Il domicilio digitale tra processo civile e processo amministrativo

19 Giugno 2023

In seguito all'introduzione del domicilio digitale e dell'attuazione del processo telematico la notificazione va effettuata presso la PEC risultante dal registro ReGIndE, dovendosi ritenere prevalente il domicilio digitale rispetto al domicilio fisico.
Premessa: l'elezione di domicilio

La parte, ai sensi dell'art. 47 c.c., nel conferire il mandato difensivo, elegge domicilio o attribuisce al professionista il mandato di eleggere, per suo conto, il domicilio, ai sensi degli artt. 141 e 170, comma 1, c.p.c. La norma di natura civilistica va letta congiuntamente a quella processuale la quale impone al “procuratore”, nel costituirsi, di eleggere domicilio nella circoscrizione dell'Autorità giudiziaria in cui il giudizio è promosso o pendente, secondo quanto previsto dall'art. 82 del r.d. n. 37/1934 “Norme integrative e di attuazione del r.d.l. n. 1578/1933, sull'ordinamento della professione di avvocato e di procuratore”.

La disposizione normativa stabiliva che i “procuratori”, per esercitare il proprio ministero, in un luogo geograficamente posto fuori dalla circoscrizione del tribunale al quale erano assegnati, dovevano, all'atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria. In mancanza di elezione di domicilio, le comunicazioni e le notificazioni dovevano eseguirsi presso la Cancelleria della stessa autorità giudiziaria. Di fatto, la norma stabiliva che, in mancanza di elezione di domicilio extradistrictum, il domicilio era stabilito ex lege presso la Cancelleria del Tribunale ordinario ovvero presso la Segreteria del Tribunale amministrativo.

La ratio della disciplina era quello di favorire - in assenza di sistemi informativi telematici - l'elezione di un domicilio fisico in modo da consentire la comunicazione tra l'Autorità e le Parti e, allo stesso tempo, di assicurare certezza circa il luogo ove eseguire le comunicazioni e le notificazioni processuali.

Il domicilio digitale del difensore

La l. n. 24/2010, - rubricata "Conversione in legge, con modificazioni, del d.l. n. 193/2009, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario” -, allo scopo di sostenere la digitalizzazione della giustizia, all'art. 4, ha introdotto l'obbligo di utilizzare, nel processo civile e nel processo penale, per tutte le comunicazioni e notificazioni, la posta elettronica certificata, ai sensi del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'amministrazione digitale – CAD), così come modificato dal d.P.R. n. 68/2005.

L'efficacia della norma veniva rinviava sino a quando non fossero stati emanati i decreti attuativi per la definizione delle regole tecniche per l'avvio del processo telematico.

In seguito, l'art. 35-ter della legge di conversione 14 settembre 2011, n. 148 del d.l. n. 138/2011, modificando l'art. 125 c.p.c., ha previsto l'onere dei difensori di indicare, nel primo atto difensivo, il proprio numero di fax e l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC), in modo da facilitare i processi informativi infra e extra processuali. Proprio per sollecitare l'indicazione del fax e della posta elettronica certificata, il legislatore ha previsto, per la parte inadempiente, la sanzione del pagamento del contributo unificato aumentato della metà.

Il d.l. n. 90/2014, convertito con modificazioni dalla l. n. 114/2014, diversamente dalla previgente disciplina, prevedeva solo l'indicazione del fax senza più fare riferimento all'indirizzo di posta elettronica certificata.

Tale circostanza ha fatto ritenere, erroneamente, che la novella intendeva mantenere il previgente impianto normativo del 1934, il quale sosteneva l'obbligo per il difensore di eleggere un domicilio fisico, soprattutto quando svolgeva la sua funzione extra-districtum.

In altre parole, una parte di dottrina ha supposto che l'atto di elezione di “domicilio digitale”, naturalmente virtuale, non potesse essere equiparato al “domicilio fisico”, in quanto inidoneo a dare certezza del luogo ove il destinatario avrebbe dovuto prendere conoscenza di un atto di parte o di un provvedimento giudiziale.

