Riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa ed onere della prova a carico del richiedente

21 Giugno 2023

La questione esaminata dalla Cassazione afferisce all'onere della prova da assolvere per il riconoscimento della componente perequativo-compensativa dell'assegno divorzile.
Massima

L'assegno divorzile, nella sua componente compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del nesso causale tra l'accertata sperequazione fra i mezzi economici dei coniugi e il contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali. In assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno può essere solo eventualmente giustificato da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli.

Il caso

Il Tribunale disponeva a carico di Tizio il pagamento di un assegno divorzile in favore dell'ex coniuge Caia.

La Corte di Appello dichiarava inammissibile l'appello proposto da Tizio in quanto l'unico motivo di appello era, nella parte motiva, del tutto incomprensibile ed inconferente con le conclusioni formulate. In particolare, precisava che l'unica critica effettiva alla decisione di primo grado, in punto di sussistenza di un contributo fornito da Caia, durante i vent'anni di matrimonio, alla formazione del patrimonio familiare, era inammissibile in quanto non era stata allegata alcuna circostanza, verificatasi durante il matrimonio, idonea a vincere la presunzione semplice, derivante dallo stesso dettato normativo dell'art. 143 c.c., dell' "apporto paritario" fornito, anche solo con il lavoro domestico, anche dalla moglie, come affermato dal Tribunale, al consolidarsi del patrimonio immobiliare e professionale di Tizio.

Avverso tale pronuncia Tizio proponeva ricorso in Cassazione.

La questione

La questione esaminata dalla Cassazione afferisce all'onere della prova da assolvere per il riconoscimento della componente perequativo-compensativa dell'assegno divorzile.

Le soluzioni giuridiche

È noto che le Sezioni Unite, con la storica sentenza n. 18287/2018, valorizzando il tenore letterale dell'art. 5 l. 898/1970, hanno avvertito la necessità di superare la funzione meramente assistenziale dell'assegno divorzile a favore di una funzione composita, sia assistenziale che compensativa-perequativa.

I Giudici di legittimità hanno ritenuto che, alla luce della funzione non solo assistenziale ma in pari misura anche perequativa e compensativa, nella decisione sull'attribuzione dell'assegno post-coniugale, il giudice deve procedere alla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti e qualora risulti l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o comunque l'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, deve accertare se quella sperequazione sia o meno la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all'età dello stesso e alla durata del matrimonio (Cass. civ., sez. VI, 16 dicembre 2021, n. 40385; Cass. civ., sez. I, 30 novembre 2021, n. 37571).

I Giudici di legittimità con la pronuncia in commento hanno chiarito che l'assegno divorzile, nella sua componente compensativa, presuppone un rigoroso accertamento del nesso causale tra l'accertata sperequazione fra i mezzi economici dei coniugi e il contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali.

In particolare, non è stata condivisa l'affermazione dei giudici di merito che avevano ritenuto di poter desumere dagli obblighi che il legislatore pone a carico di ciascun coniuge di collaborare nell'interesse della famiglia e di contribuire ai suoi bisogni in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo (artt. 143 e 144 c.c.) la sussistenza di una presunzione semplice in ordine all' “apporto paritetico" dato da un coniuge al patrimonio dell'altro.

La S.C. ha, invero, stigmatizzato che tale principio comporta che, a fronte di una disparità reddituale tra gli ex coniugi e di un matrimonio di durata non di pochi anni, sia da riconoscere pressoché sempre all'ex coniuge, parte debole economicamente, un assegno divorzile, dovendo presumersi che tale coniuge abbia comunque contribuito, in modo, anzi, paritetico, alla formazione del patrimonio dell'altro.

Di contro, solo un rigoroso accertamento del fatto che lo squilibrio, presente al momento del divorzio fra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti, sia l'effetto del sacrificio da parte del coniuge più debole a favore delle esigenze familiari può, invece, giustificare il riconoscimento di un assegno perequativo, tendente a colmare tale squilibrio.

Potendo, in assenza della prova di questo nesso causale, l'assegno essere giustificato solo da una esigenza assistenziale, la quale tuttavia consente il riconoscimento dell'assegno solo se il coniuge più debole non ha i mezzi sufficienti per un'esistenza dignitosa e versi in situazione di oggettiva impossibilità di procurarseli.

