Libera circolazione dei lavoratori: è discriminatoria la normativa che penalizza i lavoratori residenti in altri Stati membri rispetto ai lavoratori nazionali

La Redazione
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19 Giugno 2023

Con sentenza del 15 giugno 2023, la CGUE (C-411/22) afferma che il diritto UE osta alla normativa di uno Stato membro che subordina la concessione di un indennizzo all'imposizione di una misura di confinamento da parte delle proprie autorità amministrative. Una siffatta normativa, infatti, può portare a una discriminazione indiretta dei lavoratori emigranti: il principio di libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, sul territorio degli altri Stati membri, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

Alla fine del 2020, diversi impiegati di un albergo austriaco sono stati sottoposti a test per il Covid-19. L'albergo ha comunicato all'autorità sanitaria austriaca competente i risultati di test positivi. Alcuni impiegati interessati risiedevano in Slovenia e in Ungheria. Di conseguenza, l'autorità sanitaria austriaca non ha loro imposto le misure di confinamento conformi alla legge austriaca applicabile (EpiG [1]), ma ha informato le autorità competenti ungheresi e slovene. Queste ultime hanno ordinato a detti impiegati alcune misure di confinamento presso i loro rispettivi domicili, in applicazione del diritto locale. Nel corso di tali periodi di confinamento, l'hotel ha continuato a versare, agli impiegati interessati, le rispettive retribuzioni, conformemente al diritto del lavoro austriaco. Reputandosi surrogato nel diritto all'indennizzo dei propri impiegati a causa del versamento della loro retribuzione, l'albergo ha chiesto all'autorità amministrativa austriaca competente l'indennizzo per il mancato guadagno subito dai suoi impiegati nel corso dei suddetti periodi, in applicazione dell'EpiG. Tali domande sono state respinte dall'autorità amministrativa.

I ricorsi proposti avverso tale decisione sono stati parimenti respinti in primo grado in quanto infondati, poiché il giudice riteneva che soltanto le decisioni basate su un provvedimento amministrativo adottato in applicazione dell'EpiG, e che avesse generato un mancato guadagno per gli impiegati, potesse far sorgere il diritto all'indennizzo.

La Corte amministrativa austriaca ha deciso di sospendere il procedimento, nell'attesa che la Corte decida se l'indennizzo concesso ai lavoratori dipendenti durante il loro confinamento costituisca una «prestazione di malattia» ai sensi del regolamento relativo al coordinamento dei sistemi previdenziali [2] e, pertanto, se detto indennizzo rientri nella sfera d'applicazione di tale regolamento. Se così fosse, il giudice del rinvio ritiene che, conformemente a queste disposizioni, le autorità austriache dovrebbero tener conto di una decisione di confinamento emanata dalle autorità degli altri Stati membri come se essa fosse stata adottata da un'autorità nazionale.

Tuttavia, qualora la risposta alla prima questione dovesse essere in senso negativo, il giudice del rinvio chiede se il principio della libera circolazione dei lavoratori, quale espresso dagli artt. 45 TFUE e 7 del regolamento n. 492/2011 [3], osti alla normativa di uno Stato membro che subordina la concessione dell'indennizzo al fatto che la misura di confinamento sia stata imposta dal medesimo Stato membro.

La Corte risponde alla prima questione in senso negativo. A suo parere, il regolamento relativo al coordinamento dei sistemi previdenziali si applica alle prestazioni che, da un lato, sono concesse ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita, e, dall'altro, si riferiscono ad uno dei rischi espressamente elencati nell'art. 3, paragrafo 1, di detto regolamento. La Corte constata poi che la seconda condizione non è soddisfatta. Infatti, in base alla propria costante giurisprudenza, le «prestazioni di malattia», ai sensi di tale disposizione, hanno come scopo essenziale la guarigione del paziente [4]. Orbene, ciò non si verifica nel caso di un indennizzo quale quello previsto dall'EpiG poiché, per ottenere un siffatto indennizzo, non rileva che la persona oggetto della misura di confinamento sia o meno effettivamente malata. Un confinamento siffatto non è imposto ai fini di guarigione del soggetto interessato, bensì al fine di proteggere la popolazione dal contagio da parte di quest'ultimo.

Per quanto concerne la seconda questione, la Corte dà ad essa risposta in senso affermativo, ricordando che il principio di libera circolazione dei lavoratori implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Pertanto, il lavoratore cittadino di uno Stato membro gode, sul territorio degli altri Stati membri, degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali. Da ciò deriva una giurisprudenza costante, ai sensi della quale una disposizione di diritto nazionale dev'essere considerata indirettamente discriminatoria una volta che è suscettibile di pregiudicare maggiormente i lavoratori cittadini di altri Stati membri rispetto ai lavoratori nazionali [5]. L'indennizzo previsto dall'EpiG è riconosciuto alle sole persone confinate ai sensi di tale legge, in applicazione di provvedimenti adottati dalle autorità sanitarie nazionali, quindi unicamente a persone residenti sul territorio nazionale austriaco.

Pertanto, l'indennizzo è indirettamente collegato a una condizione di residenza nel territorio austriaco, circostanza che incide maggiormente sui lavoratori emigranti e costituisce dunque una discriminazione indiretta.

Per quanto riguarda l'esistenza di una giustificazione oggettiva, la Corte considera che è certamente nell'interesse della sanità pubblica, la quale consente di limitare la libera circolazione dei lavoratori, il fatto che siano imposte misure di confinamento e che il pagamento di un indennizzo sia previsto al fine di incoraggiarne il rispetto. Tuttavia, l'indennizzo delle sole persone confinate in base alla normativa nazionale, ad esclusione, in particolare, dei lavoratori emigranti confinati in forza delle misure sanitarie vigenti nel loro Stato membro di residenza, non sembra idoneo a conseguire tale obiettivo. Infatti, un indennizzo di tali lavoratori emigranti potrebbe parimenti incoraggiare questi ultimi a rispettare il confinamento loro imposto, e ciò a vantaggio della sanità pubblica.

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[1] Epidemiegesetz (legge in materia di epidemie).

[2] Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1).

[3] Regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione (GU 2011, L 141, pag. 1).

[4] Sentenza del 15 luglio 2021, A (Assistenza sanitaria pubblica), C-535/19.

[5] Sentenza dell'8 dicembre 2022, Caisse nationale d'assurance pension, C-731/21.