In realtà, il “mancato” richiamo, nel d.l. n. 90/2014, alla posta elettronica certificata -alla luce dell'avvio, nelle more, del processo telematico- era parso al legislatore del tutto superfluo.

A tal riguardo occorre ricordare che, ancora prima del compimento del processo telematico, il Governo, con d.l. n. 185/2020, convertito in l. 2/2009, aveva sancito l'obbligo di comunicare l'indirizzo di posta elettronica certificata al Consiglio dell'Ordine di appartenenza in modo da essere utilizzata anche come domicilio legale del professionista.

Il percorso tortuoso, a tratti osteggiato dagli stessi professionisti, si è concluso con il varo del d.l. n. 76/2020 (conv. con l. n. 120/2020) che sanzionava l'avvocato inadempiente, dopo una prima diffida, con la sospensione sino al momento in cui non avesse comunicare il proprio indirizzo PEC all'Ordine di appartenenza. E' stata sufficiente prevedere la sanzione della sospensione per accelerare notevolmente il processo di digitalizzazione e l'attuazione del processo telematico.

In conclusione, l'omesso richiamo all'obbligo di indicare nel proprio atto la posta elettronica certificata dell'avvocato era superato dalla disciplina attuativa del processo telematico e dalla circostanza che le comunicazioni di Cancelleria sono inoltrate automaticamente a mezzo PEC il cui indirizzo viene estratto dal registro ReGIndE.

La prevalenza del domicilio digitale sul domicilio fisico

Il contrasto creatosi in giurisprudenza circa la sussistenza dell'obbligo di eleggere domicilio nel luogo ove ha sede l'autorità giudiziaria presso il giudizio si è radicato (imposto dall'art. 82 del r.d. n. 37/1934) e quello di favorire l'indicazione di un domicilio digitale (il quale, in quanto virtuale, poteva essere utilizzato anche extra-districutum) è stato composto dalle Sezioni unite della suprema Corte di Cassazione le quali hanno affermato che il richiamo topografico alla circoscrizione non è scalfito dal domicilio digitale per due ragioni: i) il professionista legale, richiamato dall'art. 82 c.p.c., con la soppressione dell'albo dei procuratori, ex l. 24 febbraio 1997, n. 27, è autorizzato ad esercitate la propria attività innanzi a qualsiasi autorità giudiziaria; ii) l'indirizzo topografico è cristallizzato in una norma processuale “datata”; una disciplina risalente nel tempo che non poteva prevedere lo sviluppo dei moderni sistemi di informatizzazione delle comunicazioni.

La nuova disciplina deve interpretarsi alla luce dell'evoluzione tecnologica che garantisce gli stessi requisiti di certezza del tradizionale domicilio fisico (cfr. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 luglio 2014, n. 28943).

Le Sezioni Unite della Cassazione,con sent. 20 giugno 2012 n. 10143, hanno ricordato che la finalità della norma non viene scalfita ma, anzi, rafforzata dall'utilizzo del domicilio digitale.

In conclusione, nel comporre il contrasto giurisprudenziale, le SS.UU. della Cass. civ., sent., 20 giugno 2012 n. 10143, ha enunciato il seguente principio di diritto “L´art. 82 r.d. n. 37 del 1934 – che prevede che gli avvocati, i quali esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati, devono, all´atto della costituzione nel giudizio stesso, eleggere domicilio nel luogo dove ha sede l´autorità giudiziaria presso la quale il giudizio è in corso, e che in mancanza della elezione di domicilio, questo si intende eletto presso la cancelleria della stessa autorità giudiziaria – trova applicazione in ogni caso di esercizio dell´attività forense fuori dalla circoscrizione cui l´avvocato è assegnato per essere iscritto al relativo ordine professionale del circondario e quindi anche nel caso in cui il giudizio sia in corso innanzi alla corte d´appello e l´avvocato risulti essere iscritto ad un ordine professionale di un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ricade la sede della corte d´appello, ancorché appartenente allo stesso distretto della medesima corte d´appello. Tuttavia, dopo l'entrata in vigore delle modifiche degli artt. 366 e 125 c.p.c, apportate rispettivamente dall´art. 25, comma 1, lett. i), n. 1), l. n. 183/2011, e dallo stesso art. 25, comma 1, lett. a), quest'ultimo modificativo a sua volta dell´art. 2, comma 35-ter, lett. a), d.l. n. 138/2011 conv. in l. n. 148/2011, e nel mutato contesto normativo che prevede ora in generale l´obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine, si ha che dalla mancata osservanza dell´onere di elezione di domicilio di cui all´art. 82 per gli avvocati che esercitano il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori della circoscrizione del tribunale al quale sono assegnati consegue la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell´autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio solo se il difensore, non adempiendo all´obbligo prescritto dall´art. 125 c.p.c., non abbia indicato l´indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine”.

