Piattaforme digitali: la libera circolazione dei servizi provenienti da altri Stati membri non può essere limitata da provvedimenti generali e astratti

La Redazione
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16 Giugno 2023

L'Avv. Gen. Szpunar (conclusioni dell'8 giugno 2023, C-376/22) precisa che alle piattaforme di comunicazione possono essere imposti obblighi supplementari in altri Stati solo mediante provvedimenti adottati «caso per caso». Il diritto UE osta a che la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione provenienti da altri Stati membri sia limitata da misure legislative generali e astratte. La direttiva sul commercio elettronico osta, in linea di principio, a che il prestatore di un servizio del commercio elettronico sia soggetto a prescrizioni più rigorose di quelle previste nell'ordinamento del suo Stato d'origine. Inoltre, in base al principio del paese d'origine, un altro Stato membro può derogare alla libera circolazione dei servizi della società dell'informazione solo attraverso provvedimenti adottati caso per caso.

Tre delle principali piattaforme digitali contestano dinanzi ai giudici austriaci la constatazione meramente dichiarativa dell'autorità austriaca di regolazione delle comunicazioni (KommAustria), secondo la quale la legge federale austriaca del 2020, recante misure di protezione degli utilizzatori delle piattaforme di comunicazione (KoPl-G [1]) sarebbe applicabile nei loro confronti, sebbene esse siano stabilite in un altro Stato membro, ossia l'Irlanda.

Tale legge mira a rafforzare la responsabilità delle piattaforme di comunicazione. In particolare, essa obbliga in maniera generale i fornitori di «piattaforme di comunicazione», con sede in Austria o all'estero, a istituire un sistema di notifica e di verifica dei contenuti potenzialmente illeciti. Inoltre, ai sensi di tale legge, i suddetti fornitori sono altresì tenuti a pubblicare regolarmente relazioni sul trattamento di tali segnalazioni. Gli obblighi derivanti dal KoPl-G non esigono che sia stato previamente adottato un provvedimento individuale e specifico. Peraltro, tale legge stabilisce ammende in caso di violazione degli obblighi da essa derivanti.

Le tre piattaforme digitali sostengono che il KoPl-G è incompatibile con la direttiva sul commercio elettronico [2], in particolare con il principio del paese d'origine. La Corte amministrativa austriaca ha sottoposto alla Corte di giustizia talune questioni al riguardo. Essa chiede se uno Stato membro può limitare la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione provenienti da altri Stati membri adottando provvedimenti legislativi di carattere generale e astratto riguardanti una data categoria di servizi della società dell'informazione, descritta in termini generali come «piattaforme di comunicazione», senza che tali provvedimenti siano adottati caso per caso indicando nominativamente le piattaforme designate.

Nelle sue conclusioni pronunciate l'8 giugno 2023, l'Avvocato Generale Maciej Szpunar sottolinea che la sua analisi si fonda sulla premessa secondo la quale i servizi forniti in Austria dalle tre società di cui trattasi costituiscono servizi della società dell'informazione, come sostenuto dalla Corte amministrativa austriaca.

L'Avvocato Generale osserva che, nell'ambito regolamentato, la direttiva sul commercio elettronico vieta agli Stati membri di limitare la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione provenienti da un altro Stato membro. La suddetta direttiva osta in linea di principio, fatte salve le deroghe, a che il prestatore di un servizio del commercio elettronico sia soggetto a prescrizioni più rigorose di quelle previste nell'ordinamento del suo Stato d'origine.

Quanto alle deroghe al principio del paese d'origine previste dalla direttiva, l'Avvocato Generale ribadisce le sue conclusioni presentate nella causa C-390/18 [3]. A suo avviso, uno Stato membro diverso da quello d'origine può derogare alla libera circolazione dei servizi della società dell'informazione solo mediante provvedimenti adottati «caso per caso», previa notifica alla Commissione, e chiedere allo Sato membro d'origine di adottare provvedimenti in materia di servizi della società dell'informazione, il che non si verifica nel caso di specie.

Peraltro, il fatto di considerare che una disposizione generale e astratta che si applica a qualsiasi prestatore di una categoria dei servizi della società dell'informazione costituisce un «provvedimento» equivarrebbe ad autorizzare la frammentazione del mercato interno mediante normative nazionali. Inoltre, autorizzare l'applicazione di leggi diverse a un prestatore sarebbe in contrasto con l'obiettivo, perseguito dalla direttiva, di sopprimere gli ostacoli giuridici al buon funzionamento del mercato interno.

Pertanto, l'Avvocato Generale considera che la suddetta direttiva osta a che uno Stato membro possa limitare, in circostanze siffatte e in tal modo, la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione provenienti da un altro Stato membro.

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[1] Bundesgesetz über Maßnahmen zum Schutz der Nutzer auf Kommunikationsplattformen (Kommunikationsplattformen-Gesetz) (BGBl. I, 151/2020).

[2] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1).

[3] Conclusioni del 30 aprile 2019, C-390/18.