Corte EDU su privacy e autodeterminazione informativa: il database dell’attività di predicazione di una comunità religiosa necessita il consenso informato

La Redazione
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07 Giugno 2023

La Corte EDU, con decisione del 9 maggio 2023 (ric. 31172/19), ha stabilito che l'attività di predicazione porta a porta, senza il consenso informato delle persone interessate, comporta la creazione di un archivio di dati personali, violando il GDPR e il diritto alla privacy. Con tale sentenza i giudici di Strasburgo hanno posto l'obbligo di ottenere il consenso informato delle persone interessate nell'attività evangelica, precisando che quest'ultimo non viola la libertà religiosa dei predicatori in quanto persegue il legittimo scopo di tutelare i diritti e le libertà altrui ai sensi dell'art. 9 § 2 della CEDU. Tale statuizione fissa un precedente importante nella tutela del diritto alla privacy e all'autodeterminazione informativa delle persone, ritenuta necessaria in una società democratica.

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, con una recente pronuncia del 9 maggio 2023 (ricorso n. 31172/19), ha sancito il diritto all'autodeterminazione informativa degli interessati, stabilendo come l'attività “porta a porta” di una comunità religiosa sia contraria al GDPR, il regolamento europeo sulla privacy. Pertanto, suonare al campanello e raccogliere dati presso i domicili degli interessati al fine di creare archivi di informazioni personali, costituisce un illecito trattamento dei dati.

La vicenda trae origine nel ricorso n. 31172/19 dove la Corte si è soffermata su due aspetti: in primis, ha ritenuto che l'attività di evangelizzazione dei Testimoni di Geova, svolta attraverso l'attività di “porta a porta”, comporta la creazione di database privati non autorizzati tramite il consenso degli interessati, di cui detta comunità religiosa si serve in maniera del tutto illecita; in secundis, la CEDU ha esaminato la violazione del diritto degli interessati a non subire attività di predicazione indesiderate, nonché a mantenere la serenità della propria famiglia.

Nel ricorso presentato alla CEDU nel 2019 i testimoni di Geova finlandesi avevano sostenuto che la decisione delle autorità circa il divieto di fare proselitismo porta a porta avesse violato numerosi loro diritti, tra cui anche quello della libertà religiosa. La Corte di Strasburgo andando contro le contestazioni sollevate dalla comunità religiosa, ha affermato che l'obbligo, imposto anche a tutte le altre comunità religiose, poiché regolato per legge, non costituisce un'ingerenza nel diritto a professare la loro fede, al contrario è necessario in una società democratica.