La prevalenza del domicilio digitale

In seguito dell'introduzione del domicilio digitale (art. 16-sexies d.lgs. n. 179/2012), corrispondente all'indirizzo PEC comunicato all'Ordine di appartenenza, non è più possibile effettuare, ai sensi dell'art. 82 r.d. n. 37/1934, le comunicazioni o le notificazioni presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite. La giurisprudenza sul punto ha affermato che il domicilio digitale, risultando da un registro pubblico, è prevalente rispetto ogni altro domicilio eventualmente indicato nell'atto processuale e finanche nel caso in cui il difensore abbia omesso di eleggere domicilio nel comune in cui il medesimo ufficio ha sede, salvo il caso in cui, oltre a tale omissione, non ricorra altresì la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord., 23 maggio 2019, n. 14140).

L'obbligo di indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) esenta l'avvocato dall'elezione del domicilio anche nel luogo diverso dalla circoscrizione del Tribunale a cui è assegnato, (cfr. anche Cass., SS.UU. 20 giugno 2012, n. 10143). Per l'effetto, la notifica degli atti al difensore presso la Cancelleria del giudice adito, sussistendo l'indirizzo digitale, deve ritenersi inesistente (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 29 gennaio 2020, n. 1982; Cons. St., ad. plen., ord., 10 dicembre 2014, n. 33).

La questione potrebbe complicarsi laddove l'avvocato indichi, nel proprio atto, anche un indirizzo fisico. In tal caso, è stata attribuita la prevalenza del domicilio digitale rispetto a quello fisico. Il domicilio fisico può essere ritenuto, semmai, una domiciliazione residuale o suppletivo qualora non sia eseguibile la notificazione telematicamente (Cons. St., sez. IV, sent., 11 ottobre 2019, n. 6919). Una parte della dottrina, tuttavia, ritiene che, nel caso in cui sia dichiarato solo il domicilio fisico, la parte accetta la validità delle comunicazioni o delle notificazioni nel domicilio eletto senza poter eccepire l'esistenza del domicilio digitale.

Tale orientamento sembra però contrastare con la ratio della norma che definisce il domicilio digitale come domicilio ex lege.

In merito, la giurisprudenza ha stabilito che la notificazione deve essere compiuta presso il domicilio digitale anche se il destinatario abbia omesso di eleggere domicilio, essendo palese il favor del legislatore verso la notifica a mezzo PEC (cfr. Cass. civ. n. 15147/2017).

Più chiaramente la Cassazione con sentenza 18 gennaio 2019, n. 1411 ha stabilito che “a seguito dell'introduzione del cd. “domicilio digitale”, corrispondente all'indirizzo PEC che ciascun avvocato deve indicare al Consiglio dell'Ordine di appartenenza, previsto dal d.l. n. 179/2012, art. 16-sexies, conv. con modif. in l. n. 221/2012, come modificato dal d.l. n. 90/2014, conv., con modif., in l. n. 114/2014, la notificazione va eseguita all'indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE, pur non indicato negli atti dal difensore medesimo; sicchè giustappunto è nulla la notificazione effettuata – ai sensi del r.d. n. 37/1934, art. 82 – presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario, anche se il destinatario abbia omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, a meno che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario”.

