Mandato d'arresto europeo: il beneficio di non esecuzione facoltativa è applicabile al cittadino di un paese terzo che dimori o risieda in uno Stato membro

La Redazione
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06 Giugno 2023

La CGUE, con sentenza del 6 giugno 2023 (C-700/21), chiarisce che il diritto dell'UE osta a una normativa di uno Stato membro che escluda automaticamente dal beneficio di non esecuzione facoltativa del MAE qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, poiché siffatta normativa costituirebbe una disparità di trattamento. L'autorità giudiziaria deve poter valutare se il cittadino di un paese terzo sia sufficientemente integrato nello Stato membro di esecuzione e se esista quindi un legittimo interesse affinché venga eseguita nel territorio di quest'ultimo la pena inflitta nello Stato membro di emissione.

Il 13 febbraio 2012 il Tribunale di primo grado di Brașov ha emesso nei confronti di un cittadino moldavo un mandato d'arresto europeo (in prosieguo: il «MAE») finalizzato all'esecuzione di una pena privativa della libertà.

La Corte d'appello di Bologna è l'autorità giudiziaria richiesta per la consegna della persona ricercata dato che quest'ultima dimora in Italia. Sebbene la difesa abbia dimostrato il suo stabile radicamento familiare e professionale in Italia, l'autorità giudiziaria richiesta in Italia non ha la facoltà di rifiutare la consegna alla Romania ai fini dell'esecuzione della pena in Italia. Infatti, secondo la legge italiana di trasposizione della decisione quadro relativa al MAE [1], tale facoltà è limitata soltanto ai cittadini italiani e ai cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea che presentino legami con l'Italia, ad esclusione dei cittadini di paesi terzi.

Considerando irragionevole tale disparità di trattamento, la Corte d'appello di Bologna ha adito la Corte costituzionale italiana. Quest'ultima ritiene che, prima di verificare la conformità alla Costituzione italiana della normativa nazionale, occorra esaminare la sua conformità al diritto dell'Unione.

La decisione quadro relativa al MAE prevede la possibilità per gli Stati membri di conferire al giudice la facoltà di rifiutare di eseguire il MAE qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadina o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno. Dato che tale disposizione non circoscrive il suo ambito d'applicazione soltanto ai cittadini dell'Unione, la Corte costituzionale italiana ha interrogato la Corte di giustizia a tale proposito.

Con la sentenza del 6 giugno 2023, la Corte (Grande Sezione) risponde che il diritto dell'Unione osta a una normativa di uno Stato membro che escluda in maniera assoluta e automatica dal beneficio di detto motivo di non esecuzione facoltativa del MAE qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l'autorità giudiziaria dell'esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro. Siffatta normativa nazionale è contraria al principio di parità di trattamento sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, poiché tratta in maniera diversa, da un lato, i cittadini dello Stato membro richiesto e gli altri cittadini dell'Unione e, dall'altro, i cittadini dei paesi terzi, senza tenere conto della circostanza che questi ultimi possono anch'essi presentare un grado di integrazione sufficiente nella società di detto Stato membro, idoneo a giustificare che vi scontino una pena pronunciata nello Stato membro di emissione.

L'applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa in questione è subordinata al verificarsi di due condizioni. La prima è che la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadina o vi risieda. La seconda è che tale Stato si impegni a eseguire esso stesso, conformemente al suo diritto interno, la pena per la quale il MAE è stato emesso. Per quanto attiene alla prima condizione, la Corte ha precisato che nulla osta a che uno Stato membro subordini, per i cittadini di paesi terzi, il beneficio del motivo di non esecuzione al requisito che tale cittadino vi dimori o vi risieda in via continuativa da un periodo di tempo minimo.

Ove abbia constatato che le due condizioni sono soddisfatte, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve ancora valutare se esista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato membro di emissione venga eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione. Tale valutazione consente di tenere conto dell'obiettivo perseguito dalla decisione quadro relativa al MAE, che consiste nell'aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta che quest'ultima ha scontato la pena a cui è stata condannata.

Spetta quindi all'autorità giudiziaria dell'esecuzione effettuare una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione della persona ricercata, idonei a indicare se esistano tra tale persona e lo Stato membro di esecuzione legami tali per cui l'esecuzione della pena in quest'ultimo Stato, nel quale essa dimora o risiede, contribuirà al suo reinserimento sociale. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.

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[1] Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri - Dichiarazioni di alcuni Stati membri sull'adozione della decisione quadro (GU 2002, L 190, pag. 1).