La riforma Nordio e le intercettazioni: una nuova prospettiva di valutazione

16 Giugno 2023

Con una scelta estremamente precisa le nuove disposizioni in tema di intercettazione contenute nel DDL «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario» intendono fornire una maggiore tutela alla riservatezza dei soggetti coinvolti nelle captazioni, intervenendo sulla possibilità di pubblicazione delle intercettazioni, sulle disposizioni in tema di deposito di cui all'art. 268 c.p.p. e sull'utilizzo delle stesse in tema di richieste di misure cautelari.
Premessa

“Ancora Tu…. Ma non dovevamo vederci più?”, cantava molti anni orsono Lucio Battisti. E' una sensazione non infrequente per coloro che a vario titolo e magari da tempo immemorabile si occupano - a livello scientifico e/o pratico-operativo - di intercettazioni.

Ancora intercettazioni, pertanto, al centro del dibattito e delle intenzioni del legislatore: intercettazioni contestate, temute, discusse, desiderate. Punto di incontro – o meglio di scontro – nel dibattito tra necessità investigative, esigenze della difesa, spazio per la libera informazione e tutela della riservatezza dei singoli. Oggetto di innumerevoli tentativi di riscrittura nonché di alcune riforme effettivamente realizzate (e sempre presentate come “risolutive”), i cui principi – al contrario – sembrano inevitabilmente destinati a essere rimessi in discussione. Questo – e molto di più – sono le intercettazioni, alle quali, comunque, tutte le parti processuali (e non solo: la politica e i media fanno la loro parte) sono sempre pronte a dedicare una buona quota di attenzione.

A distanza di tre anni dall'entrata in vigore dell'ultima riforma sul tema - prevista dal d.l. 30 dicembre 2019 n. 161 convertito con modifiche con l 28 gennaio 2020 n. 7 - a sua volta frutto di una lunga e tormentata rielaborazione delle indicazioni contenute nel d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 - siamo di nuovo qui a cercare di capire cosa è cambiato e per quali ragioni.

L'ultimo intervento era stato chiaramente improntato a una volontà di maggiore tutela soprattutto della riservatezza dei soggetti coinvolti a vario titolo nelle captazioni. Il fatto che dalla delega del 2017 al 2020 alcune norme siano state profondamente riviste non toglie che tale obiettivo fosse ben chiaro sin dal 2017: «Sempre più spesso, il dibattito pubblico è incentrato sul tema dell'inopportunità della divulgazione del contenuto di conversazioni intercettate, irrilevanti ai fini delle indagini nel cui contesto le attività di captazione sono state autorizzate. Sul punto, la necessità di riorganizzare le norme processuali, al fine di maggiormente tutelare la privacy dei soggetti coinvolti, è condivisa da tutti; nondimeno le modalità con cui farlo sono sovente di difficile individuazione. Ciò non deve stupire poiché nella dinamica in questione, che allo stato attuale è certamente caratterizzata da aspetti patologici, entrano in scena interessi contrapposti e tuttavia tutti delicati e meritevoli della massima considerazione da parte del legislatore, quali il diritto alla riservatezza, la tutela delle indagini, la libertà di informazione» (Così D. Ferranti - Presidente commissione Giustizia Camera dei deputati, XVIIa legislatura - Riflessioni sulle linee guida della riforma del processo penale, CP, 2017, 322.4).

Evidentemente, le indicazioni contenute nella l. 20 gennaio 2020, n. 7, non sono state considerate adeguate e/o sufficienti al proposito, in quanto la finalità di una maggiore tutela della riservatezza traspare in termini lampanti in tutti e quattro i punti in tema di intercettazione contenuti nel provvedimento presentato dal Ministro Nordio. La relazione di accompagnamento al DDL «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento giudiziario. Interpretazione autentica dell'articolo 9 della legge 10 aprile 1951, n. 287». progetto è chiarissima al riguardo: «Gli interventi in materia di intercettazioni a tutela della riservatezza del terzo estraneo al procedimento (articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), n. 1, ed e), n. 2). Le modifiche hanno lo scopo di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate».