Il domicilio digitale nel processo amministrativo

Anche il processo amministrativo, analogamente a quello civile e penale, segue la regola per cui la notifica in cancelleria come domicilio ex lege deve ritenersi inesistente venendo in rilievo il domicilio digitale dell'avvocato.

L'art. 25 c.p.a., che prevedeva la domiciliazione ex lege in segreteria, nell'ipotesi in cui non fosse valida l'elezione di domicilio fisico è stato profondamente innovato con l'introduzione dei commi 1-bis e 1-ter, ad opera dell'art. 7, comma 1, lett. a), d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016.

La domiciliazione fisica diventa meramente facoltativa poiché lo scopo perseguito dal legislatore è quello di “depotenziare la portata dell'elezione di domicilio fisico per fare del domicilio digitale il domicilio eletto ex lege in ambito processuale” (Cons. St., sez. V, sent., 1 ottobre 2018, n. 5619).

La nuova disciplina, ricorda l'Ufficio Studi, massimario e formazione del Consiglio di Stato nel “Parere dell'Ufficio Studi della Giustizia Amministrativa richiesto dal Segretario Generale della Giustizia Amministrativa su varie questioni inerenti il domicilio digitale” non solo depotenzia la portata dell'elezione di domicilio fisico, la cui eventuale inefficacia (ad es., per mutamento di indirizzo non comunicato) non permetterà più la notificazione dell'atto in segreteria, ma, allo stesso tempo, svuota di efficacia prescrittiva anche l'art. 82 del r.d. n. 37/1934, posto che, stante l'obbligo di notificazione tramite PEC presso gli elenchi/registri normativamente indicati, potrà avere un rilievo unicamente in caso, per l'appunto, di mancata notificazione via PEC per causa imputabile al destinatario della stessa, quale localizzazione dell'ufficio giudiziario presso il quale operare la notificazione in cancelleria.

A tal riguardo la giurisprudenza amministrativa rammenta che è onere dell'avvocato non solo detenere un domicilio digitale ma anche curare che lo stesso sia perfettamente funzionante per non incorrere a responsabilità a lui imputabili (posto che, in difetto, la notifica si ha come avvenuta, sussistendo la presunzione di consegna, così come ci ricorda il Cons. St., sez. II, sent., 6 febbraio 2023, n. 1211).

Il mutamento di domicilio dell'avvocato

In tema di domicilio digitale la Cassazione, con ordinanza n. 8262/2021, ha affermato che, con la sua introduzione, tutte le notificazioni indirizzate alla parte devono essere eseguite con preferenza presso il domicilio digitale, rispetto ad altre forme di domiciliazione previste dall'ordinamento.

Pur volendo riconoscere la possibilità di notificare l'atto processuale nel domicilio fisico rispetto al domicilio digitale, entrambi indicati nell'atto del difensore, il sopravvenuto mutamento dell'indirizzo dello studio professionale, tempestivamente notificato all'Albo dell'Ordine degli Avvocati di appartenenza (rimanendo invariato il domicilio PEC) impone al notificante l'onere di verificare, preventivamente, l'eventuale cambiamento del domicilio eletto. In difetto, la notifica presso il luogo in cui l'avvocato non esercita più, per aver mutato il proprio indirizzo di studio, è inesistente (tra le tante: Cass. civ. n. 32601/2018; 23260/2018).

La notifica dell'atto di opposizione a decreto ingiuntivo, intempestiva, determina l'inammissibilità dell'opposizione (Cass. civ., ord., n. 32931/2018; Cass civ. n. 24660/2017; Cass. civ., sez. un., n. 14916/2016; Cass. civ., sez. un.,, n. 17352/2009; Cass. Sez. Un. n. 3818/2009) così come la proposizione dell'appello (Corte App. Milano sent. n. 3970/2022).

