Mutuo con clausole abusive: per la CGUE la richiesta dei consumatori di compensazione alla banca può eccedere il rimborso delle rate versate

La Redazione
21 Giugno 2023

Con sentenza nella causa C-520/21 del 15 giugno 2023, la Corte UE ha stabilito che il diritto dell'Unione non osta, nell'ipotesi di annullamento di un contratto di mutuo ipotecario viziato da clausole abusive, a che i consumatori chiedano alla banca una compensazione che ecceda il rimborso delle rate mensili versate. Per contro, la Corte ha aggiunto che il diritto comunitario osta a che la banca reclami pretese analoghe nei confronti dei consumatori.

Nel 2008, un consumatore e sua moglie hanno concluso un contratto di mutuo ipotecario con una banca. Il mutuo era indicizzato in franchi svizzeri (CHF), e le rate mensili dovevano essere pagate in zloty polacchi (PLN) previa conversione in applicazione del tasso di cambio di vendita del CHF, conformemente alla tabella dei tassi di cambio di valuta estera applicati dalla banca il giorno del pagamento di ogni rata mensile.

Ritenendo che le clausole di conversione che determinano il tasso di cambio siano abusive e che la loro presenza renda invalido tale contratto nella sua interezza, il consumatore ha proposto ricorso contro la banca dinanzi al tribunale circondariale di Varsavia. Egli chiede il pagamento di un importo corrispondente alla metà del profitto che la banca ha realizzato utilizzando, durante un determinato periodo, le rate mensili pagate in esecuzione del contratto. A sostegno del proprio ricorso il consumatore sostiene che la banca avrebbe percepito tali rate mensili senza nessun fondamento giuridico.

Il giudice polacco chiede alla Corte di giustizia se la direttiva concernente le clausole abusive, nonché i principi di effettività, certezza del diritto e proporzionalità consentano alle parti di un contratto di mutuo ipotecario, dichiarato nullo per il motivo che non può sussistere dopo l'eliminazione delle clausole abusive, di chiedere una compensazione che ecceda il rimborso degli importi rispettivamente versati sulla base di tale contratto, nonché il pagamento degli interessi di mora al tasso legale a decorrere dalla domanda formale.

Nella sua sentenza in data odierna, la Corte osserva che la direttiva non disciplina espressamente le conseguenze derivanti dall'invalidità di un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore dopo l'eliminazione delle clausole abusive. La determinazione di dette conseguenze spetta agli Stati membri, purché le norme stabilite siano compatibili con il diritto dell'Unione e, in particolare, con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva. La Corte precisa che detta compatibilità dipende dal fatto che le norme nazionali, da un lato, consentano di ristabilire, in diritto e in fatto, la situazione in cui si sarebbe trovato il consumatore in assenza del contratto dichiarato invalido e, dall'altro, non compromettano l'effetto dissuasivo perseguito dalla direttiva.

Secondo la Corte, la facoltà, per un consumatore, di reclamare, nei confronti della banca, crediti che eccedano il rimborso delle rate mensili versate non sembra compromette gli obiettivi summenzionati. In particolare, una tale facoltà può contribuire a dissuadere i professionisti dall'inserire clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, in quanto il loro inserimento, comportando la nullità di tali contratti, potrebbe causare conseguenza finanziarie superiori alla restituzione degli importi versati dal consumatore e, se del caso, al pagamento di interessi di mora. Tuttavia, spetta al giudice nazionale valutare, alla luce di tutte le circostanze della controversia, se il fatto di accogliere siffatte pretese del consumatore rispetti il principio di proporzionalità.

Peraltro, la direttiva osta a che la banca possa chiedere al consumatore una compensazione eccedente il rimborso del capitale versato e il pagamento degli interessi di mora al tasso legale. La Corte ritiene che la concessione di un tale diritto contribuirebbe ad eliminare l'effetto dissuasivo esercitato sui professionisti.

Peraltro, l'effettività della tutela conferita ai consumatori dalla direttiva sarebbe compromessa se questi ultimi, quando reclamano i loro diritti derivanti da tale direttiva, fossero esposti al rischio di dover pagare una siffatta compensazione. Tale interpretazione rischierebbe di creare situazioni in cui sarebbe più vantaggioso, per i consumatori, proseguire l'esecuzione del contratto contenente una clausola abusiva piuttosto che esercitare i diritti che essi traggono dalla suddetta direttiva.

La Corte sottolinea che, nel caso di specie, l'eventuale annullamento del contratto di mutuo ipotecario è una conseguenza dell'impiego di clausole abusive da parte della banca. Di conseguenza, non si può ammettere né che una parte tragga vantaggi economici dal suo comportamento illecito, né che quest'ultima sia risarcita per gli svantaggi provocati da un siffatto comportamento.

Inoltre, la Corte ha giudicato che l'argomento relativo alla stabilità dei mercati finanziari non è rilevante nell'ambito dell'interpretazione della direttiva, che mira a tutelare i consumatori. Peraltro, i professionisti non possono eludere gli obiettivi perseguiti dalla direttiva adducendo, come motivo, la salvaguardia della stabilità dei mercati finanziari. Infatti, spetta agli istituti bancari organizzare le loro attività in modo conforme a tale direttiva.