La nuova disciplina dell'art. 114 c.p.p.

Precisa la relazione al d.l. che con la lettera a) dell'articolo 2, comma 1, si modifica l'articolo 114, comma 2-bis,c.p.p. che attualmente vieta la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni sino a quando esse non siano state «acquisite ai sensi degli articoli 268,415-bis o 454 c.p.p.». Tale limitazione viene ora resa più stringente prevedendo che il divieto di pubblicazione cada solo allorquando il contenuto intercettato sia «riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento».

L'art. 114 c.p.p., come è noto, contiene un divieto generale di pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto. Divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto che si “estende” fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare fatta eccezione per l'ordinanza indicata dall'articolo 292 c.p.p. Quest'ultimo comma è stato modificato proprio con la l. 7/2020, che ha anche inserito il comma 2 bis - per il quale «È sempre vietata la pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 c.p.p.».

Con la riforma del 2020, il legislatore aveva stabilito che solo gli atti selezionati con le procedure di cui agli artt.268, 415-bis o 454 c.p.p. sono da considerarsi pubblicabili, laddove le altre captazioni – per quanto conosciute alle parti, che ne possono prendere visione con il deposito – “sfuggono” dal regime generale degli atti depositati; atti conosciuti, valutati ma non direttamente disponibili per le parti, in quanto destinati all'archivio riservato introdotto dalla riforma. Tale limitazione non è stata ritenuta sufficiente, considerato che potranno essere pubblicate non solo le parti di intercettazioni entrate nella disponibilità astratta acquisita con le menzionate procedure ma solo quella che avranno superato un vaglio da parte dell'organo giudicante, derivante dall'effettivo utilizzo delle stesse nella motivazione di un provvedimento o con l'utilizza nel corso del dibattimento.

Che ricaduta può avere tale disposizione? Indubbiamente, sono pubblicabili (fermo restando quanto vedremo infra) le intercettazioni contenute in una misura cautelare; in fase di indagine, è statisticamente improbabile che le stesse siano richiamate in altri atti (quali ad es. ordinanza ammissiva di incidente probatorio) mentre lo stesso provvedimento di rinvio a giudizio normalmente non contiene stralci di intercettazioni. La stesse potranno essere – anche ampiamente- riportate in sentenza (magari, a distanza di anni dai fatti).

Indubbiamente potranno essere considerate riprodotte in un provvedimento le intercettazioni depositate ex artt. 268 e 415-bis c.p.p., laddove le stesse siano riportate nel decreto di archiviazione, che interverrà comunque dopo il termine delle indagini. Differente sorte laddove l'archiviazione non sia stata preceduta dall'avviso ex art. 415-bis c.p.p. (o, ovviamente, dalla procedura ex art. 268 c.p.p.)

Resta da capire cosa si debba intendere per “utilizzo nel corso del dibattimento”. Si pone di nuovo un dubbio: solo le intercettazioni oggetto - ad es. - di contestazione a un teste o all'imputato in tale sede, in quanto riportate nel verbale e quindi comunque rese “pubbliche” o anche in altri casi? Difficile allo stato ipotizzare una lettura “estensiva” in tale prospettiva.

Certamente si tratta di una ulteriore selezione di atti già selezionati, ad opera del P.M. e con il controllo ove necessario del G.I.P., in base al principio generale di cui all'art. 268 comma 2-bis c.p.p. Nulla, verosimilmente a questo punto potrebbe sfuggire.

La modifica dell'art. 116 c.p.p.

Se la precedente disposizione rappresenta un limite oggettivo alla circolazione delle intercettazioni, quella che ha modificato l'art. 116 c.p.p. aggiunge un limite soggettivo. Per la relazione al d.l., la lettera b) dell'art 2 comma 1 del d.l. aggiunge un secondo periodo all'articolo 116, comma 1, al fine di escludere comunque il rilascio di «copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori».

In base all'art. 116 c.p.p. (Copie, estratti e certificati) “Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti”; tale disposizione è integrata con il seguente periodo «Non può comunque essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione ai sensi dell'articolo 114, comma 2-bis, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori.» Il comma 3 della norma, non modificato, precisa che «Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114».

Ssulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza.

Anche la finalità della sopra riportata integrazione è chiarissima: non solo a procedimento in corso ma anche quando lo stesso sarà definito le intercettazioni (ovviamente quelle che avranno già superato il “vaglio” dell'art 114 c.p.p.: le altre sono già comunque destinate all'oblio dell'archivio riservato) potranno essere a disposizione solo delle parti e dei difensori. In sostanza, di tali atti si vuole determinare la dissoluzione non solo dalla valenza a fini di cronaca, quanto l'oblio storico, anche in una prospettiva temporale ampia e a prescindere dall'interesse pubblico che le stesse potrebbero avere assunto.

La modifica dell'art. 268 c.p.p.

La lettera c) dell'art. 2 comma 1 del d.l., precisa che, intervenendo sull'articolo 268, commi 2-bis e 6, si amplia l'obbligo di vigilanza del pubblico ministero sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni (c.d. brogliacci) e sul dovere del giudice di “stralciare” le intercettazioni, includendovi – oltre ai già previsti «dati personali sensibili» – anche quelli «relativi a soggetti diversi dalle parti» (fatta salva, anche in questo caso, l'ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini). La norma stabilisce che al comma 2-bis, dopo le parole: «dalla legge» sono inserite le seguenti: «o relativi a soggetti diversi dalle parti»; inoltre al comma 6, dopo le parole: «dati personali» sono inserite le seguenti: «o soggetti diversi dalle parti»;

Questo il testo che risulta dalla modifica:

«2-bis. Il pubblico ministero dà indicazioni e vigila affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, o relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini.

6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, per via telematica hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione e di quelli che riguardano categorie particolari di dati personali, o soggetti diversi dalle parti sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza….».

La modifica all'art. 391 c.p.p.

Infine, con la lettera d), numero 1, viene modificato il comma 1-ter dell'articolo 291, prevedendo che nella richiesta di misura cautelare formulata dal pubblico ministero non debbano essere indicati i dati personali dei soggetti diversi dalle parti (salvo, in tal caso, che ciò sia «indispensabile» per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti).

In termini generali, l'art. 291 c.p.p. prevede che il pubblico ministero presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta di misura cautelare si fonda, compresi i verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle comunicazioni e conversazioni rilevanti, e comunque conferiti nell'archivio di cui all'articolo 269, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.

Con la modifica, l'art. 291 comma 1-ter c.p.p. risulterebbe così modificato «Quando è necessario, nella richiesta sono riprodotti soltanto i brani essenziali delle comunicazioni e conversazioni intercettate, in ogni caso senza indicare i datipersonali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione»

Identica modifica viene apportata dalla lettera e), numero 2, al comma 2-quater dell'articolo 292 c.p.p., in riferimento all'ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal giudice. Questo il nuovo testo del comma 2-quater. «Quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali, in ogni caso senza indicare i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione degli elementi rilevanti».

Le due disposizioni sono espressive della medesima finalità e rappresentano anch'esse, come quelle già viste, una ulteriore forma di selezione nel concreto utilizzo delle captazioni nell'ambito dei provvedimenti, siano esse richieste, siano essi decreti di autorizzazione. Il pubblico ministero dovrà pertanto operare una verifica sulle captazioni, di modo da evitare che nelle richieste anche i brani “essenziali” non contengono i dati riferibili a soggetti estranei.

L'utilizzo del termine parti, anziché “indagati” consente verosimilmente di ritenere che anche le persone offese siano escluse da tale disposizione per evidenti motivi, considerato che la rilevanza delle dichiarazioni di tali soggetti può essere un diretto riflesso delle condotte ipoteticamente illecite poste in essere dagli indagati. Per tutti gli altri soggetti, che non risultano essere indagati o persone offese, dovrà essere effettuata questa ulteriore attività. Sebbene il principio in sé possa apparire ragionevole, si tratta indubbiamente di un aggravio significativo delle attività della polizia giudiziaria prima e del pubblico ministero poi. Un 'aggravio sul piano organizzativo dell'attività si deve ritenere un dato oggettivo, non facilmente confutabile.

