La non assoggettabilità all'imposta sulle successioni e sulle donazioni quanto meno dei trust solutori è stata affermata chiaramente dalla Corte di Cassazione in più di un'occasione nel corso dell'anno 2022 (Cass. 15 luglio 2022 n. 22293 e Cass. 9 settembre 2022 n. 26562).
Si riporta di seguito il passaggio motivazionale rilevante di entrambe le pronunce citate: “per tutti i trust, siano essi auto-dichiarati (e quindi con effetto solo segregativo e non di trasferimento di beni) o con trasferimento di beni, l'atto di dotazione è presupposto applicativo delle imposte di registro, ipotecaria e catastale non in misura proporzionale ma in misura fissa (rispettivamente in forza dell'art. 11, parte prima o dell'art. 4, parte seconda, della tariffa allegata al DPR 131/1986 e in forza dell'art. 10 c. 2 D.Lgs. 347/90, quale atto "che non importa trasferimento di proprietà di beni"), ed è, per l'imposta sulle donazioni, "neutro" (ferma restando l'applicazione dell'imposta sulle donazioni all'atto del trasferimento al beneficiario finale qualora l'atto sia non solo gratuito ma liberale e con esclusione invece dell'imposta sulle donazioni in caso di atto non liberale ma in funzione solutoria)”.