E' onere della parte notificante verificare, preventivamente, l'effettivo e attuale domicilio professionale dell'avvocato al quale è diretta la notificazione in quanto il requisito personale prevale anche su quello topografico. Il principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con sent. n. Cass. civ. n. 7180/2022, secondo cui “La notifica presso il domicilio dichiarato nel giudizio "a quo", che abbia avuto esito negativo perché il procuratore si sia successivamente trasferito altrove, non ha alcun effetto giuridico, dovendo essere effettuata al domicilio reale del procuratore (quale risulta dall'albo, ovvero dagli atti processuali) anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte, poiché il dato di riferimento personale prevale su quello topografico, e non sussiste alcun onere del procuratore di provvedere alla comunicazione del cambio di indirizzo, tale onere essendo previsto, infatti, per il domicilio eletto autonomamente, mentre l'elezione operata dalla parte presso lo studio del procuratore ha solo la funzione di indicare la sede dello studio del procuratore, sicché costituisce onere del notificante l'effettuazione di apposite ricerche atte ad individuare il luogo di notificazione” (in questo senso cfr. Cass. civ. n. 115/2022).

Più precisamente, una parte della giurisprudenza di merito, ha ritenuto che il criterio per determinare l'imputabilità dell'errore nella notifica può essere desunto dalle seguenti circostanze: a) è imputabile al notificante quando sia stata eseguita la notifica nel domicilio di un procuratore esercente l'attività nell'ambito della circoscrizione di assegnazione, posto che in tale ipotesi, ai fini dell'indicazione del luogo di consegna dell'atto, va indicato l'effettivo domicilio professionale del procuratore, il cui accertamento è posto a carico del notificante e va soddisfatto con il riscontro presso l'albo professionale; b) non può considerarsi imputabile al notificante quando questi esegue la notifica presso il domicilio eletto dal procuratore extra-districtum. In tal caso la notifica è correttamente indirizzata, ai sensi del combinato disposto degli artt. 330 e 141 c.p.c., senza che sia necessario il previo riscontro presso questo Albo a carico del notificante, essendo, in siffatta ipotesi, onere della parte che ha eletto domicilio indicare alla controparte eventuali mutamenti del domicilio eletto (Corte App. Milano sent. n. 3970/2022).

L'interpretazione offerta dal Giudice meneghino non sembra contrastare con i principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione secondo cui l'obbligo di indicare l'indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) esenta l'avvocato da eleggere il proprio domicilio nel luogo ove si trova a dover patrocinare una causa anche se fuori dalla circoscrizione del tribunale cui è assegnato (cfr. anche Cass. civ., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10143).

Il mutamento del domicilio digitale, come per il domicilio fisico, è sempre realizzabile. In merito la Suprema Corte con 17 ottobre 2017 ha stabilito che “l'indirizzo di posta elettronica indicato in una memoria endoprocedimentale è, in via astratta, idonea a determinare la variazione dell'elezione di domicilio in quanto effettuata in atto depositato e conoscibile alla controparte in alternativa all'inserimento nel verbale d'udienza (nella specie, l'inserimento della PEC era stato effettuato prima dell'entrata in vigore dell'art. 25, comma 1, lett. a), l. n. 183/2011 e, in applicazione del principio tempus regit actum, non poteva ritenersi valido”.

Conclusioni

In caso di domicilio digitale la notificazione va effettuata presso la PEC risultante dal registro ReGIndE. E' nulla la notificazione effettuata – ai sensi del r.d. n. 37/1934, art. 82 – presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario innanzi al quale pende la lite, anche se il destinatario ha omesso di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede quest'ultimo, salvo che, oltre a tale omissione, non ricorra anche la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non è accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass. civ. 8 giugno 2018 n. 14914; Cass. civ. 18 gennaio 2019 n. 1411). La ratio della norma è quella di favorire un'agile e tempestiva interlocuzione nel processo sicché devesi ritenere che la comunicazione o notificazione presso il domicilio digitale è prevale su ogni altra forma di domiciliazione prevista dalla legge o modificazione del domicilio fisico (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 30 settembre 2019, n. 24218).

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