I giudici di legittimità hanno, inoltre, evidenziato che, pur essendo possibile il ricorso alle presunzioni semplici,si deve in ogni caso partire da allegazioni puntuali e specifiche degli indici rivelatori del sacrificio del coniuge più debole a favore della famiglia (quali, l'età giovane dei coniugi al momento del matrimonio, la durata non breve del matrimonio, la presenza di figli, l'età del coniuge, parte debole del rapporto sotto il profilo economico, al momento della separazione, le scelte comuni di conduzione della vita coniugale) da parte del coniuge che richiede l'assegno divorzile, onerato della relativa prova.

Osservazioni

La composizione della nuova regola di giudizio in tema di riconoscimento dell'assegno divorzile ha determinato un nuovo onere della prova a carico del richiedente: la perdita di occasioni professionali in ragione della scelta, maturata all'esito del matrimonio e condivisa con l'altro, di dedicarsi alle esigenze della famiglia, con sperequazione economico-reddituale degli ex coniugi.

La S.C. con più recenti pronunce ha, invero, chiarito che la circostanza che durante il matrimonio uno dei coniugi non abbia lavorato non è sufficiente a fare presumere l'esistenza di rinunce lavorative nell'interesse della famiglia.

L'impegno della donna nella gestione della famiglia e nella cura dei figli durante gli anni di matrimonio non è sufficiente a far sorgere il diritto all'assegno divorzile, una volta che il matrimonio sia sciolto, in quanto riconoscimento dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull'esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi, poiché la scelta di dedicarsi prevalentemente all'attività familiare assume rilievo nei limiti in cui sia stata condivisa con l'altro coniuge e abbia comportato la rinuncia a realistiche occasioni professionali-reddituali che il coniuge che richiede l'assegno ha l'onere di dimostrare nel giudizio (Cass. civ., sez. I, 13 aprile 2023, n.9817; Cass. civ., sez. VI, 13 ottobre 2022, n.29920; Cass. civ., sez. I, 28 luglio 2022, n.23583).

Con riferimento alla pretesa di contribuzione post-matrimoniale in funzione perequativo-compensativa è, pertanto, l'ex coniuge richiedente a dover allegare e provare i fatti posti a fondamento della domanda. Più precisamente, il fatto costitutivo del diritto all'assegno per la componente perequativa implica l'indicazione e la prova delle specifiche circostanze che hanno determinato, in passato, le scelte dell'assetto economico della famiglia, se siano esse state condivise o meno, nel contesto di quale regime patrimoniale esse siano state assunte, e se da tali scelte siano derivati effetti patrimoniali. Conseguentemente, qualora nessuno dei coniugi si sia sacrificato, ad esempio nel caso il vincolo abbia avuto durata molto breve, non siano nati figli e non vi siano state perdite di occasioni per lo sviluppo della propria professionalità in funzione della crescita della famiglia, non vi è spazio per il riconoscimento dell'assegno.

I giudici di legittimità hanno, in particolare, ritenuto che ove il coniuge richiedente l'assegno divorzile, dopo essersi dedicato nei primi anni del matrimonio esclusivamente alla famiglia, abbia intrapreso un'attività lavorativa a tempo parziale, occorre accertare il momento in cui è maturata tale decisione e le ragioni della stessa, nonché verificare se essa sia stata effettuata in autonomia o concordata con l'altro coniuge e se l'attività sia stata fin dall'origine a tempo parziale, considerando infine se, anche in relazione all'età del richiedente, detta scelta debba considerarsi ormai irreversibile, oppure se quest'ultimo possa ancora incrementare il proprio reddito, optando per la prestazione di lavoro a tempo pieno (Cass. civ., sez. I, 09 maggio 2022, n.14582).

Inoltre, laddove risulti che l'intero patrimonio dell'ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell'altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e - tenuto conto della composizione, dell'entità e dell'attitudine all'accrescimento di tale patrimonio – sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l'esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali peculiari condizioni, l'assegno di divorzio (Cass. civ., sez. I, 30 agosto 2019, n.21926).

Riferimenti

Andreola, Funzione compensativa dell'assegno divorzile e nesso causale, in Fam. e dir. 2022, 12, 1131;

Apa, Quantificazione dell'assegno divorzile e scelte lavorative incidenti sulla conduzione della vita familiare, in IUS FAMIGLIE, 6 settembre 2021;

Benanti, L'assegno divorzile con funzione perequativo-compensativa interviene soltanto per correggere uno spostamento patrimoniale ingiustificato, in Nuova giur. civ. 2022, 6, 1250;

Gazzullo, L'assegno divorzile deve tener conto del tempo dedicato alla cura della famiglia, in IUS FAMIGLIE, 11 luglio 2022,

Ventorino, Sì all'assegno divorzile in funzione assistenziale, compensativa e perequativa, in IUS FAMIGLIE, 23 febbraio 2022.

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