Inoltre, il fatto che il legislatore abbia ribadito il principio nell'ambito dell'articolo 292 c.p.p., che riguarda l'attività del giudice, impone di ritenere che anche tale organo è chiamato a un'attività di verifica e controllo sull'osservanza del principio da parte del pubblico ministero, tenendo presente che proprio l'utilizzazione in concreta nell'ambito di provvedimenti delle conversazioni potrà determinarne il venire meno del divieto di pubblicazione, come precisato nel punto precedente.

Un nuovo concetto di “rilevanza” ai fini delle indagini?

L'art. 268 comma 2-bis c.p.p., attribuisce al P.M. la facoltà di disporre la trascrizione delle conversazioni che la medesima norma esclude in via generale laddove le stesse risultino rilevanti ai fini delle indagini. Si tratta di un bilanciamento tra l'esigenza alla riservatezza e quella alla completezza delle indagini preliminari, che consente a queste ultime di prevalere in caso di conflitto.

La rilevanza del comma 2-bis è applicata nel corso delle indagini preliminari, in un momento in cui l'individuazione dei fatti potenzialmente utili ai fini di prova è ancora in divenire. Il vaglio sulla rilevanza può essere meno rigoroso e deve essere calibrato sulle esigenze investigative in atto, potenzialmente aperte a sviluppi non facilmente delineabili nel loro evolversi. Al contrario, la rilevanza cui si dovrà attenere il giudice nell'escludere le intercettazioni ai sensi dell'art. 268, comma 6, c.p.p. - atteso che tale selezione avviene, di norma, ad indagini concluse o quanto meno ad intercettazioni concluse- quando è possibile compiere una valutazione in ordine all'effettiva utilità probatoria dei risultati delle captazioni che può essere proiettata già nell'ottica del giudizio e non espressiva delle sole esigenze investigative (cosi la Relazione del Massimario).

Specie nelle indagini ad ampio raggio (in materia di criminalità organizzata, di reati finanziari o anche di pubblica amministrazione) di frequente la rilevanza di una singola conversazione può emergere in una fase ulteriore dell'indagine, così che una mancata indicazione del contenuto sui brogliacci (sui quali deve comparire, se giudicato in un primo momento relativa a conversazioni non rilevanti, solo data, ora e dispositivo su cui la registrazione è intervenuta) potrebbe rendere, se non impossibile, molto difficile tale rivalutazione.

La previsione del comma 2-bis c.p.p. fornisce un criterio selettivo – ancorato alla rilevanza della conversazione ai fini delle indagini – che di per sé si presta ad un'interpretazione lata. In fase di indagine anche conversazioni dal contenuto prettamente personale possono assumere rilievo, anche solo per accertare il grado di conoscenza e frequentazione tra i soggetti intercettati.

La domanda che con la riforma deve essere posta riguarda il concetto di rilevanza: la rilevanza delineata prima della nuova indicazione deve essere rivalutata alla luce delle disposizioni sopra riportate?

Verosimilmente no, ma dovrà essere valutata con maggiore ampiezza e nel dettaglio. È chiaro che il pubblico ministero dovrà motivare in maniera specifica ogni qualvolta dati riferibili a soggetti che non si identificano nelle parti potranno essere in comunque inseriti nelle captazioni destinate al concreto utilizzo. Peraltro, non è impossibile ipotizzare delle formule di carattere generale che per particolari tipologie di reati potranno consentire o forse imporre al pubblico ministero di motivare sulla rilevanza anche su dati personali diversi dalle parti.

Proviamo a pensare, per esempio, alla ricostruzione, in una indagine per omicidio, delle relazioni interpersonali della vittima o dello stesso autore del fatto, che potrebbero aver avuto un ruolo nel determinismo dell'evento o nella ricostruzione dello stesso. Pare davvero difficile ritenere che anche conversazioni fra terzi che possano in qualche modo influire sulle ricostruzioni di tali aspetti non debbano portare alla indicazione di dati personali. Allo stesso modo, e in termini probabilmente ancora maggiori, vi sono molte ipotesi penalmente rilevanti nelle quali la descrizione e la comprensione del contesto nel quale i fatti avvengono assume una assoluta rilevanza: si considerino i reati in materia di criminalità organizzata, così come ipotesi di reati contro la pubblica amministrazione, per i quali proprio la conoscenza- anche attraverso gli esiti delle captazioni- di quello che è il contesto nel quale si muovono i soggetti coinvolti e della fitta rete di rapporti interpersonali, non necessariamente solo tra gli indagati, che nel medesimo può essere ricostruita possono essere indispensabili per comprendere in maniera puntuale ed efficace quelle che sono state le dinamiche che hanno portato a realizzarsi ipotesi criminose. In questi casi, la motivazione di fondo sulla necessità di ricostruire con la maggiore ampiezza possibile tali rapporti verosimilmente consentirà di riconoscere la rilevanza richiesta dalla nuova disposizione entro margini non troppo angusti.

Resta, infine, da valutare quali sanzioni possano conseguire alla mancata osservanza delle nuove disposizioni. Non possiamo parlare di nullità/inutilizzabilità, mancando – allo stato - un richiamo all'art. 271, comma 1, c.p.p.; ci troviamo di fronte, pertanto, a una irregolarità processuale, in quanto tale non produttiva di effetti in ordine alla validità dell'acquisizione probatoria, eventualmente rilevante solo sotto il profilo disciplinare ai sensi dell'art. 124, comma 1, c.p.p., senza tuttavia una ricaduta sugli esiti del procedimento.

In conclusione, non è compito di chi scrive formulare giudizi politici sulle disposizioni

del DDL in oggetto. Altri certamente lo faranno. Pare sufficiente, nella presente sede, chiarire, si spera con precisione, i termini della questione, che indubbiamente rappresenta un limite significativo per l'esercizio in concreto del diritto di cronaca, e un non irrilevante aggravio per le attività degli organi requirenti (non compensato da incremento degli organici) a favore della tutela della riservatezza

Una scelta politica - decisamente molto chiara - destinata a essere certamente oggetto di lunghe discussioni nelle competenti sedi e nell'opinione pubblica.

In conclusione
  • Le nuove disposizioni in tema di intercettazione sono finalizzate a fornire una maggiore tutela alla riservatezza dei soggetti coinvolti nelle captazioni, ponendo degli oggettivi limiti al diritto di cronaca.
  • In base al nuovo art.114 c.p.p. sarà vietata la pubblicazione del contenuto delle intercettazioni sino a quando esse non siano state acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis o 454 c.p.p. salvo che il contenuto intercettato sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento.
  • Ai sensi del nuovo art. 268 comma 2-bis c.p.p. il P.M. dovrà valutare la rilevanza delle captazioni non solo per evitare che i verbali non siano riportate espressioni lesive della reputazione delle persone o quelle che riguardano dati personali definiti sensibili dalla legge, ma anche in relazione a soggetti diversi dalle parti.
Riferimenti
  • C. Parodi, I rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria in tema di intercettazioni: l'analisi del dato normativo e delle prassi, IUS Penale (ius.giuffrefl.it) 13.4.2023;
  • C. Parodi- N. Quaglino – Intercettazioni: tutte le novità- d.l 29.12.2017, n 216, Giuffrè Francis Lebefevre, 2018;
  • Id. La nuova riforma delle intercettazioni, d.l 30.12.2019 n 161 conv. con mod. l. 28.1.2002 n 79, Giuffrè Francis Lebefevre, 2020;
  • G.Pestelli, Brevi note sul nuovo decreto legislativo in materia di intercettazioni: (poche) luci e (molte) ombre di una riforma frettolosa, archiviodpc.dirittopenaleuomo.org;
  • D. Pretti, Prime riflessioni a margine della nuova disciplina sulle intercettazioni, archiviodpc.dirittopenaleuomo.org;
  • W. Nocerino, Prime riflessioni a margine del nuovo decreto legge in materia di intercettazioni, sistemapenale.it.

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